Jorge Luis Borges

scrittore, saggista, poeta, filosofo e traduttore argentino

Jorge Francisco Isidore Luis Borges Acevedo (1899 – 1986), scrittore, saggista e poeta argentino.

Jorge Luis Borges nel 1969

Citazioni di Jorge Luis Borges

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  Per approfondire, vedi: Sei problemi per don Isidro Parodi.
  • A volte credo che i buoni lettori siano cigni anche più tenebrosi e rari che i buoni autori.[1]
  • [Tanka] Alto, là in cima | tutto il giardino è luna, | è luna d'oro. | Amo più la tua bocca | che nell'ombra mi sfiora.[2]
  • [Ezra Pound] Aveva attitudini da istrione, da funambolo: era una sorta di Marinetti, un individuo che faceva chiasso, assetato di pubblicità.[3]
  • Beati coloro che non hanno fame di giustizia, perché sanno che la nostra sorte, avversa o benigna, è opera del caso, che è inscrutabile.[4]
  • Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; | io sono orgoglioso di quelle che ho letto.[5]
  • Credi che la divinità possa creare un luogo che non è il Paradiso? Credi che la Caduta sia qualcosa di diverso dal non sapere che siamo in Paradiso?[6]
  • Chi sogna chi? Io so che ti sogno, ma non so se tu mi stai sognando.[7]
  • Do per scontato che noi sentiamo la bellezza di una poesia prima ancora di pensare al suo significato.[8]
  • F.T. Marinetti è forse l'esempio più famoso di scrittore che vive delle sue invenzioni e che non inventa quasi niente.[9][3]
  • [Haiku] È un impero | quella luce che muore | o una lucciola?[10]
  • Fin dall'infanzia, Robert Louis Stevenson è stato per me una delle forme della felicità.[11]
  • [Dopo il Colpo di Stato in Argentina del 1976] Io lo avevo previsto tre anni fa giusti giusti: la demagogia volgare, la corruzione, lo sfacelo, infine, per me era tutto un "già visto e vissuto". Il peronismo non cambia. Adesso, eccoci qui.[12]
  • Kipling e Nietzsche, uomini sedentari, anelarono l'azione e i pericoli che il destino negò loro; London e Hemingway, uomini d'avventura, si affezionarono ad essa. Imperdonabilmente, giunsero al culto gratuito della violenza e persino della brutalità.[13]
  • Ho cercato, non so con quanto successo, di redigere racconti lineari. Non mi azzarderò a dire che sono semplici; sulla terra non c'è una sola pagina, una sola parola che lo sia, giacché tutte postulano l'universo, il cui attributo più noto è la complessità.[14]
  • Hume osservò per sempre che gli argomenti di Berkeley non ammettono la minima confutazione e non suscitano la minima convinzione.[15]
  • Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare.[16]
  • Il mondo è un certo numero di tenere imprecisioni.[17]
Il mondo è alcune tenere imprecisioni.[18]
 
Borges con Jorge Rafael Videla nel 1978
  • Il regime del generale Videla domina a poco a poco il caos nel quale si trova l'Argentina.[19]
  • Il sogno che cambia, che si sogna, che si meraviglia di sognare, tutto ciò si chiama filosofia, metafisica e anche poesia. Credo che la poesia sia atemporale e non abbia niente a che fare con le epoche o le circostanze. Un buon verso continua, no? È sempre un buon verso. Flaubert la pensava allo stesso modo: "quando un verso è bello perde la scuola", diceva Flaubert. Sì, quando un verso è bello, c'è: poco importa che sia stato scritto questa mattina o da migliaia di anni.[20]
  • [Su Spinoza] L'assiduo manoscritto | aspetta, già pregno d'infinito. | Qualcuno costruisce Dio nella penombra. | Un uomo genera Dio. È un ebreo | di tristi occhi e di pelle olivastra | [...]. Il mago insiste e foggia | Dio con geometria raffinata; | dalla sua debolezza, dal suo nulla, | seguita a modellare Dio con la parola. | Il più generoso amore gli fu largito, | l'amore che non chiede di essere amato.[21]
  • [Su Jorge Rafael Videla] L'ho ringraziato personalmente per il golpe del 24 marzo, che ha salvato il Paese dall'ignominia, e gli ho manifestato la mia solidarietà per essersi fatto carico della responsabilità del governo. Io, che non ho mai saputo governare la mia vita, tanto meno potrei a governare un Paese.
Le agradecí personalmente el golpe de Estado del 24 de marzo que salvó al país de la ignominia, y le manifesté mi simpatía por haber enfrentado la responsabilidad del gobierno. Yo, que nunca he sabido gobernar mi vida, menos podría gobernar el país.[22]
  • L'idea di un Dio, un essere onnisciente, onnipotente, e che inoltre ci ama, è una delle più azzardate creazioni della letteratura fantastica.[23]
  • L'odore del caffè ed i giornali, | la domenica e il suo tedio. Di mattina | e sulla pagina intravista quella vana | pubblicazione di versi allegorici | di un collega felice. Il vecchio | giace prostrato e bianco nella decente | abitazione di povero. Stancamente | guarda il suo volto nello specchio. | Pensa, non più stupito, che quel viso | è lui. La mano distrutta | non è lungi la fine. La sua voce dichiara: | Quasi non sono, ma i miei versi ritmano | la vita e il suo splendore. Io fui Walt Whitman.[24]
  • L'originale non è fedele alla traduzione.[25][26]
  • La letteratura, del resto, non è che un sogno guidato.[27]
  • La morte è un'usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare.[28]
  • La retorica dovrebbe essere un ponte, una strada, ma in genere è una muraglia, un ostacolo. E questo si osserva nel caso di scrittori tanto differenti come Seneca, Quevedo, Milton, Lugones. In tutti, ciò che dicono si frappone tra loro e noi. Nel caso di Dante io non avverto che sia così. Direi che Dante ci permette di conoscerlo, ci permette un rapporto di intimità, e perfino in un modo più personale di quanto sarebbe potuto accadere ai suoi contemporanei. Direi quasi che lo conosciamo come lo conobbe Virgilio, che fu un suo sogno. Senza dubbio più di quanto poté conoscerlo Beatrice Portinari, innamorata e ispiratrice; credo che lo conosciamo più di tutti.[29]
  • La storia universale è quella di un uomo solo.[26]
  • La vita stessa è una citazione.
Life itself is a quotation.[30]
  • Le implicazioni della parola gioiello – preziosa piccolezza, delicatezza non soggetta alla fragilità, facilità somma di trasporto, limpidezza che non esclude l'impenetrabilità, fiore per gli anni – la rendono di legittimo uso qui. Non conosco migliore qualifica per il paradosso di Achille, tanto indifferente alle decisive confutazioni che da più di ventitré secoli l'aboliscono, che ormai possiamo salutarlo immortale. Le ripetute visite al mistero che tale lunga durata postula, le sottili ignoranze a cui essa ha invitato l'umanità, sono generosità di fronte alle quali non possiamo non sentire gratitudine.[31]
  • Non capisco niente di politica. Per molto tempo non ho creduto alla democrazia, ma il popolo argentino ha deciso di dimostrarmi che avevo torto. Nel 1976, quando i militari effettuarono il colpo di stato, pensai: "Finalmente avremo un governo di gentiluomini". Ma loro stessi mi hanno fatto cambiare idea. Anche se ci ho messo un po' per avere notizie dei desaparecidos e delle atrocità commesse... È stato un periodo diabolico e dobbiamo cercare di farlo appartenere al passato.
No entiendo nada de política. Yo descreí de la democracia durante mucho tiempo, pero el pueblo argentino se ha encargado de mostrarme que estaba equivocado. En 1976, cuando los militares dieron el golpe de Estado, yo pensé: 'Al fin vamos a tener un gobierno de caballeros'. Pero ellos mismos me hicieron cambiar de opinión. Aunque tardé en tener noticias de los desaparecidos y las atrocidades que cometieron… Fue un periodo diabólico y hay que tratar que pertenezca al pasado [32]
  • [Su Macedonio Fernández] Nel corso di una esistenza ormai lunga ho conversato con persone famose; nessuna mi impressionò come lui, neppure in modo analogo. Cercava di nascondere, non di sfoggiare, la sua straordinaria intelligenza; parlava come ai margini del dialogo, eppure ne era il centro.[33]
  • Nessun problema è tanto intimamente connesso alla letteratura e al suo modesto mistero quanto quello posto da una traduzione.[34]
Ningún problema tan consustancial con las letras y con su modesto misterio como el que propone una traducción.[35]
  • Non mi intendo affatto di politica, ma credo che i regimi militari abbiano attualmente una grande importanza. [...] Durante la guerra civile spagnola, ero dalla parte dei repubblicani, ma poi mi sono reso conto, in tempo di pace, che il generale Franco era degno di elogi.[19]
  • Non mi piacciono né la dittatura né il populismo. Entrambi impediscono alla gente di pensare.[36]
  • Ogni poesia è misteriosa; nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere.[37]
  • Ogni scrittore, ogni uomo deve vedere in tutto ciò che gli accade, ivi compreso lo scacco, l'umiliazione e la sventura, uno strumento, un materiale per la sua arte, da cui deve trarre profitto.[38]
  • Si è dimenticato che Chesterton fu, tra le altre cose, un ammirevole poeta. Nella poesia "La ballata del Cavallo Bianco" si trovano metafore che Victor Hugo avrebbe ammirate.[39]
  • Si legge quello che piace leggere, ma non si scrive quello che si vorrebbe scrivere, bensì quello che si è capaci di scrivere.[40]
  • Sospetto che Papini sia stato immeritatamente dimenticato.[41]
  • Sotto la luna | la tigre d'oro e ombra | fissa i suoi artigli. | Ignora che al mattino | han lacerato un uomo.[2]
  • Su un muro vidi uno scaffale. Aprii un volume a caso; i caratteri erano chiari e indecifrabili, e tracciati a mano... Pensai che gli uomini del futuro erano non solo più alti, ma anche più abili. Istintivamente guardai le dita lunghe e sottili dell'uomo. Lui mi disse: "Ora ti mostrerò qualcosa che non hai mai visto". Mi tese con cura un esemplare dell'Utopia di Moro, stampato a Basilea nel 1518, a cui mancavano pagine e tavole. Lessi il titolo a voce alta. L'altro rise. "Nessuno può leggere duemila libri. Nei miei quattro secoli di vita non avrò superato la mezza dozzina. E poi l'importante non è leggere, ma rileggere. La stampa, ora abolita, è stata uno dei peggiori mali dell'uomo, perché tendeva a moltiplicare testi superflui fino alla vertigine".[42]
  • Vedo me stesso essenzialmente come un lettore. Mi è accaduto di avventurarmi a scrivere, ma ritengo che quello che ho letto sia molto più importante di quello che ho scritto.[43]

