Referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea
referendum del 23 giugno 2016
Citazioni sul referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, noto anche come referendum sulla Brexit.
Citazioni
modifica- A 100 giorni dalla Brexit il pensiero che nell’Irlanda del Nord torni la violenza politica degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta fa paura, e ci si augura che sia Boris Johnson che Ursula Von der Leyen non vogliano passare alla storia come coloro che ne hanno riacceso la miccia. (Loretta Napoleoni)
- Abito a Londra e sarò sicuramente una vittima del Brexit, ma penso invece che l'Europa starà molto meglio. Le racconto una curiosità. Quando ero nel Parlamento Europeo quelli che bloccavano sempre tutto erano sempre gli inglesi. Adesso che loro non ci sono più l'Europa ha un'opportunità fantastica per diventare veramente una potenza fortissima. Ne dobbiamo approfittare e penso che lo faremo perché adesso i grandi paesi dell'unione europea (Germania, Italia, Francia, Spagna, Benelux) vanno più o meno tutte nella stessa direzione. (Alejandro Agag)
- Brexit è stata un fallimento, non siamo riusciti a realizzarla come avremmo dovuto e i Conservatori ci hanno molto, molto deluso. Quello che Brexit ha dimostrato è che i nostri politici sono quasi inutili come i commissari di Bruxelles. Abbiamo gestito male l'uscita in ogni aspetto. (Nigel Farage)
- [Nel novembre 2017] Che nessuno dubiti della nostra determinazione o metta in questione la nostra risolutezza: la Brexit sta avvenendo. (Theresa May)
- Com'è noto, l'uscita del mio Paese dall'Unione europea mi ha irritato non poco e ora so che molti miei concittadini rimpiangono il periodo antecedente la Brexit, considerata un'aberrazione populista. Infatti non ha migliorato la vita di alcuno. Invece da quando mi trovo ricoverato in Italia il sistema sanitario mi sembra funzionare benissimo, con grande efficienza: i medici sono bravissimi e gli infermieri molto gentili. (Hanif Kureishi)
- Come Trump se la prende col Messico e la Cina così la Gran Bretagna attribuisce agli immigrati e all'Unione Europa i problemi inglese. L'altra metà delle ragioni che portano alla Brexit è che il popolo inglese si dimentica delle cose di cui può essere fiero. Quelli che erano vivi nel 1940 e ricordano la battaglia d'Inghilterra, quando il paese da solo si oppose a Hitler, appartengono a una generazione che sta scomparendo, mentre i giovani non ne sanno nulla. Questo significa perdere una fornte dell’orgoglio e dell'identità nazionale. (Jared Diamond)
- Conteggio finale voti Brexit: 48% ragione e sentimento, 52% orgoglio e pregiudizio. (Bill Maher)
- Decine di studi sui profili di coloro che hanno votato Trump e Brexit, mostrano che il livello di istruzione è il principale parametro predittivo del voto populista. (Gilberto Corbellini)
- È stato meraviglioso vedere il presidente francese accogliere il re e la regina britannici, in nome di questa nuova “Entente Cordiale”. Ci ha fatto sentire di nuovo europei dopo la Brexit, ci siamo di nuovo sentiti parte di un Paese - il mio Paese - che finalmente non tratta più i suoi vicini di casa come nemici. Odio la Brexit e la stupidaggine di isolarsi sempre più all’Europa: ci ha reso peggiori a livello economico ma anche spirituale. Che cosa sarebbe stata la letteratura inglese senza Balzac, Hugo e Proust? E cosa saremmo noi inglesi senza i francesi e gli europei? (Ken Follett)
- Formidabili questi nuovi critici della libertà: un anno fa volevano insegnare la democrazia ai greci, che nel loro piccolo l'hanno creata qualche millennio fa. Ora ci riprovano con gli inglesi, padri della democrazia moderna. Due referendum, che erano stati voluti dai premier in carica, criticati come lesione della "vera democrazia", e peraltro solo a causa del loro risultato. (Enrico Mentana)
- Gli inglesi sono stoici, resilienti e pragmatici (più dei tedeschi, quasi come gli americani). Brexit non li ha cambiati e non li cambierà. Se andrà peggio, sapranno gestirlo al meglio. Gli inglesi possiedono anche la presunzione delle nazioni di talento. Non capiscono che l'Inghilterra – senza Impero, senza Europa, magari senza Scozia – rischia di diventare un regno pittoresco al largo delle coste francesi. (Beppe Severgnini)
- Il disastro che ci ha portato a toccare il fondo è ovviamente la Brexit. La Brexit che ha spaccato il Paese a metà (48% contro 52%, se vogliamo essere precisi); la Brexit che ci ha separati dai nostri alleati europei e ci ha gettati nelle mani di quel folle al di là dell’Atlantico; la Brexit che, nella sua forma più dura ed estrema, è ora la politica ufficiale dei due principali partiti politici, entrambi schiavi della falsa narrazione (diffusa principalmente dai tabloid popolari) che l’opinione estemporanea espressa in un giorno del 2016 possa essere interpretata come l’irrevocabile «volontà della gente». (Jonathan Coe)
