Timothy Snyder

storico statunitense

Timothy David Snyder (1969 – vivente), storico e accademico statunitense.

Timothy Snyder nel 2016

Citazioni di Timothy Snyder modifica

2022 modifica

  • Il 16 marzo, nel corso di un discorso febbrile in cui attaccava chi lo criticava internamente definendoli “traditori” e “feccia”, Putin si riferiva ai russi con legami con l’occidente chiamandoli “moscerini”. Nella sua mente, gli ucraini sono russi che amano gli occidentali. Devono essere corretti con la forza – “puliti” o “sputati fuori”.[1]
  • [Sulle accuse di genocidio degli ucraini durante l'invasione russa dell'Ucraina] L'articolo II della Convenzione dell'ONU sul genocidio specifica cinque criteri che soddisfano la definizione di "genocidio"; tutti e cinque sono stati commessi dalle forze russe in Ucraina. Per quanto riguarda la prova dell'intenzione: Putin stesso l'ha confessata, lo fa da sempre.[1]
  • Putin governa in una realtà virtuale dove c’è sempre una via di fuga. Non può essere messo in un angolo in Ucraina, perché l’Ucraina è un posto reale. (tweet del 18 maggio 2022)[2]
  • Putin è un dittatore che controlla i media del suo Paese. E se le cose vanno male, gli basta cambiare argomento. [...] L’ultima volta che la Russia ha invaso l’Ucraina, nel 2014, i suoi media hanno cambiato argomento sulla Siria da un giorno all’altro, e i russi lo hanno seguito. (tweet del 18 maggio 2022)[2]

Da Pensare alla guerra dal lato degli ucraini

Articolo sulla crisi russo-ucraina del 2021-2022 in Snyder.substack.com, 18 gennaio 2022; tradotto in eastjournal.net, 31 gennaio 2022.

  • Un'invasione dell'Ucraina sarebbe un orrore per gli ucraini, che non hanno fatto nulla per provocarla. L'Ucraina ha circa quattordicimila morti in guerra e circa due milioni di sfollati interni dall'ultima invasione russa, e questa volta la sofferenza sarebbe molto peggiore. Le forze schierate dalla Russia sono capaci di un livello di distruzione terrificante. Ma invadere l'Ucraina sarebbe anche una mossa incredibilmente stupida da parte della Russia, e non pochi russi ne sono consapevoli. Probabilmente sembrerebbe molto simile all'invasione sovietica dell'Afghanistan nel 1979: apparentemente riuscita all'inizio, poi distruttiva del sistema dopo pochi anni.
  • La vittoria della propaganda russa in Ucraina nel 2014 l'ha spronata a una guerra informatica contro gli stati membri dell'Unione Europea e gli Stati Uniti. Questa volta, la propaganda russa è stata molto meno efficace. Sembra goffa e noiosa.
  • [Riguardo Sulla storica unità tra russi ed ucraini] Lo scorso luglio, il presidente Putin ha pubblicato una strana missiva sull'Ucraina e la Russia e le loro relazioni storiche. Presenta il tipo di argomento che fa sussultare gli storici. L'idea di base è che mille anni fa esisteva un paese chiamato Rus', la città più importante della Rus era Kiev, e ora mille anni dopo Kiev è la capitale dell'Ucraina, e quindi l'Ucraina non può essere un vero paese, e tutti i soggetti coinvolti ei loro discendenti devono essere russi o una nazione fraterna ai russi. Uno storico di fronte a questo tipo di pasticcio si trova nella stessa infelice situazione di uno zoologo in un mattatoio. Hai esperienza, e senti di dover dire qualcosa, e quindi: oh sì, quello è chiaramente un femore, e quella cartilagine probabilmente proveniva da un muso, e che c'è un po' di fegato; ma questo non è il tuo lavoro, e vorresti profondamente essere da qualche altra parte. Quindi potrei dire: la Rus' è stata fondata dai vichinghi, Mosca all'epoca non esisteva, Kiev non è stata governata da Mosca fino a tardi nella sua storia, la storia delle nazioni fraterne è recente, come del resto è l'identità nazionale nel senso moderno. Ma non puoi davvero impegnarti in discussioni storiche con persone che credono a un mito, per non parlare di presidenti che credono che il passato sia lì solo per confermare i loro pregiudizi presenti.
  • Nel saggio di Putin, l'affermazione è che gli ucraini appartengono a una comunità più ampia con la Russia, ma sono stati fuorviati dalla perfidia occidentale. Ora, c'è sempre un sacco di perfidia in giro, e le persone ragionevoli possono non essere d'accordo sul fatto che l'Ucraina debba essere invitata ad aderire alla NATO. Ma il semplice fatto è che l'attuale orientamento occidentale dell'Ucraina è il risultato dell'ultima invasione russa. Quindi gli americani sono in una situazione impossibile. È colpa dell'America, presumibilmente, se gli ucraini si sono allontanati dal loro naturale destino russo. Se gli americani fanno notare che la Russia ha invaso l'Ucraina nel 2014, e che questo è alla base dell'impopolarità della Russia in Ucraina e dei desideri ucraini di garanzie di sicurezza, incontrano un rifiuto ostinato e una brutale ostilità. L'ideologia ufficiale di Putin è infuriata dai dati di fatto.
  • [Sul memorandum di Budapest] Una delle prime azioni dell'Ucraina indipendente è stata il disarmo nucleare. L'Ucraina era la terza potenza nucleare del mondo, almeno per il numero di testate sul suo territorio. Ha rinunciato alle sue armi nucleari nel 1994 in cambio di garanzie di sicurezza da parte del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Russia. Le passate e minacciate invasioni dell'Ucraina da parte della Russia danneggiano la causa globale della non proliferazione nucleare, perché sembrano indicare che i paesi che rinunciano alle armi nucleari vengono attaccati dai loro vicini.
  • A differenza della Russia, l'Ucraina è una democrazia. A differenza di Putin, Zelens'kyi è entrato in carica in un'elezione credibile in cui i candidati avversari (tra cui il presidente in carica) avevano accesso ai media e potevano competere. (Questa è una differenza fondamentale tra l'Ucraina e la Russia: in Ucraina i presidenti hanno perso le elezioni e hanno lasciato l'incarico. Ciò non è ancora accaduto in Russia.) Uno degli elementi centrali dei tradizionali attacchi della Russia all'Ucraina è stato la [presunta] oppressione dei russofoni in Ucraina. Ciò è concettualmente fuorviante, in quanto la maggior parte degli ucraini è bilingue in ucraino e russo in un modo o nell'altro, e la lingua non determina l'identità. Ma nella misura in cui è ragionevole parlare di "lingua russa" in Ucraina, lo stesso presidente ucraino è sicuramente uno di questi. Zelens'kyi viene dall'Ucraina orientale e la sua lingua principale è il russo. Quindi un "russofono" in Ucraina può essere eletto presidente. In effetti, i "russofoni" sono molto più liberi in Ucraina sotto questo aspetto di quanto non lo siano in Russia. In Russia non c'è democrazia per nessuno.

Da Alle radici dell'identità ucraina

internazionale.it, 24 febbraio 2022.

  • Tra il 1772 e il 1795 la Polonia-Lituania fu divisa e spartita e l’imperatrice russa Caterina (che era tedesca di nascita) dichiarò di aver ripristinato ciò che era stato sottratto in passato: anche in questo caso al centro di tutto c’era il mito di una Rus tornata a essere unita. Alla fine dell’ottocento gli storici russi diffusero un’interpretazione simile, che sminuiva l’elemento asiatico nella storia nazionale e i settecento anni in cui Kiev era esistita indipendentemente dalla Russia. Questa, più o meno, è la stessa storia che Putin racconta oggi.
  • La storia dell’Ucraina e quella della Russia sono legate attraverso l’Unione Sovietica, l’Impero russo, la religione ortodossa e molto altro. L’Ucraina e la Russia moderne sono ancora in via di formazione, ed è normale che esistano intrecci, oggi e nel futuro. Ma la Russia, nella sua espansione iniziale e nella sua geografia contemporanea, è un paese profondamente legato all’Asia, al contrario dell’Ucraina. La storia di Kiev e delle terre circostanti è caratterizzata da dinamiche tipicamente europee che in Russia sono meno evidenti. La Polonia, la Lituania e la presenza ebraica sono riferimenti indispensabili per qualsiasi analisi del passato ucraino. L’Ucraina non può essere capita senza i fattori, tipicamente europei, dell’espansione di Lituania e Polonia, del rinascimento, della riforma protestante, del risveglio nazionale e dei tentativi di costruzione degli stati. L’esperienza delle guerre mondiali è profonda in entrambi in paesi, ma in Ucraina lo è in modo particolare.
  • La storia di Kiev è, per così dire, allo stesso tempo normale ed estrema. Segue la consueta periodizzazione europea. Ma la complessità e l’intensità di queste esperienze possono aiutarci a comprendere con maggiore chiarezza l’intera storia europea. In Russia alcuni di questi punti di riferimento sono diversi, o del tutto assenti. Per questo motivo molti russi (anche in buona fede) faticano a capire la storia ucraina o quella storia che viene considerata condivisa. Lo stesso evento, per esempio la rivoluzione bolscevica o lo stalinismo, appare molto diverso dalle due prospettive. Il mito dell’eterna fratellanza, presentato oggi in malafede dal presidente russo, dev’essere inserito nella categoria della politica, non della storia. Ma un po’ di analisi storica può aiutarci a smascherare la malafede e a leggere le strategie politiche.

Da "Putin vuole un’Europa instabile"

Intervista di Anna Lombardi, Repubblica.it, 11 marzo 2022.

  • Scopo dell'invasione [dell'Ucraina] è raggiungere Kiev, catturare e possibilmente uccidere il presidente Volodymyr Zelensky, distruggere il governo e annientare ogni aspirazione della società civile.
  • Sia chiaro: gli ucraini non sono una minaccia per la Russia. Ma la loro democrazia sì. Pensiamo a Zelensky: giovane, democratico, coraggioso, ebreo, russofono. Non solo smentisce la propaganda di Putin che vuole russofoni ed ebrei perseguitati in Ucraina. Ma mostra come potrebbe essere un nuovo presidente se in Russia ci fossero libere elezioni.
  • Questa guerra dice molto della psicologia dei due paesi. Oggi gli ucraini sanno chi sono molto più dei loro invasori. Hanno memoria del passato: ricordano cioè cosa significa essere assoggettati a Mosca. E guardano al futuro: sanno per cosa combattono. I russi, invece, combattono prigionieri di un passato mitico, all’insegna di un’ideologia nutrita da mera propaganda.

Da Russia's genocide handbook

Su Cosa dovrebbe fare la Russia con l'Ucraina?, snyder.substack.com, 8 aprile 2022.

  • Per chiunque sia ancora là fuori a credere che la Russia di Putin si opponga all'estrema destra in Ucraina o altrove, il manuale di genocidio [Cosa dovrebbe fare la Russia con l'Ucraina?] è un'opportunità per riconsiderare la situazione. Il regime russo di Putin parla di "nazisti" non perché si opponga all'estrema destra, cosa che sicuramente non fa, ma come un espediente retorico per giustificare guerre non provocate e politiche genocide. Il regime di Putin è di estrema destra. È il centro mondiale del fascismo. Sostiene i fascisti e gli autoritari di estrema destra in tutto il mondo. Traducendo il significato di parole come "nazista", Putin e i suoi propagandisti stanno creando più spazio retorico e politico per i fascisti in Russia e altrove.
For anyone still out there who believes that Putin's Russia opposes the extreme right in Ukraine or anywhere else, the genocide program is a chance to reconsider. Putin's Russian regime talks of “Nazis” not because it opposes the extreme right, which it most certainly does not, but as a rhetorical device to justify unprovoked war and genocidal policies. Putin’s regime is the extreme right. It is the world center of fascism. It supports fascists and extreme-right authoritarians around the world. In traducing the meaning of words like "Nazi," Putin and his propagandists are creating more rhetorical and political space for fascists in Russia and elsewhere.
  • Il manuale sul genocidio spiega che la politica russa di "denazificazione" non è diretta contro i nazisti nel senso in cui viene normalmente usata la parola. Il manuale ammette, senza esitazione, che non vi è alcuna prova che il nazismo, come generalmente inteso, sia importante in Ucraina. Opera all'interno della speciale definizione russa di "nazista": un nazista è un ucraino che rifiuta di ammettere di essere russo. Il "nazismo" in questione è "amorfo e ambivalente"; bisogna, ad esempio, essere in grado di vedere oltre il mondo dell'apparenza e decodificare l'affinità con la cultura ucraina o con l'Unione europea come "nazismo".
The genocide handbook explains that the Russian policy of "denazification" is not directed against Nazis in the sense that the word is normally used. The handbook grants, with no hesitation, that there is no evidence that Nazism, as generally understood, is important in Ukraine. It operates within the special Russian definition of "Nazi": a Nazi is a Ukrainian who refuses to admit being a Russian. The "Nazism" in question is "amorphous and ambivalent"; one must, for example, be able to see beneath the world of appearance and decode the affinity for Ukrainian culture or for the European Union as "Nazism."
  • Il manuale russo è uno dei documenti più apertamente genocidi che abbia mai visto. Chiede la liquidazione dello Stato ucraino e l'abolizione di qualsiasi organizzazione che abbia qualche legame con l'Ucraina. Si postula che la "maggioranza della popolazione" dell'Ucraina sia costituita da "nazisti", vale a dire da ucraini.
The Russian handbook is one of the most openly genocidal documents I have ever seen. It calls for the liquidation of the Ukrainian state, and for abolition of any organization that has any association with Ukraine. It postulates that the "majority of the population" of Ukraine are "Nazis," which is to say Ukrainians.
  • Il manuale russo sul genocidio è stato pubblicato il 3 aprile, due giorni dopo la prima rivelazione secondo cui i militari russi in Ucraina avevano ucciso centinaia di persone a Buča, e proprio mentre la storia raggiungeva i principali giornali. Il massacro di Buča è stato uno dei numerosi casi di uccisioni di massa emersi quando le truppe russe si ritirarono dalla regione di Kiev. Ciò significa che il programma di genocidio è stato consapevolmente pubblicato proprio mentre emergevano le prove fisiche del genocidio. Lo scrittore e i redattori hanno scelto questo momento particolare per rendere pubblico il programma per l'eliminazione della nazione ucraina in quanto tale.
Russia's genocide handbook was published on April 3, two days after the first revelation that Russian servicemen in Ukraine had murdered hundreds of people in Bucha, and just as the story was reaching major newspapers. The Bucha massacre was one of several cases of mass killing that emerged as Russian troops withdrew from the Kyiv region. This means that the genocide program was knowingly published even as the physical evidence of genocide was emerging. The writer and the editors chose this particular moment to make public a program for the elimination of the Ukrainian nation as such.
  • Da un punto di vista legale, l'esistenza di un testo del genere (nel contesto più ampio di dichiarazioni simili e della ripetuta negazione da parte di Vladimir Putin dell'esistenza dell'Ucraina) rende l'accusa di genocidio molto più facile da formulare. Legalmente, per genocidio si intendono entrambe le azioni che distruggono un gruppo in tutto o in parte, combinate con una certa intenzione in tal senso. La Russia ha compiuto l'atto e ha confessato l'intenzione.
From a legal perspective, the existence of such a text (in the larger context of similar statements and Vladimir Putin's repeated denial that Ukraine exists) makes the charge of genocide far easier to make. Legally, genocide means both actions that destroy a group in whole or in part, combined with some intention to do so. Russia has done the deed and confessed to the intention.

