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Genesi, testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana.

 
Allegoria della creazione del cosmo (D. van Wijnen, XVII sec.)

In principio Dio creò il cielo e la terra.
Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre
e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque".
Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne.
Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.

Citazioni

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  • Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra". (1, 14 – 15)
  • Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. (1, 21)
  • Dio disse: "La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie". E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. (1, 24 – 27)
  • Poi Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. (1, 29 – 31)
  • Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. (2, 2 – 3)
 
Creazione di Adamo (Michelangelo, 1511 ca.)
 
Creazione di Eva (Michelangelo, 1511 ca.)
  • [...] allora il Signore Dio plasmò l'uomo [Adamo] con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino di Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è l'oro e l'oro di quella terra è fine; qui c'è anche la resina odorosa e la pietra d'ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d'Etiopia. (2, 7 – 13)
  • Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti". (2, 15 – 17)
  • Poi il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile". Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna [Eva] e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: "Questa volta essa | è carne dalla mia carne | e osso dalle mie ossa | perché dall'uomo è stata tolta". Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. (2, 18 – 24)
 
Adamo ed Eva nel paradiso terrestre (Tiziano, 1550 ca.)
  • Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?". Rispose la donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete". Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. (3, 1 – 7)
  • Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". (3, 8 – 12)
  • Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, | sii tu maledetto più di tutto il bestiame | e più di tutte le bestie selvatiche; | sul tuo ventre camminerai | e polvere mangerai | per tutti i giorni della tua vita. | Io porrò inimicizia tra te e la donna, | tra la tua stirpe | e la sua stirpe: | questa ti schiaccerà la testa | e tu le insidierai il calcagno". (3, 14 – 15)
  • Alla donna [Dio] disse: "Moltiplicherò | i tuoi dolori e le tue gravidanze, | con dolore partorirai figli. | Verso tuo marito sarà il tuo istinto, | ma egli ti dominerà". All'uomo disse: "Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! | Con dolore ne trarrai il cibo | per tutti i giorni della tua vita. | Spine e cardi produrrà per te | e mangerai l'erba campestre. | Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; | finché tornerai alla terra, | perché da essa sei stato tratto: | polvere tu sei e in polvere tornerai!". (3, 16 – 19)
  • L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. (3, 20)
  • Il Signore Dio disse allora: "Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!". Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita. (3, 22 – 24)
  • Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". (4, 1)
  • Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo. Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo". (4, 2 – 7)
 
Caino conduce Abele alla morte (James Tissot, 1896-1902 ca.)
  • Caino disse al fratello Abele: "Andiamo in campagna!". Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?". Riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra". Disse Caino al Signore: "Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere". Ma il Signore gli disse: "Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!". Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. (4, 8 – 15)
  • Ora Caino si unì alla moglie che concepì e partorì Enoch; poi divenne costruttore di una città, che chiamò Enoch, dal nome del figlio. (4, 17)
  • Lamech si prese due mogli: una chiamata Ada e l'altra chiamata Zilla. Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Zilla a sua volta partorì Tubalkàin, il fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro. La sorella di Tubalkàin fu Naama. Lamech disse alle mogli: "Ada e Zilla, ascoltate la mia voce; | mogli di Lamech, porgete l'orecchio al mio dire: | Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura | e un ragazzo per un mio livido. | Sette volte sarà vendicato Caino | ma Lamech settantasette". (4, 19 – 24)
  • Adamo si unì di nuovo alla moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set. "Perché – disse [Eva] – Dio mi ha concesso un'altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l'ha ucciso". Anche a Set nacque un figlio, che egli chiamò Enos. Allora si cominciò ad invocare il nome del Signore. (4, 25 – 26)
  • Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set. Dopo aver generato Set, Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Adamo fu di novecentotrenta anni; poi morì. Set aveva centocinque anni quando generò Enos; dopo aver generato Enos, Set visse ancora ottocentosette anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì. Enos aveva novanta anni quando generò Kenan; Enos, dopo aver generato Kenan, visse ancora ottocentoquindici anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì. (5, 3 – 11)
  • Enoch camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoch fu di trecentosessantacique anni. Poi Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso. (5, 22 – 24)
  • Matusalemme aveva centottantasette anni quando generò Lamech; Matusalemme, dopo aver generato Lamech, visse ancora settecentottantadue anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Matusalemme fu di novecentosessantanove anni; poi morì. (5, 25 – 27)
  • Lamech aveva centottantadue anni quando generò un figlio e lo chiamò Noè, dicendo: "Costui ci consolerà del nostro lavoro e della fatica delle nostre mani, a causa del suolo che il Signore ha maledetto". Lamech, dopo aver generato Noè, visse ancora cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie. (5, 28 – 30)
  • [...] i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: "Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni". C'erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi. (6, 2 – 4)
  • Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. (6, 9)
  • Noè aveva seicento anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. Noè entrò nell'arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali mondi e di quelli immondi, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo entrarono a due a due con Noè nell'arca, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè. (7, 6 – 9)
  • Nel settimo mese, il diciassette del mese, l'arca si posò sui monti dell'Araràt. Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le cime dei monti. (8, 4 – 5)
  • Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatta nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se le acque si fossero ritirate. Esso uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca, perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. (8, 6 – 11)
  • Dio ordinò a Noè: "Esci dall'arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tutti gli animali d'ogni specie che hai con te, uccelli, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra, siano fecondi e si moltiplichino su di essa". (8, 15 – 17)
 
