In Cesare Caravaglios, Voci e gridi di venditori in Napoli

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  • Per dire che di una cosa se ne è avuta poca mettere la punta del pollice fissata sotto l'estremità dell'indice, mentre le altre dita restano chiuse quasi a pugno. Tale gesto tradotto in parole vuol significare:
    — N'aggiu avuto pucurillo!
    (Ne ho avuto pochino!) (p. 19)
  • Per dire ad una persona che beve molto accostare ed allontanare più volte dalla bocca la mano chiusa col solo pollice disteso. La mano così disposta vuole imitare il fiasco al quale sogliono bere i napoletani. Portando la mano alla bocca si indica l'atto del bere.
    Talvolta questo gesto è accompagnato da certe espressioni del viso che vogliono chiaramente dire:
    — 'Mbriacone!
    — (Ubbriacone!) (p.19)
  • Per dare del ladro ad una persona distendere la palma della mano, indi curvare obliquamente le dita l'uno dopo l'altro, mentre lo sguardo si rivolge alla persona che si apostrofa:
    Il significato di questo gesto è:
    (— Tu si nu mariuolo!)
    Tu sei un ladro! (p. 21)
  • Volendo comunicare che una persona è morta fare in aria il segno della croce. Questo gesto è assai usato dai napoletani per indicare una speranza perduta. Si traduce:
    — Nu nce sta cchiù che ffà!
    (Tutto è finito!) (p. 21)
  • Volendo dare dell'asino ad una persona aprire la bocca mentre la lingua si distende sul labbro inferiore. Labbro e mento quasi penzoloni. Gli occhi non debbono avere né vivacità, né spirito.!
    Eseguito il gesto con destrezza e rapidità si dirà:
    — Si ciuccio!
    (Sei un asino!) (p. 22)
  • L'additare è uno dei gesti più naturali e più frequenti dei napoletani. Essi distendono l'indice e lo dirigono verso l'oggetto che vogliono indicare, allungando il braccio e la mano il più che sia possibile. Spesso, però, essi al dito sostituiscono gli occhi sempre vivi e lampeggianti accompagnando il movimento con un piccolo adeguato gesto della testa.
    L'additare ha il significato di:
    — 'O vì lloco!
    (Eccolo!) (pp. 22-23)

Bibliografia

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  • Cesare Caravaglios, Voci e gridi di venditori in Napoli, con 33 illustrazioni e 15 trascrizioni musicali, introduzione di Raffaele Corso, Catania, Libreria Tirelli di F. Guaitolini, Catania, 1931 · IX.

Spigolando...

