L'isola del tesoro
L'isola del tesoro, romanzo di Robert Louis Stevenson del 1883.

Originale
modificaSquire Trelawney, Dr. Livesey, and the rest of these gentlemen having asked me to write down the whole particulars about Treasure Island, from the beginning to the end, keeping nothing back but the bearings of the island, and that only because there is still treasure not yet lifted, I take up my pen in the year of grace 17—, and go back to the time when my father kept the "Admiral Benbow" inn, and the brown old seaman, with the sabre cut, first took up his lodging under our roof.
Richard Ambrosini
modificaIl signor Trelawney, il dottor Livesey e gli altri gentiluomini mi hanno chiesto di mettere per iscritto tutti i dettagli riguardanti l'Isola del Tesoro, dal primo all'ultimo, senza omettere nulla salvo la posizione dell'isola, e questo solo perché una parte del tesoro non è stata ancora portata alla luce. Perciò nell'anno di grazia 17... prendo in mano la penna e torno al tempo in cui mio padre gestiva la locanda dell'"Ammiraglio Benbow" e al giorno in cui il vecchio uomo di mare, abbronzato e sfregiato da una sciabolata, prese per la prima volta alloggio sotto il nostro tetto.
Libero Bigiaretti
modificaIl signor Trelawney, il dottor Livesey e altre egregie persone mi hanno pregato di scrivere la storia della nostra avventura all'Isola del Tesoro, dal principio alla fine, in tutti i particolari, nessuno escluso; salvo quello della posizione dell'isola, dato che una parte del tesoro vi è ancora nascosta. Prendo in mano la penna in quest'anno di grazia 17... e mi riporto al tempo quando mio padre gestiva la Locanda dell'Ammiraglio Benbow dove prese alloggio il vecchio lupo di mare dal viso abbronzato e sfregiato da un colpo di sciabola.[1]
Massimo Bocchiola
modificaPoiché l'illustrissimo signor Trelawney, il dottor Livesey e gli altri gentiluomini mi hanno chiesto di redigere la storia dell'Isola del Tesoro con ogni dettaglio e dal principio alla fine, senza omettere nulla fuorché le coordinate dell'isola, perché una parte del tesoro è ancora là, prendo la penna nell'anno di grazia 17.. e torno indietro ai giorni in cui mio padre gestiva la locanda «Ammiraglio Benbow» e quel vecchio lupo di mare con la faccia abbronzata e sfregiata da una sciabola prese alloggio sotto il nostro tetto.[2]
Lilla Maione
modificaEssendo stato incaricato dal conte Trelawney, dal dottor Livesey e dal resto della compagnia di mettere per iscritto tutti i particolari riguardanti la vicenda dell'Isola del Tesoro, dal principio alla fine, tacendo null'altro che la posizione dell'isola, e questo solo perché non è stato dissotterrato tutto il tesoro, prendo la penna nell'anno di grazia 17.. e torno al tempo in cui mio padre gestiva la locanda Ammiraglio Benbow, e il vecchio marinaio col viso bruciato dal sole e sfregiato da un taglio di sciabola prese alloggio sotto il nostro tetto.
Essendo stato incaricato dal conte Trelawney, dal dottor Livesey e da altri gentiluomini come loro di mettere per iscritto tutti i particolari che riguardano l'Isola del Tesoro dal principio alla fine, non trascurando nulla se non le coordinate dell'isola, e solo in quanto non tutto il tesoro è stato portato via, prendo la penna nell'anno di grazia 17.. e risalgo all'epoca in cui mio padre dirigeva la locanda Ammiraglio Banbow, e il vecchio e abbronzato marinaio con la cicatrice di una sciabolata prese alloggio sotto il nostro tetto.