Il sacrificio di Noè (Daniel Maclise, 1847-1853)
  • Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull'altare. Il Signore ne odorò la soave fragranza e pensò: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, | seme e messe, | freddo e caldo, | estate e inverno, | giorno e notte |non cesseranno". (8, 20 – 22)
  • Chi sparge il sangue dell'uomo | dall'uomo il suo sangue sarà sparso, | perché ad immagine di Dio | Egli ha fatto l'uomo. (9, 6)
  • Dio disse: "Questo è il segno dell'alleanza, | che io pongo | tra me e voi | e tra ogni essere vivente | che è con voi | per le generazioni eterne. | Il mio arco pongo sulle nubi | ed esso sarà il segno dell'alleanza | tra me e la terra. | Quando radunerò | le nubi sulla terra | e apparirà l'arco sulle nubi, | ricorderò la mia alleanza | che è tra me e voi | e tra ogni essere che vive in ogni carne | e noi ci saranno più le acque | per il diluvio, per distruggere ogni carne. | L'arco sarà sulle nubi | e io lo guarderò per ricordare l'alleanza eterna | tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne | che è sulla terra". (9, 12 – 16)
  • I figli di Noè che uscirono dall'arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Cànaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e giacque scoperto all'interno della sua tenda. Cam, padre di Cànaan, vide il padre scoperto e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono il padre scoperto; avendo rivolto la faccia indietro, non videro il padre scoperto. Quando Noè si fu risvegliato dall'ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: "Sia maledetto Cànaan! | Schiavo degli schiavi | sarà per i suoi fratelli!". Disse poi: "Benedetto il Signore, Dio di Sem, | Cànaan sia suo schiavo! | Dio dilati Iafet | e questi dimori nelle tende di Sem, | Cànaan sia suo schiavo!". (9, 18 – 27)
  • Ora Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: "Come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore". L'inizio del suo regno fu Babele, Uruch, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. Da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive, Recobot-Ir e Càlach e Resen tra Ninive e Càlach; quella è la grande città. (10, 8 – 9)
  • Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber, fratello maggiore di Jafet, nacque una discendenza. [...] A Eber nacquero due figli: uno si chiamò Peleg, perché ai suoi tempi fu divisa la terra, e il fratello si chiamò Joktan. Joktan generò Almodad, Selef, Ascarmavet, Jerach, Adòcam, Uzal, Dikla, Obal, Abimaèl, Saba, Ofir, Avìla e Ibab. Tutti questi furono i figli di Joktan; la loro sede era sulle montagne dell'oriente, da Mesa in direzione di Sefar. (10, 21 – 30)
  • Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura [...]. Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. (11, 1 – 9)
  • Terach aveva settant'anni quando generò Abram, Nacor e Aran. [...] Aran generò Lot. Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra natale, in Ur dei Caldei. Abram e Nacor si presero delle mogli; la moglie di Abram si chiamava Sarai e la moglie di Nacor Milca, ch'era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. Sarai era sterile e non aveva figli. Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Cànaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. L'età della vita di Terach fu di duecentocinque anni; Terach morì in Carran. (11, 26 – 32)
  • Il Signore disse ad Abram: "Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria | e dalla casa di tuo padre, | verso il paese che io ti indicherò. | Farò di te un grande popolo | e ti benedirò, | renderò grande il tuo nome | e diventerai una benedizione. | Benedirò coloro che ti benediranno | e coloro che ti malediranno maledirò | e in te si diranno benedette | tutte le famiglie della terra". (12, 1 – 3)
  • Al tempo di Amrafel re di Sennaar, di Arioch re di Ellasar, di Chedorlaomer re dell'Elam e di Tideal re di Goim, costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra, Sinab re di Adma, Semeber re di Zeboim, e contro il re di Bela, cioè Zoar. Tutti questi si concentrarono nella valle di Siddim, cioè il Mar Morto. Per dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaomer, ma il tredicesimo anno si erano ribellati. Nell'anno quattordicesimo arrivarono Chedorlaomer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaim ad Astarot-Karnaim, gli Zuzim ad Am, gli Emim a Save-Kiriataim e gli Hurriti sulle montagne di Seir fino a El-Paran, che è presso il deserto. (14, 1 – 6)
  • Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sòdoma [Bera] gli uscì incontro nella Valle di Save, cioè la Valle del re. Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: "Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, | creatore del cielo e della terra, | e benedetto sia il Dio altissimo, | che ti ha messo in mano i tuoi nemici". Abram gli diede la decima di tutto. Poi il re di Sòdoma disse ad Abram: "Dammi le persone; i beni prendili per te". Ma Abram disse al re di Sòdoma: "Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: né un filo, né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram". (14, 17 – 23)
  • Sarai, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar, Sarai disse ad Abram: "Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli". Abram ascoltò la voce di Sarai. Così [...] Sarai, moglie di Abram, prese Agar l'egiziana, sua schiava e la diede in moglie ad Abram, suo marito. Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei. Allora Sarai disse ad Abram: "L'offesa a me fatta ricada su di te! Io ti ho dato in braccio la mia schiava, ma da quando si è accorta d'essere incinta, io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!". Abram disse a Sarai: "Ecco, la tua schiava è in tuo potere: falle ciò che ti pare". Sarai allora la maltrattò tanto che quella si allontanò. La trovò l'angelo del Signore [...] e le disse: "[...] Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa. [...] Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla per la sua moltitudine". (16, 1 – 10)
  • Soggiunse poi l'angelo del Signore [ad Agar]: "Ecco, sei incinta: | partorirai un figlio | e lo chiamerai Ismaele, | perché il Signore ha ascoltato la tua afflizione. | Egli sarà come un ònagro; | la sua mano sarà contro tutti | e la mano di tutti contro di lui | e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli". (16, 11 – 12)
  • Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: "Io sono Dio onnipotente: | cammina davanti a me | e sii integro". (17, 1)
  • Non ti chiamerai più Abram | ma ti chiamerai Abraham | perché padre di una moltitudine | di popoli ti renderò. (17, 5)
  • Dio aggiunse ad Abramo: "Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, ma Sara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli nasceranno da lei". Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: "Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all'età di novanta anni potrà partorire?". Abramo disse a Dio: "Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!". E Dio disse: "No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo e molto, molto numeroso: dodici principi egli genererà e di lui farò una grande nazione. Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l'anno venturo". (17, 15 – 21)
  • Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?". Rispose il Signore: "Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città". Abramo riprese e disse: [...] "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta". Rispose: "Non lo farò, se ve ne troverò trenta". [...] Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei dieci". (18, 23 – 32)
 