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  • 'A vacànzia è fernuta e me garbizza | sto chiarfo[1]ca 'ncarma | l'appecundria. È meglio stracquà, | 'e campìglie arrevèntano scaiènze | 'e l'autunno ca 'nzarda into culore | do vignale e s'aggranfeca zumpanno | 'nzì' lo core. Ca mmùmmera aggubbata | selluzzo pe sbariamiento, forse | pe cupià 'o chiarfo, po piglià pe fesso.[2][3] (Tommaso Pignatelli)
  • C'è un luogo dove dormi | e il tuo respiro | io non lo sento, | non lo sento mai. || Fra i nostri due riposi | è la città spavalda | strade, fragori, alterchi, gente e tetti | e come due leoni sul sagrato | remoti e fermi, chiusi in una forma, | noi vigiliamo la nostra distanza.[4][5](Mariagloria Sears)
  • [La bellezza, non una] [...] categoria estetica ma l'energia di Dio, l'energia della gloria di Dio, la gloria dell'energia di Dio che trasfigura il mondo... un varco che si apre su un altro mondo, su un'altra realtà più grande, il mondo della realtà, della grazia di Dio.[6] (Padre Vsevolod Spiller, al funerale di Maria Yudina)
  • Certamente ogni opera letteraria ha un suo suolo natio nell'invito alla comunicazione, in una specie di nostalgia d'amore. Ogni testo letterario è in un certo senso epistola...[7] (Hrvoje Pejaković)
  • Claudia Severa alla sua Lepidina, salute. Il terzo giorno prima delle Idi di settembre[8], per il giorno in cui si festeggia il mio compleanno, ti invito di cuore a venire da noi, sorella mia, per rendere ancora più felice la mia giornata con la tua presenza... Saluta il tuo Ceriale. Il mio Elio e il figlio lo salutano. Ti aspetto, stammi bene, sorella, anima carissima, così come mi auguro di star bene io, e addio. Da Severa a Sulpicia Lepidina (moglie) di Ceriale.[9] (Invito di Vindolanda)
  • [Sul Quartetto n. 14 di Beethoven] Dopo questo, cosa ci è rimasto da poter scrivere? (Franz Schubert)
After this, what is left for us to write?[10]
  • [Dopo la conversione] Fuori faceva sempre bello; avevo cinque anni, e quel mondo fatto in precedenza di pietra e di catrame era un gran giardino dove mi sarebbe stato permesso di giocare per tutto il tempo che sarebbe piaciuto al cielo [...] Dio esisteva, ed era presente, rivelato e mascherato da quella delegazione di luce che senza discorsi né figure dava tutto alla comprensione e all'amore [...]. Il miracolo durò un mese. Ogni mattino, ritrovavo affascinato quella luce che faceva impallidire il giorno, quella dolcezza che non dimenticherò mai, e che è tutta la mia sapienza teologica. (Da Dio esiste, pp. 147-148.[11]) (André Frossard)
  • Incontriamo, via via che proseguiamo la lettura, il piacere sensuale del libro che abbiamo in mano e la dolorosa passione per la pagina bianca, lì in attesa dell'inchiostro, dei segni, delle parole, della punteggiatura...[12] (Giulia Borgese)
  • [...] Julien Green è il fauno della contraddizione.[13] (Davide Brullo)
  • La grandezza di Versailles consiste nella coerente applicazione di un ordine logico, dal quale non era permessa alcuna deviazione: si trattava di un'opera d'arte che esigeva obbedienza. Una tale opera può venir concepita ed eseguita una sola volta in una cultura. Essa lascia infatti i partecipanti esausti e bisognosi di cose più frivole. Il sollievo fu trovato nelle imitazioni dell'idea del giardino inglese (il jardin anglais), nei particolari rococò e negli ornamenti finto-cinesi (chinoiserie). Nel frattempo, in tutta Europa, gli aspiranti principi tentavano la loro Versailles. Pochi di questi autocrati avevano l'esatta concezione e nessuno la ricchezza di Luigi XVI°. Ciò non di meno essi lasciarono la loro impronta e godettero di principeschi giardini fantasticamente stravaganti.[14] (Michael Balston)
  • [...] la musica ti parla e basta saperla ascoltare, e nel momento esatto del concerto ecco che entra in gioco l'istinto. Perché in fondo la musica è un essere vivo, è vita e bisogna trattarla come tale, permettendosi di essere intuitivi, spontanei, lasciandosi trasportare dall'impulso del momento.[15] (Nil Venditti)
  • [...] la relazione tra jour e nuit non è soltanto d'opposizione, ma anche di inclusione. Non c'è bisogno di grandi conoscenze di psicanalisi per ravvisare nella notte un simbolo materno, simbolo di quel luogo materno, di quella notte delle viscere ove tutto inizia, e per vedere che l'amore per la notte è il ritorno alla madre, discesa verso le Madri, viluppo inestricabile d'istinto vitale ed attrazione mortale. Qui si rivela un ulteriore rovesciamento nella dialettica del giorno e della notte, giacché se il giorno dominatore è, nel pieno del suo splendore, la vita, la notte femminea è, nella sua profondità abissale, vita e morte insieme: è la notte che ci dà alla luce, è la notte che ce la riprenderà.[16] (Gérard Genette)