Pregato dal cavalier Trelawney, dal dottor Livesey e dal resto della brigata, di scrivere la storia della nostra avventura all'isola del tesoro, con tutti i suoi particolari, nessuno eccettuato, salvo la posizione dell'isola; e ciò perché una parte del tesoro ancora vi è nascosta, — io prendo la penna nell'anno di grazia 17.. e mi rifò dal tempo quando il mio babbo teneva la locanda dell'«Ammiraglio Benbow» e il vecchio uomo di mare dal viso abbronzato e sfregiato da un colpo di sciabola prese alloggio presso di noi.
Alessandra Osti
modificaEssendomi stato chiesto dal nobile Trelawney, dal dottor Livesey e dagli altri gentiluomini, di scrivere con ogni dettaglio dell'Isola del Tesoro, dall'inizio alla fine, senza tralasciare nulla a parte il luogo in cui l'isola si trova, e ciò solo perché c'è ancora una parte del tesoro che deve essere prelevata, nell'anno di grazia 17- prendo in mano la penna e torno al tempo in cui mio padre gestiva la locanda Admiral Benbow e il vecchio marinaio dalla pelle scura, con il taglio di sciabola, venne per la prima volta ad abitare sotto il nostro tetto.[3]
Bianca Maria Talice
modificaRichiesto dal cavalier Trelawney, dal dottor Livesey e dal resto della compagnia, di narrare dal principio alla fine tutto ciò che si riferisce all'isola del tesoro, senza omettere alcun particolare, fatta eccezione per la posizione dell'isola, e questo solo perché vi sono tesori non ancora dissepolti, prendo la penna nell'anno di grazia 17... e mi riporto al tempo in cui mi padre gestiva la locanda Admiral Benbow, e il vecchio marinaio dal viso abbronzato e segnato da una sciabolata prese per la prima volta alloggio sotto il nostro tetto.[4]
Poiché il conte Trelawney, il dottor Livesey, e gli altri gentiluomini di qui, mi hanno chiesto di fare un resoconto scritto di tutti i particolari relativi all'Isola del Tesoro, dal principio alla fine, senza omettere nulla tranne le coordinate dell'isola, e questo solo perché una parte del tesoro è ancora là, prendo la penna nell'anno di grazia 17.., e rivado al tempo in cui mio padre gestiva la locanda «Ammiraglio Benbow», e il vecchio marinaio abbronzato e sfregiato da un colpo di sciabola, venne a prendere alloggio sotto il nostro tetto.[5]
Citazioni
modifica- Storie marine in marinaresco tono | e tempeste e avventure e caldi e geli | e bastimenti e isole e crudeli | piraterie, e interrato oro, | e ogni vecchia favola ridetta | nei precisi antichi modi: | se tutto ciò, come a me piacque un tempo, | piaccia ai più savi giovani d'oggi: || così sia, così accada! — Ma se no, | Se il giovane saputo non più brama, | gli antichi amori suoi dimenticò, | Kingston, o Ballantine il valoroso, | o Cooper dalla selva e dal maroso: | così pur sia! E rassegnato io possa | e i miei pirati entrare nella fossa | ove dormono quelli e lor fantasmi! (All'esitante acquisitore, 2013)
- Quindici uomini sulla cassa del morto | Io-ho-ho, e una bottiglia di rum! [canzone] (I, I; 2014, p. 41)
- Fifteen men on the dead man's chest | Yo-ho-ho, and a bottle of rum!
- Se non rimettete immediatamente in tasca quel coltello, vi giuro sul mio onore che alle prossime assise sarete impiccato. (dottor Livesey a Billy Bones: I, I; 2013)
- Bevanda, cibo: per me il rum era tutto; come marito e moglie, eravamo [...]. (Billy Bones: I, III; 2013)
- «Ma, capitano, cos'è la macchia nera?»
