Nicolae Ceaușescu

politico romeno, leader del Partito comunista romeno (1965-1989) e capo dello Stato di Romania (1967-1989)
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Nicolae Ceaușescu (1918 – 1989), politico rumeno.

Nicolae Ceaușescu

Citazioni di Nicolae Ceaușescu

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  • Come figlio di contadini, ho sperimentato l'oppressione dei proprietari terrieri, e da undici anni lo sfruttamento capitalista.[1]

Anni sessanta

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  • Noi non possiamo essere d'accordo con quei circoli che vogliono la liquidazione d'Israele. La storia dimostra che nessun popolo può coronare le sue aspirazioni nazionali e sociali attraverso il sacrificio di un'altra nazione.[2]
  • [Sulla Primavera di Praga] Non avevamo mai pensato che la forza potesse essere usata fra Paesi socialisti per imporre un singolo punto di vista. Né si capisce come una tale posizione di forza possa essere compatibile con la nostra ideologia e con la nostra visione scientifica della vita e del mondo. In realtà, tale posizione fa pensare all'epoca di Luigi XIV che diceva: "Lo Stato sono io". Allo stesso modo, infatti, ci sono oggi dei teorici che si autoriconoscono il diritto di dire: "Il marxismo sono io". Ebbene no, nessuno ha questo diritto. Il marxismo non è una proprietà privata di qualcuno.[3]
  • Certamente qualsiasi indebolimento della solidarietà internazionalista arreca un danno alla causa comune. Ma questo principio non deve essere forzato al punto da violare altri principi altrettanto importanti, interferendo in qualsiasi modo nelle questioni interne di un altro Paese.[4]
  • È stato insinuato che la Romania e il suo partito perseguono una politica nazionalista e ignorano i loro doveri internazionalisti. No, compagni, non è vero... A noi sono cari i principi della solidarietà internazionalista, ma nella corretta interpretazione e presentazione.[4]
  • [Sulla Guerra del Vietnam] Il popolo vietnamita, per la lotta eroica che conduce contro l'intervento degli Stati Uniti d'America, ha salvaguardato la sua indipendenza e dimostra ai popoli del mondo la via sicura per sconfiggere qualsiasi aggressione imperialista, per salvaguardare l'indipendenza e la sovranità nazionale.[5]

L'Unità, 18 giugno 1966

  • Certo, desideriamo avere più poesie, romanzi, pitture ed altre opere d'arte migliori. Noi chiediamo ai letterati e agli artisti di porre il loro talento al servizio della costruzione socialista, degli interessi del popolo e della pace. Lasciamo però a loro di decidere come scrivere, dipingere e creare, di trovare le forme più adatte. Abbiamo avuto vari incontri e discussioni con gli uomini d'arte e di cultura. Ci incontriamo non per dare loro indicazioni su come scrivere e cosa scrivere, ma per far comprendere loro le preoccupazioni del nostro partito e del nostro popolo, affinché tentino di esprimerle, ciascuno secondo il proprio talento e la propria capacità.
  • Il popolo romeno ha vissuto per secoli sotto il giogo straniero, ha condotto dure lotte e, attraverso sacrifici, è riuscito a conservare la sua entità nazionale. La storia ha dimostrato più di una volta, e non solo per Romania, che non esistono ostacoli insormontabili nella lotta per lo sviluppo e l'affermazione dell'essere nazionale dei popoli.
  • È vero che assistiamo ad una serie di atti aggressivi dei circoli imperialisti e in particolar modo dell'imperialismo americano, ingerenza negli affari interni di alcuni paesi, organizzazione di complotti militari e azioni aggressive. Mi riferisco all'aggressione degli Stati Uniti contro il Vietnam, gli avvenimenti in Indonesia, del Ghana, agli interventi e alle pressioni che i circoli imperialisti americani esercitano nell'America latina e in altri paesi dell'Asia e dell'Africa. Tutti questi sono tentativi della reazione per frenare il processo generale del movimento rivoluzionario democratico e nazionale per riconquistare alcune delle posizioni perdute.
  • L'Europa ha avuto un importante ruolo nello sviluppo della civiltà, nella creazione del patrimonio materiale e spirituale dei popoli. I popoli europei si rendono conto che in una nuova guerra mondiale, nella quale si ricorrerebbe all'uso delle armi atomiche, l'umanità soffrirebbe enormemente.
  • L'unificazione della Germania dev'essere il risultato dell'intesa tra i tedeschi senza ingerenze straniere: mi riferisco naturalmente ad una unificazione democratica, pacifica, che consenta la creazione di uno Stato democratico, impedendo quindi la rinascita del militarismo e dal revanscismo tedesco.
  • È noto che l'imperialismo americano appoggia i più reazionari circoli dell'Europa, e in primo luogo le forze militariste e revansciste della Repubblica federale tedesca, interessate ad impedire la sicurezza dell'Europa non può essere che il risultato di una intensa attività e della lotta decisa contro le forze reazionarie, per smascherarle e isolarle.
  • L'esistenza del patto militare della NATO costituisce un ostacolo al conseguimento della sicurezza in Europa. Lo sviluppo della pacifica collaborazione tra i popoli è strettamente collegato alla liquidazione dei patti militari, della divisione dell'Europa in blocchi militari, al ritiro delle truppe non europee e in generale al ritiro di tutte le truppe straniere entro i limiti delle frontiere nazionali, allo smantellamento delle basi militari e all'interdizione delle armi atomiche. Per questa ragione ci riferiamo alla necessità che i blocchi militari, sia la NATO che il Trattato di Varsavia, siano liquidati.
  • I blocchi militari però, compreso il trattato di Varsavia, non avranno più ragione di esistere in una Europa nella quale i rapporti si baseranno sul rispetto della sovranità e dell'indipendenza dei popoli.
  • La situazione vietnamita ci preoccupa in modo particolare. In primo luogo perché la politica di escalation della guerra costituisce un grave pericolo per la pace.
  • Noi consideriamo inconcepibile la soluzione del problema vietnamita fin quando non cessa l'aggressione americana. Accettare la sua soluzione in condizioni per cui le truppe americane si trovano nel Vietnam del sud, costituirebbe un incoraggiamento per gli imperialisti americani: questo fatto non può essere accettato dal popolo vietnamita come da nessun popolo che desidera vivere liberalmente.

La Stampa, 22 agosto 1968

 
Ceaușescu durante il discorso dopo l'invasione sovietica della Cecoslovacchia
  • [Sulla Primavera di Praga] L'intervento armato in Cecoslovacchia è un grosso errore ed un grave pericolo per la pace in Europa e per il socialismo nel mondo.
  • È difficile concepire che uno Stato socialista possa violare la libertà e la sovranità di un'altra nazione socialista.
  • Non ci sono giustificazioni, non c'è alcun motivo per l'intervento militare, per intervenire negli affari interni della Cecoslovacchia. [...] Bisogna trovare il modo per porre fine, una volta per tutte, all'intervento negli affari interni di altri partiti.
  • I comunisti romeni contribuiranno pienamente alla creazione delle condizioni atte a rendere possibile la soluzione della crisi cecoslovacca e rendere capace la Cecoslovacchia di decidere da sola del suo destino.

Intervista di Giuseppe Boffa, L'Unità, 27 luglio 1969

  • L'atto storico del 23 Agosto 1944 fu il risultato della attività del Partito comunista romeno per unire tutte le forze operaie, antifasciste, per collaborare con le forze patriottiche nazionali, coi rappresentanti dell'esercito e con la monarchia. Questa collaborazione si realizzò ai fini della lotta per fare uscire la Romania dalla guerra contro l'Unione Sovietica, nella quale essa era stata trascinata dalle classi reazionarie e dalla Germania nazista, per rovesciare la dittatura militare-fascista e per affiancare il nostro paese alla coalizione anti-fascista.
  • Possiamo dire che la Romania è diventata uno Stato socialista dove i vantaggi del socialismo si vedono realmente in tutti i campi: nelle città e nella campagna, in migliaia di fabbriche costruite negli anni del socialismo, nei nuovi quartieri di alloggi e negli edifici sociali e culturali, nel modo di vivere del popolo.
  • In Romania esiste un solo partito, il che corrisponde alle condizioni del nostro paese: il nostro partito è chiamato ad assicurare la direzione dell'intero processo di costruzione socialista e di perfezionamento del nuovo ordinamento.

