Ivan Aleksandrovič Il'in

filosofo russo

Ivan Aleksandrovič Il'in (1883 – 1954), filosofo russo.

Citazioni su Ivan Il'in

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  • Il filosofo preferito di Putin è Ivan Il'in – un monarchico, nazionalista russo, antisemita e ideologo del movimento bianco che fu espulso da Lenin dalla Russia sovietica nel 1922 e concluse la sua vita in esilio. Quando Hitler salì al potere in Germania, Il'in si congratulò vivamente con lui per aver "fermato la bolscevizzazione della Germania". [...] Nei suoi articoli, Il'in sperava che, dopo la caduta del bolscevismo, la Russia avrebbe avuto il suo grande Führer, che avrebbe risollevato il paese dalle sue ginocchia. (Vladimir Georgievič Sorokin)
  • Ilin non ha alcuna influenza sull'ideologia del putinismo semplicemente perché il governo di Putin è radicalmente anti-intellettuale. (Kirill Martynov)
  • Le fonti intellettuali dell'attacco di Putin all'Occidente sono il totalitarismo cristiano di Il'in, l'eurasiatismo di Gumilëv e il neonazismo di Dugin. Lo strumento è Internet. (Christian Rocca)
  • Negli anni venti e trenta, Il'in era noto nei circoli europei per le simpatie nazifasciste e per la sua avversione all'Unione Sovietica (parte, quest'ultima, ignorata dal neorevisionismo putiniano), ma soprattutto perché teorizzava il ruolo della Russia come l'unica nazione che avrebbe potuto salvare il cristianesimo dall'immoralità occidentale. (Christian Rocca)

  Citazioni in ordine temporale.

  • Per capire Putin, che sembra ormai estendere ovunque la sua lunga mano, da Salisbury, in Inghilterra, alla Siria, si deve comprendere il suo filosofo preferito, lo scrittore Ivan Ilyin [...]. Tutti, da Walter Laqueur a Peter Conradi, ovvero gli storici che hanno scritto del putinismo, concordano che Ilyin è il cuore intellettuale della ventennale presidenza Putin. [...] La sua visione dell'identità nazionale russa sembra oggi fatta su misura per il putinismo come forza contro-globalista nel mondo.
  • Non sorprende che Putin abbia inserito le opere di Ilyin in una lista di letture per i membri del partito "Russia Unita": Ilyin era critico nei confronti della democrazia occidentale e voleva un governo forte in accordo con l'eredità autocratica della Russia. Non credeva nella libertà religiosa come la maggior parte degli occidentali intende oggi questo termine, sostenendo invece il ruolo unico nella formazione della società russa che ha avuto la chiesa ortodossa. Fu ostile alla borghesia occidentale quanto ai bolscevichi.
  • Ilyin era un sostenitore dell'idea che la Russia era una civiltà a sé stante, un misto tra la cultura bizantina cristiana e la forza politica mongola asiatica. [...] mise in guardia contro il linguaggio occidentale. Le parole "democratizzazione", "liberalizzazione", "libertà" erano solo mezzi per distruggere l'unità e lo spirito della civiltà russa. Il potere centrale che immaginava non era totalitario, ma piuttosto una autocrazia simile a quella della vecchia monarchia russa. Sotto questo regime ci sarebbe stata libertà, ma non anarchia, e il potere centrale, come il leviatano di Hobbes, avrebbe servito il popolo, assicurando l'ordine e la pace sociale.

  Citazioni in ordine temporale.