  • Le poesie non sono dei materassini | su cui sdraiarsi a prendere il sole | a dire Mi fa pensare, bello! | che è proprio così. | Le poesie sono una distesa di cocci | cui puoi stare sopra respirando piano, | con sempre un certo dolore | e quando ti alzi, | nella migliore delle ipotesi | ti senti l'impressione | il segno sulla pelle | di una insospettata, non tua, | scomodità profonda.[17] (Valentina Diana)
  • [Le carte geografiche] Mi affascina la loro quiete geometrica, la chiarità che ne determina e ne scioglie anche il groviglio di linee. Non è questa dopotutto la vita? Una mappa che interseca e a volte confonde volumi e colori lasciando a noi il compito di distinguere.[18] (Margherita Pieracci Harwell)
  • Montevideo come città manca di ciò che si è convenuto chiamare fisionomia americana. L'eleganza, il lusso stesso della quantità delle sue case ed infine la disposizione dei suoi viali, piazze e monumenti ne fanno una città di gusto europeo moderno. Il movimento della strada, i negozi, i teatri, sembrano seguire la stessa legge, perfino il clima sembra collaborare per far credere al turista del vecchio mondo che non ha cambiato patria. (Eugène de Robiedo nel 1877)
Montevideo como ciudad carece de lo que se ha convenido en llamar fisonomía americana. La elegancia, el lujo mismo de cantidad de sus casas y finalmente la disposición de sus paseos, plazas y monumentos hacen de ella una ciudad de gusto europeo moderno. El movimiento de la calle, los comercios, los teatros, parecen seguir la misma ley, hasta el clima parece ponerse de su parte para hacer creer al turista del viejo mundo que no ha cambiado de patria.»[19]
  • Nel buio della notte s'alzò in volo, | vagò per ampio cielo la mia mente, | poi nuvole varcò fino alla proda | ove, rappreso, il tempo disfavilla. | Trascese il sole, oltrepassò le stelle | per perdersi in un vortice di fuoco. | Non si bruciò, ma rapida trascorse | alla porta del riso e della gioia. | Si sporse: fluttuavano baciandosi | cieli in onde di fiamma e pura luce, | ove amore è semente a soli e stelle. | Entrò, ma l'investì vivo bagliore: | in melodie serene l'universo | moveva incontro ad adorar l'Eterno.[20] (Giuseppe Serembe)
  • [Julien Green] Romanziere raffinatissimo, esegeta delle inquietudini, chiromante del dubbio [...].[13] (Davide Brullo)
  • [L'anello di Carvilio] [...] pezzo assolutamente unico e originale è l'anello a fascia che è stato trovato al dito di Aebutia[21]. Sotto il castone in raro cristallo di rocca, lavorato "a cabochon", è collocato un mini-busto di Carvilio, che morì prematuramente all'età di 18 anni e tre mesi. Si tratta di una microfusione a cera persa e rappresenta un giovane a torso nudo, con capelli ricci, labbra sottili e naso aquilino. L'effetto luminoso della lente di cristallo dona una misteriosa profondità all'immagine del defunto evocando la lontananza-vicinanza della sua anima agli affetti della madre. (Andrea Cionci) [22]
  • [Santa Maria Egiziaca dopo la conversione] Quando [...] uscii sulla piazza, mi parve che tutto fosse nuovo, meravigliosamente mai visto. Neppure il colore del cielo sembrava più lo stesso, né il volto della gente. Mi ricordai allora di un giorno in cui, dopo una pioggia torrenziale, mi guardai intorno e vidi che tutto era pulito. (Da Leggende cristiane, a cura di L. Manetti e S. Zuffì, p. 359.[11])
  • Questa settimana ho ascoltato tre volte la Passione secondo Matteo del divino Bach, ogni volta con il sentimento di sconfinata meraviglia. Chi ha completamente dimenticato [disimparato] il Cristianesimo, la ascolta veramente come un Vangelo, è la musica della negazione della Volontà, senza memoria dell'Askesis.
In diese Woche habe ich dreimal die Matthäuspassion des göttlichen Bach gehört, jedesmal mit dem Gefühl der unermesslichen Verwunderung. Wer das Christentum völlig verlernt hat, der hört es hier wirklich wie ein Evangelium, es ist die Musik der Verneinung des Willens, ohne die Erinnerung an die Askesis.[23]
  • Tocca al silenzio non avere dubbi sulla morte. (Marcella Tarozzi Goldsmith) [24]
  • [Agli agenti del KGB] Volete mandarmi nel gulag? Benissimo, per me è un'ottima notizia.[25](Tavknok, monaco dell'eremo di Riga)

Novembre

Yet there is no sorrier sight to watch then the vacant faces of those former high school and college students when, at thirty-five or fifty, all their mental alertness having vanished, the spark gone from their eyes, they dutifully chew their gum to keep from yawning, while absorbing the chewing gum for the eyes of the movies or the chewing gum for the ears of the radio. p. 291 [1] Henri Peyre

  • [I Corifea]Il tempo è breve; chi insegue l'immenso perde l'attimo presente.