Anni settanta

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  • In questi ultimi anni i paesi piccoli e medi hanno affermato con forza sempre maggiore la loro presenza nella vita internazionale. Si è intensificata la loro lotta per prendere nelle proprie mani le ricchezze nazionali, si è accentuato il desiderio di garantire il proprio sviluppo economico e sociale indipendente. Da ciò si può vedere come lo sviluppo della vita internazionale metta in luce il ruolo rempre più importante che spetta a tutti i popoli, quindi anche ai paesi piccoli e medi, nella vita internazionale.[6]
  • Sono persuaso che per la sua posizione la Romania ha dato e continua a dare un contributo positivo a una soluzione definitiva e giusta, che porti al ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati, alla garanzia di indipendenza e di integrità territoriale dei tutti gli Stati di questa zona, alla soluzione del problema del popolo palestinese, in conformità alle sue aspirazioni.[7]
  • [Sugli Accordi di Helsinki] Certamente, la firma dei documenti di Helsinki il 30 luglio non significa la fine della lotta per la sicurezza in Europa. Tuttavia essa è l'inizio di una nuova tappa. Dovremo infatti aggiungere ai successi politici di questa Conferenza delle misure tendenti anzitutto alla soluzione dei problemi d'ordine militare che portano alla soppressione dei blocchi, allo smantellamento delle basi militari straniere, al ritiro delle truppe straniere dal territorio degli altri Stati, al disarmo, e soprattutto al disarmo nucleare.[8]

Intervista di Giuseppe Boffa, L'Unità, 7 maggio 1971

  • In Romania il socialismo ha trionfato pienamente, in quanto i mezzi di produzione si trovano ora nelle mani dei lavoratori – sotto la forma di proprietà di Stato o cooperativa – e le classi sfruttatrici sono state liquidate per sempre; al popolo appartengono oggli l'intero patrimonio nazionale e l'intero frutto del suo lavoro.
  • Non vi è, praticamente, nessuna legge importante che nel nostro paese non sia sottoposta ad un largo dibattito dell'opinione pubblica.
  • Il problema nazionale ha trovato una buona soluzione nel nostro paese, con il passaggio all'edificazione del socialismo, nel senso che è stata assicurata la piena parità in diritti a tutti i cittadini della nostra patria, dunque anche a quelli appartenenti alle nazionalità coabitanti. Praticamente, non vi è alcuna differenza; tutti i cittadini godono degli stessi diritti e, naturalmente, degli stessi obblighi.
  • Il fatto che sul territorio della Romania abitino anche magiari, tedeschi ed altre nazionalità, è un risultato dello sviluppo storico. Da molti secoli queste nazionalità hanno lavorato e vissuto assieme al popolo romeno. Parlare di uno Stato multinazionale in Romania significherebbe presupporre l'unione di varie nazioni, ciò che non è stato e non è il caso della Romania.
  • Guardando i fatti da un punto di vista comunista, noi desidereremmo che in tutti i paesi le nazionalità coabitanti potessero godere degli stessi diritti che in Romania. Come sapete però, vi sono ancora molti paesi capitalisti dove questi diritti non sono assicurati, dove esiste la discriminazione e l'oppressione nazionale, il che genera l'intensificazione della lotta per l'uguaglianza, per le libertà democratiche, per la liberazione sociale e nazionale.
  • Per quanto concerne i rapporti con i paesi capitalisti – tra cui gli Stati Uniti – essi si iscrivono nei principi generali della nostra politica tendente a sviluppare rapporti con tutti gli Stati, a prescindere dal loro ordinamento sociale. Nello sviluppo di questi rapporti partiamo dal principio della parità di diritti, del rispetto dell'indipendenza e della sovranità nazionale, della non ingerenza negli affari interni, del vantaggio reciproco.
  • Se gli Stati Uniti non avessero svolto la loro nota politica contro la Repubblica popolare cinese, una serie di problemi sarebbero stati da tempo risolti e ciò sarebbe andato a vantaggio dell'intera umanità. Quindi, noi apprezziamo favorevolmente i passi compiuti nell'ultimo periodo di tempo in tal senso. Naturalmente, gli Stati Uniti devono cambiare completamente la loro politica nei confronti della Repubblica popolare cinese, rinunciare all'occupazione di una parte del territorio cinese; più rapidamente ciò verrà attuato, tanto meglio sarà.
  • Più rapidamente giungeremo alla liquidazione dei blocchi, tanto meglio sarà per l'Europa e per la pace mondiale.
  • Io non sono d'accordo con il vecchio detto secondo cui, se vuoi la pace devi prepararti alla guerra. Se tutti si preparano per la guerra, si potrebbe rischiare di non dominare più la situazione, quindi di porre in pericolo l'esistenza di molti popoli. Io sostituirei tale detto con uno nuovo: se vuoi la pace, adoperati per lo scioglimento dei blocchi militari, per la soppressione delle basi militari, lotta per il disarmo, per l'intesa e la collaborazione tra i popoli!

Da A carte scoperte con Nicolae Ceausescu

Intervista di Giancarlo Vigorelli, DHA Cinematografica, 23 luglio 1974

  • Noi stiamo vivendo un epoca in cui notiamo grandi trasformazioni sul piano mondiale, un epoca in cui si stanno affermando i principi dell'uguaglianza tra tutte le nazioni, del rispetto, dell'indipendenza e della sovranità nazionale. È noto che per la soluzione dei grandi problemi e per la sistemazione delle relazioni su questi nuovi principi occorre la partecipazione attiva di tutti gli stati. Ci sono paesi, paesi grandi e piccoli, medi, e non c'è dubbio che il loro ruolo nella vita internazionale è legata a questa considerazione di base. Ma, secondo la mia opinione, ogni paese può e deve dare un contributo attivo alla soluzione dei grandi problemi internazionali. Soltanti così, infatti, si può avere la garanzia che le soluzioni trovate terranno conto degli interessi di tutte le nazioni. È proprio per questa ragione che la Romania prende parte attiva alla vita internazionale. Io credo che la presenza della Romania e l'attenzione con la quale è seguita dall'opinione pubblica mondiale sono dovute al fatto che il nostro paese promuove e milita a favore dei nuovi principi che riguardano i rapporti tra gli stati. La Romania si pronuncia sempre per il diritto di ogni singola nazione, diritto a decidere da sola la propria sorte, contro ogni politica di forza e d'imposizione nella vita internazionale.
  • Indubbiamente, tra Italia e Romania esistono relazioni più vecchie, e l'origine latina ha la sua considerevole importanza. Evidentemente, si deve proprio a questo fattore se le odierne relazioni tra l'Italia e la Romania sono particolarmente buone. Inoltre, va sottolineato che l'Italia occupa il secondo posto tra i paesi occidentali negli scambi economici con la Romania.
  • Nei molti stati che ho visitato, compreso quelli africani, spesso ho trovato dirigenti i quali si dichiarano nazionalisti. Perciò, mi sarebbe difficile, e credo che sarebbe persino sbagliato, considerare che il nazionalismo costituisce in tal senso un difetto.

Anni ottanta

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  • [Sulla Rivoluzione romena del 1989] Gli eventi di Timisoara sono molto gravi. [...] Le unità militari sono state costrette a intervenire per difendere l'ordine e le istituzioni. In un primo momento i reparti militari attaccati hanno sparato colpi di avvertimento contro raggruppamenti fascisti e antinazionali. In seguito hanno difeso l'ordine, le istituzioni e i beni della città.[9]
  • [Parlando di Muʿammar Gheddafi] Ho sentimenti profondi per i credenti. Voi credete nel Corano, io nel marxismo. Ma entrambi crediamo nell'indipendenza dei nostri paesi.[1]
  • [Sulla Rivoluzione romena del 1989] Vogliono destabilizzare il paese, smembrarlo, distruggere il territorio romeno. [...] Gli avvenimenti di Timisoara miravano a dare un segnale per azioni del genere in altri centri.[9]

Discorso alla Tvr, 20 dicembre 1989, riportato ne La liquidazione del socialismo nell'Europa dell'Est, Associazione Stalin, pp. 303-308

  • Dalle informazioni raccolte sino a questo momento possiamo dichiarare con piena certezza che queste azioni di carattere terroristico sono state organizzate e lanciate in stretta collaborazione con circoli reazionari, imperialisti, irredentisti, sciovinisti e con diversi servizi segreti stranieri.
  • Desidero dire in tutta responsabilità che le nostre truppe militari - che hanno il compito di difendere l'indipendenza e la sovranità della patria e le conquiste rivoluzionarie - hanno dato dimostrazione di molta, moltissima pazienza. Non hanno risposto, nemmeno quando soldati e ufficiali sono stati colpiti, bensì lo hanno fatto solo quando la situazione si è aggravata e sono stati attaccati da bande terroristiche e sono state messe in pericolo le principali istituzioni e l'ordine della regione.
  • Tutti ricordiamo la ferma posizione di tutto il nostro popolo nel 1968 contro l'invasione della Cecoslovacchia e per la difesa dell'indipendenza della Romania. Possiamo dire che la situazione attuale è simile, se non più grave. Perciò si impone un'azione di responsabilità per respingere qualsiasi attacco contro la Romania e l'edificazione socialista della nostra patria!
  • È dovere di tutti i cittadini della Repubblica socialista di Romania agire con tutte le forze contro tutti quelli che, a servizio di diversi interessi stranieri, di servizi segreti, di circoli imperialisti reazionari, vendono il loro Paese per una manciata di dollari o di altre valute.
  • Questa sera desidero dichiarare davanti all'intera nostra nazione, per quanto mi riguarda, che, in quanto devoto figlio del popolo, nel lavoro e nella responsabilità affidatami dal partito e dal popolo, agirò in ogni circostanza nell'interesse del popolo, per il suo benessere e la sua felicità, nell'interesse dell'edificazione socialista, dell'indipendenza e della sovranità del Paese! Non ho e non avrò niente di più importante che il popolo, la patria, l'integrità della Romania e il socialismo!
  • Cari compagni e amici, cari compatrioti, vi rivolgo l'invito di rafforzare la collaborazione e l'unità, di fare tutto il possibile per la libertà, per l'edificazione del socialismo, per il benessere del popolo, per l'integrità e l'indipendenza della Romania!

Testo del processo a Nicolae ed Elena Ceaușescu, riportato ne La Stampa, 28 dicembre 1989

  • Non riconosco nessun tribunale, riconosco soltanto la grande Assemblea Nazionale. Questo è un colpo di Stato.
  • Non si è sparato sulla folla dal Palazzo, non è stato ucciso nessuno.
  • Di fronte a questo colpo di Stato, non risponderò. Siete voi che avete fatto venire dei mercenari.
  • Io sono il presidente della Romania e il comandante supremo dell'esercito. Non voglio niente, sono un semplice cittadino.
  • Nei villaggi non c'è mai stata tanta ricchezza come oggi. Ho costruito ospedali, scuole, nessun Paese al mondo ha cose del genere.
  • Milea era un traditore, se n'è andato da solo e ha deciso di suicidarsi. Gli ufficiali hanno detto che non ha applicato gli ordini per riportare la calma.