Gli angeli incitano Lot a fuggire con la sua famiglia da Sodoma (P. P. Rubens, 1615 ca.)
 
La moglie di Lot tramutata in sale (Cronache di Norimberga, 1493)
  • [...] gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: "Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della città". Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: "Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!". Ma Lot gli disse: "No, mio Signore! Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? – e così la mia vita sarà salva". Gli rispose: "Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato". Perciò quella città si chiamò Zoar. Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. (19, 15 – 26)
  • Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; contemplò dall'alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace. (19, 27 – 28)
  • Siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: "È mia sorella", Abimèlech, re di Gerar, mandò a prendere Sara. Ma Dio venne da Abimèlech di notte, in sogno, e gli disse: "Ecco stai per morire a causa della donna che tu hai presa; essa appartiene a suo marito". [...] Abimèlech chiamò Abramo e gli disse: "Che ci hai fatto? E che colpa ho commesso contro di te, perché tu abbia esposto me e il mio regno ad un peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno". [...] Rispose Abramo: "Io mi sono detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre essa è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie. Allora, quando Dio mi ha fatto errare lungi dalla casa di mio padre, io le dissi: Questo è il favore che tu mi farai: in ogni luogo dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello". (20, 2 – 13)
  • Abramo aveva cento anni, quando gli nacque il figlio Isacco. Allora Sara disse: "Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà sorriderà di me!". Poi disse: "Chi avrebbe mai detto ad Abramo: Sara deve allattare figli! Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!". Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. (21, 5 – 8)
 