Or quando nella tènebra | notturna il pie' mio candido | agiterò nel bacchico tripudio, | la cervice crollando all'ètra rorido, | come cerbiatta che del prato allegrasi | fra le verdi delizie, | poi che la truce caccia | ha sfuggita, e l'insidia | delle ben tese reti? Col suo sibilo | il cacciatore l'impeto dei cani aizza invan sulla sua traccia: | ch'essa, pari ad un turbine, | via per i prati lanciasi | lunghesso il fiume; e nelle solitudini | ove uom non giunge, posa, | e tra i virgulti della selva ombrosa. || Che è saggezza? E qual fu mai dai Superi | dono piú insigne agli uomini largito, | che la man dei nemici | tener sulle cervici? | E quanto è bello a noi sempre è gradito. ( https://it.wikisource.org/wiki/Le_Baccanti/Terzo_stasimo p. 80)

Fu nel 1717 che, con l'accennata fondazione della Grande Loggia di Londra e col subentrare della cosiddetta "massoneria speculativa" continentale, si verificarono il soppiantamento e l'inversione di polarità, di cui si è detto. Come "speculazione" qui valse infatti l'ideologia illuministica, enciclopedistica e razionalistica connessa ad una corrispondente, deviata interpretazione dei simboli, e l'attività dell'organizzazione si concentrò decisamente sul piano politico-sociale, anche se usando prevalentemente la tattica dell'azione indiretta e manovrando con influenze e suggestioni, di cui era difficile individuare l'origine prima. Si vuole che questa trasformazione si sia verificata solo in alcune logge e che altre abbiano conservato il loro carattere iniziatico e operativo anche dopo il 1717. In effetti, questo carattere si può riscontrare negli ambienti massonici cui appartennero un Martinez de Pasqually, un Claude de Saint Martin e lo stesso Joseph de Maistre. Ma devesi ritenere che questa stessa massoneria sia entrata, per altro riguardo, essa stessa in una fase di degenerescenza, se essa nulla ha potuto contro l'affermarsi dell'altra e se, praticamente, da questa è stata alla fine travolta. Né si è avuta una qualsiasi azione della massoneria, che sarebbe rimasta iniziatica per diffidare e sconfessare l'altra, per condannare l'attività politico-sociale e per impedire che, dappertutto, essa valesse propriamente e ufficialmente come massoneria. (da La massoneria moderna come inversione del ghibellinismo) [3]

  • È nella battaglia stessa che occorre risvegliare e temprare quella forza che, di là dalle bufere del sangue e degli stenti, con nuovo splendore e con pace potente propizierà una nuova creazione. Per questo, oggi si dovrebbe apprendere di nuovo sul campo di battaglia la pura azione, l'azione non solo nel significato di ascesi virile, ma anche di purificazione e via verso forme di vita superiori, valide in sé e per sé — il che, però, significa in un certo modo proprio un ritorno alla tradizione primordiale ario-occidentale. [4]
  1. Chìarfo, refuso, nel testo.
  2. Piscegràzia, (Strascico), in Tommaso Pignatelli Quando un politico fa buona poesia, a cura di Arnaldo Colasanti. In Poesia, n. 102, anno X, gennaio 1997, Crocetti Editore, Milano, 1997, p. 62.
  3. La vacanza è finita e mi piace | questa pioggia violenta che benedice | la malinconia. È meglio desistere, | le promesse diventano bisogni | dell'autunno che preme nel colore | della vigna e s'arrampica a sussulti | fino al cuore. Col capo piegato | singhiozzo per distrazione, forse, | per imitare l'acquazzone, per prenderlo in giro. La traduzione è in Poesia, n. 102, anno X, p. 62.
  4. Citato in I leoni del sagrato di Mariagloria Sears, Corriere della Sera, 25 maggio 2018; in pressreader.com.
  5. Citato in scaffalinvisibili.blogspot.com, 3 giugno 2016.
  6. Citato in Giovanna Parravicini, La pianista e il dittatore, avvenire.it, 23 luglio 2010.
  7. Citato in Il mondo di carta di Hrvoje Pejaković, a cura di Mladen Machiedo, in Poesia, n. 101, anno IX, dicembre 1996, traduzione di Mladen Machiedo, Crocetti Editore, Milano, p. 73
  8. L'11 settembre.
  9. Citato in AA. VV., La passione di Perpetua e Felicita, prefazione di Eva Cantarella, a cura di Marco Formisano, introduzione, traduzione e note di Marco Formisano, Bur, Milano, 2013, p. IV. ISBN 978-88-58-64889-6
  10. (EN) Citato in Mark Nepo,The Endless Practice. Becoming Who You Were Born to Be, Simon and Schuster, New York, 2014, p. 237.
  11. a b Citato in Claudia Cirami, Come a Maria Egiziaca "si aprirono gli occhi", breviarium.eu, 1 aprile 2020.
  12. Citato in Dacia Maraini, Amata scrittura, Rizzoli Bur, Milano, 2012, p. 1.
  13. a b Da Julien Green, la vertigine fulminea della scrittura, ilgiornale.it, 16 aprile 2017.
  14. Da Il giardino ben arredato, traduzione di Antonella Bortolin, Di Baio Editore, Milano, 1990, p. 32. ISBN 88-7080-239-6
  15. Citato in L'ORT continua con lo streaming del venerdì. Questa settimana propone Nil Venditti sul podio e Kevin Spagnolo solista al clarinetto,met.cittametropolitana.fi.it, 18 novembre 2020.
  16. Citato in Effetto notte. Percorsi d'arte e di luce nella Napoli sotterranea, a cura di Ludovico Pratesi e Paola Magni, Castelvecchi, Roma, 1999, p. 1958. ISBN 88-8210-154-1
  17. Di un'insospettata, non tua, scomoda profondità. Citato in Francesca Genti, La poesia è un unicorno, Mondadori, Milano, 2018, p. 59. ISBN 9788804687092
  18. Dall'intervista ad Antonio Gnoli, Margherita Pieracci Harwell: "Io e Cristina Campo amiche per la vita. Lei mi dava la forza di non deluderla", repubblica.it, 7 agosto 2016.
  19. Citato in Julio Sánchez Gómez, De bastión español a símbolo de la libertad. Montevideo en los tiempos de ciudad amurallada, 1725-1850/1870, in Julio Sánchez Gómez y José Manuel Santos Pérez, De urbe indiana.Ensayos sobre ciudades y urbanismo en Brasil y en la América hispana. Editor Julio Sánchez Gómez. Editorial Universidad de Salamanca, 2010, p. 141. ISBN 978-84-7800-207-8.
  20. Pensiero notturno, in Il fiore della poesia di Giuseppe Serembe, traduzione italiana a cura di Vincenzo Belmonte, p. 5.
  21. Madre di Carvilio.
  22. Da L'ombra d'oro del giovane Carvilio, la Mummia di Roma. La dispersione degli straordinari reperti della tomba di Grottaferrata, lastampa.it, 24 novembre 2017.
  23. Da una lettera ed Erwin Rohde da Basilea del 30 aprile 1870. (EN) Citato in Richard Viladesau, [The Pathos of the Cross. The Passion of Christ in Theology and the Arts – The Baroque Era], Oxford University Press, 2014, p. 320, nota 75.
  24. Da Il silenzio e la parola, 2001. Citato in Gino Ruozzi, Giano bifronte. Teoria e forme dell'aforisma italiano contemporaneo; in AA. VV, Teoria e storia dell'aforisma, premessa di Vittorio Roda, introduzione e cura di Gino Ruozzi, Bruno Mondadori, Milano, 2004, p. 137.
  25. Citato in Alessandro Zaccuri, Padre Vorob'ev (Russia): «Ancora oggi non sappiamo quante furono le vittime», avvenire.it, 23 agosto 2013.