Dalla recensione di Quarto potere

Pubblicazione su El Sur, agosto 1941; citato in Borges al cinema, a cura di Edgardo Cozarinsky, prefazione di Adolfo Bioy Casares, Il Formichiere, Milano, 1979, pp. 58-59.

  • Oso sospettare che Citizen Kane perdurerà come "perdurano" certi film di Griffith o di Pudovkin, il cui valore storico nessuno nega, ma che nessuno si rassegna a rivedere. Soffre di gigantismo, pedanteria, tedio. Non è intelligente, è geniale: nel senso più notturno e tedesco di questa mala parola.
  • [Quarto potere è la] ricerca dell'anima segreta di un uomo, attraverso le opere che ha costruito, le parole che ha pronunciato, i molti destini che ha spezzato. Il procedimento è quello di Joseph Conrad in Chance (1914) e del bel film The Power and the Glory: la rapsodia di scene eterogenee, senza ordine cronologico. [...] In uno dei racconti di ChestertonThe Head of Caesar, credo – l'eroe osserva che nulla è più terrificante di un labirinto senza centro. Questo film è esattamente quel labirinto.
  • Oppressivamente, infinitamente, Orson Welles esibisce frammenti della vita dell'uomo Charles Foster Kane e ci invita a combinarli e a ricostruirlo. Le forme della molteplicità, della sconnessione, abbondano nel film: le prime scene registrano tesori accumulati da Forster Kane; in una delle ultime, una povera donna lussuosa e dolente gioca sul pavimento di un palazzo che è anche un museo, con un enorme rompicapo. Alla fine comprendiamo che i frammenti non sono retti da segreta unità: l'aborrito Charles Forster Kane è un simulacro, un caos di apparenze.

Dall'intervista di Andrea Barbato

citato in Lo scrittore cieco che rifiuta Perón, La Stampa, 30 novembre 1972

  • Non ho mai nascosto le mie opinioni. Nessuno può dire che io sia stato un nazionalista, un fascista, un antisemita. Ma quando scrivo racconti o poesie, allora cerco di dimenticare le mie idee politiche, perché la letteratura è un fatto misterioso.
  • Nei paesi di cultura giovane, dove la storia ha solo un secolo e mezzo, il nazionalismo è ridicolo. Abbiamo una tradizione giovane, cosmopolita, di emigrazione. Nelle pampas, fino a pochi anni fa, si contava così: uno, due, tre, quattro... Dopo il quattro, veniva il molto, l'infinito a portata di mano, l'ignoto. Sono questi gli avi, i padri del nostro nazionalismo? Su cosa possiamo fondare l'orgoglio della nostra storia? Buenos Aires è una città abitata da un'immensa classe media venuta dall'Europa. Se guardiamo la guida del telefono, troviamo quasi soltanto nomi italiani. Io, che ho sangue portoghese, spagnolo e inglese, mi sono sempre sentito un estraneo. E anche la nostra storia, i monumenti, le strade, sono dedicati ad argentini che si chiamano Belgrano, Brown, Bouchard... Di quale passato parlano i nazionalisti di oggi? A meno di non volersi basare su un tipo eccezionale come il gaucho. Ma i gauchos si battevano contro i padroni fondiari per interessi particolari, ed erano gente molto semplice...
  • I peronisti non sono diversi dagli altri potenti: vogliono solo diventare ricchi, i dirigenti vogliono essere i nuovi oligarchi, viaggiare in lunghe macchine, giocare migliaia di pesos alle roulettes di Mar del Plata. Vogliono il potere, ma non sono né dei rivoluzionari né dei conservatori. Perón stesso è uno degli uomini più ricchi del mondo, può permettersi di avere una scorta di centinaia di uomini armati... No, credetemi, malgrado quello che si dice, il peronismo non era un governo amato dal popolo, era una dittatura...
  • Se verrà un nuovo governo peronista, non so quale sarà la mia sorte. Forse mi saranno chiuse tutte le porte, meno quelle della prigione.

Dall'intervista di Arrigo Levi

citato in La crisi di un'Europa espatriata, La Stampa, 7 giugno 1980

  • Non posso spiegarle il mio Paese, perché non lo capisco, come a volte non capisco me stesso. Se vuole una spiegazione, posso inventarne più di una. Amo l'Argentina, ma non la capisco, come non capisco l'universo.
  • La mia posizione sull'Argentina è puramente etica. Non posso ignorare il grave problema morale che si è imposto nel Paese, tanto col terrorismo come la repressione. In nessun modo posso tacere di fronte a questi morti, a questi scomparsi. Non approvo alcuna forma di lotta in cui il fine giustifichi i mezzi: il fine non giustifica mai i mezzi.
  • Posso dirle solo questo. Che la repressione è stata anch'essa forma di terrorismo: due terrorismi, di sinistra e di destra. Quando si arresta la gente, ma poi non la si sottopone a giustizio, non posso tacere. Mi si dice: uno non deve dire queste cose, per salvare l'immagine del suo Paese. Ma la realtà è più importante dell'immagine.
  • Questo governo è nazionalista, e io non lo sono. È cattolico, e io non sono nemmeno sicuro d'essere cristiano e se lo fossi non sarei cattolico.
  • Nell'Ottocento il dittatore Rosas fece fucilare uno zio di mio nonno contro il paredón del cimitero della Recoleta, che c'è ancora verso la calle Pueyrredón: obbligarono il figlio undicenne ad assistere. Anche un mio nonno, il colonnello Borges, finì ucciso. Ma quanti altri Paesi non hanno avuto una storia egualmente crudele?