Il nuovo corso

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Incipit

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Siamo consapevoli che si possono realizzare gli scopi costruttivi del nostro popolo, nonché degli altri popoli, soltanto in un clima di fiducia e di pace. Proprio per questo, consolidare la pace e la collaborazione è un obiettivo centrale, costante, della politica della Romania.

Citazioni

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  • Il nostro secolo ha conosciuto due guerre mondiali, che hanno provocato molte distruzioni di beni materiali e spirituali ma, soprattutto, il massacro di milioni, di decine di milioni di vite umane. Non possiamo dimenticare che le due guerre mondiali del nostro secolo sono scoppiate nel continente europeo, che esse sono state determinate dalle mire di dominio imperialistico e di oppressione di altri popoli. (p. 17)
  • Com'è noto, dopo la seconda guerra mondiale ci fu un lungo periodo, che è stato definito periodo della «guerra fredda», in cui tuttavia si ebbero molte guerre, per così dire, «calde»; ed esse, sebbene locali, provocarono molte distruzioni e sofferenze e sconvolsero l'intera umanità, che si adoperò attivamente per affrettarne la fine. Basta ricordare il Vietnam, l'Indocina e il Medio Oriente in generale. (p. 17)
  • Ormai la presenza di truppe straniere in Europa o in altri Paesi non può dare a nessuno e in nessun modo sicurezza. Anzi tale presenza costituisce una permanente fonte di insicurezza per tutti gli Stati. Perciò il ritiro delle truppe degli Stati Uniti o di altri Paesi europei, insomma delle truppe straniere in generale, dai territori che appartengono ad altri popoli, non può che essere favorevole al «corso» verso la distensione, accrescendo la sicurezza e lo sviluppo delle relazioni fra gli Stati. (p. 23)
  • La creazione del blocco militare della N.A.T.O. ha portato, come è noto, alla creazione del Patto difensivo di Varsavia, che sin dall'inizio si è proposto l'obiettivo di esistere solo finché esisterà la N.A.T.O., dal momento che i paesi del Patto di Varsavia sono favorevoli allo scioglimento dei due blocchi militari. (p. 25)
  • La Romania plaude ai Paesi non allineati, perché essi attivamente lottano per conseguire il loro sviluppo economico e sociale e per consolidare la loro indipendenza, e perché dimostrano solidarietà ai popoli che si trovano tuttora sotto il dominio coloniale, sostenendo i movimenti internazionale di liberazione e la lotta dei popoli per poter liberamente disporre delle ricchezze nazionali e del proprio destino. (p. 62)
  • I Paesi balcanici furono utilizzati dalle grandi potenze imperialistiche per promuovere una politica di dominio. Per ciò riteniamo che questi popoli debbano ora considerare il proprio interesse, il che presuppone che si orientino gli sforzi di ogni nazione della regione balcanica allo sviluppo economico-sociale, al consolidamento ddell'indipendenza, della sovranità, di una stretta cooperazione fra loro, come pure con altri Paesi. Solo su questa strada gli Stati balcanici, che si trovano quasi tutti in condizioni di arretratezza, potranno raggiungere un livello economico e sociale più alto, con l'incremento del benessere generale dei loro popoli. (p. 81)
  • Nel passato, i Balcani furono considerati una «polveriera», e in realtà proprio in questa ragione d'Europa ebbero origine molti conflitti. Ma la causa di questi conflitti non va ricercata tanto nei problemi che riguardavano direttamente i rapporti fra gli Stati nei Balcani, quanto nello scontro degli interessi delle grandi potenze imperialistiche e coloniali. (pp. 81-82)
  • Com'è noto, l'Europa sud-orientale rappresenta una zona in cui vivono popolazioni caratterizzate da una grande diversità di origini, di lingue nazionali e di tradizioni; ma tale diversità non ha impedito ai popoli di questa parte del mondo di conoscersi, di collaborare e di combattere assieme per la realizzazione delle aspirazioni e degli ideali comuni. (p. 86)
  • Gli ultimi avvenimenti a Cipro dimostrano una volta di più la necessità di intensificare gli sforzi per avviare una politica di collaborazione pacifica fra i Paesi dei Balcani, per risolvere tutti i problemi per mezzo di trattative, per rinsaldare l'amicizia e la collaborazione. (p. 88)
  • Noi tutti abbiamo l'obbligo di far sì che dall'Europa e dal mondo sia per sempre bandita la guerra. Sappiamo tutti che cosa significò il fascismo, che cosa portò la guerra, e perciò dobbiamo fare tutto il possibile affinché né il fascismo, né la guerra possano più danneggiare alcun popolo. (p. 96)
  • Non dobbiamo dimenticare che la pace del mondo ha un carattere indivisibile e che un conflitto che deflagri in una qualsiasi zona del globo lede l'insieme della vita internazionale, sonvolge la vita e il lavoro di tutti i popoli, provoca grandi danni allo sviluppo generale dell'umanità. (p. 101)
  • Sono ben note tutte le azioni che il nostro partito e il nostro popolo vietnamita e con il popolo cambogiano. Sin dall'inizio, il nostro partito ha espresso la sua totale solidarietà alla lotta del popolo vietnamita, accordandogli pieno sostegno, materiale, politico, diplomatico, con immutata fiducia nella vittoria della sua lotta. (p. 102)
  • [Sulla guerra del Kippur] La guerra [del 6 ottobre] ha provocato radicali cambiamenti nella situazione nel Medio Oriente. Da una parte ha dimostrato che i paesi arabi sono capaci di condurre azioni militari vittoriose, dall'altra ha fatto crollare il mito dell dell'invincibilità d'Israele. (p. 109)
  • Il mondo contemporaneo deve assolutamente agire con tutta decisione per far cessare la corsa agli armamenti, per fermare il riarmo nucleare e per passare invece alla eliminazione delle armi. Si può dire che nelle attuali circostanze la questione del disarmo, e in primo luogo di quello nucleare, sia diventata vitale per la sorta dell'intera umanità. (p. 117)
  • È necessario che ogni Stato detentore di armi nucleari si assuma, in modo solenne, l'impegno di cessare la produzione di nuove armi e di passare alla distruzione di quelle esistenti, nell'ambito di accordi adeguati. Soltanto in questo modo si potrà impedire la proliferazione delle armi atomiche e allontanare veramente il pericolo di una micidiale guerra termo-nucleare. (p. 119)

Explicit

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La Romania allarga fermamente la collaborazione con i Paesi in via di sviluppo a tutti i settori di attività, su basi reciprocamente vantaggiose, apportando contemporaneamente il suo attivo contributo all'attuazione dei programmi generali, che verranno elaborati. Siamo convinti che vi siano buone possibilità in tal senso e che, nel periodo successivo, attraverso l'azione unitaria dei Paesi in via di sviluppo, si registreranno dei progressi in questa direzione.

Scritti scelti (1979)