L'espulsione di Ismaele e di sua madre (Gustave Doré, 1866)
  • Ma Sara vide che il figlio di Agar l'Egiziana, quello che essa aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: "Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco". La cosa dispiacque molto ad Abramo per riguardo a suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: "Non ti dispiaccia questo, per il fanciullo e la tua schiava: ascolta la parola di Sara in quanto ti dice, ascolta la sua voce, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una grande nazione anche il figlio della schiava, perché è tua prole". Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre di acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via. (21, 9 – 14)
 
Agar e Ismaele nel deserto (F. Cozza, 1665)
  • Essa [Agar] se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora essa depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: "Non voglio veder morire il fanciullo!". Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. Ma Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: "Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione". Dio le aprì gli occhi ed essa vide un pozzo d'acqua. Allora andò a riempire l'otre e fece bere il fanciullo. E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d'arco. Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie del paese d'Egitto. (21, 14 – 21)
  • In quel tempo Abimèlech con Picol, capo del suo esercito, disse ad Abramo: "Dio è con te in quanto fai. Ebbene, giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né i miei figli né i miei discendenti: come io ho agito amichevolmente con te, così tu agirai con me e con il paese nel quale sei forestiero". (21, 22 – 23)
  • Allora Abramo prese alcuni capi del gregge e dell'armento, li diede ad Abimèlech: tra loro due conclusero un'alleanza. Poi Abramo mise in disparte sette agnelle del gregge. Abimèlech disse ad Abramo: "Che significano quelle sette agnelle che hai messe in disparte?". Rispose: "Tu accetterai queste sette agnelle dalla mia mano, perché ciò mi valga di testimonianza che io ho scavato questo pozzo". Per questo quel luogo si chiamò Bersabea, perché là fecero giuramento tutti e due. E dopo che ebbero concluso l'alleanza a Bersabea, Abimèlech si alzò con Picol, capo del suo esercito, e ritornarono nel paese dei Filistei. Abramo piantò un tamerice in Bersabea, e lì invocò il nome del Signore, Dio dell'eternità. (21, 27 – 33)
 
Il sacrificio di Isacco (Caravaggio, 1594-1596)
  • [...] Dio mise alla prova Abramo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò". Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: "Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi". Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: "Padre mio!". Rispose: "Eccomi, figlio mio". Riprese: "Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?". Abramo rispose: "Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!". Proseguirono tutt'e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". L'angelo disse: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio". Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. (22, 1 – 13)
  • Benedissero Rebecca e le dissero: "Tu, sorella nostra, | diventa migliaia di miriadi | e la tua stirpe conquisti | la porta dei suoi nemici!". (24, 60)
  • Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché essa era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel suo seno ed essa esclamò: "Se è così, perché questo?". Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: "Due nazioni sono nel tuo seno | e due popoli dal tuo grembo si disperderanno; | un popolo sarà più forte dell'altro | e il maggiore servirà il più piccolo". Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco due gemelli erano nel suo grembo. Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe. (25, 21 – 26)
  • Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra di lenticchie; Esaù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: "Lasciami mangiare un po' di questa minestra rossa, perché io sono sfinito" – Per questo fu chiamato Edom –. Giacobbe disse: "Vendimi subito la tua primogenitura". Rispose Esaù: "Ecco sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?". Giacobbe allora disse: "Giuramelo subito". Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. Giacobbe diede ad Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura. (25, 29 – 34)
  • Proprio in quel giorno [dell'alleanza con Abimelech] arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a proposito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: "Abbiamo trovato l'acqua". Allora egli lo chiamò Sibea: per questo la città si chiama Bersabea fino ad oggi. (26, 32 – 33)
  • Poi Rebecca disse a Isacco: "Ho disgusto della mia vita a causa di queste donne hittite: se Giacobbe prende moglie tra le hittite come queste, tra le figlie del paese, a che mi giova la vita?". (27, 46)
  • Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di Rebecca. Allora essa corse a riferirlo al padre. Quando Làbano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte le sue vicende. Allora Làbano gli disse: "Davvero tu sei mio osso e mia carne!". (29, 12 – 14)
  • Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, perciò Giacobbe amava Rachele. Disse dunque: "Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore". Rispose Làbano: "Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me". Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei. (29, 16 – 20)
  • Poi Giacobbe disse a Làbano: "Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei". Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto. Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. Làbano diede la propria schiava Zilpa alla figlia Lia, come schiava. Quando fu mattina... ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: "Che mi hai fatto? Non è forse per Rachele che sono stato al tuo servizio? Perché mi hai ingannato?". Rispose Làbano: "Non si usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore. Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest'altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni". (29, 21 – 27)
  • Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile. Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: "Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà". Poi concepì ancora un figlio e disse: "Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo". E lo chiamò Simeone. Poi concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli". Per questo lo chiamò Levi. Concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta loderò il Signore". Per questo lo chiamò Giuda. (29, 31 – 35)
  • Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!". Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?". Allora essa rispose: "Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei". Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. Rachele disse: "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Per questo essa lo chiamò Dan. Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!". Perciò lo chiamò Nèftali. (30, 1 – 8)
  • Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe. Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio. Lia disse: "Per fortuna!" e lo chiamò Gad. Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe. Lia disse: "Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice". Perciò lo chiamò Aser. (30, 9 – 13)
  • Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: "Dammi un po' delle mandragore di tuo figlio". Ma Lia rispose: "È forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?". Riprese Rachele: "Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio". (30, 14 – 15)
  • Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. Lia disse: "Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito". Perciò lo chiamò Issacar. Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. Lia disse: "Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli". Perciò lo chiamò Zàbulon. (30, 17 – 20)
  • Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Essa concepì e partorì un figlio e disse: "Dio ha tolto il mio disonore". E lo chiamò Giuseppe dicendo: "Il Signore mi aggiunga un altro figlio!". (30, 22 – 24)
  • [Giacobbe] passò il fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad. Al terzo giorno fu riferito a Làbano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi parenti, lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad. Ma Dio venne da Làbano l'Arameo in un sogno notturno e gli disse: "Bada di non dir niente a Giacobbe, proprio nulla!". Làbano andò dunque a raggiungere Giacobbe; ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagne e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. (31, 21 – 25)
 