Dall'intervista di Marcello Staglieno

citato in Sono un amanuense dello Spirito e della Musa, Prospettive libri, aprile 1981, pp. 3-5

  • All'Odissea ho sempre preferito l'Iliade, dove l'eroe non è però Achille, bensì Ettore. Sì, ho simpatia, come Tocqueville, per i vinti, i reietti, i wriked, purché a riscattarli intervenga, come nei personaggi di Conrad, l'individualismo: e quella categoria dello spirito iberico che è el honor. Per questo, nelle mie poesie non mancano riferimenti a personaggi sconfitti dalla vita, ma salvi davanti a se stessi. Per esempio nei versi da me dedicati a un soldato confederato del remoto Sud, morto combattendo per il generale Lee: Sei piedi di terra saranno la tua gloria, | il dolman grigio si chiazzò del tuo sangue | mentre alta s'agitava la bandiera.
  • Amo l'asciuttezza ironica di Voltaire, la prosa e la struttura romanzesca di Stevenson; e poi il senso dell'onore individuale che anima tutti i personaggi di Conrad che per me, come lo fu per Eliot il grande Pound, è stato a posteriori "il miglior fabbro". Come dimenticare Lord Jim.
  • [Crede in Dio?] Come Paracelso nell'ultimo dei miei racconti pubblicato dal mio amico Franco Maria Ricci, potrei credere soltanto a un mio iddio personalissimo; ma non sono così orgoglioso. Dio per me è l'infinito, o l'antica anànche, il Caso. È colui che, in una biblioteca infinitamente grande, illimitata e aperiodica, detiene il catalogo dei cataloghi.
  • Consideri la sequenza di queste parole in Europa: Birra-Biére-Beer-Bier; solo in lingua castigliana si dice, e scrive, cervenza. Deriva, infatti, dal basso latino cervogia. Segno forse che la Spagna è un paese più latino del vostro? Non saprei. Voi avete Roma, in fondo. Ma sa come i sassoni chiamano Roma? Romeburg, la chiamano. Ma Roma resta Roma, come di mon maître Chesterton, e dove sono presenti, messi assieme con una furia aggregativa che quasi è del memorialista, soldati longobardi, guerrieri norreni, antiche saghe, alchimisti e cartomanti, libri mai scritti e oscuri incunaboli, spade istoriate, coltelli fatati, e poi biblioteche, labirinti, città remote ed enigmatiche.
  • [Crede nella politica?] Mi occupo solo di letteratura, la mia mente riposa sotto una coltre di sogni.
  • [E quale l'avvenire per gli Stati Uniti?] Potrei dire che lo vedo nero, o che non lo vedo. Ma nessuno apprezzerebbe questa battuta da parte d'un cieco. Dirò allora che Carter non è più presidente. Per fortuna degli americani, oggi hanno Reagan.
  • Sono un anarchico, conservatore solo per necessità. Lo dice anche il mio cognome, che ha il medesimo etimo di burg: sono un borghese.
  • [Lei è religioso] Sono un uomo etico, come Kierkegaard. Sa qual è l'etimologia di questo cognome. È la variante danese di "Church-yard", che vuol dire cimitero.

Dall'intervista di Achille Bonito Oliva

citato in Borges: Entrate con me nel labirinto”, rep.repubblica.it, 23 novembre 2020.

  • Il labirinto fino al Rinascimento era una struttura in cui si arrivava sempre al centro; dopo, col Manierismo, invece, il labirinto diventa il luogo della perdita, quindi esiste un labirinto che è più vicino alla nostra sensibilità e che comincia col Manierismo e col Barocco. Chesterton ha detto: noi siamo quello che noi tutti temiamo, un labirinto senza centro.
  • Un mio amico, de Chirico, quando diceva che qualcosa era brutto, diceva “è moderno, è brutto”.
  • Franco Maria Ricci mi ha detto: “Pubblichiamo per non passare la vita a correggere i manoscritti”. Se si pubblica un libro, ci si libera di lui; io pubblico un libro e non so se sia venduto, se sia tradotto, se ha avuto successo, se hanno scritto su di esso, se non hanno scritto.

Hanno scritto per voi

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  • Ciò che più apprezzo è l'intelligenza, perché l'onestà e il coraggio di una persona a volte non servono per il dialogo.
  • Dubbio, uno dei nomi dell'intelligenza.
  • La felicità è il fine di se stessa.
  • Viviamo in un'epoca molto ingenua; per esempio, la gente compra prodotti la cui eccellenza è vantata dalle stesse persone che li vendono.

Altre inquisizioni

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  • Chi dice che l'arte non deve propagandare dottrine si riferisce di solito a dottrine contrarie alle sue. (da Il primo Wells)
  • Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche. (da L'idioma analitico di John Wilkins)
  • Il libro non è un ente chiuso alla comunicazione: è una relazione, è un asse di innumerevoli relazioni.
  • L'arte vuol sempre irrealtà visibili. (da Metamorfosi della tartaruga)
  • L'opera che perdura è sempre capace di un'infinita e plastica ambiguità; è tutto per tutti [...]; è uno specchio che svela tratti del lettore ed è insieme una mappa del mondo. (da Il primo Wells)
  • La notte [...] ci piace perché, come il ricordo, sopprime i particolari oziosi.
  • La vita è troppo misera per non essere anche immortale. (2002)
  • Paragonato ad altri libri classici (l'Iliade, l'Eneide, la Farsaglia, la Commedia dantesca, le tragedie e le commedie di Shakespeare) il Don Chisciotte è realista; questo realismo, però, differisce essenzialmente da quello cui dette vita il secolo XIX. Joseph Conrad poté scrivere che escludeva dalla sua opera il soprannaturale, perché ammetterlo equivaleva a negare che il quotidiano fosse meraviglioso: ignoro se Miguel de Cervantes condividesse tale intuizione, ma so che nel Don Chisciotte egli contrappose un mondo immaginario poetico a un mondo reale prosaico. Conrad ed Henry James fecero argomento romanzesco della realtà perché la giudicavano poetica; per Cervantes il reale e il poetico sono antinomie.

Carme presunto e altre poesie

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  • Ormai le strade di Buenos Aires | sono le viscere dell'anima mia. | Non le strade veementi | assillate da smanie e trambusto, | ma la dolce strada dei sobborghi | trepida di penombra e crepuscolo | e quelle più fuori mano | scevre di alberi pietosi, | dove austere casette s'avventurano appena, | offuscate da lontananze immortali, | a disperdersi nella fonda visione | fatta di gran pianura e maggior cielo.[26][44]
  • Patio, inalveato firmamento. | È il patio la pendice | per cui straripa fino in casa il cielo.[45]
  • I dagherròtipi | spacciano la loro bugiarda parvenza | di vecchiaia occultata in uno specchio | e a noi si offrono in lungo stillicidio | come futili ricorrenze | di uggiosi anniversari. | Con deformato aspetto | la loro angoscia quasi parlante | incalza le nostre anime | col ritardo di più di mezzo secolo | e a mala pena si troverà adesso | nei mattini iniziali della nostra infanzia. [46]