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  • In seguito al trionfo dell'insurrezione, la Romania è uscita dalla guerra condotta a fianco della Germania nazista e si è schierata con gli eserciti sovietici, con la coalizione antifascista, partecipando attivamente alla guerra per la definitiva sconfitta della Germania hitleriana. Nello stesso tempo, parallelamente al trionfo dell'insurrezione, la Romania si è incamminata verso lo sviluppo indipendente, ponendo completamente fine al dominio, sotto qualsiasi forma, dell'imperialismo; in questo modo si è passati allo sviluppo democratico e quindi socialista del paese. (pp. 6-7)
  • Con la vittoria dell'insurrezione nazionale, la Romania ha recato un importante contributo al crollo del fronte hitleriano nei Balcani, allo sviluppo dell'offensiva degli eserciti liberatori verso l'Europa centrale, all'avvicinarsi della completa sconfitta della Germania nazista. La Romania è entrata nella guerra antihitleriana con tutto il suo potenziale umano, militare ed economico, con tutte le sue forze, accanto all'Unione Sovietica, all'intera coalizione antifascista. Il nostro popolo ha dimostrato in questo modo, attraverso innumerevoli azioni di bravura e di alto eroismo, che la sua aspirazione vitale, la sua meta suprema era la liquidazione del fascismo – il più grande nemico della libertà e dell'indipendenza dei popoli, della civiltà umana –, la garanzia dell'indipendenza della patria, il diritto al suo libero sviluppo. (p. 12)
  • Nell'applicare i principi del socialismo scientifico, in un paese o in un altro, devono essere tenute presenti le tradizioni e le particolarità del rispettivo paese. (p. 20)
  • Possiamo affermare a giusta ragione che nella Romania di oggi tutti i bambini, tutti i giovani, vivono una vita luminosa e beneficiano della prospettiva di un futuro felice, libero e prospero. Essi dispongono di tutto quanto occorre per diventare degni continuatori della grandiosa opera di trasformazione rivoluzionaria della nostra società, capaci edificatori del comunismo in Romania. (p. 30)
  • La corsa alle cosiddette possibilità di arricchimento non può condurre che alla degradazione degli uomini. Dove vanno costoro? Là dove vi sono milioni di disoccupati! Che condizioni può offrire loro una società che non è capace di risolvere i problemi vitali delle masse, le proprie situazioni negative? È vero che in questi paesi è stato realizzato, nel corso del loro sviluppo storico, un livello di vita più alto. Ma ciò è avvenuto tramite lo sfruttamento di centinaia di milioni di uomini, di altri popoli e di altri paesi, e ciò ha condotto alla divisione del mondo in ricchi e poveri. (p. 34)
  • Accordiamo grande attenzione all'estensione della democrazia in tutti i campi; certamente, noi non intendiamo la democrazia nel senso della tolleranza verso il fascismo. (p. 43)
  • La Romania è uno degli Stati in cui il problema nazionale è stato risolto radicalmente e in modo democratico. Del totale della popolazione romena circa il 12 per cento è di altra nazionalità: magiara, tedesca, serba e altre. Conseguenti ai principi socialisti, la Romania e il Partito comunista romeno hanno assicurato, parallelamente all'instaurazione del potere degli operai e dei contadini, la piena parità di diritti per tutti i cittadini, senza alcuna differenza. (pp. 43-44)
  • Non dobbiamo trascurare il fatto che sul piano internazionale assistiamo, ultimamente, a una riattivazione delle più nere forze della reazione e del fascismo, che sotto varie forme tentano di resuscitare le pratiche e i concetti retrogradi, razzisti, sia nella vita ideologica e politica, sia nell'attività sociale in vari paesi. In questo quadro assistiamo a una intensificazione dell'attività di diffamazione del socialismo, dei paesi socialisti. Si approfitta di varie deficienze ed errori, di alcune situazioni negative in un paese o nell'altro per porre in dubbio la sostanza stessa del socialismo, i suoi principi, il concetto rivoluzionario sul mondo. Si tenta di accreditare la tesi secondo cui, in realtà, il socialismo non si è dimostrato capace di risolvere i complessi problemi della società e che di conseguenza si deve rinunciare a questa strada, ritornando alle vecchie vie. Si suggerisce persino un ritorno al feudalismo, che offrirebbe una soluzione migliore dei problemi complessi dello sviluppo sociale. (p. 45)
  • La nostra politica verso i culti è nota. La nostra Costituzione prevede chiaramente la garanzia della libertà dei culti religiosi, riconosciuti dallo Stato, la libertà di praticare ciascuno il proprio culto. (p. 47)
  • Certo, la religione è apparsa in una determinata tappa storica dello sviluppo sociale, quando gli uomini non potevano chiarire tutta una serie di fenomeni e alzavano gli sguardi al cielo aspettando la risposta. La risposta che ricevevano era quella che le classi dominanti di allora ritenevano più conveniente. Noi comunisti sappiamo che il mondo non è creato da alcuna forza divina, superiore, che nessuno sta in un certo posto a dirigere il modo di sviluppo della società, come si deve organizzare la vita degli uomini. (pp. 47-48)
  • La Costituzione e altre leggi della Repubblica Socialista di Romania accordano larghi diritti ai culti religiosi, alla loro libera pratica. Potrei dichiarare che i 14 culti religiosi riconosciuti dallo Stato non possono lamentarsi di limitazioni per quanto riguarda la pratica del rispettivo culto. D'altronde, tutti questi culti religiosi sono compresi nel quadre del Fronte dell'unità socialista. Perciò, certe voci e certi scritti pubblicati sui giornali occidentali dimostrano per lo meno scarsa conoscenza della realtà del nostro paese. Coloro che diffondono simili voci si lasciano influenzare e fanno, volendo o non volendo, il gioco di vari circoli reazionari, soprattutto delle ex organizzazioni fasciste che si trovano all'estero e che tentano con ogni mezzo di snaturare le realtà della Romania. (p. 49)
  • La cultura e la civiltà latine hanno costituito un importante fattore nel progresso generale dell'umanità. Sempre la cultura, la civiltà e la lingua latine sono state caratterizzate da un largo umanesimo, dalla cura di porre le conquiste della scienza e della civiltà al servizio dei popoli, con il rispetto delle altre nazioni e un desiderio di cooperazione pacifica. In tal senso, già un secolo fa, un poeta romeno, ad un concorso di latinità, scriveva che «la razza latina è regina tra le grandi genti del mondo», ciò che significa che la stirpe latina desidera essere uguale tra le altre stirpi. (pp. 91-92)
  • Il nostro popolo ha sempre coltivato – in momenti sia difficili che buoni – l'amore per il bello, ha cantato sia quando era infelice, che quando era contento. D'altronde è una caratteristica del nostro popolo esprimere nella musica, nella danza, nei giochi i suoi sentimenti, la sua volontà di superare qualsiasi difficoltà, di assicurarsi un posto sempre più degno nel mondo. (pp. 94-95)
  • Crediamo che si debba fare di tutto per por fine a qualsiasi azione terroristica, di qualsiasi natura. Certamente, oltre alle misure generali, devono essere ricercate anche le cause che generano questo fenomeno e si deve operare per la situazione dei problemi di fondo, onde eliminare qualsiasi base per l'attività terroristica. (p. 106)
  • La cura per la vita e l'educazione dei bambini è una componente essenziale della politica di qualsiasi Stato, poiché da questa dipende il domani di ogni nazione, dell'intera umanità. (p. 118)
  • Nessuno sforzo è eccessivo per mettere i bambini al riparo dagli orrori delle guerre, per far sì che le giovani generazioni non conoscano mai versamenti di sangue e la sciagura di nuove guerre. (p. 119)
  • Il miglior dono che gli Stati, i governi, gli uomini politici, le forze sociali progressiste possono fare ai bambini è il passaggio al disarmo, la riduzione delle spese militari e lo stanziamento di una parte dei fondi risparmiati in questo modo per il miglioramento della loro vita materiale e spirituale. Dobbiamo garantire, tramite gli sforzi uniti di tutti i popoli, che tutto ciò che ha dato di migliore, di valido la conoscenza umana, sia posto esclusivamente al servizio della vita, del benessere e della felicità degli uomini, dei bambini e della gioventù, e non della guerra e dello sterminio! (p. 119)
  • [Sulla guerra sino-vietnamita] Siamo particolarmente preoccupati del conflitto tra la Cina e il Vietnam. Come detto prima, il nostro paese considera che nulla può giustificare il ricorso ad azioni militari. Perciò ci pronunciamo con la massima decisione per la cessazione di qualsiasi azione militare, per il ritiro delle truppe della Repubblica Popolare Cinese e per il ripristino dei rapporti tra la Cina e il Vietnam; i problemi dovranno essere risolti dai due paesi in base ai principi di parità, osservanza dell'indipendenza, della sovranità e della integrità territoriale, della non ingerenza negli affari interni. Soltanto una soluzione del genere corrisponde agli interessi dei due popoli nonché alla causa del socialismo e della pace. (p. 124)