«È un avvertimento, amico mio.» (dialogo tra Jim Hawkins a Billy Bones: I, III; 2013) - Se la viltà è come dicono contagiosa, la discussione per contro accende l'ardire [...]. (Jim Hawkins: I, IV; 2013)
- Al diavolo il tesoro! È la gloria di questo mare che m'ha fatto girar la testa! (John Trelawney: II, VII; 2013)
- [...] andare alla ricerca d'un tesoro è affare delicato. (capitano Smollett: II, IX; 2013)
- [...] il segreto [...] è stato messo in bocca al pappagallo. [modo di dire] (capitano Smollett: II, IX; 2013)
- Accarezzate i marinai, e ne farete dei diavoli. (capitano Smollett: II, X; 2013)
- Così è per tutti i cavalieri di ventura. Essi vivono duramente, e rischiano la corda, ma però mangiano e bevono come pascià, e quando una crociera è finita, olà, son centinaia di sterline e non di soldi, che gli entrano in tasca. Il guaio è che la più parte se ne va in rum e sciali, e tornano in mare con la sola camicia. (John Silver: II, XI; 2013)
- Guadagnare non è niente; ciò che conta è mettere da parte: credete a me. (John Silver: II, XI; 2013)
- Ma io ho il mio metodo, io. Quando un camerata mi gioca un tiro — uno che mi conosce, intendo dire — significa che non gli piace troppo restare al mondo insieme col vecchio John. (John Silver: II, XI; 2013)
- Aspettare, dico io: ma quando il momento arriva, colpire! (John Silver: II, XI; 2013)
- Beviamo a noi, e teniamoci al vento. Torta, e bottino d'oro e d'argento![6] [brindisi] (John Silver: II, XI; 2013)
- Dobbiamo proseguire, poiché tornare indietro non è possibile. (capitano Smollett: II, XII; 2013)
- Forse anche l'aspetto melanconico dell'isola con le sue cineree foreste e i suoi rocciosi e selvaggi picchi, e lo spumeggiare e tuonare dei frangenti contro l'irta riva acuivano il mio malessere; fatto sta che malgrado il sole smagliante e infuocato, e l'allegrezza degli uccelli marini che si tuffavano e gridavano intorno a noi, e la prospettiva così grata sempre a chi approda dopo una lunga navigazione, io mi sentivo il cuore oppresso, e fin da quella prima occhiata imparai a odiare l'isola del tesoro. (Jim Hawkins: III, XIII; 2013)
- L'Hispaniola rullava sulle onde gonfie. Le verghe squassavano i bozzelli, la barra del timone sbatteva di qua e di là, e l'intera nave scricchiolava gemeva s'impennava e abbatteva come una creatura torturata. (Jim Hawkins: III, XIII; 2013)
- «Non so nulla del tesoro», diss'egli [il dottor Livesey], «ma scommetterei la mia parrucca che qui c'è la malaria.» (III, XIII; 2013)
- Fu allora che mi balenò in mente la prima di quelle idee pazze che tanto contribuirono a salvarci la vita. (Jim Hawkins: III, XIII; 2013)
- Io provavo ora per la prima volta la gioia dell'esploratore. L'isola era disabitata; i miei compagni di bordo li avevo lasciati indietro, e nulla viveva davanti a me tranne mute bestie e uccelli. (Jim Hawkins: III, XIV; 2013)
- Ah, quante volte durante le lunghe notti ho sognato del formaggio – grigliato, per lo più [...]. (Ben Gunn: III, XV; 2011)
- [...] non volli espormi al rischio di perdere tutto per voler troppo acciuffare. (dottor Livesey: IV, XVI; 2013)
- Il cavaliere cadde in ginocchio accanto a lui, e gli baciò la mano singhiozzante come un fanciullo.
«Me ne vado, dottore?», chiese il moribondo.
«Tom, amico mio», risposi, «tu ritorni al Creatore.»
«Avrei prima voluto regalar qualcuno dei miei confetti a quelli là...»
«Tom», lo interruppe il cavaliere, «dimmi che mi perdoni, vuoi?»
«Le pare che sarebbe rispettoso, da me a lei, signor cavaliere? Nondimeno, così sia. Amen!»