Cos'è il buddismo

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  • Forse l'enigma del Nirvana è identico all'enigma del sonno; nelle Upanishadas si legge che gli uomini immersi nel sonno profondo sono l'universo. Secondo il Sankhyam, la condizione dell'anima nel sonno profondo è la stessa che raggiungerà dopo la liberazione. L'anima liberata è come uno specchio sul quale non si posa alcun riflesso. [...] Sappiamo già che Nirvana significa «estinzione». Per noi l'estinguersi di una fiamma equivale al suo annientamento; per gli indiani la fiamma esiste prima che la si accenda e dura dopo che sia spenta. Accendere un fuoco è renderlo visibile; spegnerlo è farlo sparire, non distruggerlo. (pp. 64-65)
  • Il Buddha, come Cristo, non ebbe il proposito di fondare una religione. Il suo fine fu la salvazione personale di un gruppo di monaci che credevano nella reincarnazione e volevano sfuggire ad essa. (p. 67)
  • Le guerre di religione sono una prerogativa del giudaismo e delle sue diramazioni, cristianesimo e islamismo, che hanno ereditato quel modo di conversione. In oriente, è possibile professare allo stesso tempo diverse religioni, che non si danno a vicenda fastidio e le cui cerimonie convivono. (p. 68)
  • Per lo Zen, gli atti più comuni possono essere compiuti con spirito religioso e debbono elevare la nostra vita. (p. 97)

Elogio dell'ombra

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  • Abele e Caino s'incontrarono dopo la morte di Abele. Camminavano nel deserto e si riconobbero da lontano, perché erano ambedue molto alti. I fratelli sedettero in terra, accesero un fuoco e mangiarono. Tacevano, come fa la gente stanca quando declina il giorno. Nel cielo spuntava qualche stella, che non aveva ancora ricevuto il suo nome. Alla luce delle fiamme, Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e lasciando cadere il pane che stava per portare alla bocca chiese che gli fosse perdonato il suo delitto. Abele rispose: "Tu hai ucciso me, o io ho ucciso te? Non ricordo più: stiamo qui insieme come prima". "Ora so che mi hai perdonato davvero" disse Caino "perché dimenticare è perdonare. Anch'io cercherò di scordare". Abele disse lentamente: "È così. Finché dura il rimorso dura la colpa".[47]
  • Ho affidato quanto è da scrivere a un uomo qualunque; non sarà mai quello che voglio dire, ne sarà almeno il suo riflesso. Dalla Mia eternità cadono segni. Altri, non questi che è il suo amanuense, scriva l'opera. Domani sarò tigre fra le tigri e dirò la Mia legge nella selva, o un grande albero in Asia. Ricordo a volte, e ho nostalgia, l'odore di quella bottega di falegname.
  • La poesia non è meno misteriosa degli altri elementi dell'Universo. (Introduzione)
  • Là sono i giardini, i templi e la giustificazione dei templi, la retta musica e le rette parole, i sessantaquattro esagrammi, i riti che son l'unica sapienza che agli uomini concede il Firmamento, la dignità di quell'imperatore la cui serenità venne riflessa dal mondo, specchio suo, così che i campi davano i loro frutti e i torrenti rispettavano le sponde, l'unicorno ferito che ritorna per indicare la fine, le segrete leggi eterne, il concerto dell'orbe; tali cose o la loro memoria sono nei libri che custodisco nella torre.

Finzioni

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Il giardino dai sentieri che si biforcano

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Tlön, Uqbar, Orbis Tertius

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Debbo la scoperta di Uqbar alla congiunzione di uno specchio e di un'enciclopedia. Lo specchio inquietava il fondo di un corridoio in una villa di via Gaona, a Ramos Mejía; l'enciclopedia s'intitola ingannevolmente The Anglo-American Cyclopaedia (New York, 1917) ed è una ristampa non meno letterale che noiosa dell'Encyclopaedia Britannica.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni
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  • Scoprimmo (a notte inoltrata questa scoperta è inevitabile) che gli specchi hanno qualcosa di mostruoso. Allora Bioy Casares ricordò che uno degli eresiarchi di Uqbar aveva dichiarato che gli specchi e la copula sono abominevoli, perché moltiplicano il numero degli uomini. (I; 2003, p. 15)

Pierre Menard, autore del Don Chisciotte

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Citazioni
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  • La mia impresa non è difficile, nella sostanza. Mi basterebbe essere immortale per condurla a termine. (Pierre Menard: 2003, p. 40)
  • È una rivelazione confrontare il Don Chisciotte di Menard con quello di Cervantes. Questi, per esempio, scrisse (Don Chisciotte, prima parte, capitolo nono):
    «… la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire».
    Redatta nel XVII secolo, redatta dal «genio profano» Cervantes, quell'enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard, invece, scrive:
    «… la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire».
    La storia, madre della verità; l'idea è stupefacente. Menard, contemporaneo di William James, non definisce la storia come un'indagine della realtà, ma come la sua origine. La verità storica, per lui, non è ciò che è avvenuto; è ciò che riteniamo che sia avvenuto. Le clausole finali – esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire – sono sfacciatamente pragmatiche.
    È anche nitido il contrasto tra i due stili. Lo stile arcaizzante di Menard – in fin dei conti straniero – soffre di una certa affettazione. Non così quello del precursore, che impiega con disinvoltura lo spagnolo corrente della sua epoca. (2003, p. 43)
  • Non esiste esercizio intellettuale che non risulti alla fine inutile. Una dottrina filosofica è all'inizio una descrizione verosimile dell'universo; con il volgere degli anni diventa un semplice capitolo – se non un paragrafo o un nome – della storia della filosofia. In letteratura questa caducità finale è ancora più evidente. «Il Don Chisciotte» mi disse Menard «fu prima di tutto un libro ameno; adesso è occasione di brindisi patriottici, di arroganza grammaticale, di oscene edizioni di lusso. La gloria è una forma di incomprensione, forse la peggiore». (2003, p. 44)
  • Ogni uomo deve essere capace di tutte le idee, e penso che in futuro lo sarà. (Pierre Menard: 2003, p. 45)
  • Vaneggiamento laborioso e avvilente quello di chi compone vasti libri; quello di dilatare in cinquecento pagine un'idea la cui perfetta esposizione orale richiede pochi minuti. (2003, Prologo)

La lotteria a Babilonia

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Citazioni
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  • Ho conosciuto quello che i greci ignorano: l'incertezza. (2003, p. 53)

La biblioteca di Babele

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L'universo (che altri chiama la Biblioteca) si compone di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni
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  • Forse mi inganneranno la vecchiaia e la paura, ma sospetto che la specie umana – l'unica – stia per estinguersi e che la Biblioteca sia destinata a permanere: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta.
    Ho appena scritto infinita. Non ho interpolato quell'aggettivo per un'abitudine retorica; dico che non è illogico pensare che il mondo sia infinito. Coloro che lo ritengono limitato, sostengono che in luoghi remoti i corridoi e le scale e gli esagoni possono inconcepibilmente finire – il che è assurdo. Coloro che lo immaginano senza limiti, dimenticano che è limitato il numero possibile dei libri. Io mi arrischio a insinuare questa soluzione dell'antico problema: La biblioteca è illimitata e periodica. Se un eterno viaggiatore l'attraversasse in qualunque direzione, verificherebbe alla fine dei secoli che gli stessi volumi si ripetono nello stesso disordine (che, ripetuto, sarebbe un ordine: l'Ordine). La mia solitudine si rallegra di questa elegante speranza. (2003, pp. 75-76)

Il giardino dai sentieri che si biforcano

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Citazioni
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  • Prevedo che l'uomo si rassegnerà a imprese sempre più atroci; presto ci saranno solo guerrieri e banditi; vi do questo consiglio: L'esecutore di un'impresa atroce deve immaginare di averla già compiuta, deve imporsi un avvenire altrettanto irrevocabile del passato. (2003, p. 81)

Artifici

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Funes, l'uomo della memoria

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Citazioni
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  • La cosa certa è che viviamo rimandando tutto ciò che può essere rimandato; forse tutti sappiamo nel profondo che siamo immortali e che prima o poi, ogni uomo farà ogni cosa e saprà tutto. (2003, p. 101)
  • Aveva imparato senza sforzo l'inglese, il francese, il portoghese, il latino. Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Pensare significa dimenticare differenze, significa generalizzare, astrarre. Nel mondo stipato di Funes, non c'erano altro che dettagli, quasi immediati. (2003, p. 103)