Giacobbe lotta con l'angelo (Rembrandt, 1659 ca.)
  • Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. Quegli disse: "Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora". Giacobbe rispose: "Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!". Gli domandò: "Come ti chiami?". Rispose: "Giacobbe". Riprese: "Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!". Giacobbe allora gli chiese: "Dimmi il tuo nome". Gli rispose: "Perché mi chiedi il nome?". E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel "Perché – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva". Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca. Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l'articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l'articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico. (32, 25 – 33)
  • Così in quel giorno stesso Esaù ritornò sul suo cammino verso Seir. Giacobbe invece si trasportò a Succot, dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot. (33, 16 – 17)
  • Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, uscì a vedere le ragazze del paese. Ma la vide Sichem, figlio di Camor l'Eveo, principe di quel paese, e la rapì, si unì a lei e le fece violenza. Egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; amò la fanciulla e le rivolse parole di conforto. Poi disse a Camor suo padre: "Prendimi in moglie questa ragazza". Intanto Giacobbe aveva saputo che quegli aveva disonorato Dina, sua figlia, ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame. Giacobbe tacque fino al loro arrivo. Venne dunque Camor, padre di Sichem, da Giacobbe per parlare con lui. Quando i figli di Giacobbe tornarono dalla campagna, sentito l'accaduto, ne furono addolorati e s'indignarono molto, perché quelli aveva commesso un'infamia in Israele, unendosi alla figlia di Giacobbe: così non si doveva fare! (34, 1 – 7)
  • [...] i due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, i fratelli di Dina, presero ciascuno una spada, entrarono nella città con sicurezza e uccisero tutti i maschi. Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa di Sichem e si allontanarono. I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città, perché quelli avevano disonorato la loro sorella. Presero così i loro greggi e i loro armenti, i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: "Voi mi avete messo in difficoltà, rendendomi odioso agli abitanti del paese, ai Cananei e ai Perizziti, mentre io ho pochi uomini; essi si raduneranno contro di me, mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa". Risposero: "Si tratta forse la nostra sorella come una prostituta?". (34, 25 – 31)
  • Dio disse a Giacobbe: "Alzati, va' a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi Esaù, tuo fratello". Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: "Eliminate gli dèi stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti. Poi alziamoci e andiamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia e che è stato con me nel cammino che ho percorso". (35, 1 – 3)
  • Giacobbe e tutta la gente ch'era con lui arrivarono a Luz, cioè Betel, che è nel paese di Cànaan. Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo "El-Betel", perché là Dio gli si era rivelato, quando sfuggiva al fratello. Allora morì Dèbora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al disotto di Betel, ai piedi della quercia, che perciò si chiamò Quercia del Pianto. (35, 6 – 8)
  • Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: "Non temere: anche questo è un figlio!". Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. (35, 16 – 18)
  • Poi Israele levò l'accampamento e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. Mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò a unirsi con Bila, concubina del padre, e Israele lo venne a sapere. (35, 21 – 22)
  • Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica dalle lunghe maniche. I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non potevano parlargli amichevolmente. (37, 3 – 4)
  • Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono di farlo morire. Si dissero l'un l'altro: "Ecco, il sognatore arriva! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna! Poi diremo: Una bestia feroce l'ha divorato! Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!". Ma Ruben sentì e volle salvarlo dalle loro mani, dicendo: "Non togliamogli la vita". Poi disse loro: "Non versate il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano"; egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. (37, 17 – 22)
  • Allora Giuda disse ai fratelli: "Che guadagno c'è ad uccidere il nostro fratello e a nasconderne il sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne". (37, 26 – 27)
  • Giuda prese una moglie per il suo primogenito Er, la quale si chiamava Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il Signore lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: "Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità per il fratello". Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui. Allora Giuda disse alla nuora Tamar: "Ritorna a casa da tuo padre come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto". Perché pensava: "Che non muoia anche questo come i suoi fratelli!". (38, 6 – 11)