Dopo un breve silenzio espresse il desiderio che qualcuno gli leggesse una preghiera.
«È l'usanza, signore», aggiunse come per scusarsi. E poco dopo, senz'altre parole, spirò. (dialogo tra Tom Redruth e il John Trelawney: IV, XVIII; 2013) - «Questo Ben Gunn che uomo è?»
«Non saprei, signore. Non sono sicuro che sia sano di mente.»
«Se hai qualche dubbio di' pure che non lo è». (dialogo tra il dottor Livesey e Jim Hawkins: IV, XIX; 2013) - [...] vi giuro in nome del Cielo che la prossima volta che v'incontrerò vi caccerò una palla nella schiena. (capitano Smollett a John Silver: IV, XX; 2013)
- Ridete, corpo di Satanasso, ridete pure! Tra un'ora riderete al rovescio. Quelli che morranno saranno i più fortunati. (John Silver: IV, XX; 2013)
- «Dottore», ripigliò [il capitano Smollett], «lei occuperà la porta [del fortino]. Attento a vedere, ma senza esporsi. Si tenga in dentro, e tiri dal vestibolo. Hunter, voi occuperete il lato est, là. Joyce, amico mio, voi starete a quello ovest. Signor Trelawney, lei è il miglior tiratore: lei e Gray terrete questo lungo tratto nord con le cinque feritoie. Lì è il punto debole, lì... Se loro riuscissero a raggiungerlo e sparare attraverso le stesse nostre aperture, le cose prenderebbero una cattiva piega. Hawkins, né tu né io siamo dei tiratori valenti: rimarremo lì per caricare e dare una mano.» [piano] (IV, XXI; 2013)
- Ero pazzo, se vogliamo, e certo stavo per abbandonarmi a un'azione insensata e temeraria: ma ero deciso a compierla senza trascurare ogni possibile precauzione. (Jim Hawkins: V, XXII; 2013)
- [...] tutti codesti scellerati erano altrettanto insensibili quanto il mare su cui navigavano. (Jim Hawkins: V, XXIII; 2013)
- Durante trent'anni ho corso i mari e ho visto il buono e il cattivo, e il meglio e il peggio, il bel tempo e la burrasca, e le provviste esaurirsi, e i coltelli lavorare, e cos'altro non ho visto? Ebbene, ora io ti dico che mai ho visto dalla bontà uscire il bene. Io sono per chi picchia per primo; i morti non mordono: questa è la mia opinione... amen, così sia. (Israel Hands: V, XXVI; 2013)
- Prenda un coltellaccio chi ha fegato, e io vi prometto che vedrò il colore delle sue budella malgrado la mia gruccia e tutto, prima che questa pipata sia finita. (John Silver: VI, XXVIII; 2013)
- «Perché, vedete, dacché mi trovo a essere medico di ribelli, o di prigione, per meglio dire», seguitò il dottore Livesey col suo più gaio tono, «io mi faccio un punto d'onore di non sottrarre un uomo a Re Giorgio (Dio lo benedica) e alla forca.» (VI, XXX; 2013)
- [...] voi siete un inqualificabile furfante e impostore, un mostruoso impostore [...]. [insulto] (dottor Livesey a John Silver: VI, XXXIII; 2013)
Originale
modificaThe bar silver and the arms still lie, for all that I know, where Flint buried them; and certainly they shall lie there for me. Oxen and wain-ropes would not bring me back again to that accursed island; and the worst dreams that ever I have are when I hear the surf booming about its coasts, or start upright in bed, with the sharp voice of Captain Flint still ringing in my ears: "Pieces of eight! pieces of eight!"
Richard Ambrosini
modificaPer quanto ne so, i lingotti d'argento e le armi sono ancora dove Flint li ha sepolti, e per quanto mi riguarda possono restarci per sempre. Nemmeno in catene, trascinato da un carro di buoi, tornerei di nuovo su quell'isola maledetta. Nei miei incubi peggiori, infatti, sento di nuovo il mare rimbombare sulle sue coste, oppure mi sveglio di soprassalto, con la voce stridula di Capitan Flint che mi risuona ancora negli orecchi: «Pezzi da otto! pezzi da otto!».