  • Com'è noto, esiste, purtroppo, una serie di divergenze e contraddizioni tra alcuni paesi socialisti. Noi riteniamo che esse siano dovute soprattutto all'eredità del passato, al fatto che, col passaggio all'edificazione socialista, in diversi paesi sono rimasti insoluti vari problemi ereditati dal vecchio ordinamento o dal dominio imperialista e coloniale. Sono apparse, naturalmente, anche differenze su una serie di problemi riguardanti la realtà contemporanea, come conseguenza del forte sviluppo della vita internazionale, delle contraddizioni generali esistenti in campo mondiale. (p. 125)
  • Legati dalla loro comune origine latina, da profonde affinità di lingua e di cultura, i romeni e i francesi hanno sempre operato insieme al servizio degli alti ideali di libertà, di progresso e di pace dell'umanità. (p. 151)
  • Tra la Romania e la Francia vi sono vecchi e tradizionali rapporti basati su considerazione e reciproca stima, sulla comune origine latina. I nostri popoli si sono sempre trovati vicino in momenti facili e difficili. I nostri popoli hanno lottato insieme nella prima guerra mondiale per l'indipendenza, per essere indipendenti. Anche nella seconda guerra mondiale i romeni e i francesi hanno lottato insieme contro il fascismo; nell'ultima parte della guerra i nostri eserciti hanno lottato l'uno accanto all'altro nella coalizione antihitleriana. (p. 153)
  • Come è noto, il popolo romeno ha una lunga storia, essendo nato dalla fusione dei daci con i romani, due grandi popoli dell'antichità, i cui esponenti simbolici sono due eminenti personalità dell'epoca: Decebalo e Traiano. Nato in condizioni storiche complesse, il popolo romeno ha conservato e ha sviluppato le grandi virtù ereditate dai suoi avi, conferendo loro nuove dimensioni, durante il suo sviluppo storico-sociale. (p. 172)
  • [Sulla rivoluzione iraniana] I problemi dell'Iran sono di ordine interno e devono essere risolti solo dal popolo iraniano senza ingerenza alcuna. È difficile naturalmente, fare una valutazione di questi avvenimenti, in quanto non disponiamo dei dati e delle informazioni necessarie. È però, evidente che il popolo iraniano è deciso ad assicurarsi uno sviluppo democratico indipendente, a essere padrone delle sue ricchezze e dei suoi destini. Noi desidereremmo che questo desiderio del popolo iraniano si realizzasse in modo che il suo sviluppo economico-sociale verso il benessere, il progresso, l'indipendenza e la pace potesse attuarsi nelle migliori condizioni. Uno sviluppo del genere è anche nell'interesse della pace e della collaborazione internazionali. (p. 184)
  • La nostra esperienza ci dimostra che l'Occidente ora è lodevolmente pronto a incoraggiare anche il minimo segno segno di indipendenza da Mosca. Noi dobbiamo approfittare di questa bramosia. (dichiarazione fatta il 22 febbraio 1972, in occasione dell'assunzione della direzione del DIE)[10]
  • L'astuzia deve diventare la nostra caratteristica nazionale. Dobbiamo smetterla di fare la faccia feroce, di mostrare i pugni all'Occidente. Cominciamo, invece, a farci compatire, e allora vedrete come l'Occidente cambierà, come smetterà il suo duro boicottaggio, come diventerà generoso con noi. Facciamo in modo di presentare la Romania come un'isola latina persa in mezzo al mare slavo... Le nostre millenarie tradizioni di indipendenza ora giocano in nostro favore contro il centralismo di Mosca... Sono una pedina da giocare tra le due superpotenze. (dichiarazione fatta il 22 febbraio 1972, in occasione dell'assunzione della direzione del DIE)[10]
  • Il materialismo storico funziona, diciamo, come la cocaina; se la prendi ogni tanto, non ti cambia la vita; ma se la prendi giorno dopo giorno, diventi un drogato, un diverso.[11]
  • Dobbiamo continuare a rubare al capitalismo i suoi prodotti migliori, per metterli al servizio del comunismo. Ma, compagni, non fraintendetemi: rubare al capitalismo non è la stessa cosa che derubarci tra di noi. Marx e Lenin ce l'hanno insegnato: qualsiasi atto è morale, quando è nell'interesse del proletariato e della rivoluzione mondiale.[12]
  • Il petrolio, gli ebrei e i tedeschi sono i nostri migliori prodotti di esportazione.[13]
  • D'ora in avanti [...] nessun romeno di origine ebrea o tedesca potrà ricevere il visto per emigrare, se non firmerà un accordo segreto con i servizi di sicurezza per impegnarsi ad essere un nostro agente di informazione all'estero.[14]
  • [A Muʿammar Gheddafi] Ammiro molto coloro che credono. Lei crede nel Corano, io nel marxismo. Entrambi però crediamo nell'indipendenza dei nostri paesi. Lei ha buttato fuori gli americani, io i sovietici. Lei sta costruendo un paese islamico indipendente, io un paese marxista indipendente. Noi due dobbiamo aiutarci vicendevolmente.[15]
  • Tenere in vita il comunismo oggi costa caro. Devo far fronte a un debito estero gigantesco, e non posso rimborsarlo esportando pomodori e carta igienica. Dobbiamo procurarci dollari in ogni modo possibile. E perciò dobbiamo assolutamente esportare armi, legalmente o illegalmente, non importa.[16]
  • Tra non molto tempo, saremo l'unico paese del mondo dove si potrà sapere ciò che pensa ciascuno dei suoi cittadini. Ci mancanano solo cinque anni per un nuovo, più scientifico modo di governare.[17]
  • Perché l'imperialismo americano è così impopolare? Perché i suoi dirigenti non sanno quello che pensa la gente, perché non è un sistema scientifico. [...] È un vero peccato non poter spiegare ai nostri lavoratori come il partito comunista veglia su di loro, compagni. Forse che i minatori non produrrebbero più carbone se fossero più sicuri che il partito sa in ogni istante ciò che fanno le loro mogli? Lo farebbero, compagni, ma purtroppo non possiamo rivelare loro il nostro sistema. La stampa occidentale ci accuserebbe di essere uno stato poliziesco. Tale è la perfidia della propaganda imperialista, compagni! Non siamo, e mai saremo, uno stato poliziesco. Siamo una dittatura del proletariato che difende la sua purezza ideologica.[17]
  • [Su János Kádár] Ne sento il fiato sul collo. Egli vuole che la Romania restituisca la Transilvania all'Ungheria, ma per ottenere questo dovrebbe farci la guerra. Durante la prima e la seconda guerra mondiale, abbiamo occupato Budapest; se necessario, siamo pronti a ricominciare.[18]
  • [Su Jimmy Carter] Mi sembra che nonostante il suo sorriso ingenuo e la sua voce dolce, Carter non sia facilmente decifrabile. [...] Secondo me, i punti deboli di Carter sono altri. Uno di questi è il suo ridicolo senso religioso, che lo fa agire come se fosse un essere moralmente superiore, e che gli impedisce di farsi degli amici, in particolare nel Congresso. Non è forse significativo il fatto che Tip O'Neil, quella vecchia volpe del suo stesso partito, non gli nasconda la sua antipatia? Un altro punto debole sta nella sua intensa vita interiore, che lo priva del dinamismo necessario a un presidente. Quindi, manca di pragmatismo, il che gli rende difficile prendere le distanze dai grandi principi per potersi consacrare ai problemi quotidiani in modo costruttivo. Inoltre, la modestia e la mancanza di fiducia in se stesso, non lo aiutano; un presidente non deve mai essere modesto.[19]
  • Il denaro ebreo sta prendendo il controllo dell'America. [...] Se non li fermiamo, i cospiratori sionisti ben presto avranno in mano tutto il mondo capitalista.[20]
  • Ne ho fin sopra i capelli delle pressioni che mi fanno perché lasci gli ebrei liberi di andarsene dalla Romania. Essi-sono-nostri-cittadini; non-sono-degli-americani. [...] Questo è una cospirazione contro l'indipendenza della Romania, e contro il mio prestigio personale.[20]
  • Compagni, voi lo sapete bene, non sono una testa calda come Tito, che ha lodato i principi fondamentali del comunismo. Tranne quello di Mosca, il nostro è il solo governo comunista che non solo proibisce ancora la proprietà privata, ma la considera una vergogna. [...] Non sono un idiota come Dubcek, che tollera l'anarchia e provoca la controrivoluzione. In nessun paese dell'est la popolazione è così ben controllata come in Romania. In quale paese del patto di Varsavia c'è un agente della Securitate ogni quindici persone? [...] Voi lo sapete, compagni, sono comunista dall'età di quindici anni. Per me il comunismo è tutto. Non ho mai fatto, e mai farò, compromessi ideologici. Quando si tratta di marxismo, per me non ci sono vie di mezzo.[21]
  • [Su Leonid Il'ič Brežnev] Quel testone crede di essere il solo a odiare il capitalismo americano. Stavo per dirgli che odiavo il capitalismo dieci volte più di lui, che io ero stato sfruttato dal capitalismo, mentre egli era vissuto sempre nel comunismo, e non sapeva cosa volesse dire essere torturato in una prigione capitalistica.[22]
  • Negli Stati Uniti abbiamo più di trecentomila emigrati romeni della prima e della seconda generazione. Dobbiamo reclutarne più che possiamo, e dobbiamo aiutarli finanziariamente perché si facciano strada nella Casa Bianca, nel Congresso, nel Pentagono, nel Dipartimento di stato, ovunque. Il mio più grande sogno [...] è che un giorno il discendente di un emigrato romeno diventi presidente degli Stati Uniti, e che mi inviti a Washington per un'altra visita di stato.[23]