Anne Barratin

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[5] [6]

p. 224



[7]

Anonimo?

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  • Fidatevi dei buoni versi, dunque, | solo loro si innalzeranno ancora, | quando le piramidi, e gli uomini, | saranno consumati dal rogo funerario. [8]

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Appunti

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  • Mi recai direttamente davanti al tabernacolo... e, che tabernacolo, Dio mio! Che sforzi dovettero fare colà la mia fede e il mio coraggio per non tornarmene di corsa a casa mia. Ma, non fuggii. Là, in ginocchio, ... la mia fede vedeva un Gesù così taciturno, così paziente, così buono, che mi guardava... che mi diceva tante cose e me ne chiedeva di più; uno sguardo, il suo, nel quale si rifletteva tutta la tristezza che emerge dal Vangelo... Lo sguardo di Gesù in questi tabernacoli è uno sguardo che si fissa nell'anima come un chiodo e non si dimentica mai più. Esso divenne per me come il punto di partenza per vedere, capire e prevedere tutto il mio ministero sacerdotale.[9] (San Manuel González García)
  • Si potrebbe innamorarsi della morte per essere sepolti in luogo così delizioso. (Shelley)
  • Le camelie sorridono nel loro triste splendore, fra lauri e caprifoglio, il mirto è in fiore e le rose graziose intessono ghirlande intorno ai cipressi. Fra l'erba alta si ergono i gigli ed i narcisi e lassù nel cielo il tordo canta il saluto della sera d'estate al giorno cadente.
    O bel giardino a cui il viandante volge i suoi passi, sono i papaveri dell'oblio che crescono fra le tue rose, è la pace del paese dei sogni che stormisce fra i tuoi cipressi ombrati?
    Ma non vedi tu le croci bianche fra le foglie ed i fiori, non vedi le colonne di marmo spezzate laggiù mezzo nascoste dall'edera? Chinati sotto i rami che hanno intessuto la rassegnazione degli anni sopra le tristi parole scritte sulla pietra, guarda giù fra i gigli e le viole ed osserva che fioriscono sopra a sepolcri!
    Il suolo che tu calpesti è sacro; qui vivono le memorie di coloro che una volta erano uomini. Da lontano lontano vennero sin qui questi silenziosi dormienti, i cui pensieri alati avevano spaziato sul vasto mondo prima che si raccogliessero qui nel riposo eterno. Molte terre li nutrirono, vie diverse li condussero lungo la vita su per vette radiose o giù per valli nascoste nell'ombra, verso il trionfo della felicità, o li piegarono sotto il peso del dolore, finché raggiunsero la loro meta, la pianura immersa nella notte, in cui le vette e le valli si appiattiscono nel buio uniforme, dove i gioiosi canti della vittoria non risuonano mai più, dove il pianto del dolore si fonde nel silenzio.
    E si posarono qui uno di fianco all'altro a dormire.
  • Voi dormite nel sepolcro reale di un mondo perduto nel Panteon dell'anima umana, il vostro riposo è protetto dalle mura cadenti dell'antica Roma, e al di là, lontano, la campagna stende i suoi silenzi intorno ai vostri sogni.
    Voi dormite in terra pagana e un soffio dei Campi Elisi mormora fra i cipressi che vegliano i vostri sepolcri, l'imperitura bellezza dell'Ellade e di Roma vela la triste maestà della morte.
  • La morte non è quello scheletro che minaccioso vaga di casa in casa nel crepuscolo del paganesimo, che nella notte medioevale danza la famosa Danza della Morte intorno alle orgie delle sale festive e negli affreschi delle mura dei conventi e colla falce in mano fa la guardia presso la tomba del Rinascimento. La Morte è un grazioso fanciullo dai riccioli coronati di fiori e la fronte coperta di sogni, bello come il Genio dell'Amore. Con atto gentile egli spegne la luce della vita nella face accesa che calpesta coi piedi. Il sepolcro non è l'oscuro luogo della corruzione profanata dalla decomposizione del corpo, ma è l'urna in cui giace la memoria di un'anima umana. Ed al viandante piace soffermarsi fra le tombe di Porta S. Paolo. E l'estraneo tra l'incessante folla del giorno cerca rifugio tra di voi, silenziosi stranieri, che ora e per sempre siete rimasti nella vecchia Roma. Da lungi pensieri amici giungono al vostro dolce Camposanto dove l'oblio e la pace vivono fra i cipressi e le rose. Il crepuscolo dei sogni avvolge Roma e lo splendore dell'antichità brilla sulle rovine solenni. Come il bassorilievo di un vecchio Sarcofago, l'estate d'Italia veglia il riposo degli stranieri.[10]
  • Una mescolanza di lacrime e sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo luminoso, che ci dà l'impressione di volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba. (Henry James) [11].
  • La canzone orrenda di New York erano gli urli che i garzoni dei bar riservavano a quelli come me, che portavano la loro fame e la loro rabbia da una strada all'altra, camminando, camminando, fino a che ogni resistenza umana era praticamente estinta e qualcosa di sovrumano o di inumano prendeva il suo posto. La grande contraddizione di New York, la regina dell'aria con i suoi fantastici grattacieli, stava nel fatto che essa era anche una miserabile bagascia, con le sue case dalle piccole finestre. Certe vie erano come le autostrade del Paradiso, altre come i vicoli bui dell'Inferno. (Samuel Carnevali), Il primo dio.
  • Ogni uomo degno di dirsi figlio dell'uomo solleva la sua croce e ascende il suo Golgota; molti, i più, giungono al primo, al secondo gradino, ansimano, crollan giù a metà del cammino e non giungono alla vetta del Golgota – voglio dire alla vetta del loro dovere – essere crocefissi, risorgere e salvare l'anima. Manca loro l'ardire, temono d'essere crocefissi, e non sanno che la crocefissione è l'unica via della resurrezione; altra non c'è. [12] (Nikos Kazantzakis) Rapporto a El Greco.
  • [Santa Sofia (Istanbul)] La Chiesa, dunque, costituisce uno spettacolo di meravigliosa bellezza, sconvolgente per chi lo contempla, incredibile per chi ne sente solo parlare. Infatti essa si erge fin quasi a toccare il cielo e quasi ondeggiando svetta sugli altri edifici sovrastando l'intera Città; di essa rappresenta il gioiello, poiché le appartiene, ma ne è al tempo stesso abbellita, essendone una parte e, come suo culmine, si eleva così in alto, che dalla Chiesa si può contemplare la Città come da un osservatorio. La sua lunghezza e la sua larghezza sono armoniosamente concepite, sì che le sue gigantesche dimensioni non possono essere considerate eccessive. Si offre all'ammirazione in una bellezza indescrivibile. [13] (Procopio di Cesarea), De aedificiis.