Lilla Maione
modificaI lingotti d'argento e le armi si trovano tuttora, per quel che ne so io, dove Flint li ha sotterrati; e per quanto mi riguarda, possono restare dove sono. Neppure un carro di buoi riuscirebbe a trascinarmi di nuovo su quell'isola maledetta; e i miei incubi peggiori sono quelli nei quali odo i frangenti tuonare lungo le sue coste, o quando sobbalzo nel letto, con la stridula voce del Capitano Flint che mi rimbomba nelle orecchie: "Pezzi da otto! Pezzi da otto!".
Angiolo Silvio Novaro
modificaLe verghe d'argento e le armi stanno ancora, per quel che io so, dove Flint le ha sotterrate, e per conto mio ci resteranno per un pezzo. Neanche un tiro di buoi potrebbe riportarmi in quell'isola maledetta; e i miei più paurosi incubi sono quando sento i cavalloni tuonare lungo la costa, o balzo d'improvviso sul mio letto, con nelle orecchie la stridula voce del capitano Flint: «Pezzi da otto! Pezzi da otto!»
Bianca Maria Talice
modificaLe verghe d'argento e le armi stanno tuttora, per quel che ne so, dove Flint le ha sotterrate; e certamente, per conto mio, vi rimarranno. Neppure trascinato da un carro a buoi ritornerei su quell'isola maledetta; e i miei sogni peggiori sono quelli nei quali risento i frangenti tuonare lungo la costa, o quando balzo dritto sul mio letto, alla voce acuta del «capitano Flint» che mi risuona ancora nelle orecchie: «Pezzi da otto, pezzi da otto!».[4]
Citazioni su L'isola del tesoro
modifica- Al pappagallo di cucina, sulla nave che porta i pirati verso l'isola del tesoro, io gli ho voluto più bene che se fosse stato il pappagallo di casa mia; molti anni prima di sapere che c'erano stati anche i pappagalli di Daniel Defoe, e che cotesto, probabilmente, veniva da quella famiglia di pappagalli. E son sicuro d'avere sgranato gli occhi come un bambino, quando in Treasure Island la nave deserta vien bordeggiando sul risucchio come la più indubitabile e pazza delle apparizioni; e d'averli sgranati con non meno stupore, più tardi, e, questa volta, non più soltanto come un bambino ma anche come un critico, nell'accorgermi che cotesta nave, il più perfezionato dei vascelli fantasma, apparteneva alla stessa flottiglia della nave-scheletro in Coleridge e del pontone abbandonato di Gordon Pym. (Emilio Cecchi)
- E realismo magico è questo di Robert Stevenson. Tutto è strano, inaspettato, sorprendente ciò che accade lì dentro; eppure logico, naturale, necessario. (Angiolo Silvio Novaro)
- Il protagonista Jim Hawkins trova l'intera esperienza un incubo [...] in un mondo sordido; il romanzo indica il caos shakespeariano che esiste sotto l'ordine superficiale dell'universo dove la civiltà è rimpiazzata dalla legge della giungla e dalla sopravvivenza dei più forti [...] il denaro emerge come il principio dominante che corrompe tutti [...] dio Mammona vittoriano. (Frank McLynn)
- L'Isola, a tutta prima, sembra impiantata sulla classica opposizione: da una parte i buoni (i gentiluomini che salpano per recuperare il tesoro nascosto), dall'altra i pirati, capeggiati da John Silver; nel mezzo Jim, orfano sprovveduto, alla ricerca d'una identità. Ma lo schema non regge a lungo. Anche a prescindere dalle personali debolezze di ciascuno di essi, i buoni sono coinvolti in un'impresa di assai dubbia moralità; i pirati si dimostrano semplici comparse pittoresche. Ben presto lo scrittore e il lettore non si interessano che a Jim e a John Silver. Ma se uno è il tipico villain, infatti il primo grande villain dello Stevenson, il ragazzo non è mai suo vero antagonista. Dapprima, come e meglio degli altri, resta affascinato dall'indomito brigante; più tardi, quando ne