Citazioni su Nicolae Ceaușescu

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  • Ai tempi del socialismo «scientifico», inventato da Ceausescu e descritto in decine di libri, tradotti a sue spese in tutte le lingue, un regalo terribile e soprattutto pesante per chi lo riceveva, il dittatore aveva la mania di Mussolini, il desiderio di cambiare la razza. I contadini romeni, calati nelle città per favorire l'industrializzazione del paese, mettevano pancia intorno alla trentina e preferivano muoversi poco. Avrebbero dovuto trasformarsi in membri di una falange, maschia, slanciata e magari bionda. (Demetrio Volcic)
  • Ceausescu appariva come l'estremo baluardo di un comunismo irriformabile, ancorato a un dittatore, il cui carattere assumeva sempre più aspetti psichiatrici. E il Paese era sull'orlo di un'esplosione. (Bernardo Valli)
  • Ceausescu era un uomo molto limitato, senza cultura, di scarsa statura intellettuale. Ma aveva una ferrea volontà politica e una grande ambizione. Aveva creato un sistema di controllo primitivo sulla società, intollerabile in un Paese europeo, e non solo per i ceti intellettuali. La catastrofe della Romania è stata ed è associata alla figura di Ceausescu. Anche se pure a Bucarest ci sono i nostalgici, che preferivano avere le tasche piene e le vetrine vuote che le tasche vuote e le vetrine piene. (Ion Iliescu)
  • Ceausescu esaltava l'identità latina dei rumeni per distinguerli dagli slavi, immaginando stravaganti parentele con gli imperatori romani. Lo sciovinismo veniva sollecitato con accuse contro le minoranze etniche. (Bernardo Valli)
  • Ceaușescu non può scomparire perché sua moglie è immortale. (Mircea Dinescu)
  • Del presidente rumeno vorrei lodare il patriottismo intransigente e l'ostinata volontà d'indipendenza. Una vera amicizia mi legava a lui. (Mohammad Reza Pahlavi)
  • Fu una satrapia duocratica quella di Nicolae ed Elena Ceausescu, il conducatòr vegetariano che disobbedì a Mosca flirtando con l'occidente e facendosi perdonare metodi alla Pol Pot, l'apprendista calzolaio che si faceva confezionare gli abiti con stoffa pregiata importata, l'"amico del popolo" che impose al popolo l'autarchia socialista e che dal popolo fuggì con un elicottero sul tetto del suo faraonico palazzo presidenziale, per essere poi abbattuto da una raffica di mitra il giorno di Natale di trent'anni fa. Una surreale monarchia socialista familiare dove anche la carta era di tale scarsa qualità che i libri si deterioravano rapidamente, dove un cittadino su tre era informatore della Securitate, dove migliaia di orfani contrassero l'Aids e i manicomi si riempirono di oppositori, dove si realizzò la "piena uguaglianza" tramite la fame, dove fu istituito il coprifuoco domenicale, dove la televisione trasmetteva soltanto immagini di propaganda dei coniugi con musichette di sottofondo, dove le luci delle strade venivano spente e quelle delle case non dovevano superare la quota fissa di watt, dove fu razionato non solo il carburante ma anche il cibo (cinque uova e cinquanta grammi di burro al mese) in nome della "lotta all'obesità", dove i maiali venivano esportati all'estero tranne i piedi di porco che rimanevano in patria a "sfamare" la popolazione, dove si calcola che oltre diecimila persone siano sparite, mentre nelle regge presidenziali divennero leggendari gli arredamenti da Re Sole, l'argenteria, le pellicce, i marmi. (Giulio Meotti)
  • Gli ideali di amore per la sua patria, di giustizia e di libertà che lo animavano quando ci siamo conosciuti sono rimasti intatti, e questo lo trovo molto bello. (Elena Ceaușescu)
  • I ventiquattro anni di potere targati Ceausescu non hanno ammesso contraddittorio, hanno annichilito dissenso ed opposizione: per ragioni ideologiche dicono qui, per i nostri occhi da occidentali imperialisti, quella che vediamo appare una generazione umiliata dal silenzio e dalla rassegnazione. Adesso, la prospettiva è quella di arrivare al 1995 così come si è arrivati al 1990, preparandosi al Duemila senza mutare la vocazione del centralismo assoluto (Leonardo Coen)
  • Io lo conoscevo bene, fui suo consigliere, invano al ritorno insieme da Pyongyang cercai di dissuaderlo dal culto della personalità dinastico nordcoreano che lo aveva sedotto. Mi punì togliendomi ogni carica. Divenni piccolo impiegato in una casa editoriale di provincia, e tre auto della Securitate seguivano me e mia moglie a ogni passo, lui era divenuto vittima di paranoie megalomani. (Ion Iliescu)
  • Mio fratello! Sei il mio fratello per il resto della mia vita! (Mu'ammar Gheddafi)
  • Nicolae Ceaușescu, come ognun sa, è il mediocre dittatore che per venticinque anni dominò con durezza e megalomania crescenti la Romania, fino a considerarla un suo regno personale. A somiglianza di altri suoi colleghi era un piccolo uomo noioso con un precipuo talento per le macchinazioni, uno la cui vita si eleva al dramma soltanto grazie a una trista e maligna prosopopea. (David Quammen)
  • Quel gran giocatore di Ceausescu, con quella moglie invadente che gli imponeva anche i ministri, quel romeno chiedeva un po' di spazio per sé e per il suo paese, coltivava sogni nazionali faraonici, ma non metteva mai, una sola volta, in dubbio il cosiddetto socialismo scientifico. Ci credeva, pur nella sua mente contorta. (Todor Živkov)
  • Quello che soprattutto ammiro in mio marito è la sua determinazione, la sua volontà a portare avanti tutto quello che si è prefisso. (Elena Ceaușescu)
  • Se mio padre credeva veramente di cambiare la storia, e vista la maniera in cui agiva penso che lo credesse, si sbagliava... anche se penso che avrebbe comunque introdotto riforme. (Nicu Ceaușescu)
  • Se si calcola il numero di opere encomiastiche dedicate a Ceausescu che furono pubblicate durante gli anni Settanta ed Ottanta, l'Italia era al primo posto al mondo con 17 volumi, contro i sei della Gran Bretagna, i cinque della Francia e i tre della Repubblica Federale Tedesca. (Giulio Meotti)
  • Serbo un ricordo particolarmente gradevole dei miei incontri e colloqui con Ceausescu, che non mutò mai atteggiamento nei miei confronti, nemmeno quando dovetti lasciare l'Iran. Ceausescu è un uomo che credo capace di qualsiasi cosa per garantire l'indipendenza del suo Paese. (Mohammad Reza Pahlavi)
  • Si cerca di demonizzare Ceausescu e la polizia segreta. Ma non possiamo dimenticare che tutto il popolo scese a compromessi col dittatore. (Norman Manea)
  • Aveva fama di eretico, ma era diversissimo da Tito. Era il più staliniano dei tiranni comunisti balcanici. Umili origini. In sintonia con le radici della sua terra, l'Oltenia, landa di foreste oscure e di atrocità ottomane.
  • Ceausescu era un vampiro transilvano. Lo vidi tre volte, c'era anche il vero capo della Romania: sua moglie Elena. Un'erinni dagli occhi puntuti.
  • Fra tutte le carriere dei capi comunisti nei vari Paesi dell'Est europeo dopo la guerra, quella di Nicolae Ceausescu era stata la più simile alla carriera silenziosa e tenebrosa di Stalin: cura ossessiva dell'apparato, lenta costruzione di un partito personale dentro l'involucro del partito ufficiale, nessuna esperienza internazionale, disprezzo per tutti i militanti intellettuali che non avevano combattuto la monarchia in patria ma avevano vagheggiato la Rivoluziona da Mosca o da Parigi.
  • La parabola di Ceausescu è stata, come si va dicendo oggi, quella di un non comunista? Oppure, per essere più esatti e più giusti, la parabola del comunismo è stata anche la parabola di Nicolae e di Elena Ceausescu?
  • Piccolo, immobile, gli occhi piccolissimi concentrati su di me, scarno e avaro nelle risposte alle mie domande, Ceausescu ricordava in ogni suo tratto rudimentale, in ogni suo gesto prudente, l'originaria cupezza meridionale della terra contadina da cui proveniva. La evocava soprattutto nella bocca molle e informe, quasi priva della linea divisoria fra le due labbra: una sanguisuga casualmente incollata su un volto di cera.
  • I ventiquattro anni di potere targati Ceausescu non hanno ammesso contraddittorio, hanno annichilito dissenso ed opposizione: per ragioni ideologiche dicono qui, per i nostri occhi da occidentali imperialisti, quella che vediamo appare una generazione umiliata dal silenzio e dalla rassegnazione. Adesso, la prospettiva è quella di arrivare al 1995 così come si è arrivati al 1990, preparandosi al Duemila senza mutare la vocazione del centralismo assoluto.
  • Nicolae Ceausescu soffre fisicamente quando lo si critica e lo si attacca.
  • Visto da vicino, il Conducator è un uomo non molto alto, di corporatura leggera, che ispira fiducia. Quando parla, con leggera voce roca, sembra sempre sul punto di tossire, di star male. Poi la voce acquista tono e il tono diventa veemente, un oratore che con grande teatralità enfatizza frasi sempre eguali, concetti ripetuti sino alla nausea, un martellamento ideologico se deve spiegare al popolo romeno quali sacrifici occorre esser pronti a sostenere per combattere il peso dell'isolamento, l'orgoglio di non dover dire a nessuno grazie. Sorride dunque sempre, dai giornali, dalle strade, dalla televisione, l'ultimo strenuo difensore del socialismo reale, colui che condanna senza remissione la glasnost e la perestrojka, per forza deve sorridere, perché il popolo da lui, dalla sua famiglia, dal partito comunista non abbia la sensazione d' essere soggiogato, perchè possa ingoiare corruzioni e spietatezze, sopportando il peso sempre più aspro della repressione.
  • Il dopo Ceausescu è stato caratterizzato da un'oligarchia di tipo neocomunista. Molti di quegli esponenti politici erano ex membri della Securitate. Hanno fatto affari e concluso accordi con l'Unione Sovietica, con Milosevic in Serbia, facendo il doppio gioco.
  • La stessa dittatura di Ceaușescu era un fenomeno peculiare. Da un lato Ceaușescu era stato fautore di una sorta di nazional-comunismo che si basava sull'opposizione all'Urss in nome del nazionalismo romeno. Ma si trattava, le assicuro, di una falsa opposizione, e in questo il dittatore era molto abile.
  • Per me Ceausescu era un uomo senza cultura, ma di intelligenza e abilità straordinarie, che ha saputo soggiogare non solo il partito, ma ceti più ampi della popolazione, facendo propri alcuni temi-chiave come il nazionalismo. Di fatto, è stato il padre della più pericolosa ideologia della storia, il nazionalcomunismo. Eppure i romeni sono riusciti ad abbatterlo senza appoggi esterni, dopo che i leader occidentali erano scesi con lui a compormessi penosi.
  • Quando Ceaușescu andò in Corea del Nord ne rimase molto impressionato, fino a prenderla come modello.
  • Ceausescu è una carta non ancora bruciata in mano agli americani. (E chissà? Forse anche in mano ai sovietici).