  • [Santa Sofia (Istanbul)] Elevata ad enorme altezza, e come nave ferma sulle ancore , questa chiesa vince tutti gli altri edifizii , e soprastassi alla città che adorna come la sua parte migliore, giustamente superba di vedersi entro il circuito d'essa si alta, che da quella cima tutta chiaramente quanto è grande per ogn'intorno la medesima all'occhio de'riguardanti si mostra. La larghezza e lunghezza sua è sì ben concertata che mentre l'una e l'altra è massima , nessuna può dirsi soverchia. Inesprimibile poi è il bell'effetto della sua apparenza; e sì netta e proporzionata, che in niun punto esce del giusto , in niuno manca, mentre intanto oltre ogni usato è magnifica, e nella sua vastità perfettamente per ogni verso corrispondente. Meraviglia è a dire lo splendore che mette, perciocché non diresti ricevere essa tanta luce dal sole, che i suoi raggi nello esteriore ne batte; ma piuttosto che da essa medesima nasce quel vivo rifulgimento, tanta piena di lume la investe, e tanta da essa ne sorge. [14] (Procopio di Cesarea), De aedificiis.
  • Montmartre innalza il suo Sacré-Coeur. Bisanzio sulla Senna. Un paté tutto bianco che si alza, si alza, si alza sopra i mulini a vento, le vigne e gli orti.
    Thiers ha dato inizio allo spettacolo. Provocando Montmartre, ha scatenato la Comune. I parigini hanno conservato i cannoni della città che si trovavano là. Evidentemente non è per un caso che il Sacré-Coeur sia stato costruito proprio là dove ha avuto inizio la Comune: un modo per fare espiare la colpa della rivoluzione. [15] (Dan Frank), Montmartre & Montparnasse: la favolosa Parigi di inizio secolo.
  • [...] io ho la sensazione che in italiano sei tu che parli; in dialetto è lui, è il dialetto che parla, tu devi solo secondarlo, andargli dietro, obbedirgli. L'italiano è in piedi, il dialetto è seduto. Basta contare, e lo senti: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici...éun, déu, trèi, quàtar, zéinch, si, sèt, òt, nóv, dis, óngg, dògg...
    Detto in linguaggio da caserma, l'italiano è sull'attenti, il dialetto è in posizione di riposo, in italiano sei in servizio, in dialetto sei in libera uscita. In italiano puoi dire tutto, in dialetto no, non puoi dire tutto, ma alcune cose puoi dirle meglio che in italiano. [16] (Raffaello Baldini)
  • S'era nell'agosto; ed in Iscaricabarilopoli, città moscosissima, nessuno rimembrava di aver mai visto negli agosti precedenti tanta copia di mosche, tal quantità di mosconi, tanti stuoli di moscerini, tali turbe di mosconcini, tal novero di mosconacci, tal moltitudine di mosconcelli, tanta folla di moschette, tanta adunanza di moscini, tanto popolo di moschettine, tanta frequenza di moscherelli, tanto spesseggiar di moscherini, tanto concorso di moschini, tanto esercito di mosciolini e tanta folta di moscioni. Scaricabarilopoli era tutta un moscaio. I signori salariavano persone apposta per moscare con gli scacciamosche, le ventole, le roste, i ventagli, i paramosche: per ogni stanza si tenevan tre o quattro piattelli con carta moschicida, cinque o sei acchiappamosche prussiani; ed il suolo era bruno per gl'innumerevoli cadaveri moscherecci. Ma non pareva, che quello sterminio le diminuisse: e le moscaiuole ed i guardavivande non bastavano a riparare i cibi e le provviste. La povera gente pappavano mosche in ogni pietanza. Anzi, il dottissimo Dummkopf, professore a Gottinga, nella Filosofia e Storia comparata della culinaria e della gastronomia volume quarto, capitolo sessagesimoquinto, pagina seicentonovantotto della settima edizione, annotata dall'egregio Zeitverlust, racconta, che, abituandovisi, le trovarono finalmente gustose; e che s'inventarono alcuni intingoli speciali per condirle; e che gli Scaricabarilesi son tuttora moschivori ed educano ed ingrassano apposta in certi loro moschili sciami, o gregge di insetti. Cosa, della quale non può dubitarsi, vedendola affermata da due tali rappresentanti della scienza tedesca! [17] (Vittorio Imbriani), Mastr'Impicca.
  • [Montmartre] Le Sinaï du Dieu des bonnes gens qui aiment les chansons bien plus que les cantiques. [18] (Paul Féval padre), Les Habits Noirs.
  • Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose, un massacro commercialmente attendibile, infine un mezzo per cui il così detto autore può dar sfogo alla parte più cruda della sua ambivalenza verso quei libri, di cui egli sa meno di chiunque altro. (Giorgio Manganelli), Antologia privata.
  • Marcovaldo confrontò la luna e il semaforo. La luna col suo pallore misterioso, giallo anch'esso, ma in fondo verde e anche azzurro, e il semaforo con quel suo gialletto volgare. E la luna, tutta calma, irradiante la sua luce senza fretta, venata ogni tanto di sottili resti di nubi, che lei con maestà si lasciava cadere alle spalle; e il semaforo intanto sempre lì accendi e spegni, accendi e spegni, affannoso, falsamente vivace, stanco e schiavo. (Italo Calvino), Marcovaldo.
  • [Sul satellite] La sua prima funzione è quella di dare all'uomo la dimensione dello spazio. [...]. Voglio che faccia operare sulla terra. E pensare all'universo. Voglio che dia più spazio ai pensieri umani. Da quando è là che gira, ho ripreso a pensare a cose cui non riflettevo da quando avevo diciott'anni. (Italo Calvino), Dialogo sul satellite.
  • Diciamocelo francamente: che differenza c'è tra un elettrodomestico, di per sé, e il lunik, di per sé? Nessuna. Se gli elettrodomestici - presi a simbolo di una civiltà tecnologica, badate – non hanno avuto sui giovani che un'influenza nefasta [...], non vedo perché il lunik dovrebbe averla diversa [...]. È vero che è infinitamente più suggestivo un razzo che un aspirapolvere: ma in questa suggestione [...] si annida un pericolo ancora più grosso: ossia una nuova forma, centuplicata, d'evasione, di pretestualità. (Pier Paolo Pasolini), Una moderna forma d'evasione? (1959).
  • Voistu, le papier timbré, n'en faut pas, n'en fais jamais usage. Si je suis riche, c'est que je ne m'en suis point servi de ma vie. Tu comprends, mon fils! [19] (Guy de Maupassant), Hautot père et fils (Hautot padre e figlio).