Da "Dovremmo dircelo. La Russia di oggi è fascista"

Articolo sul New York Times, 19 maggio 2022; tradotto in agenziacomunica.net, 19 maggio 2022.

  • In tutte le sue varianti, [il fascismo] era caratterizzato dal trionfo della volontà sulla ragione. Per questo motivo è impossibile definirlo in modo soddisfacente. Le persone non si trovano quasi mai d’accordo su ciò che concorre a descrivere il fascismo. Ma la Russia di oggi soddisfa la maggior parte dei criteri che gli studiosi tendono ad applicare per definirlo. C’è un culto per un unico leader, Vladimir Putin. Il culto della morte, legato alla seconda guerra mondiale. E poi il mito di un’età d’oro passata di grandezza imperiale, da restaurare con una guerra, proprio come nel caso di quella oggi in corso scatenata contro l’Ucraina.
  • [Sul patto Molotov-Ribbentrop] Nel 1939, l’Unione Sovietica si unì alla Germania nazista come alleato de facto e le due potenze invasero e si spartirono la Polonia. I discorsi nazisti furono pubblicati sulla stampa sovietica e gli ufficiali nazisti ammiravano l’efficienza sovietica nelle deportazioni di massa. Ma i russi oggi non parlano di questo fatto, poiché le leggi sulla memoria lo rendono un crimine. La Seconda Guerra Mondiale è un elemento del mito storico dell’innocenza russa e della grandezza perduta di Putin: la Russia deve godere del monopolio del vittimismo e della vittoria.
  • Nella Russia del 21° secolo, "l'antifascismo" è semplicemente diventato il diritto di un leader russo di definire i nemici nazionali. I veri fascisti russi, come Aleksandr Dugin e Aleksandr Prokhanov, hanno avuto molto spazio nei mass media. E lo stesso Putin ha attinto al lavoro del pensatore fascista russo Ivan Il'in, vissuto tra le due guerre. Per Putin un "fascista" o un "nazista" è semplicemente qualcuno che si oppone a lui o al suo piano di distruggere l'Ucraina. Gli ucraini sono "nazisti" perché non accettano di essere russi e resistono.
  • I fascisti che chiamano i loro nemici "fascisti" sono la dimostrazione di un fascismo portato al suo estremo illogico come culto dell'irragionevolezza. È il punto di arrivo di un incitamento all'odio che ribalta la realtà. È l'apogeo della volontà di potenza sul pensiero. Chiamare gli altri fascisti pur essendo fascisti è la pratica putinista per eccellenza. [...] Io l'ho definita "schizofascismo", gli ucraini hanno dato una formulazione più elegante, la chiamano "ruscismo".

Da "Putin teme la democrazia"

Intervista di Anna Lombardi, Repubblica.it, 20 marzo 2022.

  • Sappiamo che non ci si può impelagare in discussioni con chi usa un fantomatico passato, per giustificare la gravità delle proprie azioni presenti.
  • Se c'è una responsabilità occidentale è di altro tipo: dopo il crollo dell'Unione Sovietica, molti leader hanno creduto all'idea di "fine della Storia". Convinti che la democrazia era "inevitabile" non hanno prestato attenzione ad alternative come la nascita della Russia oligarchica: il più grande sistema di diseguaglianza postmoderno, dove pochi controllano le ricchezza, il presidente è il capo del clan e chi sta in alto comunica con chi sta in basso, attraverso la propaganda.
  • L'Europa unita è più forte della Russia isolata.
  • [Vladimir Putin] tribalizza la storia della Seconda Guerra mondiale: è lui il nazista e lo sa.
  • Diciamolo forte: solo i regimi autoritari distribuiscono dolore, la democrazia distribuisce rispetto.
  • Putin non è lungimirante. Geopoliticamente sta consegnando il suo paese alla Cina.

Da "Putin vuole affamare il mondo"

Fanpage.it, 13 giugno 2022.

  • Vladimir Putin si prepara a far morire di fame gran parte del mondo in via di sviluppo come fase successiva della sua guerra in Europa.
  • L'orrore del piano per di Putin è così grande che facciamo fatica a comprenderlo. Tendiamo anche a dimenticare quanto il cibo sia centrale per la politica [...] L'idea che il controllo del grano ucraino possa cambiare il mondo non è nuova. Sia Stalin che Hitler ci hanno pensato.
  • Il piano di Putin penso agisca su tre livelli. In primo luogo, fa parte di un più ampio tentativo di distruggere lo stato ucraino, tagliandone le esportazioni. Poi ha anche lo scopo di generare rifugiati dal Nord Africa e dal Medio Oriente, aree solitamente alimentate dall'Ucraina, generando instabilità nell'UE. [...] Cosa più orribile, ha lo scopo di creare una carestia mondiale come sfondo necessario per una campagna di propaganda russa contro l'Ucraina.
  • La Russia ha in programma di far morire di fame asiatici e africani per vincere la sua guerra in Europa. Questo è un nuovo livello di colonialismo e l'ultimo capitolo della politica della fame.

2023 modifica

Da "In Russia, Will Is Placed over Reason"

Intervista di Ann-Dort Boy e Eva-Maria Schnurr, Spiegel.de, 9 marzo 2023.

  • Le potenze imperiali europee devono perdere le guerre per passare a una sorta di nuova fase. Proprio come la Germania perse la seconda guerra mondiale nel 1945, la Francia perse la guerra d'Algeria nel 1962 e il Portogallo e la Spagna persero le loro colonie africane, così la Russia deve perdere in Ucraina per trasformarsi da impero in qualcos'altro.
European imperial powers have to lose wars in order to move on to some kind of new stage. Just as Germany lost World War II in 1945, France lost the Algerian War in 1962 and Portugal and Spain lost their African colonies, so Russia must lose in Ukraine to transform itself from an empire into something else.
  • In Russia, la sua intenzione è costruire un culto dell'innocenza: qualunque cosa facciamo, deve essere giustificata, perché siamo sempre la vittima giusta. Naturalmente, ciò contraddice la storia reale della Seconda Guerra Mondiale, nella quale Stalin scelse di allearsi con Hitler, e nella quale, in ogni caso, gli ucraini effettivamente soffrirono più dei russi. Putin cerca anche di sfruttare la memoria storica dei tedeschi. Vuole innescare il riflesso tedesco secondo cui i russi devono essere vittime e i tedeschi devono essere aggressori. Il punto è dare ai tedeschi una scusa per distogliere lo sguardo e non fare nulla. La Russia ha attaccato l'Ucraina sostenendo che si stava difendendo come si era difesa dai nazisti a partire dal 1941. Anche se i tedeschi non ne sono convinti, l'audace affermazione di Putin ha lo scopo di immobilizzare i tedeschi costringendoli a dibattere tra loro.
In Russia, his intention is to build a cult of innocence: No matter what we do, it must be justified, because we are always the righteous victim. Of course, this contradicts the actual history of the Second World War, in which Stalin chose to ally with Hitler, and in which Ukrainians actually suffered more than Russians, by any measure. Putin is also seeking to exploit the historical memory of Germans. He wants to trigger the German reflex that Russians must be victims and Germans must be aggressors. The point is to give Germans an excuse for looking away and doing nothing. Russia attacked Ukraine claiming that it was defending itself as it had defended itself against the Nazis starting in 1941. Even if Germans are not convinced by this, Putin's bold claim is meant to immobilize Germans by forcing them to debate one another.
  • La Germania dovrebbe assumere la guida di un'Europa geopoliticamente sicura di sé e fare propria la causa ucraina. Non si crea un'Europa geopolitica perdendo la prima guerra. Finora l'Europa è ancora troppo dipendente dagli Stati Uniti per quanto riguarda le questioni di sicurezza. Per cambiare la situazione, la Germania deve dire: questa è la nostra guerra e non la perderemo. Ma ciò non sta accadendo. Dovrebbe essere l'industria tedesca degli armamenti a riorganizzarsi per armare l'Ucraina.
Germany should take the lead in a geopolitically self-confident Europe and make the Ukrainian cause its own. You do not create a geopolitical Europe by losing your first war. So far, Europe is still too dependent on the United States on security matters. To change that, Germany has to say: This is our war and we're not going to lose it. And I don't quite see that. It should be the German arms industry that has retooled to arm Ukraine.
  • L'assurda idea tedesca secondo cui si potrebbero avere rapporti puramente economici con la Russia è una delle cause dirette di questa guerra. Il fatto che il Nord Stream 2 fosse ancora in costruzione nonostante l'invasione russa della Crimea, e che fosse costruito attorno all'Ucraina, rendeva l'invasione più probabile.
The absurd German notion that you could have a purely economic relationship with Russia is one of the direct causes of this war. The fact that Nord Stream 2 was still being built despite Russia's invasion of Crimea, and that it was being built around Ukraine, made the invasion more likely.
  • [...] che siamo o meno d'accordo sul fatto che la Russia sia fascista, abbiamo davanti a noi una guerra illegale di aggressione completa di atrocità documentate su una scala davvero orribile. Detesterei che qualcuno concludesse che dobbiamo essere d'accordo sul fascismo prima di fare qualsiasi cosa per fermarlo.
[...] whether or not we agree that Russia is fascist, we have before us an illegal war of aggression complete with documented atrocities on a truly horrifying scale. I would hate for anyone to conclude we have to agree about fascism before we do anything to stop that.
  • [...] c'è una tradizione intellettuale del fascismo russo da cui Putin è ovviamente influenzato, come quella del filosofo Ivan Il'in, che ha citato ripetutamente nei suoi discorsi per quasi 20 anni, l'ultima volta a settembre. Ci sono anche caratteristiche strutturali. In primo luogo, in Russia la volontà viene anteposta alla ragione. In secondo luogo, prevalgono il culto della forza e l'indifferenza verso la legge. In terzo luogo, Putin è al di sopra delle istituzioni come leader: non esistono veri partiti, non esiste un piano di successione e tutte le istituzioni esistono attraverso o in relazione a Putin. La quarta caratteristica fascista è la diffusione delle teorie del complotto. Putin sostiene che l'Occidente vuole distruggere la Russia, e le trasmissioni di propaganda russa utilizzano costantemente formulazioni chiaramente fasciste. In quinto luogo, abbiamo la disumanizzazione degli altri, sia attraverso l'antisemitismo, sia attraverso l'insulto che sono nazisti o l'affermazione che sono satanisti. Piuttosto che valutare tali affermazioni per il loro valore fattuale, sarebbe meglio interpretarle come discorsi di odio fascista. Sesto, dovremmo aggiungere a ciò le pratiche genocide dei campi di filtrazione, delle esecuzioni di leader locali e delle deportazioni.
[...] there is an intellectual tradition of Russian fascism that Putin is obviously influenced by, such as that of the philosopher Ivan Ilyin, whom he has quoted repeatedly in speeches for almost 20 years, most recently in September. There are also structural features. First, in Russia, will is placed over reason. Second, a cult of force and an indifference to the law prevails. Third, Putin stands above the institutions as leader – there are no real parties, there is no succession plan, and all institutions exist through or in relation to Putin. The fourth fascist characteristic is the propagation of conspiracy theories. Putin claims that the West wants to destroy Russia, and Russian propaganda broadcasts constantly use clearly fascist formulations. Fifth, we have the dehumanization of others, whether it be by anti-Semitism, by the slur that they are Nazis or the claim that they are Satanists. Rather than evaluate those claims for their factual value, it would be better to understand them as fascist hate speech. Sixth, we should add to that the genocidal practices of filtration camps, executions of local leaders and deportations.
  • Putin persegue obiettivi pratici oltre che ideologici in Ucraina. Il lato pratico è che sta governando una Russia oligarchica che non potrà essere riformata finché lui sarà al potere. L'Ucraina è estremamente importante per Putin perché se la democrazia funzionasse lì, metterebbe in imbarazzo la Russia. E questo sarebbe un vero problema per Putin. Dato che non può migliorare le cose in Russia, cerca di far sembrare l'Occidente peggiore nella mente dei russi, ma anche nella realtà, a cominciare dall'Ucraina. Ecco perché ha sostenuto la Brexit e Donald Trump e ha alimentato gli scandali in Germania.
Putin is pursuing practical goals as well as ideological ones in Ukraine. The practical side is that he's governing an oligarchic Russia which can't be reformed as long as he is in power. Ukraine is extremely important for Putin because if democracy were to work there, it would look better than Russia. And that would be a real problem for Putin. Given that he can't make things better in Russia, he tries to make the West look worse, beginning in Ukraine, in the minds of Russians, but also in reality. That's why he supported Brexit and Donald Trump and fueled scandals in Germany.
  • Putin deve davvero aver pensato che l'Ucraina sarebbe caduta in tre giorni. Se ciò fosse accaduto, avremmo avuto un anno completamente diverso. Oggi ci chiederemmo perché le dittature funzionano meglio delle democrazie e come i russi e i cinesi governeranno il mondo. Se le cose non sono andate così lo si deve agli ucraini.
Putin really must have thought Ukraine would fall in three days. If that had happened, we would have had a completely different year. We would be asking ourselves today why dictatorships work better than democracies, and how the Russians and the Chinese will rule the world. That things didn't turn out that way is due to the Ukrainians.
  • La seconda guerra mondiale aprì una finestra storica in cui l'Europa poteva concentrarsi sull'economia e gli Stati Uniti potevano preoccuparsi dell'aspetto militare e della sfida esistenziale della Guerra Fredda. Ora ci troviamo di fronte ad una sfida simile. Aiutando l'Ucraina a vincere questa guerra, gli europei possono dire di essere contrari all'aggressione e alla crudeltà e a favore di un'integrazione in cui gli Stati si sostengono a vicenda.
World War II opened an historic window in which Europe could focus on the economy, and the U.S. could worry about the military and the existential challenge of the Cold War. Now, we are facing a similar challenge. By helping Ukraine to win this war, Europeans can say they are against aggression and cruelty and for an integration in which states support each other.