La morte e la bussola

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Dei molti problemi sui quali si esercitò la temeraria perspicacia di Lönnrot, nessuno è così strano — così rigorosamente strano, diremmo — come la serie periodica di fatti di sangue che culminarono nella villa di Triste-le-Roy, tra il profumo interminabile degli eucalipti.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Il miracolo segreto

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Citazioni
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  • Non c'è uomo che, al di fuori della sua specializzazione, non sia propenso alla credulità […]. (2003, p. 132)
  • ([…] l'irrealtà, che è condizione dell'arte). (2003, p. 134)

Tre versioni di Giuda

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Citazioni
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  • Affermare che fu uomo e fu incapace di peccato racchiude una contraddizione; gli attributi di impeccabilitas e di humanitas non sono compatibili. (2003, p. 143)
  • Dio si fece totalmente uomo, ma uomo fino all'infamia, ma uomo fino alla riprovazione e all'abisso. Per salvarci, avrebbe potuto scegliere qualunque dei destini che ordiscono la complessa rete della storia; avrebbe potuto essere Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino spregevole: fu Giuda. (2003, p. 144)
  • Chi leggerà quest'articolo, consideri che in esso non riferisco, di Runeberg, che le conclusioni, e non la dialettica e le prove. Alcuni osserveranno che le conclusioni precedettero, senza dubbio, le «prove». Ma chi si rassegnerebbe a cercar prove di cosa che già non creda, e di cui non gl'importi? (1985, p. 143)

Il libro degli esseri immaginari

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  • Il drago occidentale è, nel migliore dei casi, terrificante, nel peggiore ridicolo: il lung delle tradizioni, invece, ha natura divina ed è come un angelo fosse al contempo leone. (p. 79)
  • Per secoli, il drago fu emblema imperiale. Il trono dell'imperatore si chiamò il Trono del Drago; il suo volto, il Volto del Drago. Per annunciare che l'imperatore era morto, si diceva che era asceso al firmamento sopra un drago. (p. 80)
  • Il drago cinese ha corna, artigli e squame, e la spina dorsale è irta di punte. Di norma viene rappresentato con una perla, che ingoia o sputa: in quella perla c'è il suo potere. Se gliela tolgono, è inoffensivo. (pp. 80-81)
  • Un serpente grosso e alto con artigli e ali è forse la più fedele descrizione del drago. Può essere nero, ma è essenziale che sia splendente; di solito poi si esige che esali boccate di fuoco e di fumo. Si tratta, naturalmente, della sua immagine attuale; pare che i greci dessero il suo nome a qualunque serpente di taglia considerevole. (p. 82)
  • Il tempo ha notevolmente intaccato il loro prestigio. Crediamo nel leone come realtà e come simbolo; crediamo nel minotauro come simbolo, non più come realtà; il drago è forse il più conosciuto ma anche il meno fortunato degli animali fantastici. Ci appare puerile e contamina con tale puerilità le storie in cui figura. Conviene non dimenticare, tuttavia, che si tratta di un pregiudizio moderno, forse provocato dall'eccesso di draghi nelle fiabe. (p. 84)
  • [Sull'Idra di Lerna] Questo serpente sembrava destinato all'eternità. Il suo covo era nelle paludi di Lerna. Ercole e Iolao la cercarono; il primo le tagliò le teste e l'altro bruciò con una torcia le ferite sanguinanti. L'ultima testa, che era immortale, fu seppellita da Ercole sotto un grande masso, e dove fu sepolta sarà ancora adesso, a odiare e sognare. (p. 120)

In difesa di Mark Twain

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  • Si è affermato un'infinità di volte che quest'autore è solo accidentalmente americano, e che lo stesso sarebbe potuto "accadere" a Londra come a Upsala. Io non posso essere d'accordo. Non solo è americano, ma è addirittura yankee, il terrificante e umoristico Poe: sia nella continua precisione e nel realismo dei suoi svariati giochi con le tenebre, le scritture segrete e il verso poetico, sia nelle ventate di enorme ciarlataneria che ricordano Barnum. (p. VI)
  • Mark Twain è immaginabile soltanto in America. Non sappiamo, non lo potremo mai sapere, quello che l'America gli ha tolto. Sappiamo quello che gli hanno dato Huckleberry Finn e Roughing it e The Innocents at Home e Tom Sawyer e l'infinita inettitudine della polizia che non si accorge delle migrazioni dell'Elefante Bianco. Riduciamo a uno solo tutti i suoi libri e diciamo brevemente: «Mark Twain ha composto Huckleberry Finn in collaborazione con il Mississippi, fiume fangoso dell'America». (p. VI)
  • La più grossolana delle molte tentazioni intellettuali, ma anche la più facile e la più diffusa, è quella di affermare che una cosa è il contrario di ciò che sembra a prima vista. (p. VII)
  • Posso giurarvi che un poeta spagnolo, il cui nome non voglio ricordare, in mia presenza una volta disse: «Quel topo [Topolino] m'inquieta, mi turba, perché in lui tocco con mano la tragedia del popolo americano». (p. VII)
  • Se qualche merito eccezionale può vantare Mark Twain nella nostra memoria, è come scrittore; se qualcosa cerchiamo (e troviamo) nei suoi tanti volumi, questo non è precisamente il tragico. Mark Twain – oh, quale riscattato e quasi paradossale assioma! – era un umorista. (pp. VII-VIII)
  • Mark Twain (è importante ripeterlo) ha scritto Huckleberry Finn, libro che da solo basta per la gloria. Libro né umoristico né tragico, libro semplicemente felice. (p. IX)
  • Se non vado errato, i romanzi sono buoni in modo direttamente proporzionale all'interesse che l'unicità dei caratteri suscita nell'autore e inversamente proporzionale ai propositi intellettuali o sentimentali che lo guidano. (p. IX)

Introduzione a L'invenzione di Morel

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Stevenson, verso il 1882, annotò che i lettori britannici in genere non apprezzavano le peripezie e pensavano fosse prova di abilità redigere un romanzo senza intreccio, oppure con un intreccio infinitesimale, atrofizzato. José Ortega y GassetLa disumanizzazione dell'arte, 1925 – cerca di ragionare il disdegno notato da Stevenson e decreta, nella pagina 96, che "non è probabile che oggi si possa inventare un'avventura capace di interessare la nostra sensibilità superiore", e nella 97, che quest'invenzione "è praticamente impossibile".

Citazioni

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  • Il tipico romanzo "psicologico" tende a essere informe. I russi e i discepoli dei russi hanno dimostrato fino alla noia che nessun uomo è impossibile: suicidi per felicità, assassini per benevolenza, persone che si adorano fino al punto di separarsi per sempre, delatori per fervore e per umiltà... Questa totale libertà diventa alla fine equivalente al totale disordine. (p. 17-18)
  • Il romanzo "psicologico" vuole essere "realista": preferisce che il lettore dimentichi il suo carattere di artificio verbale e fa di ogni vana precisione (o di ogni languida imprecisione) un nuovo tocco di verosimiglianza. (p. 18)
  • Il romanzo di avventure [...] non vuole essere una trascrizione della realtà: è un oggetto artificiale che non tollera nessuna parte ingiustificata. Il timore di incorrere nella semplice varietà successiva dell'Asino d'oro, dei sette viaggi di Sindbad o del Don Chisciotte, impone a quel romanzo un intreccio rigoroso.[48]
  • Stevenson è più appassionato, più diverso, più lucido, forse più degno della nostra assoluta amicizia di quanto lo sia Chesterton; ma gli argomenti che Stevenson governa sono inferiori. (pp. 18-19)
  • De Quincey, in certe notti di minuzioso terrore, si immerse nel cuore di labirinti, ma non coniò la sua impressione di unutterable and self-repeatig infiniteis (inesprimibili e ripetentisi infinitudini) in favole paragonabili a quelle di Franz Kafka.
  • Osserva con giustizia Ortega y Gasset che la "psicologia" di Balzac non ci soddisfa; la stessa cosa si potrebbe osservare dei suoi intrecci. (p. 19)
  • Mi credo libero da ogni superstizione di modernità da qualsiasi illusione che l'ieri differisca intimamente dall'oggi o dal domani; ma considero che nessun'altra epoca possiede romanzi di così ammirevole trama come The Turn of the screw (Il giro di vite) [di Henry James], come Der Prozess (Il Processo) [di Franz Kafka], come Le Voyageur sur la terre (Il viaggiatore sulla terra) [di Julien Green], come questo che è riuscito a scrivere, a Buenos Aires, Adolfo Bioy Casares [L'invenzione di Morel]. (p. 20)
  • Bioy rinnova letterariamente un'idea che Sant'Agostino e Origene confutarono, che Louis Auguste Blanqui ragionò e che Dante Gabriele Rossetti disse con musica memorabile. (p. 20)