  • [Tamar] Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto, ma che lei non gli era stata data in moglie. Giuda la vide e la credette una prostituta, perché essa si era coperta la faccia. Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: "Lascia che io venga con te!". Non sapeva infatti che quella fosse la sua nuora. Essa disse: "Che mi darai per venire con me?". Rispose: "Io ti manderò un capretto del gregge". Essa riprese: "Mi dai un pegno fin quando me lo avrai mandato?". Egli disse: "Qual è il pegno che ti devo dare?". Rispose: "Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano". Allora glieli diede e le si unì. Essa concepì da lui. [...] Giuda mandò il capretto per mezzo del suo amico di Adullàm, per riprendere il pegno dalle mani di quella donna, ma quegli non la trovò. [...] Circa tre mesi dopo, fu portata a Giuda questa notizia: "Tamar, la tua nuora, si è prostituita e anzi è incinta a causa della prostituzione". Giuda disse: "Conducetela fuori e sia bruciata!". Essa veniva già condotta fuori, quando mandò a dire al suocero: "Dell'uomo a cui appartengono questi oggetti io sono incinta". E aggiunse: "Riscontra, dunque, di chi siano questo sigillo, questi cordoni e questo bastone". Giuda li riconobbe e disse: "Essa è più giusta di me, perché io non l'ho data a mio figlio Sela". (38, 14 – 26)
  • Quand'essa [Tamar] fu giunta al momento di partorire, ecco aveva nel grembo due gemelli. Durante il parto, uno di essi mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo: "Questi è uscito per primo". Ma, quando questi ritirò la mano, ecco uscì suo fratello. Allora essa disse: "Come ti sei aperta una breccia?" e lo si chiamò Perez. Poi uscì suo fratello, che aveva il filo scarlatto alla mano, e lo si chiamò Zerach. (38, 27 – 30)
  • Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù. Allora il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che quanto egli intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue mani. Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per causa di Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e nella campagna. (39, 1 – 5)
  • [...] la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: "Unisciti a me!". Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: "Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?". E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei. Ora un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era nessuno dei domestici. Essa lo afferrò per la veste, dicendo: "Unisciti a me!". Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì. Allora essa, vedendo ch'egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori, chiamò i suoi domestici e disse loro: "Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo per scherzare con noi! Mi si è accostato per unirsi a me, ma io ho gridato a gran voce". (39, 7 – 14)
  • Allora Giuseppe disse al faraone: "Il sogno del faraone è uno solo: quello che Dio sta per fare, lo ha indicato al faraone. Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni: è un solo sogno. E le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, sono sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d'oriente, sono sette anni: vi saranno sette anni di carestia. È appunto ciò che ho detto al faraone: quanto Dio sta per fare, l'ha manifestato al faraone. Ecco stanno per venire sette anni, in cui sarà grande abbondanza in tutto il paese d'Egitto. Poi a questi succederanno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quella abbondanza nel paese d'Egitto e la carestia consumerà il paese". (41, 25 – 30)
  • Poi il faraone disse a Giuseppe: "Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, nessuno è intelligente e saggio come te. Tu stesso sarai il mio maggiordomo e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te". Il faraone disse a Giuseppe: "Ecco, io ti metto a capo di tutto il paese d'Egitto". (41, 39 – 41)
  • E il faraone chiamò Giuseppe Zafnat-Paneach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. (41, 45)
  • Intanto nacquero a Giuseppe due figli, prima che venisse l'anno della carestia; glieli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, "perché – disse – Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre". E il secondo lo chiamò Efraim, "perché – disse – Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione". (41, 50 – 52)
  • E il padre loro Giacobbe disse: "Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c'è più, Simeone non c'è più e Beniamino me lo volete prendere. [...] Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi". (42, 36 – 38)
  • Egli [Giuseppe] alzò gli occhi e guardò Beniamino, suo fratello, il figlio di sua madre, e disse: "È questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?" e aggiunse: "Dio ti conceda grazia, figlio mio!". Giuseppe uscì in fretta, perché si era commosso nell'intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. [...] Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria mensa, ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. (43, 29 – 34)
 