Da Contro il vittimismo di Putin: così agisce la propaganda del Cremlino

Intervento al Consiglio di sicurezza dell'Onu, 14 marzo 2023, Ilfoglio.it, 18 marzo 2023.

  • Il termine "russofobia" [...] è stato sfruttato durante questa guerra come una forma di propaganda imperiale in cui l'aggressore sostiene di essere la vittima. In quest'ultimo anno è servito a giustificare i crimini di guerra russi in Ucraina.
  • L'invasione russa dell'Ucraina ha costretto circa 750 mila russi a lasciare la Russia, tra cui alcune delle persone più creative e produttive. Questo è un danno irreparabile per la cultura russa ed è il risultato della politica russa.
  • In Ucraina si può dire ciò che si vuole sia in russo che in ucraino. In Russia non si può. Se vi presentate in Russia con un cartello in cui dite "no alla guerra", sarete arrestati e molto probabilmente imprigionati. Se vi presentate in Ucraina con un cartello in cui dite "no alla guerra", indipendentemente dalla lingua in cui è scritto, non vi succederà nulla. La Russia è un paese con una sola lingua principale, dove si può dire poco. L'Ucraina è un paese con due lingue, dove si può dire quello che si vuole.
  • Una volta c'erano molte persone che si sentivano amiche della Russia e della cultura russa in Ucraina. Questa situazione è stata interrotta da due invasioni russe. Quelle invasioni erano una politica dello stato russo.
  • La guerra di aggressione russa in Ucraina ha ucciso più russofoni di qualsiasi altra azione.
  • Circa 200 mila russi sono morti o mutilati. Questa è, ovviamente, politica russa. È sempre politica russa mandare giovani russi a morire in Ucraina.
  • La continua formazione o educazione dei russi a credere che il genocidio sia normale [lo] vediamo nelle ripetute affermazioni del presidente russo Vladimir Putin secondo cui l’Ucraina non esiste. Lo vediamo nelle fantasie genocide dei media statali russi. Lo vediamo in un anno in cui la televisione di stato che raggiunge milioni o decine di milioni di cittadini russi ogni giorno. Lo vediamo quando la televisione di stato russa presenta gli ucraini come maiali. Lo vediamo quando la televisione di stato russa presenta gli ucraini come parassiti. Lo vediamo quando la televisione di stato russa presenta gli ucraini come vermi. Lo vediamo quando la televisione di stato russa presenta gli ucraini come satanisti o demoni. Lo vediamo quando la televisione di stato russa proclama che i bambini ucraini dovrebbero essere annegati. Lo vediamo quando la televisione di stato russa proclama che le case ucraine dovrebbero essere bruciate con le persone all’interno. Lo vediamo quando le persone appaiono alla televisione di stato russa e dicono: "Non dovrebbero esistere affatto. Dovremmo giustiziarli con un plotone d’esecuzione". Lo vediamo quando qualcuno appare alla televisione di stato russa e dice: "Uccideremo un milione, uccideremo 5 milioni, possiamo sterminarvi tutti", intendendo tutti gli ucraini.
  • La retorica secondo cui gli ucraini sono in qualche modo "russofobi" viene utilizzata dallo stato russo per giustificare una guerra di aggressione. Il linguaggio è molto importante. Ma è il contesto in cui viene usato che conta di più. Questo è il contesto: l'invasione russa dell'Ucraina stessa, la distruzione di intere città ucraine, l'esecuzione di leader locali ucraini, la deportazione forzata di bambini ucraini, lo sfollamento di quasi metà della popolazione ucraina, la distruzione di centinaia di ospedali e migliaia di scuole, l'eliminazione deliberata delle forniture di acqua e elettricità durante l'inverno. Questo è lo scenario. Questo è ciò che sta realmente accadendo. Il termine "russofobia" viene usato in questo contesto per avanzare l'idea che la potenza imperiale è la vittima, anche se la potenza imperiale, la Russia, sta conducendo una guerra di atrocità. Questo è un comportamento, dal punto di vista storico, tipico. Il potere imperiale disumanizza la vittima reale e sostiene di essere la vittima.
  • A occhio nudo, possiamo vedere che c'è una guerra di aggressione, ci sono crimini contro l'umanità e c'è un genocidio. L'applicazione del termine "russofobia" in questo contesto, affermare che gli ucraini siano malati di mente piuttosto che un popolo che sta vivendo un'atrocità, è retorica coloniale. Fa parte di una pratica più ampia di incitamento all'odio.
  • L'ambasciatore russo ha ritenuto opportuno chiedermi le fonti, e sono molto felice di accontentarlo. Se siamo interessati alle fonti delle dichiarazioni di alti funzionari della Federazione russa, rimando Nebenzia al sito web del presidente della Federazione russa. Lì troverà i discorsi del presidente della Federazione russa che negano l'esistenza dell'Ucraina sulla base del fatto che l'Ucraina è stata inventata dai nazisti; negano l'esistenza dell'Ucraina sulla base del fatto che è stata inventata dai comunisti; e negano l'esistenza dell'Ucraina sulla base del fatto che un vichingo sia stato battezzato mille anni fa. Non commenterò qui la validità storica o la logica di questi argomenti. Mi limiterò semplicemente a sottolineare che si tratta di una questione di pubblico dominio, che queste sono le dichiarazioni del presidente della Federazione russa. Allo stesso modo, Dmitri Medvedev, membro del Consiglio di sicurezza russo, sul suo canale telegram, offre ripetutamente il tipo di linguaggio genocida di cui si è discusso oggi.
  • Le dichiarazioni rilasciate dalla televisione di stato russa e da altri media statali [...] sono significative, non solo come espressione della politica russa, ma anche come segno di una motivazione genocida per la popolazione russa. Questo è vero a tal punto che gli stessi presentatori della televisione russa hanno espresso ad alta voce la preoccupazione per la possibilità di essere perseguiti per crimini di guerra.
  • Vassily Nebenzia ha ritenuto opportuno attaccare le mie qualifiche. Prendo questo rimprovero da parte dello stato russo come un motivo di orgoglio, dal momento che si tratta di un elemento molto secondario in un più ampio attacco alla storia e alla cultura russa. Il mio lavoro è stato dedicato, tra l'altro, alla cronaca dell'assassinio di massa dei russi, anche durante l'assedio di Leningrado. Sono orgoglioso di aver imparato nel corso della mia carriera dagli storici dell’Ucraina, della Polonia, dell'Europa in generale e anche dagli storici della Russia. È un peccato che ai principali storici russi e ai principali studiosi russi non sia permesso di praticare liberamente le proprie discipline nel proprio paese.
  • Vorrei ringraziare l'ambasciatore della Federazione russa per avermi aiutato a esprimere il punto che stavo cercando di chiarire nel mio intervento. Quello che ho cercato di dire è che non spetta all'ambasciatore di un paese più grande dire che il paese più piccolo non ha storia. Quello che il rappresentante russo ci ha appena detto è che ogni volta che gli ucraini, nel passato o nel presente, affermano di esistere come società, questa è "ideologia" o "russofobia". Il rappresentante russo ci ha aiutato esemplificando il comportamento che ho cercato di descrivere. Come ho appena cercato di dire, liquidare la storia altrui, o definirla una malattia, è un atteggiamento coloniale con implicazioni genocide.

2024 modifica

Da Putin's genocidal myth

snyder.substack.com, 11 febbraio 2024.