ha scoperto la vera natura e lo sa capace dei più nefandi crimini, non riesce a liberarsi dall'ammirazione che ne ha concepito, a reprimere l'intensa simpatia, l'irrazionale fiducia che, nonostante tutto, in lui ripone. Si ricordi la scena di più crudele tensione nel romanzo, quando Jim, tenuto al guinzaglio come un cane, deve accompagnare John Silver sulla collina dove era sepolto il tesoro e, dagli sguardi che il pirata gli lancia, capisce che potrebbe venirne sgozzato in qualsiasi istante. Persino allora la vicinanza del pirata gli infonde un calore rassicurante: tra i due intercorre una profonda intesa fisica, che supera ogni divergenza e fa pensare che, con la coppia Jim-John Silver, Stevenson sia riuscito nel suo assurdo assunto di scrivere la storia di un uomo, che è due uomini – differenti, in apparenza nemici, ma, nella profonda verità del sangue, intimamente fratelli e complementari. (Enzo Giachino)
- L'isola del tesoro è sempre qualcosa che non c'è. Il tesoro è quel che cerchiamo sempre nelle nostre vite, l'aspirazione al diverso, a ciò che è meglio di quel che abbiamo: e, forse, anche, che è meglio di ciò che siamo. È la trasfigurazione letteraria della legge evolutiva: l'uomo, soprattutto l'uomo giovane, il ragazzo-eroe, deve cercare di migliorarsi, per crescere deve sapere osare, deve fidare nel proprio istinto quando cerca soluzioni impreviste al pericolo immediato della morte. (Gianluigi Melega)
- L'isola per Stevenson non è un miraggio della salute, ma un passaggio da una malattia a un'altra malattia. Alla fine dell'avventura Jim non rimpiange certo quell'"isola maledetta"; il suo incubo non è più "il marinaio con una gamba sola" bensì il suono della "risacca lungo le coste". L'isola del tesoro è un testo molto più complesso di quanto appaia a prima vista. (Guido Almansi)
- La mia lettura dell'Isola del tesoro è meno solare [rispetto a quella di Giorgio Manganelli, che ha parlato di «poema della vitalità, tenero e sempre d'una esattezza, d'una lucidità allucinante: ma senza paura, e senza istrionismo»]: penso soprattutto al suo côté nero, a personaggi genuinamente spaventosi come Pew il cieco o Cane Nero con il suo angosciante Bollo Nero, al duello mortale fra Jim e Jordan [recte: Israel] Hands, alla bestialità di Ben Gunn, alla stessa ambiguità di Silver, a quella lugubre canzone Quindici uomini sulla cassa del morto, alla rievocazione del terribile capitano Flint, quasi un morto vivente con le guance blu... (Michele Mari)
- La prima parte dell'Isola del Tesoro, quando ancora il meccanismo dell'avventura non è scattato, e regna ancora il senso dell'attesa, si può dire sia la più bella [...], in tutte queste pagine l'atto di raccontare raggiunge, coi mezzi più semplici, una delle sue più alte vette mondiali; e il fatto che s'usino ingredienti narrativi logori [...] non fa mai perdere il sapore genuino d'Inghilterra tra mare e campagna che circola per ogni pagina. Poi, man mano che l'avventura si sviluppa [...] e man mano che Hawkins, il ragazzo, diventò, come tutti i protagonisti di romanzi per l'infanzia, un troppo facile collezionista d'imprese eroiche quanto fortunate, il libro, privo di quel fondo d'esperienza vera, che lo sosteneva al principio, rischia spesso la caduta nel romanzo d'appendice vero e proprio, e sempre si salva per la sua meravigliosa leggerezza, per la grazia con cui i colori della scena, lo scorrer via delle frasi, lo scattare dei sentimenti riempiono l'attenzione del lettore di qualcosa che va al di là del prevedibile interesse per l'intreccio. (Italo Calvino)