Modi di dire napoletani

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  • Fà 'na fijura 'e chiuove.
Fare una figura di chiodi.
Fare una figuraccia. Tanto clamorosa da diventare esemplare, da assurgere a memento, da affidare e tramandare, per monito e imperitura memoria, alla pubblica affissione.
  • Fà 'na fijura 'e mmerda.
Fare una figura di m....
Fare una figuraccia. Figuraccia allo stadio estremo, irredimibile.
  • Jì cu 'a faccia dint'ô panecuotto.
Andare con la faccia nel pane cotto.
Fare una figuraccia. Per imperizia, inesperienza, ingenuità, stupidità, alloccaggine; come un bambino che, ancora inesperto, si imbratta il viso mangiando il pancotto.
  • Jì cu 'o musso dint'â mmerda.
Andare col muso nella m....
Fare una figuraccia. Riferito specialmente ai saccenti, arroganti, presuntuosi, altezzosi le cui azioni e affermazioni sono clamorosamente e vergognosamente smentite, contraddette e confutate dai fatti. Il modello ispiratore per questa locuzione è il maiale che, grufolando alla ricerca di cibo, finisce per imbrattarsi il muso con i suoi stessi escrementi.

Si riferiscono allo stesso fenomeno, quindi sono quindi – necessariamente – voci-doppione. Nulla, né nel titolo della voce Firmamento, né nell'immagine, né nel contenuto consente di distinguerla dalla voce Cielo notturno. Nella cronologia [20] della prima voce, con l'ultimo oggetto di modifica viene stabilito, direi decretato che oggetto della voce è il firmamento in senso biblico. Con l'oggetto di modifica del 10 febbraio 2023 [21] viene precisato, peraltro – e in termini assolutamente inequivocabili – ciò che è lapalissiano, vale a dire che "[firmamento] e cielo notturno con le stelle, [sono] in sostanza la stessa identica cosa". Stando così le cose resta confermato che la voce Cielo notturno, creata otto anni dopo la prima, è il doppione, assolutamente gemello, della prima voce dalla quale, stranamente, mentre è stata rimossa la citazione di Modugno e spostata quella di Hamsun (giacché cielo notturno e firmamento come scritto in o.d.m. sono – come effettivamente sono – la stessa cosa), sono state lasciate queste citazioni: "Quell'immenso occhio nero di Dio [Nota Bene: è scritto solo Dio, non è precisato che si tratta del Dio della Bibbia] punteggiato di quelle luci che sono il riflesso lasciato dagli sguardi degli uomini che hanno contemplato il cielo, generazione dopo generazione, interrogando il silenzio e ascoltando l'unica risposta che esso dà." (José Saramago) e
"Su la marina immobile | come un gran vel d'argento, | stellato, ampio, diafano | s'incurva il firmamento; | e noi ridente vigila | il grande occhio lunar | soli, abbracciati, immemori, | tra firmamento e mar." (Giovanni Marradi), che con il Firmamento, in senso biblico (ove questo fosse l'oggetto della tematica) non hanno perfettamente, assolutamente alcuna attinenza. Assai strano: dalle molte correlate inserite nella voce Cielo notturno manca proprio Firmamento, e altrettanto stranamente nella voce Firmamento non è stata inserita la correlata Cielo notturno. Il meno che si possa fare è chiedersi: Perché? Questo doppione, creato otto anni dopo la voce perfettamente gemella, non giustificato da nulla, genera inoltre un gravissimo problema: l'utente che volesse inserire citazioni sul firmamento o sul cielo stellato non saprebbe dove deve inserirle, visto che le due voci sono esattamente la stessa voce, tranne che per il solo "fatto", di cui si ha notizia solo nell'oggetto di modifica succitato [22] e solo a partire dal 9 novembre 2023‎ (otto anni dopo la creazione della voce), che la voce firmamento sarebbe (ma chi lo ha deciso?) sul firmamento in senso biblico. Le citazioni di Saramago e di Marradi, mai rimosse, e la struttura stessa della voce (titolo, immagine, citazioni inserite) smentiscono radicalmente questa assai ipotetica circostanza, questa interpretazione, questa decretazione affatto unilaterale. Credo che questo grave problema debba essere al più presto sanato. Da questo fitto e inestricabile ginepraio bisogna uscire al più presto.

Nella voce Camille Flammarion e poi in Cielo notturno è stata inserita la seguente citazione:

  O notte, quanto è sublime il tuo linguaggio per me! Quali anime non sentono l'eloquenza di una notte stellata Quali non si son fermate talora al cospetto de' mondi radianti librati sul nostro capo e non han cercato la parola del grande enigma della creazione? Le ore solitarie della notte son veramente le più belle, quando abbian la facoltà di metterci in intima comunicazione con la vasta e sacra natura. Invece di gettar veli, come dicono, sull'universo, esse dissipan quelli che il sole spande nell'atmosfera. L'astro del giorno ci asconde gli splendori del firmamento; invece durante la notte ci si aprono i panorami del cielo.

c'è come ripetutamente detto un problema già più volte evidenziato in questa pagina – che è stata certamente letta – e altrettante ignorato: fra questi due periodi e precisamente fra "notte stellata e Quali", manca con macroscopica evidenza un segno di interpunzione assolutamente necessario. Allora ho cercato l'originale – cosa che si poteva e doveva fare prima di inserire la citazione, dato che il refuso è macrosopico, si vede assolutamente ictu oculi – che qui linko [23], leggendo si scopre che il segno d'interpunzione mancante è un punto interrogativo. La mancanza di questo segno pregiudica fortemente la corretta comprensione del testo, ben più che un'ambiguità nella fonte fra ... e [...] – (che in pratica non pregiudica quasi in nulla la comprensione del testo) – censurata e chiosata per inserimenti di un altro collaboratore (perseguitato per pure quisqulie con un tempismo feroce e accanito per mesi) – in modo sprezzante. A questo punto un abito virile di pulizia, coerenza e correttezza impone o di segnalare il refuso con sic o aggiungere il punto interrogativo e spiegare nella pagina di discussione della voce, allegando il link alla fonte originale, che c'era un refuso nella traduzione e lo si è corretto fonte originale alla mano. Se un collaboratore fondamentalissimo per il progetto, messo in condizione di doversene andare, di non poter più collaborare, legge questa pagina sappia che rinnovo le scuse che gli ho fatto e non solo mi dissocio – com'è ovvio – radicalmente da tutto quello che gli è stato fatto, ma condanno tutto quello che gli è stato fatto con la più estrema durezza. Al tempo stesso gli rinnovo l'invito, già rivoltogli, a riprendere la collaborazione.

Quando si offende frontalmente un utente storico dicendogli per iscritto e al "suo domicilio", fino a "casa sua" cose a un dipresso, grosso modo, del genere: "quando crei una tematica, metti almeno una citazione che sia significativa", quando lo si insulta in modo così esecrabile e gratuito, non ci si può presentare un una voce tematica con citazioni del genere

  Tutte le discussioni teoriche sono vane, l'esperanto funziona. (Antoine Meillet)

che è ancor meno che non significativa; è assolutamente insignificante. Tutte le lingue funzionano, tutte, senza eccezione, anche queste; se non fosse così nessuno studioso perderebbe tempo, decenni, una vita intera a decifrarle. Questo non significa, ovviamente, che Meillet abbia scritto banalità; bisognerebbe sapere quello che precedeva e che seguiva; ma quanto ne è stato estratto non è che un banalissimo truismo.
Quella di Jack London poi

  Se lei vuole acquistare una cultura generale, importa poco la natura dei suoi studi. Lei può imparare il francese o il tedesco, e persino l'esperanto, e perciò non sarà meno colto. (Jack London)

, estratta così, non solo è un ancor più banale, clamoroso truismo; è addirittura palesemente, assolutamente, insanabilmente non pertinente. Non pertinente.