  • Secondo la logica di Putin, i leader ovunque possono avanzare infinite rivendicazioni territoriali sulla base di varie interpretazioni del passato. Ciò distrugge l'intero ordine internazionale, basato com'è sui confini legali tra stati sovrani.
On Putin's logic, leaders anywhere can make endless claims to territory based on various interpretations of the past. That undoes the entire international order, based as it is upon legal borders between sovereign states.
  • Nella sua conversazione con Carlson, Putin si è concentrato sui secoli IX, X e XI. Mosca allora non esisteva. Quindi, anche se potessimo compiere l'auspicato viaggio nel tempo voluto da Putin, e riportare l'orologio indietro al 988, ciò non potrebbe condurci in un paese con capitale Mosca. La maggior parte dell'attuale territorio della Russia si trova in Siberia. Allora gli europei non controllavano quei territori asiatici. Secondo la logica di Putin, oggi la Russia non ha alcun diritto sui territori da cui estrae gas naturale e petrolio.
In his conversation with Carlson, Putin focused on the ninth, tenth, and eleventh centuries. Moscow did not exist then. So even if we could perform the wishful time travel that Putin wants, and turn the clock back to 988, it could not lead us to a country with a capital in Moscow. Most of Russia's present territory is in Siberia. Europeans did not control those Asian territories back then. On Putin's logic, Russia has no claim today to the territories from which it extracts its natural gas and oil.
  • Secondo la logica di Putin, non importa ciò in cui crede la gente o come le persone comprendono il proprio passato. È lui che decide quali anime sono legate a quali altre anime. Altre opinioni non trovano posto nella natura, perché nascono da eventi che (nella sua storia) non sarebbero mai dovuti accadere. La sua visione deve governare il passato, il che richiede violenza nel presente: il genocidio.
On Putin's logic, it does not matter what people believe or how people understand their own past. It is he who decides which souls are bound to which other souls. Other views have no place in nature, because they arose from events which (in his story) should never have happened. His view must govern the past, which requires violence in the present: genocide.
  • Putin è il dittatore del più grande paese del mondo e controlla personalmente decine e probabilmente centinaia di miliardi di dollari. Eppure nel suo racconto è una vittima prolissa, perché non tutti sono d'accordo con lui. La Russia è una vittima perché i russi possono raccontare una storia su come devono combattere una guerra genocida, e non tutti sono d'accordo. Gli ucraini sono gli aggressori perché non sono d'accordo sul fatto che loro e il loro Paese non esistano.
Putin is the dictator of the largest country in the world and personally controls tens and more likely hundreds of billions of dollars. And yet in his story he is a longwinded victim, because not everyone agrees with him. Russia is a victim because Russians can tell a story about how they need to fight a genocidal war, and not everyone agrees. Ukrainians are the aggressors, because they do not agree that they and their country do not exist.
  • Se tutto il male del passato è stato fatto da altri, come dice Putin, allora tutto il male del presente deve essere fatto da altri. La storia di Putin divide perfettamente il bene e il male. La Russia ha sempre ragione, gli altri hanno sempre torto.
If all the wrong in the past was done by others, as Putin says, then all the wrong in the present must be done by others. Putin's story divides good and evil perfectly. Russia is always right, others are always wrong.
  • Le terre di quella che oggi è l'Ucraina potrebbero benissimo essere state i primi territori europei abitati dall'uomo; comunque sia, sono abitate, spesso da popoli estremamente influenti, da circa trentasettemila anni. Se fosse davvero vero che oggi si possa rivendicare un territorio in base a chi è arrivato prima, la Russia avrebbe una rivendicazione debole.
The lands of what is now Ukraine may very well have been the first European territories inhabited by humans; however that may be, they have been inhabited, often by hugely influential peoples, for about thirty-seven thousand years. If it were truly the case that one could claim territory today on the basis of who was there first, Russia would have a weak claim.
  • Se Putin fosse serio nel ritenere che il passato determini il presente, dovrebbe dire che i territori di quello stato vichingo medievale, Rus' di Kiev – gran parte dell'Ucraina, tutta la Bielorussia, parte della Russia nord-orientale entro i confini odierni – dovrebbero appartenere alla Svezia o alla Danimarca, o la Norvegia, o forse la Finlandia. La creazione della Rus' di Kiev fu uno dei tanti spettacolari esempi di costruzione dello stato vichingo intorno all'anno 1000.
Were Putin serious that the past determines the present, he should say that the territories of that medieval Viking state, Kyivan Rus -- much of Ukraine, all of Belarus, some of northeastern Russia by today's boundaries -- should belong to Sweden, or Denmark, or Norway, or perhaps Finland. The creation of Kyivan Rus was one of several spectacular examples of Viking statebuilding around the year 1000.
  • Perché la Mongolia non ha pretese su Kiev e, del resto, sulla Russia? Secondo la logica di Putin, dovrebbe averne. Putin salta frettolosamente questo imbarazzo per affermare la (falsa) tesi secondo cui "le città del nord preservarono parte della loro sovranità". Vuol dire che Mosca ha preservato la sovranità della Rus' di Kiev sotto il dominio mongolo. Ma Mosca non esisteva. Quando i mongoli invasero, sul sito c'era un insediamento, ma i mongoli lo bruciarono. Quando Mosca fu ricostruita, fu utilizzata come luogo di raccolta dei tributi per i signori mongoli. Questo è il momento fondativo dello Stato con sede a Mosca. Perché allora la Mosca di oggi non appartiene più alla Mongolia?
Why does Mongolia not have a claim on Kyiv, and for that matter on Russia? On Putin's logic, it must. Putin skips hastily over this awkwardness to the (false) claim that "northern cities preserved some of their sovereignty." He means that Moscow preserved the sovereignty of Kyivan Rus under Mongol rule. But Moscow did not exist. By the time the Mongols invaded, there was a settlement on the site, but the Mongols burned it down. When Moscow was rebuilt, it was as a site of tribute collection for the Mongol overlords. That is the founding moment of the state centered in Moscow. Why then does today's Moscow not now belong to Mongolia?
  • La Rus' di Kiev non era in alcun modo la "Russia". Prende il nome dai vichinghi che divennero sovrani. Quel nome "rus" finì per essere associato alla terra, alla sua gente e al cristianesimo. Ma la "Russia", come la usa Putin quando si riferisce a qualcosa di specifico, è un impero fondato a San Pietroburgo (una città che non esisteva al tempo della Rus' di Kiev) nel 1721. Quell'impero russo era chiamato "russo" proprio come rivendicazione territoriale e storica. Ma solo perché Pietro il Grande prese una decisione intelligente in materia di pubbliche relazioni mezzo millennio dopo la presa di Kiev da parte dei Mongoli, non significa che esistesse una Russia quando arrivarono i mongoli. Non c'era.
Kyivan Rus was in no way "Russia." It was named after Vikings who became rulers. That name "Rus" came to be associated with the land and its people and with Christianity. But "Russia" as Putin is using it, when it refers to anything specific, is an empire founded in St. Petersburg (a city that did not exist at the time of Kyivan Rus) in 1721. That Russian Empire was named "Russian" precisely as a claim to lands and to history. But just because Peter the Great made a clever public relations decision half a millennium after the Mongols took Kyiv does not mean that there was a Russia when the Mongols arrived. There was not.
  • La Polonia-Lituania incluse Kiev per più di trecento anni: più a lungo di quanto Kiev facesse parte della Rus' di Kiev, più a lungo di quanto Kiev avesse mai fatto parte dell'Impero russo. Gran parte dell'imponente cultura politica di Kiev si spostò a Vilnius. Ancora una volta, secondo la logica di Putin, le terre che ora sono l'Ucraina dovrebbero quindi essere rivendicate dall'odierna Lituania o dall'odierna Polonia.
Poland-Lithuania included Kyiv for more than three hundred years -- longer than Kyiv was part of Kyivan Rus, longer than Kyiv was ever part of the Russian Empire. Much of the impressive political culture of Kyiv shifted to Vilnius. Again, by Putin's own logic, the lands that are now Ukraine should therefore be claimed by today's Lithuania or today's Poland.
  • [...] [Sul trattato di Perejaslav] Putin ha torto nel ritenere che l'accordo firmato tra i cosacchi e la Moscovia nel 1654 fosse una sorta di eterno legame dell'anima degli ucraini con i russi. Come molte cose a suo avviso, anche questa era propaganda sovietica con uno scopo specifico. Il regime di Chruščёv fece questa affermazione per spiegare perché l'Ucraina, che tutti accettavano come una nazione, era tuttavia legata per sempre alla Russia all'interno dell'Urss. Si basava su necessità politiche, non su fatti storici. C'è qualcosa di patetico nel fatto che qualcuno esperto nel mentire come Putin creda davvero alle bugie che gli venivano dette quando era giovane.
[...] Putin is wrong that the agreement signed between Cossacks and Muscovy in 1654 was some kind of eternal soul-binding of Ukrainians to Russians. Like many things he thinks, this was Soviet propaganda with a specific purpose. Khrushchev's regime made this claim to explain why Ukraine, which everyone accepted was a nation, was nevertheless bound forever to Russia inside the USSR. It was based on political need, not historical fact. There is something pathetic about someone as versed in lying as Putin actually believing the lies he was told when he was young.
  • Putin commette ripetutamente errori sulla lingua ucraina, tipici della sordità imperiale. È vero che oggi gli ucraini parlano russo (anche se molti, per comprensibili ragioni, si rifiutano di farlo) oltre che ucraino. Quando incontravano i russi, fino a poco tempo fa, gli ucraini passavano al russo. Questa cortesia ha dato ai russi l'impressione che l'ucraino fosse semplicemente un dialetto russo o che l'ucraino non esistesse. La semplice verità è che gli ucraini conoscono il russo perché lo hanno imparato. I russi non conoscono l'ucraino perché non lo imparano. I soldati russi proprio adesso, a due anni dall'inizio della guerra, continuano a chiamare "polacco" l'ucraino che sentono nelle intercettazioni radiofoniche perché non sono in grado di cogliere l'ovvio: che esiste una lingua ucraina e loro non la capiscono. L'idea di Putin che non esiste una lingua ucraina è come la sua idea che non esiste un paese ucraino o un popolo ucraino: è un genocidio, perché solo l'uccisione di massa può renderlo realtà.
Putin makes a mistake about the Ukrainian language, over and over, that is typical of imperial deafness. It is true that Ukrainians today can speak Russian (although many also, for understandable reasons, refuse to do so) as well as Ukrainian. When they encountered Russians, until very recently, Ukrainians would switch to Russian. This courtesy gave Russians the impression that Ukrainian was just a dialect of Russian or that Ukrainian did not exist. The simple truth is that Ukrainians know Russian because they learned it. Russians do not know Ukrainian because they do not learn it. Russian soldiers right now, two years into the war, persist in calling the Ukrainian they hear on radio intercepts "Polish" because they are unable to grasp the obvious: that there is a Ukrainian language, and they do not understand it. Putin's notion that there is no Ukrainian language is like his idea that there is no Ukrainian country or Ukrainian people: it is genocidal, because only mass killing can make it true.
  • Putin è sicuro che non sia esistita l'Ucraina nella storia, e quindi deve presentare Lenin e Stalin come degli sciocchi, perché si sono comportati come se l'Ucraina fosse reale. Ora, Lenin e Stalin erano molte cose, ma non erano degli sciocchi. Putin afferma che hanno agito per ragioni "inspiegabili" o "sconosciute" nella creazione di una repubblica ucraina e nell'applicazione (negli anni '20) di politiche coerenti con l'esistenza della lingua e della cultura ucraina. Lenin e Stalin lo fecero perché sapevano, per esperienza personale, che esisteva un movimento nazionale ucraino. Non desideravano che ciò fosse vero; semplicemente si confrontavano con esso ad ogni passo. Sapevano che nell'impero russo c'era stato un movimento nazionale ucraino. Sapevano che gli ucraini avevano tentato di fondare stati dopo la rivoluzione bolscevica. Sapevano di aver sconfitto questi tentativi dopo anni di estrema violenza e che a lungo termine si sarebbe dovuto fare qualcos'altro.
Putin is sure that there was no Ukraine in history, and therefore he must present Lenin and Stalin as fools, because they acted as if Ukraine were real. Now, Lenin and Stalin were many things, but they were not fools. Putin says that they acted for "inexplicable" or "unknown" reasons in creating a Ukrainian republic and applying (in the 1920s) policies consistent with the existence of Ukrainian language and culture. Lenin and Stalin did this because they knew, from their own personal experience, that there was a Ukrainian national movement. They did not wish for this to be true; they were simply confronted with it at every step. They knew that there had been a Ukrainian national movement in the Russian Empire. They knew that Ukrainians had tried to found states after the Bolshevik Revolution. They knew that they had defeated these attempts after years of extreme violence, and that something else would have to be done over the long run.
  • [Sul Fronte orientale] Putin parla della Seconda guerra mondiale come se fosse una lotta etnica russa, ma si trattava di una lotta sovietica. E i popoli sovietici che soffrirono di più, dopo gli ebrei, furono i bielorussi e gli ucraini. Sotto l'occupazione tedesca furono uccisi più civili ucraini che civili russi. I soldati ucraini erano sovrarappresentati nell'Armata Rossa che sconfisse i tedeschi sul fronte orientale. Questi sono alcuni dei fatti importanti della storia contemporanea su cui Putin semplicemente passa sopra. Oppure inventa cose: come la sua affermazione di aver tenuto una conferenza al presidente ucraino, Volodymyr Zelens'kyj, sul padre di Zelens'kyj, che era nell'Armata Rossa. Era il nonno di Zelens'kyj. Il suo bisnonno e tre prozii furono assassinati durante l'Olocausto. Putin ha perso il conto delle generazioni e ha perso di vista ciò che contava e per chi.
Putin talks about the Second World War as if it were a Russian ethnic struggle, but it was a Soviet struggle. And the Soviet peoples who suffered the most, after the Jews, were the Belarusians and the Ukrainians. More Ukrainian civilians were killed under German occupation than Russian civilians. Ukrainian soldiers were overrepresented in the Red Army that defeated the Germans on the eastern front. These are among the important facts of contemporary history that Putin simply passes over. Or he makes things up: like his claim that he lectured the Ukrainian president, Volodymyr Zelens'kyi, about Zelens'kyi's father, who was in the Red Army. It was Zelens'kyi's grandfather. His great-grandfather and three great-uncles were murdered in the Holocaust. Putin has lost track of the generations and lost sight of what mattered and to whom.
  • Ciò che Putin ha da dire sulla Seconda guerra mondiale è che Hitler aveva ragione. Da ormai un decennio Putin giustifica il patto Molotov-Ribbentrop, l'alleanza del 1939 tra Stalin e Hitler che diede inizio alla Seconda guerra mondiale. [...] Ora Putin ha fatto un ulteriore passo avanti, affermando che la Polonia (in qualche modo) ha collaborato troppo con la Germania e allo stesso tempo non ha collaborato abbastanza, attirandosi così la guerra. Putin vuole dire che la Polonia ha collaborato con la Germania per distrarre dal fatto fondamentale che l'Unione Sovietica è entrata nella Seconda guerra mondiale come alleata tedesca. Varsavia si rifiutò di combattere a fianco di Berlino nel 1939; Mosca ha acconsentito. Putin attribuisce la colpa della guerra alla Polonia perché il suo approccio ai confini e alla storia nel 2024 è simile a quello di Hitler nel 1939. L'argomentazione "storica" di Putin sull'Ucraina è coerente con la propaganda nazista sulla Polonia, fino alla questione degli stati "artificiali" e dei popoli con nessun diritto storico di esistere.
What Putin has to say about the Second World War is that Hitler was right. For a decade now, Putin has been justifying the Molotov-Ribbentrop pact, the 1939 alliance between Stalin and Hitler than began the Second World War. [...] Now Putin has taken a further step, saying that Poland had (somehow) both collaborated with Germany too much and simultaneously not collaborated enough and thereby brought the war on itself. Putin wants to say that Poland collaborated with Germany to distract from the basic fact that the Soviet Union entered the Second World War as a German ally. Warsaw refused to fight on Berlin's side in 1939; Moscow agreed. Putin blames the war on Poland because his own approach to borders and history in 2024 is like Hitler's in 1939. Putin's "historical" argument about Ukraine is consistent with Nazi propaganda about Poland, right down to the business about "artificial" states and peoples with no historical right to exist.
  • L'Ucraina ha molti meno problemi con l'estrema destra della Russia, o degli Stati Uniti, o praticamente di qualsiasi altro paese europeo che voglia nominare. Gli ucraini hanno eletto un presidente ebreo con oltre il 70% dei voti, senza che la sua ebraicità costituisse un grosso problema. Sarebbe una sfida altrove. Il ministro della difesa ucraino è un tartaro di Crimea (e musulmano). Il comandante in capo delle forze armate ucraine è nato nella Russia sovietica da genitori russi. L'Ucraina riesce a gestire un certo grado di diversità, anche in tempo di guerra, che riflette la sua storia affascinante, un passato che non può davvero essere descritto in un testo come questo, che deve avere il solo scopo di mostrare come e perché Putin ha torto.
Ukraine has much less of a problem with the far right than does Russia, or for that matter than the United States, or pretty much any other European country you care to name. Ukrainians elected a Jewish president by more than 70% of the ballot, without his Jewishness being much of an issue. That would be a challenge elsewhere. The Ukrainian minister of defense is a Crimean Tatar (and a Muslim). The commander in chief of the Ukrainian armed forces was born in Soviet Russia to Russian parents. Ukraine manages a degree of diversity, even in wartime, that reflects its fascinating history, a past that cannot really be described in a text like this, one which has to have to narrow purpose of showing how and why Putin is wrong.