Ho discusso con l'autore [Adolfo Bioy Casares] i particolari della sua trama [L'invenzione di Morel], l'ho riletta; non mi sembra un'imprecisione o un'iperbole qualificarla di perfetta.

L'Aleph

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I teologi

Devastato il giardino, profanati i calici e gli altari, gli unni entrarono a cavallo nella biblioteca del monastero e lacerarono i libri incomprensibili, li oltraggiarono e li dettero alle fiamme, temendo forse che le pagine accogliessero bestemmie contro il loro dio, che era una scimitarra di ferro. Bruciarono palinsesti e codici, ma nel cuore del rogo, tra la cenere, rimase quasi intatto il libro dodicesimo della Civitas Dei, dove si narra che Platone insegnò in Atene che, alla fine dei secoli, tutte le cose riacquisteranno il loro stato anteriore ed egli, in Atene, davanti allo stesso uditorio, insegnerà nuovamente tale dottrina.

La scrittura del dio

Il carcere è profondo e di pietra; la sua forma, quella di un emisfero quasi perfetto, perché il pavimento (anch'esso di pietra) è un po' minore di un cerchio massimo, il che aggrava in qualche modo i sentimenti di oppressione e vastità. Un muro lo taglia a metà; esso, benché sia altissimo, non tocca la volta. Da un lato sto io, Tzinacàn, mago della piramide di Qaholom, che Pedro de Alvarado incendiò; dall'altro è un giaguaro, che misura con segreti passi uguali il tempo e lo spazio della prigione.

L'Aleph

L'incandescente mattina di febbraio in cui Beatriz Viterbo morì, dopo un'imperiosa agonia che non si abbassò un solo istante al sentimentalismo né al timore, notai che le armature di ferro di piazza della Costituzione avevano cambiato non so quale avviso di sigarette; il fatto mi dolse, perché compresi che l'incessante e vasto universo già si separava da lei e che quel mutamento era il primo d'una serie infinita.

[Jorge Luis Borges, L'Aleph, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Feltrinelli, Milano, 1959.]

Citazioni

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  • Accettiamo facilmente la realtà, forse perché intuiamo che nulla è reale. (da L'immortale, p. 17)
  • Avevo compreso da tempo che non c'è cosa al mondo che non sia germe d'un Inferno possibile; un volto, una parola, una pubblicità di sigarette, potrebbero render pazza un persona, se questa non riuscisse a dimenticarli. (da Deutsches Requiem, pp. 84-85)
  • Chi ha scorto l'universo, non può pensare a un uomo, alle sue meschine gioie o sventure, anche se quell'uomo è lui. [...] Non gl'importa la sorte di quell'altro, non gl'importa la sua azione, poiché egli ora è nessuno. (da La scrittura del dio, p. 120)
  • Come sarà il mio redentore? Sarà forse un toro con volto d'uomo? O sarà come me? (da La casa di Asterione, p. 68)
  • Essere immortale è cosa da poco: tranne l'uomo, tutte le creature lo sono, giacché ignorano la morte; la cosa divina, terribile, incomprensibile, è sapersi immortali. (da L'immortale, p. 18)
  • Essi sapevano che in un tempo infinito ad ogni uomo accadono tutte le cose. Per le sue passate o future virtù, ogni uomo è creditore d'ogni bontà, ma anche d'ogni tradimento, per le sue infamie del passato o del futuro.[...] Visti in tal modo tutti i nostri atti sono giusti, ma sono anche indifferenti. Non esistono meriti morali o intellettuali. Omero compose l'Odissea; dato un tempo infinito, con infinite circostanze e mutamenti, l'impossibile è non comporre, almeno una volta, l'Odissea. (da L'immortale, p. 19)
  • Io sono stato Omero; tra breve, sarò Nessuno, come Ulisse; tra breve, sarò tutti: sarò morto. (da L'immortale, pp. 24-25)
  • La morte (o la sua allusione) rende preziosi e patetici gli uomini.[...] Tutto, tra i mortali, ha il valore dell'irrecuperabile e del casuale. Tra gl'Immortali, invece, ogni atto (e ogni pensiero) è l'eco d'altri che nel passato lo precedettero, senza principio visibile, o il fedele presagio di altri che nel futuro lo ripeteranno fino alla vertigine. Non c'è cosa che non sia come perduta tra infaticabili specchi. (da L'immortale, p. 21)
  • Modificare il passato non è modificare un fatto isolato; è annullare le sue conseguenze, che tendono ad essere infinite. (da L'altra morte, p. 77)
  • Morire per una religione è più semplice che viverla con pienezza; lottare in Efeso contro le fiere è meno duro (migliaia di martiri oscuri lo fecero) che essere Paolo, servo di Gesù Cristo; un atto è meno che tutte le ore d'un uomo. La battaglia e la gloria sono cose facili. (da Deutsches Requiem, p. 83)
  • Nei linguaggi umani non c'è proposizione che non implichi l'universo intero. (da La scrittura del dio, p. 117)
  • Nessuno è qualcuno, un solo uomo immortale è tutti gli uomini. Come Cornelio Agrippa, sono dio, sono eroe, sono filosofo, sono demonio e sono mondo, il che è un modo complicato per dire che non sono. (da L'immortale, pp. 19-20)
  • Ogni linguaggio è un alfabeto di simboli il cui uso presuppone un passato che gl'interlocutori condividono. (da L'Aleph, p. 164)
  • Oh gioia di comprendere, maggiore di quella di operare o di sentire. (da La scrittura del dio, p. 119)
  • Un tempo, m'interessò la teologia, ma da tale fantastica disciplina (e dalla fede cristiana) mi sviò per sempre Schopenhauer, con ragioni dirette; Shakespeare e Brahms, con l'infinita varietà del loro mondo. (da Deutsches Requiem, p. 80)
  • Un uomo si confonde, gradatamente, con la forma del suo destino; un uomo è, alla lunga, ciò che lo determina. (da La scrittura del dio, p. 119)

La cifra

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  • In questo mondo quotidiano, | che somiglia tanto al libro delle Mille e Una Notte, | non c'è un solo gesto che non corra il rischio | di essere un'operazione di magia, | non c'è un solo fatto che non possa essere il primo | di una serie infinita. | Mi domando che ombre getteranno | questi oziosi versi. (Il terzo uomo, 1996)
  • La vecchia mano | ancora scrive versi | per l'oblio. (Haiku. 17, 1996)
  • Svegliare chi dorme | è un gesto comune e quotidiano | che potrebbe farci tremare. | Svegliare chi dorme | è imporre all'altro l'interminabile | prigione dell'universo. | [...] | È infamare l'acqua del Lete. (Poema. Rovescio, 1996)
  • Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. | Chi è contento che sulla terra esista la musica. | Chi scopre con piacere una etimologia. | Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi. | Il ceramista che premedita un colore e una forma. | Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace. | Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. | Chi accarezza un animale addormentato. | Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. | Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. | Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. | Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo. (I giusti, 1996)