Giuseppe si fa riconoscere dai fratelli (Pier Francesco Mola, 1657)
  • Allora Giuseppe disse ai fratelli: "Avvicinatevi a me!". Si avvicinarono e disse loro: "Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente". (45, 4 – 7)
  • Ruben, tu sei il mio primogenito, | il mio vigore e la primizia della mia virilità, | esuberante in fierezza ed esuberante in forza! | Bollente come l'acqua, tu non avrai preminenza, | perché hai invaso il talamo di tuo padre | e hai violato il mio giaciglio su cui eri salito. (49, 3 – 4)
  • Simeone e Levi sono fratelli, | strumenti di violenza sono i loro coltelli. | Nel loro conciliabolo non entri l'anima mia, | al loro convegno non si unisca il mio cuore. | Perché con ira hanno ucciso gli uomini | e con passione hanno storpiato i tori. | Maledetta la loro ira, perché violenta, | e la loro collera, perché crudele! | Io li dividerò in Giacobbe | e li disperderò in Israele. (49, 5 – 7)
  • Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; | la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici; | davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. | Un giovane leone è Giuda: | dalla preda, figlio mio, sei tornato; | si è sdraiato, si è accovacciato come un leone | e come una leonessa; chi oserà farlo alzare? | Non sarà tolto lo scettro da Giuda | né il bastone del comando tra i suoi piedi, | finché verrà colui al quale esso appartiene | e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. (49, 8 – 10)
  • Sia Dan un serpente sulla strada, | una vipera cornuta sul sentiero, | che morde i garretti del cavallo | e il cavaliere cade all'indietro. (49, 17)
  • Gad, assalito da un'orda, | ne attacca la retroguardia. (49, 19)
  • Aser, il suo pane è pingue: | egli fornisce delizie da re. (49, 20)
  • Nèftali è una cerva slanciata | che dà bei cerbiatti. (49, 21)
  • Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; | germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, | i cui rami si stendono sul muro. (49, 22)
  • Beniamino è un lupo che sbrana: | al mattino divora la preda | e alla sera spartisce il bottino. (49, 27)
  • Poi diede loro quest'ordine: "Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l'Hittita, nella caverna che si trova nel campo di Macpela di fronte a Mamre, nel paese di Cànaan, quella che Abramo acquistò con il campo di Efron l'Hittita come proprietà sepolcrale. Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie, là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia. La proprietà del campo e della caverna che si trova in esso proveniva dagli Hittiti". Quando Giacobbe ebbe finito di dare questo ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. (49, 29 – 33)
  • E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: "Eccoci tuoi schiavi!". Ma Giuseppe disse loro: "Non temete. Sono io forse al posto di Dio? Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso". (50, 18 – 20)