  • Da tutti riceve numerosi crediti: dagli americani, dalla Repubblica Federale Tedesca, dalla Francia, dalla Cina e chi più ne ha più ne metta! La Romania di Ceausescu è stata messa in vendita all'asta a credito. Questo si chiama «morte a credito».
  • È un po' difficile che Ceausescu e i suoi compagni abbattino l'imperialismo!! Se il mondo si attende una cosa simile dai vari Ceausescu, l'imperialismo vivrà decine di migliaia d'anni.
  • È vero che egli strilla di essere minacciato dai sovietici, ma intanto non esce dal Patto di Varsavia. Ciò significa essere interamente nel gioco, facendo però mostra di esserlo solo a metà.
  • Nicolae Ceausescu si vanta di questa politica antimarxista, revisionista, senza alcuno serumpolo di coscienza, si spaccia per autentico comunista, si fa passare per un grand'uomo del nostro tempo, per insigne diplomatico! Va ovunque, da Washington fino a Teheran, per celebrarvi i mille anni dell'impero persiano, per insignire di decorazioni lo sciainscià, assassino dei combattenti per la libertà e dei comunisti, e per farsi decorare da lui.
  • Un revisionista affermato, a un titino, a un filoamericano, che ha accolto con tante acclamazioni Nixon, che oggi pretende di essere in contrasto con i sovietici, ma che domani si unirà nuovamente ad essi, poiché è reazionario, senza principi.
  • Ceausescu è un pazzo. Come si può lasciare un folle al potere? Come possono le nazioni civili sopportare questo mostro nel cuore dell'Europa?
  • Noi ci siamo abbandonati alla nostra opulenza, alle nostre piccole cose, mentre il tiranno di Bucarest faceva della Romania un enorme campo di prigionia.
  • Un tribunale internazionale dovrebbe intervenire per cacciare il mostro di Bucarest che ancora resiste ai cambiamenti politici che hanno sconvolto l'Europa dell'Est in questi ultimi mesi e settimane. Il regno del re Ubu romeno era terribile prima, è ancor più tremendo ora e non capisco come il mondo intero possa tollerare che si schiacci la libertà coi carri armati e con le baionette.
  • Ceausescu considerava gli emigrati romeni sempre cittadini romeni che avrebbero dovuto obbedire agli ordini di Bucarest, indipendentemente dal fatto che avevano una nuova nazionalità. E allo stesso modo la pensavano i dirigenti degli altri paesi del blocco sovietico nei confronti dei loro emigrati nazionalizzatisi stranieri.
  • Ceausescu fu sempre un nazionalista fanatico, e questo fatto risultava quanto mai evidente dalla sua politica dei quadri. Solo ai romeni di terza generazione che fossero nati in Romania era permesso di ricoprire incarichi nel partito e nel governo che fossero in relazione con la difesa nazionale. I romeni di altra origine etnica, anche se appartenevano a famiglie che vivevano in Romania da generazioni, erano rigorosamente esclusi da posti di responsabilità nelle sezioni per la difesa nazionale del comitato centrale del partito comunista, nel DIE[24], nel quartier generale della Securitate o nel comando supremo delle forze armate, e anche i romeni coniugati con persona di altra etnia vennero discretamente allontanati dai posti di responsabilità quando egli arrivò al potere. Solo pochi ebrei ungheresi e tedeschi furono simbolicamente lasciati in posti di rilievo per ragioni propagandistiche, ma, nonostante i loro titoli altisonanti, non ebbero mai accesso ai segreti di Ceausescu. I suoi incessanti sforzi per avere un governo di puro sangue romeno, riportano sinistramente alla memoria i tentativi di Hitler di creare una pura razza ariana.
  • Ceausescu in tutta la sua vita non ricevette mai un centesimo di salario. Prima della seconda guerra mondiale, era stato apprendista da un calzolaio che lo compensava con cibo e alloggio, e con sommarie lezioni di marxismo. Durante la guerra, era vissuto in prigione o in clandestinità, e al termine del conflitto era diventato funzionario del partito. Da quando era diventato il leader supremo della Romania, per lui era motivo di orgoglio ricordare con enfasi che mai era stato pagato per quello che aveva fatto: «Tutta la mia vita è stata consacrata solo alla vittoria mondiale del proletariato», era la definizione preferita che egli dava di se stesso.
  • Ceausescu poteva diventare terribilmente violento quando nutriva rancore per qualcuno. Poco dopo essere arrivato al potere, aveva dovuto per la prima volta assaporare una critica pungente e pubblica, mossagli da un esponente dell'emigrazione romena, e la sua reazione immediata era stata: «Ammazzatelo!» L'uomo che lo aveva criticato, Gheorghe Zapartan, era un prete esule in Germania, che aveva denunciato il culto della personalità di Ceausescu in discorsi pubblici e dal pulpito. Poco dopo la morte di Zapartan in un "incidente" d'auto, il primo ministro del tempo, Ion Gheorghe Maurer, specialista di diritto internazionale, era andato da Ceausescu. «Nic, come Guida suprema della Romania», gli aveva detto, «lei può fare tutto ciò fare tutto ciò che vuole, nel bene e nel male. Ma una sola cosa non può fare: ordinare di uccidere. Questo è omicidio di primo grado, e non ha importanza che a ordinarlo sia un re o un mendicante». Ceausescu aveva recepito il messaggio, e da allora aveva preferito far bastonare i suoi nemici fino a ridurli a cadaveri ambulanti, anche se occasionalmente dimenticava il consiglio di Maurer e ordinava di uccidere.
  • Ceausescu si era ampiamente impregnato dello stile oratorio hitleriano. Così come i discorsi di Hitler, anche i discorsi più recenti di Ceausescu erano zeppi di wir muessen, di «dobbiamo fare», urlati agli ascoltatori ed enfatizzati con un'ampia e recisa gesticolazione e con pugni sul tavolo. Ma la similitudine più impressionante nello stile oratorio dei due uomini stava nel modo in cui anche Ceausescu mirava a far vibrare le corde nazionalistiche dei suoi ascoltatori. Così come Hitler batteva sempre sullo stesso tasto, continuamente ricordando ai tedeschi i loro antenati ariani e nibelunghi e proclamando un Reich millenario, anche Ceausescu in quasi tutti i suoi discorsi ricordava ai romeni i prodi guerrieri daci e romani loro antenati e la continuità storica bimillenaria della Romania. Le parole «sovranità», «indipendenza», «libertà» ricorrevano regolarmente nella propaganda del dittatore romeno, e richiamavano quello stesso senso di orgoglio nazionale ferito sentito dai tedeschi dopo la prima guerra mondiale, che aveva reso possibile a Hitler di arrivare al potere urlando la libertà della patria. Così come Hitler proclamava che Arbeit macht frei, che «il lavoro rende liberi», e faceva cinicamente apporre quel motto all'ingresso dei campi di concentramento di Auschwitz e di Dachau, anche Ceausescu ripeteva continuamente ai romeni che solo lavorando sempre più duramente si sarebbe potuta realizzare la libertà della Romania.
  • Ceausescu, nel 1975, aveva ordinato al DIE di fare un inventario computerizzato di tutti gli emigrati romeni di prima e di seconda generazione, ordinati per paese di residenza, professione e luogo di lavoro. Era un progetto ambizioso, da realizzare sulla base degli archivi consolari, dei dati forniti dalla censura postale e dalle altre fonti di informazione. Ceausescu considerava tale inventario come un passo fondamentale verso la creazione della sua "quinta colonna", e aveva ordinato che fosse completato non oltre il limite di un piano quinquennale.
  • Dal 1965 Ceausescu era padrone assoluto della Romania. Il suo ritratto era esposto ovunque, molto di più di quanto non lo fossero mai stati quelli di Hitler e di Stalin. Le sue volontà diventavano legge con un semplice tratto di penna. Il suo esercito e le sue forze di sicurezza erano più repressive di quanto non lo fossero mai state quelle di Idi Amin Dada. Tutti i mezzi di informazione nazionali, dai giornalini per i ragazzi alla televisione, gli appartenevano più di quanto i giornali del gruppo Hearst non abbiano mai appartenuto allo stesso William Randolph Hearst. Scinteia, il quotidiano del partito comunista, dedicava ogni giorno due colonne di spalla della prima pagina a riferire ciò che Ceausescu aveva fatto il giorno prima, chi aveva incontrato, che cosa aveva detto, e anche il resto del giornale si componeva principalmentedi articoli laudativi dei diversi aspetti della sua vita e del suo operato di dirigente. La radio e la televisione cominciavano e finivano le loro trasmissioni quotidiane glorificando «il figlio più amato e più stimato del popolo romeno».
  • Dopo tredici anni di potere, egli considerava la Romania letteralmente come una proprietà privata sua e della sua famiglia. Il potere di sua moglie Elena era in continua ascesa, e nessuno in tutta la Romania poteva essere nominato a un posto di alto o di medio livello senza il suo consenso. I fratelli di Ceausescu, Ilie, Nicolae e Ion, controllavano le forze armate, il DIE, e l'agricoltura. Il fratello di Elena guidava l'Unione generale dei sindacati, che controllava tutta la popolazione attiva della Romania. Nicu, il figlio di Ceausescu e di Elena, era alla testa dell'Unione della gioventà comunista. E questo era solo l'inizio, perché non vi è sistema più suscettibile di nepotismo di quello comunista.
  • Gli abiti di Ceausescu erano da anni materia di stato prioritaria in Romania. La storia datava dal 1972. Ero a Cuba con Ceausescu, quando Castro gli rivelò che aveva appena scoperto un complotto della Cia per imbrattargli le scarpe con un veleno che lo doveva rendere glabro, e un Castro senza la barba non sarebbe stato più Castro! Qualche giorno dopo, Ceausescu decideva che non avrebbe mai più portato un abito più di una volta. Quello stesso anno, nell'ambito del Dipartimento V, che era il servizio di protezione personale di Ceausescu, venne organizzata una sezione speciale incaricata di confezionargli gli abiti. Dato che Ceausescu non percepiva stipendio, tutte le sue spese erano pagate a mezzo di due conti segreti, uno del comitato centrale del partito comunista, e l'altro della Securitate. In linea di massima, il partito pagava le spese di abitazione, e la Securitate tutto ciò che atteneva alla sua sicurezza, cibo e abiti compresi.