Nove saggi danteschi

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  • La precisione che ho appena indicato non è un artificio retorico; è affermazione dell'onestà, della pienezza con cui ogni circostanza del poema è stata immaginata. E altrettanto può dirsi dei dettagli di natura psicologica, così ammirevoli e al tempo stesso così semplici. Di tali dettagli è come intessuto il poema; ne citerò alcuni. Le anime destinate all'Inferno piangono e bestemmiano Dio; appena sulla barca di Caronte, il loro timore si trasforma in desiderio e intollerabile ansia (Inferno, III, 124). Dalle labbra di Virgilio Dante apprende che questi non avrà mai accesso al Cielo; subito lo chiama maestro e signore, sia per dimostrare che quella confessione non riduce il suo affetto, sia perché, sapendolo perduto, lo ama di più (Inferno, IV, 39). Nella nera bufera del secondo cerchio, Dante vuol conoscere la radice dell'amore di Paolo e Francesca; costei racconta che si amavano e non lo sapevano, «soli eravamo e sanza alcun sospetto», e che il loro amore fu rivelato da una lettura casuale. Virgilio confuta i superbi, che con la sola ragione pretendono di abbracciare la divinità infinita; subito china la testa e tace, perché uno di quegli sventurati è lui (Purgatorio, III, 34). Sull'aspro fianco del Purgatorio l'ombra del mantovano Sordello chiede all'ombra di Virgilio quale sia la sua patria; Virgilio dice Mantova; Sordello allora lo interrompe e lo abbraccia (Purgatorio, VI, 58). (dal prologo)
  • La Commedia è un libro che tutti dobbiamo leggere. Non farlo significa privarci del dono più grande che la letteratura può offrirci, significa condannarci a uno strano ascetismo. Perché negarci la gioia di leggere la Commedia? Oltretutto non è una lettura difficile. È difficile ciò che sta dietro la lettura: le opinioni, le discussioni; ma il libro in sé è un libro cristallino. E poi c'è il personaggio centrale, Dante, che è forse il personaggio più vivido di tutta la letteratura; e poi ci sono gli altri personaggi... (pagina)
  • Innamorarsi è dar vita ad una religione il cui dio è fallibile.

Incipit da alcune opere

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Il libro di sabbia

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L'altro

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Il fatto accadde nel febbraio 1969, a Cambridge. Non l'ho annotato subito perché all'inizio mi ero proposto di dimenticarlo, per non perdere la ragione. Ora, nel 1972, penso che se lo scrivo gli altri lo leggeranno come un racconto e forse, con gli anni, lo diventerà anche per me.
So che fu quasi atroce quando avvenne e ancor più durante le notti insonni che seguirono. Questo non significa che la storia possa turbare un terzo.

Il mio racconto sarà fedele alla realtà, o almeno al mio ricordo personale della realtà, che è poi la stessa cosa. I fatti sono molto recenti, ma so che il costume letterario è anche il costume di inserire dettagli di circostanza e di enfatizzare.

Il Parlamento

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Mi chiamo Alejandro Ferri. Il mio nome ha echi marziali, ma né i metalli della gloria né la grande ombra del macedone — la frase è dell'autore de I marmi che mi onorò della sua amicizia — somigliano all'uomo grigio e modesto che imbastisce queste righe, all'ultimo piano di un albergo di calle Santiago del Estero, in un Sud che non è più il Sud.

«There are more things»

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Stavo per sostenere il mio ultimo esame all'Università del Texas, ad Austin, quando seppi che mio zio, Edwin Arnett, era morto per un aneurisma, al remoto confine del continente. Provai quello che proviamo tutti quando muore qualcuno: l'angoscia, ormai inutile, che non ci sarebbe costato nulla essere più buoni...

Il libro di sabbia

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La linea è costituita da un numero infinito di punti; il piano, da un numero infinito di linee; il volume, da un numero infinito di piani; l'ipervolume, da un numero infinito di volumi... No, decisamente non è questo, more geometrico, il modo migliore di iniziare il mio racconto. È diventata ormai una convenzione affermare che ogni racconto fantastico è veridico; il mio, tuttavia, è veridico.

Tigri blu

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Una famosa pagina di Blake fa della tigre un fuoco che risplende e un eterno archetipo del Male; io preferisco il passo di Chesterton che la definisce un simbolo di terribile eleganza. Del resto non ci sono parole in grado di raffigurare la tigre, questa forma che abita da secoli l'immaginazione umana.
[Jorge Luis Borges, Il libro di sabbia, trad. di Ilide Carmignani, Adelphi, 2004]

Utopia di un uomo che è stanco

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Non ci sono due colli uguali, ma in qualsiasi luogo della terra la pianura è una ed è sempre la stessa.[49]