Da "Se la Russia vince in Ucraina, nel mondo vincerà il fascismo"

Intervista di Riccardo Amati, Fanpage.it, 23 febbraio 2024.

  • Uno dei grandi errori che a volte fanno le persone di sinistra è ritenere il regime di Putin l'erede morale di quello sovietico, e quindi un regime in qualche modo socialista. Ovviamente non è così. È capitalista ed è fascista. La transizione tra i due sistemi ha che fare con il tardo periodo sovietico, quando Brezhnev iniziò a usare la Seconda Guerra Mondiale, e non l'ideologia comunista, per legittimare il suo regime. Così facendo, ha creato l'idea secondo cui "noi siamo gli antifascisti e loro sono i fascisti". E questa è la linea che collega il tardo comunismo a Putin: l'idea che i fascisti siano sempre gli altri e che "noi siamo sempre gli antifascisti".
  • [...] chiameranno "nazista" un giornalista solo perché fa qualcosa che non gli piace. Non importa quali siano le sue reali opinioni È irrilevante. Significa solo: "Tu non ci piaci". E significa anche "siamo nichilisti". Persone a cui le parole servono solo come strumenti. Come modi per ferire le persone. E per legittimare il proprio potere.
  • Mussolini dipendeva in tutto dal mito dell'antica Roma. E anche Putin dipende sicuramente dal mito di un antico passato in cui "eravamo grandi ed eravamo innocenti".
  • È impossibile criticare un regime se ha il controllo completo sul passato. E ciò che la Russia ha fatto è stato letteralmente criminalizzare le discussioni sul passato sovietico e sul passato imperiale russo.
  • [Sulla morte di Aleksej Naval'nyj] La repressione in Russia ha davvero raggiunto una sorta di orribile picco. Ma non credo che uccidere Navalny abbia direttamente a che fare con la volontà di aumentarla ancora. Piuttosto, l'obiettivo è schiacciare le generazioni giovani e relativamente giovani. È una specie di gioco tra vecchi, quello del regime. Per il quale conta solo il passato remoto. Vige una consapevole gerontocrazia in cui il dissidente ammazzato e la gente della sua età dovevano essere umiliati. E la generazione successiva è stata mandata in guerra ad essere traumatizzata. Penso che questa sia una parte molto importante del metodo di Putin per restare al potere.
  • [«Che eredità lascia Navalny?»] I russi onorano sempre il ricordo delle persone per bene disposte a correre rischi e a sacrificarsi. E penso che Navalny sarà ricordato. Continuerà a ispirare la gente. Paradossalmente, è ciò che anche Putin vuole: essere ricordato per sempre. Ma ho l'impressione che tra 50 anni si parlerà dell'attuale presidente in un modo che a lui proprio non piacerebbe. Mentre Navalny resterà un eroe della Russia.
  • Se la Russia dovesse vincere in Ucraina, le cose potrebbero mettersi davvero male per l'Europa e per il mondo intero. Russia compresa. Se invece la Russia perdesse, allora potremmo assistere a un momento di riflessione, nel Paese. Come avvenne dopo che la Russia perse la guerra di Crimea. E dopo che perse la guerra russo-giapponese. Se la Russia perde in Ucraina, allora c'è la possibilità che la Russia cambi.
  • Gli ucraini combattono con grande tenacia e grande creatività. Il loro limite principale siamo noi. I russi purtroppo hanno partner più affidabili nella Corea del Nord e nell'Iran. Unione Europea e Stati Uniti sono meno affidabili, per l'Ucraina. E questa è una triste verità che dobbiamo affrontare. Abbiamo economie molto più grandi, ma non siamo stati in grado di tradurre la nostra forza in forniture davvero sicure per Kyiv. Se riusciremo a farlo, gli ucraini potranno certamente vincere.
  • La Russia sostiene i fascisti in tutto il mondo ideologicamente, finanziariamente e logisticamente. Chi è di sinistra potrebbe esser confuso al riguardo. Ma le persone di estrema destra certamente sanno che la Russia è il loro protettore e che la Russia è il loro modello. Quindi una vittoria per la Russia sarebbe una vittoria per i fascisti di tutto il mondo. Non solo perché potranno festeggiare, ma anche perché si ritroveranno politicamente più potenti.
  • Il Paese di Putin porta all'estremo certe tendenze che si possono osservare altrove, come la disuguaglianza nella ricchezza pro-capite, la banalizzazione delle elezioni e la crisi economica.
  • C'è una disposizione nella nostra Costituzione che vieta alle persone che hanno preso parte a insurrezioni di candidarsi per una carica pubblica. Ed è abbastanza chiaro che chi ha scritto la norma pensava a casi molto simili a quello di Trump. Lo scopo di quella disposizione era quello di fermare un politico insurrezionalista prima che potesse tornare al potere. La disposizione ha lo scopo di salvarci dalla situazione in cui ci troviamo. Sfortunatamente, gli americani non sono così attaccati allo stato di diritto come vorrei che fossero.
  • Per la libertà bisogna lottare. Le persone fuggono dalla libertà perché non vogliono assumersi la responsabilità. Si fugge dalla libertà perché richiede coraggio. Richiede un giudizio di valore. E alla gente si insegna che i giudizi di valore sono una cosa negativa. Ci sono molte ragioni per fuggire dalla libertà. Ma per me resta il valore più alto.

La paura e la ragione modifica

Citazioni modifica

 
Ivan Aleksandrovič Il'in
  • [Su Ivan Il'in] Non è l'unico pensatore fascista a essere stato ripreso nel nostro secolo, ma è il più importante. (p. 22)
  • Il'in disprezza le classi medie, la cui società civile e la cui vita privata alimentano, a suo parere, la frammentazione del mondo e tengono lontano Dio. Appartenere a uno strato della società che offre agli individui il progresso sociale significa essere il peggior tipo di essere umano. (p. 28)
  • L'innocenza russa, dice [Ivan Il'in], non è osservabile nel mondo. Questo è l'atto di fede che egli chiede al suo popolo: la salvezza impone di vedere la Russia come non è. Poiché i fatti del mondo sono soltanto i detriti corrotti della creazione fallita di Dio, vedere davvero significa contemplare l'invisibile. [...] Benché Il'in esponga l'idea della contemplazione in diversi libri, in realtà essa non è altro che questo: il filosofo vede la propria nazione come virtuosa, e la purezza di questa visione è più importante di qualunque cosa i russi abbiano effettivamente fatto. (p. 29)
  • Come i fascisti e altri despoti dell'epoca, il filosofo pensava che la sua nazione fosse una creatura, «un organismo della natura e dell'anima», un animale dell'Eden senza peccato originale. A decidere chi debba far parte dell'organismo russo non è l'individuo, perché le cellule non scelgono se far parte di un corpo. La cultura russa, scrive Il'in, produce automaticamente l'«unione fraterna» ovunque si estenda il potere russo. Scrivendo, mette la parola «ucraini» tra virgolette perché nega la loro esistenza al di fuori dell'organismo russo. Parlare dell'Ucraina equivale a essere nemici mortali della Russia. Il'in dà per scontato che la Russia post-sovietica comprenderà l'Ucraina. (p. 29)
  • Quando [secondo Ivan Il'in] Dio creò il mondo, la Russia si sottrasse in qualche modo alla storia e rimase nell'eternità. La patria, dunque, è esente dallo scorrere del tempo e dall'accumulo di incidenti e di scelte che Il'in trova intollerabili. La Russia attraversa invece cicli ripetuti di minaccia e di difesa. Tutto ciò che succede deve essere un attacco del mondo esterno all'innocenza russa, o una reazione russa giustificata a una simile minaccia. In questo contezto fu facile per Il'in, che conosceva ben poco la vera storia russa, riassumere i secoli in semplici locuzioni. Quello che uno storico avrebbe potuto considerare l'allargamento del potere di Mosca all'Asia settentrionale e a mezza Europa era, per lui, «autodifesa». A suo parere, ogni singola battaglia mai combattuta dai russi è stata difensiva. La Russia è sempre stata vittima di un «blocco continentale» da parte dell'Europa. [...] La Russia non fa torti a nessuno; ne riceve soltanto. I fatti non contano e la responsabilità svanisce. (p. 30)
  • Per Il'in, il prossimo non esiste. L'individualità è corrotta ed effimera, e l'unico legame significativo è la totalità divina perduta. Finché il mondo è spaccato, amare Dio implica una costante battaglia contro i nemici dell'ordine divino sulla terra. Fare qualunque cosa non sia partecipare a questa guerra significa mettere in atto il male [...]. (pp. 31-32)
  • Il'in cercò di tratteggiare un sistema politico russo, ma nei suoi abbozzi non superò mai questo scoglio. Tentò di risolvere il problema semanticamente, trattando la personalità del redentore alla stregua di un'istituzione. Il redentore deve essere considerato il «leader» (gosudar), il «capo di stato», il «dittatore democratico» e il «dittatore nazionale», una serie di titoli che richiamano i leader fascisti degli anni Venti e Trenta. Il redentore sarà responsabile di tutte le funzioni esecutive, legistlative e giudiziarie, e comanderà le forze armate. La Russia sarà uno Stato centralizzato senza unità federali. Non dovrà essere uno Stato monopartitico come i regime fascisti degli anni Trenta. Anche un solo partito è troppo. La Russia dovrà essere uno Stato apartitico, redento da un solo uomo. I partiti devono esistere, secondo Il'in, soltanto per aiutare a ritualizzare le elezioni. (pp. 33-34)
  • Il'in usa la parola «legge», ma non appoggia il principio di legalità. Per «legge» intende il rapporto tra il capriccio del redentore e l'obbedienza di tutti gli altri. Ancora una volta, un'idea fascista si rivela utile per un'oligarchia emergente. L'amorevole dovere delle masse russe consiste nel tradurre ogni ghiribizzo del redentore in un senso di obbligo legale. L'obbligo, naturalmente, non è reciproco. (p. 35)
  • Negli anni Duemiladieci, le idee di Il'in sono tornate comode ai miliardari postsovietici, e viceversa. Putin, i suoi amici e i suoi alleati hanno accumulato illegalmente un'enorme ricchezza e poi hanno rifatto lo Stato in modo da salvaguardare i propri profitti. Dopo aver raggiunto questo obiettivo, i leader russi hanno dovuto far coincidere la politica con l'essere anziché con il fare. Un'ideologia come quella di Il'in pretende di spiegare perché certi uomini abbiano denaro e potere escludendo le motivazioni dell'avidità e dell'ambizione. Quale ladro non preferirebbe essere chiamato redentore? (p. 36)
  • Nel XXI secolo si è rivelato più facile incolpare l'Occidente [per la crisi degli anni 1990] che fare il punto sulle scelte russe. I leader russi che hanno lanciato queste accuse negli anni Duemiladieci sono gli stessi individui che hanno rubato la ricchezza nazionale. Coloro che hanno proclamato le idee di Il'in dai vertici dello Stato russo sono stati più i beneficiari che le vittime della diffusione del capitalismo in Russia. Gli uomini dell'entourage di Putin si sono assicurati che il principio della legalità non avesse neanche l'ombra di una chance in Russia, perché loro stessi hanno costruito un monopolio di Stato sulla corruzione e ne hanno tratto vantaggio. Le teorie di Il'in hanno sancito le disuguaglianze radicali in patria e sposato l'asse della politica dalla riforma all'innocenza, definendo allo stesso tempo l'Occidente una perenne fonte di minacce spirituali. (p. 41)
  • Le tesi di Il'in non hanno permesso la costruzione di uno Stato russo, ma hanno aiutato i ladri a presentarsi come redentori. Hanno consentito ai nuovi leader di scegliere i nemici e dunque di creare finti problemi irrisolvibili, come la perenne ostilità di un Occidente in declino. La convinzione che l'Europa e l'America fossero eterni nemici perché invidiavano l'incontaminata cultura russa è pura finzione, ma ha il potere di generare una linea politica reale: il tentativo di distruggere all'estero le conquiste che i leader russi non riuscivano a ottenere in patria. (p. 42)
  • Invece di preconizzare una futura vittoria del comunismo, negli anni Settanta Brežnev parlava del «socialismo reale». E dato che i cittadini sovietici non si aspettavano più nessun miglioramento dal futuro, il vuoto lasciato dall'utopia doveva essere riempito dalla nostalgia: Brežnev rimpiazzò così la promessa di una perfezione futura con il culto di Stalin e della sua leadership durante la Seconda guerra mondiale. Mentre la storia della rivoluzione era incentrata su un futuro inevitabile, il ricordo della guerra verteva attorno a un passato eterno, un passato che doveva essere presentato sotto l'insegna di un immacolato vittimismo: ricordare che Stalin aveva iniziato la guerra come alleato di Hitler era tabù (anzi, era un reato). La trasformazione di una politica dell'inevitabilità in una politica dell'eternità richiedeva necessariamente il sacrificio dei fatti storici. [...] Una politica di speranza radicale cedette il posto a una politica di infinita paura (che giustificava le spese stratosferiche in armamenti convenzionali e nucleari). Le grandi parate militari dell'Armata Rossa sulla Piazza Rossa, a Mosca, servivano a dimostrare che l'Unione Sovietica non poteva essere cambiata. Gli uomini al governo in Russia negli anni Duemiladieci sono stati educati in questo spirito. (pp. 46-47)
 