Cielo notturno

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A rigor di logica, se è possibile creare una voce con questo titolo stranissimo, è possibile creare anche la voce opposta Cielo diurno che suona altrettanto stranissima. Ma cosa potrebbe impedire questa seconda stranezza figlia della prima? Sarebbe stato molto più sensato dare alla voce Cielo notturno il titolo di Cielo stellato. Ma... ma... ma..., guarda un po', Cielo stellato c'è, ma è stato confinato in un redirect [24]. Anche qui, il minimo che ci si può chiedere è: Perché? Vuoi vedere che la risposta si trova nell'oggetto di modifica del 10 febbraio 2023 ore 19:34 nella Cronologia della voce Firmamento [25]? Che dire? A me parrebbe di sì, io direi di sì. Non si poteva creare quella voce dandole il titolo Cielo stellato, perché il problema della duplicazione che si veniva a generare sarebbe saltato agli occhi. Ma, dico io, invece di fare tutte queste goffe e ingenue contorsioni, non sarebbe stato meglio, più semplice e limpido spostare Firmamento a Firmamento (religione) – magari chiedendo a chi creò la voce nel 2015 cosa ne pensava – e creare poi la voce Firmamento che è lo stesso di Cielo stellato e del deragliante e stranissimo Cielo notturno (che fra l'altro potrebbe essere fittamente coperto di nubi e apparire non stellato), scorporando le citazioni non più pertinenti a Firmamento (religione) per spostarle nella voce Firmamento? N'est-ce pas? N'est-ce pas?...
La versione della voce Firmamento al 24 settembre 2021 era questa [26]: è di palmare, incontestabile e cogente evidenza che la voce non è mai stata sul firmamento così com'è concepito dalle religioni (cd. nel senso biblico), ma semplicemente sul Firmamento, ossia il Cielo stellato [27] [28] o, come si è voluto far apparire (con grossolana imprecisione poiché non sempre il cielo di notte appare stellato) il Cielo notturno. È molto interessante seguire in cronologia [29] l'iter delle modifiche successive al 24 settembre 2021, tolto il mio annullamento di un senza fonte. Si tratta in sostanza di un progressivo scorporo, scaglionato ad intervalli di date piuttosto distanziati e destinato, con ogni evidenza, a proseguire, sempre ad intervalli spaziati, fino alla sparizione completa di tutte le citazioni non conformi all'assunto – decretato e notificato in cronologia il 9 novembre 2023, 8 anni dopo la creazione della voce [30] – che la voce sarebbe una voce sul Firmamento cd. nel senso biblico. Ma la cronologia e tutte le versioni, compresa l'odierna così depauperata, è lì a dimostrare che la voce non fu mai creata a questo scopo e non ha mai avuto né un titolo né un'immagine né contenuti conformi a questo fine. E allora è inevitabile chiedersi: come quasi tutte le citazioni che lo mostrano e dimostrano (tranne le 2 residue non ancora trasferite) sono state progressivamente scorporate e fatte confluire in Cielo notturno? In quella cioè che è a tutti gli effetti una voce doppione di Firmamento.


Per Midori Yamane potrebbe porsi un problema di rilevanza enciclopedica. L'item wikidata, dal quale si evince con palmare chiarezza che questa voce non esiste in nessuna pagina di wikipedia, è stato creato il 1 ottobre 2023 [31] [32], stessa data in cui è stata creata la voce. Il problema della mancanza del requisito di rilevanza enciclopedica non risulta mai rilevato o discusso con l'utente [33]. O, forse, è stato di sfuggita, in sordina, più o meno "rilevato" [34], lo si è visto, ma si è sorvolato, è rimasto ignorato; non se ne è neppure discusso con l'utente, non si sono chiesti chiarimenti al riguardo. Eppure, in diversi altri casi, il problema è stato rilevato – rintracciandolo anche anche in pagine passate, se non ricordo male – e si è stati rigidamente intransigenti nel chiedere e fermi nel volere la cancellazione. In questo caso, no; nulla di tutto questo: Perché? Qual è il motivo?

Daniello Bartoli

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Nella citazione di Daniello Bartoli

  Io non l'ho mai voluta alle mani con niuno, né a campo aperto in battaglia, né in isteccato a duello. Ma se pur mai con alcuno, al certo nò co' Grammatici; terribili huomini, sì come quegli, de' quali le parole non son parole, ma fatti. E guardimi Iddio da punto mai stuzzicarli; ché, e per poco s'adirano, e se dan di piglio a que' loro squadernati Vocabolarij, come fossero lo Scongiuratore di Michele Scotto, in solamente aprirli, ne fanno saltar fuori, a guisa di Spiriti presti a ogni loro comando, tanti, non dico Nomi, e Verbi, ma Sopranomi, e Proverbi, che men periglioso sarebbe trovarsi in mezzo d'uno sciame di calabroni attizzati, che fra essi.

sono presenti errori: la citazione non inizia con: io non l'ho mai voluta alle mani, ma così: Che io non l'ho mai voluta alle mani [35] (p. 6); in questa edizione è ancora più chiaro [36] (p. 10). C'è quindi, ancora una volta – e questo fa pensare, un'omissione non segnalata. La citazione, correttamente inserita è questa:

  [...] non l'ho mai voluta alle mani con niuno, né a campo aperto in battaglia, né in isteccato a duello. Ma se pur mai con alcuno, al certo nò co' Grammatici; terribili huomini, si come quegli, de' quali le parole non son parole, ma fatti. E guardimi Iddio da punto mai stuzzicarli; ché, e per poco s'adirano, e se dan di piglio a que' loro squadernati Vocabolarij, come fossero lo Scongiuratore di Michele Scotto, in solamente aprirli, ne fanno saltar fuori, a guisa di Spiriti presti a ogni loro comando, tanti, non dico Nomi, e Verbi, ma Sopranomi, e Proverbi, che men periglioso sarebbe trovarsi in mezzo d'uno sciame di calabroni attizzati, che fra essi.

Ma così ci sono altre inesattezze come "terribili huomini, sì come quegli," che invece nella fonte è "terribili huomini, si come quegli" e resta da vedere se ci sono altri errori. Errori fondamentali anche nella trascrizione dei riferimenti bibliografici, che non sono quelli lacunosi riportati nella voce [37], ma questi: [38].

Gianni Celati

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  • Questo oggetto di modifica (19:22, 13 nov 2023) [39] contiene un'informazione inesatta e fuorviante per utenti neofiti che dovessero leggerla: le fonti primarie non si "specificano giusto per completezza", ma si devono, assolutamente devono inserire obbligatoriamente. Non è una cortesia, una largizione, una liberalità fatta dall'utente, ma un cogente obbligo.