  • L'aria condizionata era uno dei miei più grandi incubi quando preparavo le visite di Ceausescu all'estero. Poco dopo essere asceso al potere, Ceausescu era ritornato da un viaggio a Mosca con una dolorosa laringite. Gheorghiu-Dej, il suo predecessore, era morto di un cancro alla gola che si era sviluppato rapidamente, e i cui primi sintomi si erano dolorosamente manifestati dopo che era ritornato da una vacanza in Unione Sovietica. Benché non lo abbia mai detto pubblicamente, tuttavia nella cerchia delle persone a lui più vicine, Ceausescu sostenne sempre di avere delle prove irrefutabili che il Cremlino aveva assassinato Gheorghiu-Dej a mezzo di radiazioni per punirlo della sua scarsa ortodossia verso Mosca. Perciò, ai primi mal di gola, Ceausescu era stato preso dal panico. Per diverse angoscianti settimane dottori di tutto il mondo erano stati portati a Bucarest. Infine, un'anziano dottore tedesco occidentale di vecchia scuola, gli aveva detto seccamente: «Signore, lei parla troppo, e troppo forte, e le sue corde vocaali sono terribilmente irritate». E gli aveva prescritto cose molto semplici: bere camomilla ed evitare le correnti d'aria, comprese quelle generate dai ventilatori e dai condizionatori. Dopo di che, tutti i ventilatori erano stati rimossi dalla sua residenza, e il sistema di aria condizionata dell'edificio del comitato centrale del partito era stato smantellato. Durante i suoi viaggi all'estero, specialmente in America del sud e del nord, incontravo difficoltà inenarrabili per far chiudere l'aria condizionata negli edifici che egli doveva visitare. Capitò spesso che il ministro degli esteri e gli altri dignitari che accompagnavano Ceausescu all'estero, dovessero passare la notte a tappare le bocche di aerazione o gli infissi delle finestre dopo che Ceausescu aveva sentito un'immaginaria corrente d'aria nella sua camera da letto.
  • Nel 1965, quando Ceausescu divenne il leader supremo, il controllo della popolazione romena assunse dimensioni di massa senza precedenti. Centinaia di migliaia di nuovi microfoni furono collocati clandestinamente e fatti lavorare dai loro nascondigli negli uffici e nelle camere da letto, a cominciare da quelle dei membri del politburo. Come in Unione Sovietica e negli altri paesi comunisti, anche in Romania la corruzione e la prostituzione imperversavano ai massimi livelli, e tutto veniva registrato attraverso i microfoni. Come Kruscev, anche Ceausescu si fece attrezzare vicino al suo ufficio una sala speciale per poter controllare personalmente le registrazioni. I microfoni erano la sua chiave del potere.
  • Nonostante il suo gusto personale per i lunghi discorsi e la sua tendenza alla chiacchiera, Ceausescu non apprezzava la verbosità altrui.
  • Nulla spaventava maggiormente Ceausescu delle diserzioni. La divulgazione di qualche informazione segreta lo preoccupava relativamente. Come tutti i dirigenti degli altri paesi del blocco comunista, temeva soprattutto che dei funzionari che avevano avuto la fiducia del governo passassero in Occidente, e dicessero ciò che il comunismo era in realtà.
  • Per Ceausescu, le lodi erano altrettanto importanti dell'aria che respirava.
  • Poco dopo essere arrivato al potere, Ceausescu decise che tutti i membri della vecchia guardia, sia quelli rimossi che quelli rimasti in carica, dovevano essere sottoposti a controllo elettronico fino alla fine dei loro giorni. Ordinò anche segretamente di sorvegliare a mezzo di microfoni piazzati nei loro uffici e nelle loro case i nuovi membri del politburo e i ministri, da quando entravano in carica fino a quando venivano rimossi, dopo di che dovevano essere trattati come i membri della vecchia guardia. «Finché non abbiamo controllato i loro pensieri, dobbiamo diffidare di tutti, anche dei membri della nostra famiglia», mi disse nel 1972, quando mi nominò sovrintendente dell'unità che sorvegliava i membri del politburo e quelli della vecchia guardia.
  • Rispettare la verità storica non fu mai una preoccupazione di Ceausescu, ed egli manipolò sempre il passato perché si accordasse con la sua immagine presente.
  • Ceaușescu sostituì l'azione costruttiva con la frenesia. Andava su e giù per il paese in un continuo vorticoso giro toccata e fuga. Una volta assorbito in questa girandola di visite, discorsi e congressi, non si fermava più. La girandola diventava sempre più veloce ed elaborata, con visite a paesi stranieri e un incessante rimescolamento di ministri e ministeri. Dà le vertigini a chiunque cerca di seguirla. Consumava sia il suo tempo che e quello degli altri; sprecò risorse e realizzò poco. Ma nella testa di Ceaușescu la frenesia equivaleva a progresso: era una confusione intellettuale a cui, col passare del tempo, il paese intero doveva soccombere.
  • Che valore aveva per l'Occidente il dissenso di Ceaușescu dal diktat di Mosca? Era di valore inestimabile? O era, al contrario, una vittoria propagandistica marginale di poca vera sostanza? Ceaușescu era irritante per i russi, ma non si sono mai sentiti minacciati da lui. Misero in marcia le loro truppe su e giù presso la frontiera romena quando Ceaușescu visitò la Cina nel 1971; ma invasero la Cecoslovacchia quando la Primavera di Praga gli sfuggì di mano. La differenza è chiara. Dubček sfidò il sistema comunista. Ceaușescu non non lo fece mai. Non era, allora, un serio "nemico del mio nemico". L'Occidente aveva letto male le carte.
  • Il culto di Ceaușescu fu incoraggiato da tanti occidentali entusiasti di fare affari con l'unico dirigente est-europeo che poteva, a quanto pareva, tener testa ai russi e sopravvivere. Prima ci fu un rivolo, poi un torrente di visitatori dell'Occidente che cantavano la melodia di Ceaușescu, nessuno di essi guardava troppo per il sottile sulla realtà dell'uomo che incontrarono – il mito era fin troppo di loro gusto.
  • La sua lingua s'inceppava su frasi apparentemente semplici come tutulor, una formula di cortesia che significa "a tutti quanti". Quando lo pronunciava Ceaușescu, suonava come "a tutti i guanti". È difficile spiegare a chi non ha sentito il romeno, una lingua scherzosamente descritta da John Simpson della Bbc come un "misto di latino maccheronico ed esperanto", quanto Ceaușescu suonava grezzo. Per le orecchie americane, bisogna immaginare una cadenza strascicata del New Jersey; per le orecchie britanniche, bisognerebbe pensare a una lagna di Wolverhampton: provinciale, ma non abbastanza da suscitare interesse.
  • Nessun marxista poteva prendere Ceaușescu sul serio dopo che fu visto girare in occasioni ufficiali portando lo scettro nel 1974, quello che divertì così tanto Salvador Dalí. Lo scettro era l'incarnazione fisica dell'allontanamento di Ceaușescu dal fondamento anti-statista, anti-personalità del pensiero e della pratica marxista. Naturalmente, questi principi erano stati più spesso infranti che osservati dai vari stati comunisti dalla rivoluzione d'ottobre in poi, ma interpretare il re così sfacciatamente fu considerato alquanto indecente perfino tra gli spudorati despoti dell'impero sovietico. La "Borbonificazione" della dinastia Ceaușescu si può far risalire ai primi anni settanta, ma negli ultimi anni ottanta divenne sempre più volgare.
  • Per capire lo straordinario fatto del potere monolitico di Ceaușescu, e l'altrimenti incomprensibile mancanza di resistenza contro di esso, bisogna cercare di provare il puro e semplice peso morto che i romeni sopportarono giorno dopo giorno. Durante i ventiquattro anni del suo regno, i loro pensieri vennero smussati e ristretti da ciò che George Orwell magari avrebbe chiamato "omaggiolingua".
  • Per comune consenso, Ceaușescu impazzì durante la visita sua e di Elena nella Cina e nella Corea del Nord nel 1971. Partì paranoico instabile, ritornò folle. Le persone a lui vicine discutono su quale delle due ebbe l'influenza più nefasta, la Cina o la Corea del Nord. Per quanto fosse terribile la Cina di Mao mentre emergeva dagli spasimi della Rivoluzione culturale, la Corea del Nord era allora ed è tuttora una società più totalitaria, e vanta il primato di essere la società più piramidale del mondo.
  • Per gran parte della sua storia, la Romania è stata divisa, infilzata e fatta allo spiedo da una successione di invasori e padroni stranieri, alcuni dei quali erano indicibilmente cattivi. Per crudele che fosse l'epoca di Ceaușescu, non era senza precedenti nella storia del paese.
  • Qualsiasi sentimento liberale Ceaușescu esprimesse nei suoi discorsi, i poliziotti segreti erano sempre presenti, aspettando, ascoltando, facendo domande. A Ceaușescu non serviva schiacciare con mano pesante, minacciando le persone. Tutto era stato fatto con tanta efficacia una generazione prima e il popolo non aveva dimenticato. Il popolo abbaiava a comando perché sapeva cosa succedeva ai disubbidienti. Una volta che il cane è ammaestrato, c'è poco bisogno della frusta.
  1. a b (RU) Citato in Реставрация капитализма в Восточной Европе, archive.is.
  2. Citato in Le parole al Parlamento del «leader» romeno, La Stampa, 25 luglio 1967.
  3. Citato in Nuovo coraggioso discorso di Ceausescu, La Stampa, 2 settembre 1968.
  4. a b Citato in Ceausescu con un pacato discorso si oppone alla scomunica di Mao, L'Unità, 10 giugno 1969
  5. Citato in Ceausescu: Il Vietnam insegna si può battere l'imperialismo, L'Unità, 7 agosto 1969
  6. Citato in Intervista di Ceausescu all'Unità, intervista di Giuseppe Boffa, L'Unità, 20 maggio 1973.
  7. Citato in Il vicino Est, La Stampa, 7 maggio 1974
  8. Citato in Ceausescu: "Via la Nato ed il Patto di Varsavia, La Stampa, 24 luglio 1975.
  9. a b Da Ceausescu ammette il massacro, L'Unità, 21 maggio 1989.
  10. a b Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 19, ISBN 88-7165-065-4
  11. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 35, ISBN 88-7165-065-4
  12. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 55, ISBN 88-7165-065-4
  13. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 78, ISBN 88-7165-065-4
  14. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 81, ISBN 88-7165-065-4
  15. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 105, ISBN 88-7165-065-4
  16. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 120, ISBN 88-7165-065-4
  17. a b Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 138, ISBN 88-7165-065-4
  18. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 146, ISBN 88-7165-065-4
  19. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 148, ISBN 88-7165-065-4
  20. a b Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 171, ISBN 88-7165-065-4
  21. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, pp. 205-206, ISBN 88-7165-065-4
  22. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 215, ISBN 88-7165-065-4
  23. Citato in Ion Mihai Pacepa, Orizzonti rossi. Memorie di un capo delle spie comuniste. La vera storia della vita e dei crimini di Elena e Nicolae Ceausescu, traduzione di Antonio Pitamitz, L'Editore, 1991, p. 216, ISBN 88-7165-065-4
  24. Cfr. Direcția de Informații Externe

Bibliografia

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  • Nicolae Ceausescu, Il nuovo corso per una collaborazione internazionale, traduzione a cura dell'Istituto di Studi storico-sociali e politici di Bucarest, Rusconi, 1975
  • Nicolae Ceausescu, Scritti scelti (1979), Milano, Edizioni del Calendario, 1980

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