- La scoperta (e la fascinazione) della letteratura venne con l'adolescenza grazie a un libro "magico" che per me continua ad essere magico, L'isola del tesoro. [...] Quel libro mi trasportò verso oceani favolosi, era un vento che non gonfiava solo le vele del vascello salpato alla ricerca del tesoro ma muoveva soprattutto le ali dell'immaginazione. (Antonio Tabucchi)
- Ma soprattutto c'era in questa storia il sapore oceanico, un esotismo fantastico più vero della realtà, per cui quell'isola non segnata su nessuna carta è più viva nei suoi ancoraggi miasmatici di qualsiasi isola del Pacifico geograficamente determinata, e quella goletta della morte naviga più stretta al vento di tutti i velieri debitamente registrati. C'era, in questa storia, una lirica più casta e più potente di ogni altra, perché originata e necessitata dalla narrazione, e non fine a se stessa: la lirica dell'uomo qualunque, quando le cose lo fanno poeta. (Piero Jahier)
- Mai un libro fu scritto con ritmo insieme così rapido e così trattenuto, come la corsa dell'Hispaniola verso l'isola invisibile. Ogni parola manda un suono doppio. Viviamo con freschezza e intensità giovanile negli spazi immacolati dell'avventura: nell'assoluta realtà, dove le navi solcano i mari lasciando un segno di spuma nelle onde, dove il sangue versato macchia il suolo, dove si scava la terra per nascondere i tesori. Ma, al tempo stesso, non ci abbandona mai un sottilissimo e delicatissimo profumo di ironia, perché non abitiamo nella realtà ma nello spazio fittizio di un libro nel quale le cose più inverosimili accadono naturalmente; e le navi non lasciano segni nelle onde, il sangue bagna la terra di inchiostro, i tesori non hanno bisogno di luogo. (Pietro Citati)
- Ma non è un'esagerazione sostenere che quel libro avesse più a che fare con il gioco, che con il tesoro. Stevenson non cercava veramente fuori di sé o lontano da sé un mondo di cose più grandi, ma perseguiva dentro di sé un mondo di piccole cose. (Gilbert Keith Chesterton)
- Perfetto come un gioco di ragazzi ben giocato. (Henry James)
- Se ci fu mai poema che ricostruì, che fermò – non rimpianse, o ricordò, o commentò, o tentò idealizzare secondo il vezzo lunare di ieri – quei nostri giorni, e sensazioni, e colori, e proporzioni, e desideri e maschi rilievi e ingenuo amore di stragi e innocenti ferocie e ogni altro aspetto di quei nostri giorni, è appunto il libro di Stevenson. D'accordo: Treasure Island è una favola. Ma la più credibile, la più accettabile di tutte le favole: e di una credibilità e accettabilità derivanti non tanto dalla più avveduta scaltrezza (che, sola, finirebbe inevitabilmente per svelare il suo gioco) quanto da una specie di artistico candore. (Silvio D'Arzo)
- Sebbene racconti delle storie che fanno stare col fiato sospeso, Stevenson è moderatamente interessato a quel che di "interessante" egli sta raccontando. Con una eleganza provocatoria, da gentiluomo e da baro, nelle prime righe dell'Isola del Tesoro Stevenson ci spiega tutto quello che accadrà nel libro che si accinge a scrivere; e noi, indifesi e drogati, lo leggiamo esattamente come se non sapessimo nulla, e ci deliziamo di ansie ingiustificate, e sprechiamo palpiti e sollievi. (Giorgio Manganelli)