Vladislav Surkov
  • Durante i primi due mandanti presidenziali di Putin, tra il 2000 e il 2008, Surkov sfruttò la gestione dei conflitti per guadagnare popolarità o cambiare le istituzioni. Nel 2002, dopo che le forze di sicurezza del ministero dell'Interno avevano ucciso decine di civili russi tenuti in ostaggio dai terroristi in un teatro, la televisione cadde completamente sotto il controllo dello Stato. Nel 2004, dopo che una scuola di provincia era stata messa sotto assedio dai terroristi, la carica elettiva di governatore regionale venne abolita. Per giustificare la fine di quelle cariche effettive, Surkov (citando Il'in) dichiarò che i russi non sapevano ancora votare. (p. 53)
  • All'inizio, Surkov cercò di tenere il piede in due scarpe, sostenendo di aver preservato l'istituzione della democrazia portando al potere la persona giusta: «Direi che, nella nostra cultura politica, la personalità è l'istituzione stessa». Il'in aveva tentato lo stesso trucco: aveva definito la figura del redentore come un «dittatore democratico», in quanto avrebbe rappresentato il popolo. Per Surkov, i pilastri dello Stato russo erano «la centralizzazione, la personificazione e l'idealizzazione»: lo Stato dev'essere unificato, la sua autorità va assegnata a un singolo individuo e quell'individuo dev'essere glorificato. Citando Il'in, Surkov concludeva che il popolo russo avrebbe dovuto avere tanta libertà quanta era pronto a gestirne. Certo, ciò che Il'in intendeva per «libertà» era la libertà dell'individuo di immergersi in una collettività che si sottomette a un leader. (p. 55)
  • [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2012] Putin ottenne la maggioranza necessaria per essere nominato presidente già al primo turno. In questo caso, la maggior parte delle manipolazioni elettorali furono digitali più che fisiche: vennero aggiunti decine di milioni di cibervoti che diluirono quelli di fatto espressi dai cittadini, garantendo così a Putin una maggioranza fittizia. In alcuni distretti gli venne assegnato un numero di voti arrotondato, cosa che suggerisce che gli obiettivi indicati dalle autorità centrali erano stati presi alla lettera dai funzionari locali. In Cecenia, Putin prese il 99,8% dei voti, un dato che rifletteva probabilmente il controllo assoluto esercitato dal suo alleato ceceno Ramzan Kadyrov. Putin ottenne risultati simili anche nei manicomi e in altri posti soggetti al controllo statale. (pp. 57-58)
  • [Sulle proteste in Russia del 2011-2013] Per Putin, i mesi tra il dicembre del 2011 e il marzo del 2012 furono un momento di scelta. Avrebbe potuto ascoltare le critiche alle elezioni parlamentari. Avrebe potuto accettare l'esito delle votazioni e vincere al ballottaggio anziché già al primo turno; in fondo, la vittoria al primo turno non era nient'altro che una questione di orgoglio. Avrebbe potuto comprendere che molti dei contestatori erano preoccupati riguardo al principio di legalità e al principio di successione nel loro Paese. Invece, sembrò prendere le proteste come un'offesa personale. (p. 58)
  • [Sulle proteste in Russia del 2011-2013] L'8 dicembre 2011, tre giorni dopo l'inizio delle proteste, Putin accusò Hillary Clinton di aver dato loro il via: «Ha dato il segnale». Il 15 dicembre, dichiarò che i manifestanti erano pagati. Non venne portata nessuna prova, e del resto non era quello il punto: se, come affermato da Il'in, le elezioni costituivano soltanto un'apertura alle influenze straniere, il lavoro di Putin era quello di inventare una storia sull'influenza straniera e usarla per cambiare la politica interna. Il punto era quello di scegliere il nemico che si adattava meglio alle necessità di un leader, non quello che minacciava di fatto il Paese. In effetti, era meglio non parlare di minacce reali, in quanto il fatto stesso di discutere di veri nemici avrebbe rivelato delle debolezze effettive, mettendo così in luce la fallibilità degli aspiranti dittatori. [...] Il vero problema geopolitico per la Russia era la Cina; ma proprio perché la potenza cinese era reale e vicina, la considerazione degli effettivi problemi geopolitici della Russia avrebbe potuto portare a conclusioni deprimenti. (p. 63)
  • A partire dal 2012, non avrebbe più avuto senso immaginare che da una Russia peggiore si sarebbe in futuro passati, attraverso la mediazione di un governo riformatore, a una Russia migliore. La presentazione degli Stati Uniti e dell'Unione Europea come nemici era destinata a diventare la premessa della politica russa. Putin aveva ridotto lo Stato russo al proprio clan oligarchico e al suo momento presente. L'unico modo per scacciare la visione di un futuro collasso era quello di descrivere la democrazia come una minaccia immediata e permanente. Dopo aver trasformato il futuro in un abisso, Putin doveva far sì che agitarsi sull'orlo di questo abisso sembrasse qualcosa di minaccioso. (p. 65)
  • Nel 2013, la Russia ha iniziato a sedurre o a intimidire i suoi vicini europei per convincerli ad abbandonare le loro istituzioni e le loro storie. Se la Russia non può diventare come l'Occidente, che sia l'Occidente a diventare come la Russia. Se fosse possibile sfruttare i difetti della democrazia americana per eleggere un vassallo russo, Putin potrebbe dimostrare che il mondo esterno non è migliore della Russia. Se l'Unione Europea o gli Stati Uniti si dovessero disintegrare durante la sua vita, Putin potrebbe coltivare un'illusione di eternità. (p. 76)
  • Il progetto russo dell'Eurasia aveva le sue radici [negli anni 1930], lo stesso decennio in cui gli Stati nazionali europei erano sprofondati nella guerra. In Russia, l'Eurasia diventò una soluzione plausibile in quanto i suoi leader avevano reso impossibile, per il loro popolo, l'alternativa dell'integrazione. Allo stesso tempo, il Cremlino era impegnato a riabilitare gli ideologi fascisti di quell'epoca e a promuovere i pensatori russi contemporanei che si richiamavano a idee fasciste. I più grandi sostenitori dell'Eurasia negli anni Duemiladieci – Aleksandr Dugin, Aleksandr Prochanov e Sergej Glaz'ev – riprendevano o rielaboravano idee naziste adattandole agli scopi russi. (p. 78)
  • L'esplicito rifiuto di un futuro europeo da parte della Russia fu qualcosa di nuovo. La Russia fu la prima potenza post-imperiale europea a non vedere la UE come un porto sicuro dove approdare, nonché la prima ad attaccare l'integrazione al fine di negare agli altri la possibilità di ottenere la sovranità, la prosperità e la democrazia. Quando la Russia diede inizio al suo assalto, le vulnerabilità dell'Europa vennero in luce, i suoi populisti fiorirono e il suo futuro si oscurò. La grande questione della storia europea era di nuovo aperta, e questo perché in Russia certe possibilità si erano chiuse. (pp. 89-90)
  • Sotto Putin, la Russia era impossibilitata a creare uno Stato stabile con un principio di successione e un principio di legalità. Dato che questo fallimento andava esibito come un successo, la Russia doveva presentarsi come un modello per l'Europa, e non viceversa. Ciò richiedeva che il successo venisse definito non in termini di prosperità e di libertà, ma in terminini di sensualità e di cultura, e che l'Unione Europea (e gli Stati Uniti) venissero presentati come minacce non per qualcosa che facevano, ma per i valori che si riteneva incarnassero. Putin eseguì questa manovra con sorprendente rapidità quando ritornò alla presidenza nel 2012. (p. 90)
  • La linea di base della politica estera russa per tutto il 2011 non fu quella di sostenere che l'Unione Europea e gli Stati Uniti fossero delle minacce, bensì quella di chiedere che cooperassero con la Russia su un piano paritetico, come eguali. Il primo decennio del XXI secolo vide sfumare l'opportunità della creazione di uno Stato russo che avrebbe potuto essere visto come eguale dagli Stati occidentali. La Russia non realizzò nessun cambiamento democratico del potere esecutivo. Quella che negli anni Novanta era stata un'oligarchia di clan contendenti, si trasformò in una cleptocrazia in cui lo Stato stesso finì per identificaresi con un singolo clan oligarchico. Anziché monopolizzare la legge, sotto Putin lo Stato russo monopolizzò la corruzione. Va certo riconosciuto che, negli anni Duemila, lo Stato offrì ai suoi cittadini una certa misura di stabilità grazie alle esportazioni di petrolio e gas naturale; tuttavia, non mantenne la promessa di avanzamento sociale per il grosso della popolazione russa. I russi che fondavano un'impresa potevano essere arrestati in qualunque momento per una qualsiasi immaginaria violazione della legge, una cosa che di fatto accadeva molto spesso. (p. 91)
  • La Russia non aveva nessun principio di successione plausibile e il suo futuro era incerto, ma niente di tutto questo poteva essere detto. Putin era in grado di controllare lo Stato, ma non di riformarlo; pertanto, la politica estera doveva prendere il posto della politica interna, e la diplomazia doveva riguardare la cultura più che la sicurezza. Di fatto, ciò significava esportare il caos russo proprio mentre si parlava dell'ordine russo, diffondere la disgregazione nel nome dell'integrazione. Una volta entrato in carica come presidente, nel maggio del 2012, Putin presentò l'Eurasia come uno strumento per dissolvere la UE al fine di semplificare l'ordine mondiale, così che gli imperi potessero competere per il territorio. Il buco nero al centro del suo sistema non poteva essere riempito, ma poteva risucchiare gli Stati vicini. (p. 95)
  • I primi eurasiatisti, negli anni Venti, erano degli studiosi russi in esilio, contemporanei di Il'in, che rigettavano sia la posizione slavofila sia quella occidentalista. Erano d'accordo con gli slavofili nel ritenere che l'Occidente fosse decadente, ma negavano il mito slavofilo della continuità cristiana con l'antica Kiev. Non vedevano nessuna connessione rilevante tra la Rus' di Volodimir/Valdemarr e la moderna Russia, e si concentravano invece sui mongoli, che nei primi anni Quaranta del XIII secolo avevano sconfitto con facilità ciò che restava della Rus'. Ai loro occhi, erano state le felici consuetudini del governo mongolo a consentire la fondazione di una nuova città, Mosca, in un ambiente posto al riparo dalle corruzioni europee come la tradizione classica greca e romana, il Rinascimento, la Riforma e l'Illuminismo. Il destino della Russia moderna era quindi quella di trasformare l'Europa nella Mongolia. (p. 97)
 