Poi Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto.

Citazioni sulla Genesi

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  • A sentire la storiella della Genesi, la donna nasce dall'uomo. Anzi, ne ha proprio un pezzo. E l'uomo impazzisce per la donna. La ama. In realtà ama se stesso. Ama un pezzo di sé. Non un altro da sé. Credo che sia quanto più perverso abbia mai letto. (Rocco Schiavone)
  • All'antica e disperante maledizione del Genesi, che faceva apparire il mondo come un luogo di pena e il lavoro come il marchio della schiavitù e dell'abiezione umana, egli [Francesco Bacone] ha sostituito in un lampo di genio la vera carta dei rapporti dell'uomo con il mondo: «L'uomo comanda alla natura obbedendole». (Simone Weil)
  • È vero che i sei giorni della creazione sono descritti nella Genesi in modo da far pensare che l'uomo ne sia l'oggetto principale: ma si deve anche dire che, poiché la storia della Genesi è stata scritta per l'uomo, lo Spirito Santo vuole specificare soprattutto le cose che lo riguardano, e non ha parlato di nessuna cosa se non in rapporto all'uomo. (Cartesio)
  • L'insegnamento della Genesi è: che l'umanità fu provata nel suo stato di perfezione originale, nel suo rappresentante, e che quest'ultimo cadde e che i difetti attuali, le malattie e la morte ne sono le conseguenze, ma che Iddio non l'abbandonò, che anzi, lo libererà finalmente per mezzo di un redentore nato da una donna. (Charles Taze Russell)
  • L'intera teoria della Bibbia appoggia il documento della Genesi, e rimane in piedi o crolla con esso. (Charles Taze Russell)
  • Nessuna mente adulta si riferirebbe oggi al Libro della Genesi per conoscere le origini della terra, delle piante, degli animali e dell'uomo. Non ci fu nessun diluvio, nessuna torre di Babele, nessuna prima coppia in paradiso, e fra la prima comparsa degli uomini sulla terra e le prime costruzioni di città non passò una sola generazione (da Adamo a Caino), ma almeno due milioni. Oggi ci rivolgiamo alla scienza per immaginare il passato e la struttura del mondo, e ciò che rivelano i roteanti demoni dell'atomo e le galassie osservate al telescopio è di tale meraviglia che al confronto la torre di Babele sembra un sogno infantile. (Joseph Campbell)
  • Per quante vesti colorate indosseremo, per quanti libri e quadri e musiche gusteremo, non dimenticheremo mai il segno con cui la Genesi ha marchiato ogni cultura. (Pietro Citati)
  • Subito all'inizio della Genesi è scritto che dio creò l'uomo per affidargli il dominio sugli uccelli, i pesci e gli animali. Naturalmente la Genesi è stata redatta da un uomo e non da un cavallo. [...] Ma basterebbe che nel gioco entrasse una terza persona, ad esempio un visitatore da un altro pianeta, il cui Dio gli abbia detto: "Regnerai sulle creature di tutte le altre stelle!", e tutta l'evidenza della Genesi diventerebbe di colpo problematica. (Milan Kundera)
  • I primi undici cc della Genesi sono da considerare a parte. Descrivono, in modo popolare, l'origine del genere umano; enunciano con uno stile semplice e figurato, quale conveniva alla mentalità di un popolo poco evoluto, le verità fondamentali presupposte dall'economia della salvezza: la creazione da parte di Dio all'inizio dei tempi, l'intervento speciale di Dio che forma l'uomo e la donna, l'unità del genere umano, la colpa dei nostri progenitori, la decadenza e le pene ereditarie che ne furono la sanzione. Ma queste verità, che riguardano il dogma e sono assicurate dall'autorità della Scrittura, sono nello stesso tempo fatti e, se le verità sono certe, implicano fatti che sono reali, sebbene non possiamo precisarne i contorni sotto il rivestimento mitico che è stato loro dato, secondo la mentalità del tempo e dell'ambiente.
  • La Genesi si divide in due parti disuguali: la storia primitiva (1-11) è come un portico che precede la storia della salvezza che sarà raccontata da tutta la Bibbia; essa risale alle origini del mondo e stende la prospettiva alla umanità tutta intera. Riferisce la creazione dell'universo e dell'uomo, la caduta originale e le sue conseguenze, la perversità crescente che è punita dal diluvio. A partire da Noè, la terra si ripopola, ma tavole genealogiche sempre più ristrette concentrano finalmente l'interesse su Abramo, padre del popolo eletto. La storia patriarcale (12-50), evoca la figura dei grandi antenati.
  • La storia patriarcale è una storia di famiglia: raduna i ricordi che si conservano degli antenati, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe. È una storia popolare che si sofferma sugli aneddoti personali e sui tratti pittoreschi, senza alcuna preoccupazione di unire questi racconti alla storia generale. È, infine, una storia religiosa: tutte le svolte decisive sono segnate da un intervento divino e tutto vi appare come provvidenziale: concezione teologica vera da un punto di vista superiore, ma che trascura l'azione delle cause seconde; inoltre i fatti sono introdotti, spiegati e raggruppati per dimostrare una tesi religiosa: c'è un Dio che ha formato un popolo e gli ha dato un paese; questo Dio è Jahve, questo popolo è Israele, questo paese è la terra santa. Ma questi racconti sono storici nel senso che narrano, alla loro maniera, avvenimenti reali; danno una immagine fedele dell'origine e delle migrazioni degli antenati di Israele, dei loro legami geografici ed etnici, del loro comportamento morale e religioso. I sospetti che hanno circondato questi racconti dovrebbero cedere davanti alla testimonianza favorevole che loro apportano le scoperte recenti della storia e dell'archeologia orientali.

Bibliografia

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Voci correlate

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