- Stevenson risale all'origine del romanzo d'avventura inglese, al secolo che si era aperto con Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe, l'opera in cui venne per la prima volta data rappresentazione al concetto che un luogo abitato dai 'selvaggi' – sia esso un'isola o un continente – sia da considerarsi deserto: un comodo espediente, questo, che avrebbe in seguito legittimato le innumerevoli acquisizioni territoriali della Corona. Restituito al suo alveo letterario il sottogenere del romanzo d'avventura per ragazzi, Stevenson procederà poi a sovvertirne le basi ideologiche. Prima di partire, Jim già si vedeva protagonista di chissà quali gesta, su un'isola popolata di "selvaggi, contro i quali combattevamo" e di "animali pericolosi che ci perseguitavano". Ma queste fantasie verranno smentite, allorché si scoprirà che non sono i cannibali a portare la violenza e la morte sull'isola, ma la ciurma dell'Hispaniola, quei pirati cioè la cui mitografia è inscindibile dalla storia dell'espansione inglese sui mari – come Stevenson non omette di ricordare quando nella locanda i giovani del luogo, affascinati dai racconti del vecchio bucaniere, prendono ad ammirarlo, "asserendo che era proprio quel tipo di uomo a rendere l'Inghilterra temibile sui mari" [terribile in mare].
Stevenson, quindi, anziché inscrivere il suo romance in un macrotesto storicamente e ideologicamente definito, usa le convenzioni del sottogenere dell'avventura per deviare dall'inevitabile progressione dall'infanzia alla maturità codificata dal romanzo di formazione ottocentesco. Se di un'evoluzione si può parlare nel caso di Jim, questa si ha allorché lui si lascia alle spalle il mondo che potrebbe condividere con il protagonista di un romanzo psicologico per entrare nel mondo del romanzo d'avventura, uscendone trasformato. Fatto sorprendente per un romanzo presentato dall'autore come scevro di analisi psicologiche, questa evoluzione è scandita da due incubi che rispettivamente inaugurano e suggellano – perpetuandola – la lotta di Jim contro la fascinazione del male, e dai diversi momenti della storia in cui Jim, addormentandosi, varca una soglia dopo l'altra, in un percorso che accompagna la sua progressiva metamorfosi in eroe dell'avventura. (Richard Ambrosini) - Tutti pensano sia un libro per ragazzi: lo è, ma non nel senso in cui si crede. Non perché è semplice, o solare, non perché racconta l'avventura, non perché parla di pirati, e di battaglie, e di arrembaggi, e neppure perché tiene con il fiato sospeso. No Francesco, L'isola del tesoro è un libro per ragazzi perché insegna quanto sottile e ambiguo sia il discrimine che separa il bene e il male; e quanto l'avventura sia un percorso doloroso che però non può non essere vissuto. (Roberto Cotroneo)
Note
modifica- ↑ Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Libero Bigiaretti, Giunti, Firenze-Milano, 2010. ISBN 9788809754560.
- ↑ Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Massimo Bocchiola, Einaudi, Torino, 2015. ISBN 9788806226589.
- ↑ Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Alessandra Osti, la Biblioteca di Repubblica, 2004.
- ↑ a b Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Bianca Maria Talice, Rizzoli, Milano, 2020. ISBN 883180071X.
- ↑ Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, a cura di Lodovico Terzi, Adelphi, Milano, 2019. ISBN 978-88-459-8049-7.
- ↑ Il testo in lingua: «Here's to ourselves, and hold your luff, plenty of prizes and plenty of duff.»
Bibliografia
modifica- Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Richard Ambrosini, Garzanti, 2000.
- Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Michele Mari, Rizzoli, 2011.
- Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Angiolo Silvio Novaro, Newton Compton, 2013. ISBN 978-88-541-2064-8
- Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Lilla Maione, Universale Economica Feltrinelli, X ed., Milano, 2014. ISBN 978-88-07-90139-3
- Robert Louis Stevenson, Treasure Island, Cassel & company, London, Paris and New York, 1883.
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