Lev Nikolaevič Gumilëv
  • Il contributo di Gumilëv all'eurasiatismo fu la sua teoria dell'etnogenesi, una spiegazione della nascita delle nazioni che prendeva le mosse da una particolare interpretazione dell'astrofisica e della biologia umana. Gumilëv sosteneva che la socievolezza umana fosse generata dai raggi cosmici. Alcuni organismi umani erano più capaci di altri di assorbire l'energia proveniente dallo spazio e di ritrasmetterla ad altri; questi leader speciali, in possesso della «passionarietà» menzionata da Putin nel suo discorso del 2012, erano i fondatori dei gruppi etnici. Stando a Gumilëv, la genesi di ogni nazione poteva quindi essere fatta risalire a un'esplosione di energia cosmica, che aveva segnato l'inizio di un ciclo durato per più di mille anni. I raggi cosmici che avevano dato vita alle nazioni occidentali erano stati emessi in un lontano passato, così che l'Occidente era ormai morto. La nazione russa, invece, era emersa da emissioni cosmiche rilasciate il 13 settembre 1380, ed era quindi giovane e piena di vita. (pp. 99-100)
  • Gumilëv [...] aggiunse alla tradizione eurasiatica una specifica forma di antisemitismo, che consentiva ai russi di scaricare le colpe dei loro fallimenti su ebrei e occidentali allo stesso tempo. Il concetto centrale era quello della «chimera», o falsa nazione. Le nazioni sane come la Russia, avvertiva Gumilëv, dovevano guardarsi dai gruppi «chimerici», che non traevano la vita dai raggi cosmici, bensì da altri gruppi. Si stava riferendo agli ebrei. Per Gumilëv, la storia della Rus' non mostrava che la Russia era antica, ma che gli ebrei costituivano una minaccia eterna. Secondo lui, nella Rus' medievale erano stati gli ebrei a dedicarsi al commercio degli schiavi, affermandosi come una «piovra militare-commerciale»; questi ebrei erano per Gumilëv degli agenti di una civiltà occidentale perennemente ostile, che cercava di indebolire e diffamare la Rus'. Affermava, inoltre, che la Rus' aveva dovuto pagare un tributo di sangue agli ebrei. Gumilëv presentava quindi tre elementi fondamentali dell'antisemitismo moderno: gli ebrei come mercanti senz'anima, gli ebrei come bevitori di sangue cristiano e gli ebrei come agenti di una civiltà straniera. (p. 100)
  • Dugin, nato nel 1962 (mezzo secolo dopo Gumilëv), non era un seguace degli eurasiatisti originali né uno studente di Gumilëv; semplicemente, usava i termini «Eurasia» ed «eurasiatismo» per dare un suono più russo alle proprie idee naziste. Nell'Unione Sovietica degli anni Settanta e Ottanta, Dugin era un ragazzo anti-establishment che suonava la chitarra cantando canzoni sull'uccisione di milioni di persone nei forni crematoi. Il suo scopo nella vita era quello di portare il fascismo in Russia. (p. 101)
  • Dugin considerava Il'in come un filosofo di second'ordine che non aveva nient'altro che una «funzione tecnica» nel regime di Putin; ciononostante, gran parte dei suoi scritti sembrano di fatto una parodia di Il'in. «L'Occidente» dichiarava Dugin in una delle sue tipiche invettive «è il luogo dove Lucifero è caduto. È il centro della piovra del capitalismo globale.» L'Occidente, proseguiva, «è la matrice del marciume della perversione culturale e della malvagità, dell'inganno e del cinismo, della violenza e dell'ipocrisia». Anche se la sua decadenza era tale che sarebbe potuto crollare da un momento all'altro, costituiva comunque una minaccia costante. La democrazia non rappresentava il suo rinnovamento, ma era il segno di un imminente cataclisma. (p. 103)
  • Al pari di Dugin, Prochanov usava il concetto di Eurasia per indicare il ritorno della potenza sovietica in forma fascista. E, sempre come Dugin, ripeteva le idee di Carl Schmitt: se volessimo individuare il nucleo nelle sue convinzioni, lo troveremmo nella nozione dell'eterna lotta del popolo del mare, vuoto e astratto, contro il sano e virtuoso popolo della terra. Come Adolf Hitler, Prochanov accusava la comunità ebraica mondiale di aver inventato quelle idee che avevano schiavizzato la sua patria. Inoltre, incolpava gli ebrei anche per lo stesso Olocausto. Come Dugin, Prochano abbracciava apertamente la fiction politica, cercando di creare delle immagini a effetto in grado di trasmettere il loro significato prima che le persone avessero tempo di rifletterci sopra. Un esempio della sua mente creativa in opera può essere visto nella reazione che ebbe all'elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti: parlando di un incontro fra Obama e alcuni russi, Prochanov si lamentò che era «come se fosse stata presentata loro una mammella nera, e tutti si fossero messi a succhiare con l'acquolina in bocca [...] Alla fine, mi sono sentito umiliato da questo spettacolo». (p. 105)
  • Per gli eurasiatisti dell'Izborsk Club, i fatti erano il nemico, l'Ucraina era il nemico e i fatti sull'Ucraina erano il nemico supremo. Uno dei compiti dell'Izborsk Club, sul piano intellettuale, era quello di produrre delle storie che spingessero tali fatti verso l'oblio; in effetti, la sua missione consisteva proprio nel fare da barriera alla fattualità. (p. 111)
  • Come altri fascisti russi, Glaz'ev usava termini associati all'Olocausto (come, per esempio, «genocidio») per suggerire che gli ebrei erano i veri carnefici e i russi le vere vittime. (p. 112)
  • Glaz'ev non discuteva le preferenze di chi viveva nell'Unione Europea. Gli europei avevano davvero bisogno di scoprire di persona la profondità di un sistema russo dove l'aspettativa di vita, nel 2012, era la 111esima al mondo, dove non ci si poteva fidare della polizia, dove i ricatti e la corruzione erano all'ordine del giorno e dove la prigione era un'esperienza comune? Nella sua distribuzione della ricchezza, la Russia era il Paese con le più forti diseguaglianze del mondo; dal canto opposto, nella UE la ricchezza, oltre a essere di gran lunga maggiore, era anche distribuita molto più equamente fra i cittadini. Glaz'ev aiutava il suo padrone a preservare la cleptocrazia russa spostando il discorso dalla prosperità ai valori, a ciò che Putin chiamava «civiltà». (p. 113)
  • Essendo un'organizzazione basata sul consenso, la UE era vulnerabile alle campagne mirate a far leva sulle emozioni. Essendo composta da Stati democratici, poteva essere indebolita da partiti politici che chiedevano di abbandonarla. Dato che l'Unione Europea non si era mai dovuta confrontare con una forte opposizione, agli europei non venne neppure in mente di chiedersi se i dibattiti su internet fossero manipolati dall'esterno con intenti ostili. La politica russa volta alla distruzione della UE venne così ad assumere diverse forme corrispondenti a queste debolezze: il reclutamento di leader e partiti europei che rappresentassero l'interesse russo per la disgregazione dell'Europa; la penetrazione nel dibattito pubblico digitale e televisivo per seminare sfiducia verso la UE; il reclutamento di fascisti e nazionalisti estremi per la promozione pubblica dell'Eurasia; l'appoggio a ogni forma di separatismo. (p. 114)
  • [Su Brexit] I troll russi (persone in carne e ossa che partecipavano a discussioni su internet con gli elettori britannici) e i bot usati dalla Russia su Twitter (programmi informatici che mandano milioni di messaggi mirati) si prodigarono in un ingente sforzo per appoggiare la campagna del «Leave». 419 account Twitter che postarono sulla Brexit erano basati presso l'Agenzia russa per la ricerca su internet; in seguito, ognuno di essi avrebbe anche postato messaggi in sostegno della campagna presidenziale di Donald Trump. Circa un terzo del dibattito sulla Brexit su Twitter fu generato da bot, e più del 90% dei bot che twittavano materiale politico lo facevano dall'esterno del Regno Unito. All'epoca, i cittadini britannici che stavano riflettendo sulla scelta da fare non avevano idea che i materiali che leggevano erano stati disseminati da bot, né che questi facessero parte di una strategia della politica estera russa volta a indebolire il loro Paese. (pp. 121-122)
  • [Su Viktor Janukovyč] Sembrò aver importato le pratiche russe creando un'élite cleptocratica permanente invece che permettere la rotazione di clan oligarchici. Suo figlio, un dentista, diventò uno degli uomini più facoltosi del Paese. Janukovyč indebolì i meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l'equilibrio tra i diversi poteri, per esempio nominando presidente della Corte suprema il giudice che aveva smarrito il suo certificato penale. Cercò anche di gestire la democrazia alla maniera russa. Incarcerò uno dei suoi due principali avversari e fece approvare una legge che impedì all'altro di candidarsi. Così poté scendere in campo per un secondo mandato contro un concorrente nazionalista selezionato con cura. Dopo una vittoria scontata, Janukovyč poté dire agli europei e agli americani di aver salvato l'Ucraina dal nazionalismo. (pp. 138-139)
 