Citazioni su Jorge Luis Borges

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  • Borges è riuscito a svuotare i temi danteschi del loro contenuto trascendente senza però privarli della loro intrinseca sacralità. [...] Dedico questo lavoro allo scrittore argentino, che ho imparato a conoscere attraverso le opere, i volti, gli scritti e i ricordi di coloro che lo hanno amato (Riccardo Ricceri)
  • Borges, uno dei più grandi intellettuali della storia dell'uomo, non ne farei un fatto né di Sud America né di Argentina. Borges amava tutte le culture, tutte, anche perché le conosceva tutte. Aveva una finezza bizantina nel leggere quello che noi non riusciamo a leggere. (Federico Buffa racconta Storie Mondiali)
  • Come Kavafis, anche Borges si esprime in poesia servendosi dei mezzi della prosa, di una prosa che tra l'altro indossa una maschera ulteriore, quella dello stile saggistico. (Nasos Vaghenàs)
  • Jorge Luis Borges incarna il destino secondo gli impercettibili disegni di un Dio enfatico ed eversore. (Riccardo Campa)
  • Jorge Luis Borges mi ha promesso l'altra notte | di parlar personalmente col "persiano", | ma il cielo dei poeti è un po' affollato in questi tempi, | forse avrò un posto da usciere o da scrivano: | dovrò lucidare i suoi specchi, | trascriver quartine a Kayyam, | ma un lauro da genio minore | per me, sul suo onore, non mancherà... (Francesco Guccini)
  • Jorge Luis Borges scrisse che l'idea di infinito corrompe tutte le altre. (Vittorio Catani)
  • L'opera di Borges, in definitiva, è tutta una costante e originale ricerca, dalla quale esulano il metodo, il rigore, il sistema, ma dove l'intuizione trionfa e getta la sua luce su un universo sospeso tra la norma e l'assurdo, tra l'ordine e il caos; il cui riscatto, sia pure parziale, dall'incomprensibile è unicamente confidato all'uomo. (Francesco Tentori Montalto)
  • La fama di Borges è dovuta più alle opere in prosa che a quelle in poesia, fermo restando che la prosa borgesiana si caratterizza per la sua poeticità, tanto da poterla definire prosa poetica. (Nasos Vaghenàs)
  • Mi è capitato spesso di pensare che dai futuri studiosi di letteratura il nostro tempo verrà ricordato, con grave e (speriamo) compassionevole stupore, come quello in cui si è potuto credere che Jorge Luis Borges fosse un grande scrittore. (Giovanni Raboni)
  • Si può [...] affermare che Borges è uno spirito, sia pure segretamente o dissimulatamente, religioso? No, il suo è uno spirito laico, scettico, abitato dal dubbio, alieno dalle certezze, si direbbe votato all'interrogazione e incline semmai ad accordare fiducia all'eventualità, al caso, sul piano mentale ed esistenziale. (Francesco Tentori Montalto)
  1. Dalla prefazione alla prima edizione di Storia universale dell'infamia, Buenos Aires, 27 maggio 1935, in Tutte le opere, vol. I, p. 441.
  2. a b Da Borges intimo, a cura di Francesco Tentori Montalto, Passigli, Firenze. In Poesia n. 42, anno IV, luglio-agosto 1991, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Crocetti Editore, Milano, p. 33.
  3. a b Citato in Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti, p. 224.
  4. Citato in Umberto Veronesi, L'ombra e la luce: La mia lotta contro il male, Einaudi, Torino, 2008, p. 87. ISBN 978-88-06-19501-0
  5. Da Poesie (1923 – 1976), traduzione di Livio Bacchi Wilcock, Rizzoli.
  6. Da La rosa di Paracelso.
  7. Da Venticinque agosto 1983.
  8. Da Le lezioni americane, Mondadori 2001, p. 82.
  9. Da un articolo degli anni '30.
  10. Da La cifra. 46 poesie, Mondadori, Milano, 1996, p 58; citato in Serio De Guidi, Poesia e pittura. Le parole alle immagini, Gabrielli Editori, 1989, p. 228.
  11. Citato in Domenico Scarpa, L'arcipelago, prefazione a Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Lilla Maione, Universale Economica Feltrinelli, X ed., Milano, 2014, p. 7
  12. Citato in La giunta militare argentina progetta una "nuova società", La Stampa, 27 marzo 1976
  13. Dall'introduzione a London. Le morti concentriche, traduzione di Umberto Melli, Franco Maria Ricci editore, 1975.
  14. Da Il manoscritto di Brodie.
  15. Da La postulazione della realtà, in Discussione, Tutte le opere.
  16. Da Luna di fronte.
  17. Da Luna di fronte: Manoscritto trovato in un libro di Joseph Conrad, v. 11. Citato in Walter Veltroni, L'isola e le rose, Rizzoli, 2012, p. 261.
  18. Citato in dizionari.corriere.it.
  19. a b Citato in Lo scrittore Borges a Madrid elogia le dittature dei militari, La Stampa, 9 settembre 1976
  20. Da Testamento poetico letterario, Giunti Editore, 2004, p. 21.
  21. Da Baruch Spinoza. Citato in Filippo Mignini, Un «segno di contraddizione», in Spinoza, Opere, Mondadori, Milano, 2007, p. XI. ISBN 978-88-04-51825-9
  22. Citato in Pacho O'Donnell, Por qué la expulsión de Sabato del canon argentino es injusta, infobae.com, 21 gennaio 2018.
  23. Citato in "A/Z", F.M. Ricci.
  24. Da Camden 1892; citato in Didier Tisdel Jaén, Homenaje a Walt Whitman, traduzione di Biancamaria Tedeschini Lalli, ed. University of Alabama Press, 1969, p.2.
  25. Riferito alla traduzione che W.E. Henly fece del Vathek di W. Beckford, in Sobre el «Vathek» de William Beckford.
  26. a b c Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  27. Da Il manoscritto di Brodie, traduzione di Lucia Lorenzini, La biblioteca di Repubblica.
  28. Citato in Vittorio Messori, Scommessa sulla morte, Società Editrice Internazionale, 7a edizione, Torino, 1987, ISBN 88-05-03746-X.
  29. Da Il Giornale Nuovo, 19 luglio 1981; citato in Adolph Caso (a cura di), Dante in the Twentieth Century, Volume 1 di Dante studies, Branden Books, 1982, p. 82.
  30. Citato in Jean Baudrillard, Cool Memories, 1980–1985, Paris, Galilée, 1987, p. 260. ISBN 2-7186-0316-X.
  31. Da La perpetua corsa di Achille e della tartaruga, in Discussione, traduzione di Livio Bacchi Wilcock, Rizzoli, Milano, 1973, p. 77.
  32. Citato in Gerardo Pisarello, Zapatero, enfermo de Borges, ctxt.es, 9 novembre 2021.
  33. Da Tutte le Opere - "Macedonio Fernandez", Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1985.
  34. Citato in George Steiner, Dopo Babele, p. IX.
  35. Da Las versiones Homéricas, in Discusión, 1957.
  36. Citato in L'ombra di Perón sull'Argentina, La Stampa, 19 luglio 1983
  37. Da Obra poética, prologo; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  38. Da L'altro.
  39. Da Conversazioni, 1987; citato in Andrea Monda, G. K. Chesterton, anche un grande poeta, Roma Sette, 28 settembre 2009.
  40. Da Il credo di un poeta; citato in Poesia, anno XIV, maggio 2001, n. 150, Crocetti Editore.
  41. Dalla prefazione a Giovanni Papini, Lo specchio che fugge, a cura di J. L. Borges, Franco Maria Ricci, Parma-Milano, 1975.
  42. Da Il libro di sabbia, a cura di Tommaso Scarano, traduzione di Ilide Carmignani, Biblioteca Adelphi, 2006, p. 76.
  43. Da Il credo di un poeta; citato in Poesia, anno XIV, maggio 2001, n. 150, Crocetti Editore.
  44. Da Le strade, Fervor de Buenos Aires, in Carme presunto e altre poesie, introduzione e traduzione di Umberto Cianciòlo, Mondadori, Oscar, Milano, stampa 1986, p. 61.
  45. Da Un patio, Fervor de Buenos Aires, p. 81.
  46. Da Sala vuota, Fervor de Buenos Aires, p. 87.
  47. Citato in Fabio Ciardi, La storia di Dio e la mia. La Bibbia fonte di ispirazione per l'uomo, Città Nuova, 2010, p. 120.
  48. Dall'Introduzione ad Adolfo Bioy Casares, L'invenzione di Morel, traduzione di Livio Bacchi Wilcock, Bompiani, Milano, 2007, p. 18. ISBN 978-88-452-4684-5
  49. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

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  • AA.VV., Hanno scritto per voi: aforismi, frasi, motti e poesie firmati da illustri personaggi di ieri e di oggi, CDE, Milano, 1993.
  • Adolfo Bioy Casares, L'invenzione di Morel, introduzione di Jorge Luis Borges, Tascabili Bompiani, Milano 1985.
  • Jorge Luis Borges, Altre inquisizioni, a cura di Fabio Rodríguez Amaya, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Adelphi, Milano 2000.
  • Jorge Luis Borges, Altre inquisizioni, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Feltrinelli, 200219.
  • Jorge Luis Borges, Carme presunto e altre poesie, introduzione e traduzione di Umberto Cianciòlo, Mondadori, Oscar, Milano, stampa 1986.
  • Jorge Luis Borges, Cos'è il buddismo, a cura di Francesco Tentori Montalto, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 2012. ISBN 978-88-541-3510-9
  • Jorge Luis Borges , Elogio dell’ombra, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Giulio Einaudi Editore, 1971.
  • Jorge Luis Borges, Finzioni (Ficciones, 1944), a cura di Antonio Melis, Adelphi, Milano, 2003. ISBN 8845914275
  • Jorge Luis Borges, Finzioni, traduzione di Franco Lucentini, "Gettoni", Einaudi, Torino 1955.
  • Jorge Luis Borges, Finzioni, traduzione di Franco Lucentini, "Scrittori tradotti da scrittori", Einaudi, Torino 1985. ISBN 88-06-58362-X
  • Jorge Luis Borges, Il libro degli esseri immaginari, trad. di Ilide Carmignani, Adelphi, 2006. ISBN 978-88-459-2098-1
  • Jorge Luis Borges, Il libro di sabbia, trad. di Ilide Carmignani, Adelphi, 2004. ISBN 9788845918414
  • Jorge Luis Borges, In difesa di Mark Twain (Una vindicación de Mark Twain, 1935), traduzione di Claudia Marseguerra, in Mark Twain, Il principe e il povero, Mondadori, Milano, 2014. ISBN 978-88-04-48608-4
  • Jorge Luis Borges, L'Aleph, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Feltrinelli, Milano, 2005. ISBN 8807803348
  • Jorge Luis Borges, La cifra, traduzione di Domenico Porzio, Mondadori, 1996.
  • Jorge Luis Borges, Tutte le opere, vol. I-II, a cura di Domenico Porzio, traduzione di Aa. Vv., I Meridiani, Mondadori, Milano, 1984-1985.

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