  • Non è l'unico pensatore fascista a essere stato ripreso nel nostro secolo, ma è il più importante.
  • Il'in disprezza le classi medie, la cui società civile e la cui vita privata alimentano, a suo parere, la frammentazione del mondo e tengono lontano Dio. Appartenere a uno strato della società che offre agli individui il progresso sociale significa essere il peggior tipo di essere umano.
  • L'innocenza russa, dice, non è osservabile nel mondo. Questo è l'atto di fede che egli chiede al suo popolo: la salvezza impone di vedere la Russia come non è. Poiché i fatti del mondo sono soltanto i detriti corrotti della creazione fallita di Dio, vedere davvero significa contemplare l'invisibile. [...] Benché Il'in esponga l'idea della contemplazione in diversi libri, in realtà essa non è altro che questo: il filosofo vede la propria nazione come virtuosa, e la purezza di questa visione è più importante di qualunque cosa i russi abbiano effettivamente fatto.
  • Come i fascisti e altri despoti dell'epoca, il filosofo pensava che la sua nazione fosse una creatura, «un organismo della natura e dell'anima», un animale dell'Eden senza peccato originale. A decidere chi debba far parte dell'organismo russo non è l'individuo, perché le cellule non scelgono se far parte di un corpo. La cultura russa, scrive Il'in, produce automaticamente l'«unione fraterna» ovunque si estenda il potere russo. Scrivendo, mette la parola «ucraini» tra virgolette perché nega la loro esistenza al di fuori dell'organismo russo. Parlare dell'Ucraina equivale a essere nemici mortali della Russia. Il'in dà per scontato che la Russia post-sovietica comprenderà l'Ucraina.
  • Quando [secondo Il'in] Dio creò il mondo, la Russia si sottrasse in qualche modo alla storia e rimase nell'eternità. La patria, dunque, è esente dallo scorrere del tempo e dall'accumulo di incidenti e di scelte che Il'in trova intollerabili. La Russia attraversa invece cicli ripetuti di minaccia e di difesa. Tutto ciò che succede deve essere un attacco del mondo esterno all'innocenza russa, o una reazione russa giustificata a una simile minaccia. In questo contesto fu facile per Il'in, che conosceva ben poco la vera storia russa, riassumere i secoli in semplici locuzioni. Quello che uno storico avrebbe potuto considerare l'allargamento del potere di Mosca all'Asia settentrionale e a mezza Europa era, per lui, «autodifesa». A suo parere, ogni singola battaglia mai combattuta dai russi è stata difensiva. La Russia è sempre stata vittima di un «blocco continentale» da parte dell'Europa. [...] La Russia non fa torti a nessuno; ne riceve soltanto. I fatti non contano e la responsabilità svanisce.
  • Per Il'in, il prossimo non esiste. L'individualità è corrotta ed effimera, e l'unico legame significativo è la totalità divina perduta. Finché il mondo è spaccato, amare Dio implica una costante battaglia contro i nemici dell'ordine divino sulla terra. Fare qualunque cosa non sia partecipare a questa guerra significa mettere in atto il male.
  • Il'in cercò di tratteggiare un sistema politico russo, ma nei suoi abbozzi non superò mai questo scoglio. Tentò di risolvere il problema semanticamente, trattando la personalità del redentore alla stregua di un'istituzione. Il redentore deve essere considerato il «leader» (gosudar), il «capo di stato», il «dittatore democratico» e il «dittatore nazionale», una serie di titoli che richiamano i leader fascisti degli anni Venti e Trenta. Il redentore sarà responsabile di tutte le funzioni esecutive, legistlative e giudiziarie, e comanderà le forze armate. La Russia sarà uno Stato centralizzato senza unità federali. Non dovrà essere uno Stato monopartitico come i regime fascisti degli anni Trenta. Anche un solo partito è troppo. La Russia dovrà essere uno Stato apartitico, redento da un solo uomo. I partiti devono esistere, secondo Il'in, soltanto per aiutare a ritualizzare le elezioni.
  • Il'in usa la parola «legge», ma non appoggia il principio di legalità. Per «legge» intende il rapporto tra il capriccio del redentore e l'obbedienza di tutti gli altri. Ancora una volta, un'idea fascista si rivela utile per un'oligarchia emergente. L'amorevole dovere delle masse russe consiste nel tradurre ogni ghiribizzo del redentore in un senso di obbligo legale. L'obbligo, naturalmente, non è reciproco.
  • Negli anni Duemiladieci, le idee di Il'in sono tornate comode ai miliardari postsovietici, e viceversa. Putin, i suoi amici e i suoi alleati hanno accumulato illegalmente un'enorme ricchezza e poi hanno rifatto lo Stato in modo da salvaguardare i propri profitti. Dopo aver raggiunto questo obiettivo, i leader russi hanno dovuto far coincidere la politica con l'essere anziché con il fare. Un'ideologia come quella di Il'in pretende di spiegare perché certi uomini abbiano denaro e potere escludendo le motivazioni dell'avidità e dell'ambizione. Quale ladro non preferirebbe essere chiamato redentore?
  • Le tesi di Il'in non hanno permesso la costruzione di uno Stato russo, ma hanno aiutato i ladri a presentarsi come redentori. Hanno consentito ai nuovi leader di scegliere i nemici e dunque di creare finti problemi irrisolvibili, come la perenne ostilità di un Occidente in declino. La convinzione che l'Europa e l'America fossero eterni nemici perché invidiavano l'incontaminata cultura russa è pura finzione, ma ha il potere di generare una linea politica reale: il tentativo di distruggere all'estero le conquiste che i leader russi non riuscivano a ottenere in patria.

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