Igor' Girkin
  • Girkin era esperto di guerra irregolare. Aveva combattuto come volontario accanto ai serbi durante le guerre jugoslave, partecipando a scontri nelle città bosniache e nelle «zone di sicurezza» dell'ONU che erano state teatro di pulizia etnica e stupri di massa. Era stato attivo anche durante le guerre russe nella Transnistria e in Cecenia, e aveva scritto di queste esperienze per i giornali diretti dal fascista Aleksandr Prochanov. (p. 151)
  • Un memorandum che circolò nell'amministrazione presidenziale russa ai primi di febbraio, evidentemente basato sul lavoro di Girkin, preannunciò il cambio di rotta nella linea politica. Partiva dalla premessa che «il regime di Janukovyč è sul lastrico. L'appoggio diplomatico, finanziario e propagandistico da parte dello Stato russo non ha più alcun senso». Gli interessi russi in Ucraina, proseguiva il documento, erano il complesso militare-industriale nel Sudest del Paese e il «controllo del sistema di trasporto del gas» sull'intero territorio nazionale. L'obiettivo principale della Russia doveva essere «la disgregazione dello Stato ucraino». La tattica proposta consisteva nello screditare con la violenza sia Janukovyč sia l'opposizione, invadendo al tempo stesso l'Ucraina meridionale e destabilizzando lo Stato. Il memorandum elencava tre strategie propagandistiche volte a giustificare l'intervento russo: 1) pretendere che l'Ucraina entrasse nelle federazione nell'interesse di una minoranza russa vittima di presunte oppressioni, 2) definire fascisti gli oppositori dell'invasione russa e 3) presentare l'invasione come una guerra civile fomentata dall'Occidente.
    In un documento programmatico del 13 febbraio 2014, l'Izborsk Club ripeté il contenuto del memorandum riservato del Cremlino. Il Maidan avrebbe potuto spingere i russi all'azione e pertanto era intollerabile; Janukovyč era spacciato; perciò la Russia doveva invadere l'Ucraina e prendere ciò che poteva. Come per il memorandum presidenziale, il concetto fondamentale era che la Russia dovesse impossessarsi di alcuni territori ucraini e poi aspettare il crollo dello Stato. L'Izborsk Club propose anche che le emittenti televisive russe giustificassero l'intervento in Ucraina con la finzione deliberata e premeditata di «un imminente colpo di Stato fascista»; in effetti, questo sarebbe stato uno dei cardini della propaganda russa dopo l'inizio della guerra. (pp. 152-153)
  • Era una nuova varietà di fascismo, che si potrebbe chiamare schizofascismo: i veri fascisti che chiamano «fascisti» gli avversari, accusando gli ebrei dell'Olocausto e usando la Seconda guerra mondiale per giustificare ulteriori violenze. Fu un'evoluzione naturale della politica russa dell'eternità, secondo cui la Russia è innocente e dunque i russi non potrebbero mai essere fascisti. Durante la Seconda guerra mondiale, la propaganda sovietica identificò il nemico con i «fascisti». Secondo l'ideologia sovietica, il fascismo nacque dal capitalismo. Durante il conflitto contro la Germania nazista, i russi poterono immaginare che la vittoria sovietica facesse parte di un più vasto cambiamento storico in cui il capitalismo sarebbe scomparso e tutti gli uomini sarebbero diventati fratelli. Dopo la guerra, Stalin festeggiò un trionfo nazionale, non tanto dell'Unione Sovietica quanto della Russia. Ciò dimostrò che l'outsider non era il capitalista ma il nemico «fascista», e dunque suggerì un conflitto più tenace. Negli anni Settanta, Brežnev, l'erede di Stalin, identificò il significato della storia sovietica (e russa) nella vittoria dell'Armata Rossa durante la Seconda guerra mondiale. Così facendo, modificò sicuramente il significato della parola «fascismo». Il termine non indicava più una fase superabile del capitalismo, perché non ci si aspettava più che la storia portasse cambiamenti. «Fascismo» designava l'eterna minaccia dall'Occidente, di cui la Seconda guerra mondiale era un esempio. (pp. 162-163)
  • Lo schizofascismo fu una delle tante contraddizioni emerse dalla primavera del 2014. Secondo la propaganda russa, la società ucraina era piena di nazionalisti, ma non era una nazione; lo Stato ucraino era repressivo, ma non esisteva; i russi erano costretti a parlare ucraino benché questa lingua non esistesse. (p. 163)
  • La politica estera russa del 2014 si contraddistinse per una netta somiglianza con alcuni dei momenti più tristemente famosi degli anni Trenta. La sostituzione di leggi, confini e Stati con innocenza, rettitudine e grandi spazi era una geopolitica fascista. Il Piano di politica estera del ministro Lavrov, invocato per giustificare l'invasione dell'Ucraina, ribadì il principio secondo cui uno Stato poteva intervenire per proteggere chiunque considerasse un rappresentante della propria cultura. Era la stessa argomentazione che Hitler aveva usato per annettere l'Austria, per dividere la Cecoslovacchia e per invadere la Polonia nel 1938 e nel 1939, e la stessa che Stalin aveva usato quando aveva invaso la Polonia nel 1939 e annesso l'Estonia, la Lettonia e la Lituania nel 1940. (pp. 163-164)
  • In una presunta guerra contro il fascismo, molti alleati della Russia erano fascisti. I suprematisti bianchi americani Richard Spencer, Matthew Heimbach e David Duke elogiarono Putin e difesero la sua guerra, e la Russia lì ripagò usando un facsimile della bandiera di guerra confederata come emblema dei territori occupati nell'Ucraina sudorientale. (pp. 164-165)
  • Al contrario di ciò ce la propaganda russa volle far credere a determinate fasce di pubblico, si può dimostrare che queste persone [i dimostranti durante la rivoluzione ucraina del 2014] non erano fascisti, nazisti o membri di un complotto internazionale, fosse esso gay, giudaico o nazista. Si possono evidenziare le finzioni e le contraddizioni. Ma non basta. Queste dichiarazioni non erano tesi logiche o valutazioni fattuali, bensì un tentativo calcolato di smontare la logica e la fattualità. Una volta sciolti gli ormeggi intellettuali, fu facile per i russi (e per gli europei, e per gli americani), dare credito ai racconti prezzolati propinati dalla televisione, ma fu impossibile comprendere le persone nel loro contesto: capire da dove venissero, cosa pensassero di fare, che tipo di futuro immaginassero per se stesse. (p. 167)
  • Sul Maidan c'erano sicuramente rappresentanti di gruppi di destra, anzi di estrema destra, e furono importanti nell'autodifesa del movimento quando il governo cominciò a torturare e a uccidere. Il partito Svoboda, tuttavia, perse gran parte dei suoi sostenitori durante il Maidan. Il Settore destro, un nuovo gruppo, riuscì a mettere insieme solo trecento persone circa. Nuove organizzazioni di destra si formarono dopo l'invasione e combatterono contro l'esercito russo e i separatisti nell'Est. Nel complesso, però, la cosa straordinaria fu che la guerra spinse l'opinione popolare verso il nazionalismo radicale molto meno di quanto accadde nel Paese invasore. L'estrema destra non diede il via al Maidan, non fu mai una maggioranza e non decise come il potere sarebbe passato di mano alla fine. (pp. 168-169)
  • Un colpo di Stato prevede l'intervento dell'esercito, della polizia o di entrambi. L'esercito ucraino rimase nelle caserme e la polizia antisommossa combatté contro i dimostranti fino alla fine. Anche quando Janukovyč fuggì, nessun membro dell'esercito, della polizia o dei ministeri esecutivi tentò di prendere il potere, come sarebbe accaduto durante un colpo di Stato. La fuga di Janukovyč in Russia mise i cittadini e i legislatori ucraini in una situazione insolita: un capo di Stato, durante l'invasione del suo Paese, cercò rifugio permanente nel Paese invasore. Era una circostanza senza precedenti giuridici. L'agente della transizione fu un parlamento del governo provvisorio. (p. 169)
  • Le persone che mettono in atto un colpo di Stato non chiedono una riduzione del potere del ramo esecutivo, ma questo è ciò che successe in Ucraina. Le persone che mettono in atto un colpo di Stato non chiedono le elezioni per cedere il potere, ma questo è ciò che successe in Ucraina. Le elezioni presidenziali del 25 maggio 2014 furono vinte da Petro Porošenko, un russofono centrista dell'Ucraina meridionale, più famoso come produttore di cioccolato. Se in quel momento ci fu qualcosa di simile a un colpo di Stato, fu il tentativo russo di hackerare la Commissione elettorale centrale dell'Ucraina per proclamare la vittoria di un politico di estrema destra, e il relativo annuncio sulla televisione russa. (p. 170)
  • [Su RT] Ha stravolto il format dei notiziari abbracciando senza battere ciglio una serie di grottesche contraddizioni: ha invitato a parlare un negazionista dell'Olocausto e l'ha identificato come un attivista dei diritti umani; ha ospitato un neonazista e l'ha presentato come un esperto del Medio Oriente. Nelle parole di Vladimir Putin, «RT è sovvenzionata dal governo, quindi non può che rispecchiare la posizione ufficiale del governo russo». (pp. 177-178)
  • Americani ed europei travorono in RT un amplificatore dei propri dubbi – a volte assolutamente giustificati – sulla sincerità dei loro stessi leader e la vitalità dei loro stessi media. Lo slogan del canale televisivo, «Question More» («Metti tutto in dubbio»), ispirava un desiderio di maggior incertezza. Non aveva senso mettere in dubbio la fattualità di quello che RT trasmetteva, poiché ciò che trasmetteva era la negazione della fattualità. Come ha asserito il suo direttore: «Non esiste un'informazione obiettiva». RT voleva far passare il messaggio che tutti i media mentivano, ma che soltanto RT era onesta, perché non fingeva di dire la verità. (p. 178)
  • Pur trattandosi di un evento modesto in termini militari, l'invasione russa della regione meridionale e poi sudorientale dell'Ucraina vide l'impiego della più sofisticata campagna di propaganda nella storia della guerra. Essa operò su due livelli: primo, come attacco diretto alla realtà di fatto, negando l'ovvio, persino la guerra stessa; secondo, come incondizionata proclamazione di innocenza, negando che la Russia potesse essere responsabile di qualsiasi sopruso. Non c'era nessun conflitto in corso, e ciò era pienamente giustificato. (pp. 178-179)
  • Il 5 luglio [2014], di fronte a un'imminente sconfitta da parte dell'esercito ucraino, Girkin fece la mossa che Putin aveva consigliato: trasformare la popolazione locale in scudi umani. Fece ritirare i suoi uomini a Donec'k, imitato da altri comandanti del GRU. Questo, come osservò Girkin, garantiva che i civili sarebbero diventati le principali vittime della guerra. Le forze ucraine combattevano quelle russe e i loro alleati bombardando con l'artiglieria le città, e i russi facevano altrettanto. Nella terminologia della partigiana, questo era il passaggio dalla mobilitazione «positiva» a quella «negativa»: se nessuno vuole lottare per la causa partigiana come tale (motivazione positiva), allora un comandante partigiano crea le condizioni affinché il nemico causi vittime tra i civili (motivazione negativa). Era questa la tattica preferita da Girkin, come lui stesso ha ammesso. Uno dei giornalisti russi che ebbe modo di intervistarlo lo descrisse come un uomo disposto a sacrificare la vita di donne e bambini per raggiungere un obiettivo militare. (pp. 189-190)
  • In un conflitto congelato, i sentimenti della popolazione locale hanno importanza unicamente come risorsa politica. I locali possono venire incoraggiati a uccidere e a morire, ma le loro aspirazioni non possono essere soddisfatte, poiché congelare un conflitto ha come scopo di impedire qualunque risoluzione. (p. 191)
  • [Sul volo Malaysia Airlines 17] Lo stesso giorno del disastro aereo, tutti i principali canali russi attribuirono l'abbattimento dell'MH17 a un «missile ucraino», o forse a un «velivolo ucraino», sostenendo che il «vero bersaglio» era «il presidente della Russia». Il governo di Kiev, secondo i media russi, aveva progettato di assassinare Putin, ma per errore aveva abbattuto l'aereo sbagliato. Niente di tutto ciò era anche solo vagamente plausibile. I due velivoli non erano nello stesso posto. La storia del fallito attentato era talmente assurda che RT, dopo aver cercato di darla a bere al pubblico straniero, non vi diede seguito. Ma all'interno della Russia, il calcolo morale venne di fatto rovesciato: entro la fine della giornata in cui dei soldati russi avevano ammazzato 298 civili stranieri nel corso dell'invasione dell'Ucraina, era stato accertato che la vittima era la Russia. (pp. 198-199)
  • Sotto certi aspetti, la Russia perse nella sua guerra in Ucraina. Nessun risultato memorabile per la causa della cultura russa venne ottenuto grazie alle genti del Caucaso e della Siberia che avevano viaggiato per centinaia o migliaia di chilometri per uccidere degli ucraini che parlavano il russo meglio di loro. L'annessione russa della Crimea e il sostegno alla «Repubblica Popolare di Donec'k» e alla «Repubblica Popolare di Luhans'k» complicarono le relazioni estere dell'Ucraina. Tuttavia, il conflitto congelato era ben lontano dalla «disintegrazione» dell'Ucraina discussa nei documenti programmatici russi e dall'enorme espansione suggerita dalla Novorossija. L'Ucraina schierò un esercito mentre teneva elezioni libere ed eque; la Russia schierò un esercito per sostituirle. (pp. 215-216)
  • La società ucraina venne rafforzata dall'invasione russa. [...] Per la prima volta nella storia del Paese, l'opinione pubblica divenne antirussa. Nel censimento del 2001, il 17,3% della popolazione si era identificato come etnicamente russo; nel 2017, la percentuale era scesa al 5,5. Questo calo era in parte dovuto all'impossibilità di condurre il sondaggio in Crimea e in alcune aree del Donbass, ma era soprattutto una conseguenza dell'invasione russa. Un'invasione che doveva difendere i russofoni ne aveva uccisi a migliaia, inducendo milioni di essi a identificarsi come ucraini. (p. 216)
  • [Sul ruolo della Russia nella guerra civile siriana] [...] la Russia di solito non prendeva di mira le basi dell'ISIS. Le organizzazioni per i diritti umani riferirono del bombardamento di moschee, cliniche, ospedali, campi profughi, impianti per il trattamento dell'acqua e centri abitati in genere. Nella sua decisione di accogliere i rifugiati siriani, la Merkel era motivata dalla storia degli anni Trenta, quando la Germania nazista aveva trasformato i suoi cittadini ebrei in profughi. La risposta russa in sostanza fu: se la Merkel vuole dei rifugiati, non glieli daremo, e useremo la questione per distruggere il suo governo e la democrazia tedesca. La Russia non si limitò a fornire i profughi, ma anche la loro immagine come terroristi e stupratori. (p. 219)
  • [...] in che modo i leader d'opinione della sinistra venivano sedotti da Vladimir Putin, il leader globale dell'estrema destra? La Russia creava tropi mirati a quelle che i professionisti della ciberguerra chiamano «suscettibilità»: ciò a cui gli individui sembrano avere maggiori probabilità di credere in base alle loro dichiarazioni e al loro comportamento. Era possibile sostenere che l'Ucraina fosse una creazione degli ebrei (per un pubblico) e anche che fosse una creazione fascista (per un altro pubblico). I sostenitori della sinistra erano attirati da stimoli sui social media che parlavano al loro impegno. (p. 234)
  • Nessuna di queste persone – Milne, Pilger, Cohen, vanden Heuvel, LaRouche, Paul – fornì una sola interpretazione [della guerra del Donbass] che non fosse disponibile su RT. In alcuni casi, come per Paul e LaRouche, il debito verso la propaganda russa venne riconosciuto. Anche quelli i cui lavori venivano pubblicati subito dopo le cronache reali dei fatti, ignoravano le inchieste dei reporter russi e ucraini. Nessuna di queste influenti penne britanniche e americane si recò in Ucraina, come avrebbe richiesto la normale pratica giornalistica. Coloro che parlavano così liberamente di cospirazioni, golpe, giunte, campi, fascisti e genocidi, evitarono il contatto con il mondo reale. Da lontano, usarono il loro talento per annegare un Paese nell'irrealtà; così facendo, sommersero anche i propri Paesi e se stessi. (p. 235)
 
Vladimir Putin e Donald Trump
  • [Su Russiagate] Con le sue mosse, il regime dell'eternità di Vladimir Putin ha lanciato una sfida alle virtù politiche: cancellando il principio di successione in Russia, attaccando l'integrazione in Europa, invadendo l'Ucraina per fermare la creazione di nuove forme politiche. La sua più grande campagna è stata una ciberguerra volta alla distruzione degli Stati Uniti d'America. Per ragioni che hanno a che fare con le disuguaglianze americane, nel 2016 la Russia ha ottenuto una straordinaria vittoria; e proprio a causa di questa vittoria, le disuguaglianze in America sono ora diventate un problema ancora più grande. (p. 238)
  • In tutta questa messinscena, i russi sapevano che cosa era reale e che cosa era una finzione. Sapevano chi era realmente Trump: non l'«uomo d'affari di gran successo» dei suoi tweet, ma un perdente americano diventato uno strumento in mano ai russi. Nonostante ciò che potevano sognare gli americani, a Mosca nessuna personalità importante credeva che Trump fosse un potente magnate. Erano stati i soldi russi a salvarlo dal destino che, in genere, attende chiunque abbia alle spalle una scia di fallimenti come la sua. (pp. 240-241)
  • Nel 2010, RT aiutò i teorici della cospirazione americani a diffondere la falsa idea che il presidente Barack Obama non fosse nato negli Stati Uniti. Questa invenzione, studiata a far leva sulla debolezza degli americani razzisti che volevano scacciare con l'immaginazione il loro presidente eletto, invitava tali persone a vivere in una realtà alternativa. Nel 2011, Trump divenne il portavoce di quella campagna basata sulla fantasia. Aveva un palco per farlo solo perché gli americani lo associavano all'uomo d'affari di successo che aveva impersonato in televisione, un ruolo che a sua volta era stato possibile perché i russi lo avevano salvato con i loro finanziamenti; una finzione fondata su una finzione, a sua volta basata su una finzione. (p. 244)
  • Pur essendo meno numerosi degli esseri umani, i bot presenti su Twitter sono più efficienti nell'inviare i messaggi: nelle settimane prima delle elezioni, i bot generarono circa il 20% del dibattito americano sulla politica. Un importante studio accademico pubblicato il giorno prima dell'apertura dei seggi avvertì che i bot avrebbero potuto «mettere a rischio la correttezza delle elezioni presidenziali». Venivano citati tre problemi principali: «In primo luogo, l'influenza può essere redistribuita tra account sospetti che potrebbero operare con scopi malevoli; in secondo luogo, è possibile che la discussione politica venga ad aumentare la diffuione di informazioni scorrette e non verificate». Dopo le elezioni, Twitter identificò 2752 account come strumenti dell'influenza politica russa; in seguito, quando avviò un esame più approfondito, riuscì a individuare circa un milione di account sospetti al giorno. (p. 252)

Note modifica

  1. a b Da Il genocidio di Putin, Il Foglio Quotidiano, 26 marzo 2022, p. XV.
  2. a b Citato in Non ha senso cercare una via d’uscita per Putin. I tweet di Snyder, Formiche.net, 20 maggio 2022.

Bibliografia modifica

  • Timothy Snyder, La paura e la ragione. Il collasso della democrazia in Russia, Europa e America, Mondadori Libri S. p. A., Milano, 2018, ISBN 978-88-17-18658-4

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