- Il genio dell'euroscetticismo è uscito dalla lampada e non verrà rimesso al proprio posto. (Nigel Farage)
- I predicatori della Brexit nostalgici parlavano in campagna di "Impero 2.0", invece sono dei patetici ignoranti, perché avverrà l'opposto. Il Regno Unito, in mano a questi venditori di menzogne, è diventato un ragazzino immaturo, tronfio, drogato e masochista. (William Dalrymple)
- Lo abbiamo fatto senza bisogno di combattere, senza sparare un solo proiettile[1], l'abbiamo fatto combattendo sul territorio con un dannato duro lavoro. (Nigel Farage)
- Mi chiedo come sarà lo speciale posto all'inferno per coloro che hanno promosso la Brexit senza uno straccio di piano per portarla a compimento in sicurezza. (Donald Tusk)
- Molte persone non si interessano alla Brexit ma lo stesso accadeva poco prima della Guerra Mondiale del 1914-1918. Poi, quando le emozioni e la psicologia presero il sopravvento, interessò tutti. Lo scenario peggiore sarà questo: Brexit disordinata, caos che si espande, collasso del governo britannico, nuove elezioni, nuovo governo di Jeremy Corbyn, magari muore anche la Regina, ulteriori difficoltà economiche e governo autoritario di estrema destra. Il precipizio sarebbe quasi inevitabile. (Robert Harris)
- Non credo che Brexit sia una mossa saggia per il Regno Unito e non ho fiducia nella squadra di governo che negozia in nome del popolo britannico. Vorrei che si tenesse un altro referendum, una volta che saranno note le condizioni della fuoriuscita. Quanti cittadini britannici avranno voglia di pagare, diciamo, diecimila sterline per lasciare l'Unione? Non molti, a mio parere. (Richard Thaler)
- [A proposito dell'esito del referendum] Non penso di aver mai desiderato tanto la magia come oggi. (J. K. Rowling)
- Non si parla più di Brexit perché i dati sono positivi. Mostrare che chi esce sta meglio, che non esistono apocalissi di sorta, è qualcosa che i nostri media non possono permettersi di raccontare. (Alberto Bagnai)
- Per i fautori di Brexit la Gran Bretagna del futuro è un Paese con tasse basse e regolamentazione leggera, uno snodo commerciale offshore che attirerà investimenti facendo il contrario di quello che detta la cultura europea. I Brexiteer faranno leva su sentimenti nazionalistici riguardo questioni come l'immigrazione. È qualcosa di simile al fenomeno Trump: una nuova coalizione politica di uomini d'affari liberisti e nazionalisti, uniti dal disgusto verso lo Stato, la filosofia del politicamente corretto e l'integrazione culturale. (Tony Blair)
- Per me questo è un disastro di proporzioni inimmaginabili. La Brexit non ha un solo aspetto positivo. Molti miei colleghi, inclusa Emma Thompson, sono come me europei entusiasti e non possiamo crederci. (Colin Firth)
- Questo Paese [Gran Bretagna] ha perso la sua calma, la sua ironia, tutta la sua razionalità. Siamo diventati come un adolescente folle, sguaiato, capriccioso, arrabbiato, rivoluzionario. Questa è una delle cose più tragiche per me. Oramai guardi il tuo vicino e l'unica cosa che pensi di dirgli è: "Anche tu al referendum [sulla Brexit] hai votato per questa merda". (Robert Harris)
- Tra tutti i paesi europei, quello che più di tutti ha lavorato sulla diversità sia l'Inghilterra. Con la sua uscita l'Unione perderà anche gran parte delle minoranze presenti all'interno del parlamento, proprio perché Londra a differenza di altri paesi ha lavorato molto da questo punto di vista. (Cécile Kyenge)
- Una buona parte dell’opinione pubblica inglese si sta facendo influenzare dalle idee di Trump. Ma siamo su un’isola, non si possono costruire muri. Si propongono quindi queste soluzioni. E si creano problemi falsi, come l’immigrazione o appunto l’Europa, che distolgono dai veri problemi, che sono la diseguaglianza sociale e lo strapotere dei ricchi. (Michael Moore)
- Una cosa deve essere chiara: si può criticare anche aspramente Cameron che usando l'arma del referendum ha finito per esserne travolto. Ma è proprio fuori dall'idea di democrazia criticare la scelta dell'elettorato britannico: quando si dà la parola al popolo sovrano se ne accetta il responso, e si riflette. (Enrico Mentana)
- Uscire dall'Unione è un po' complicato, non credo che lo faranno altri stati. Al limite possono minacciare, ma farlo davvero no. I parlamentari ancora oggi che piangono per le conseguenze della Brexit e vorrebbero tornare a rifare il referendum. E questo perché è stato fatto senza pensare al dopo, stiamo cercando giorno per giorno gli accordi, senza che nessuno, soprattutto chi aveva spinto per l'uscita, avesse previsto come gestirla. (Cécile Kyenge)
- Vietnam? La Brexit è molto, molto peggio, perché ci ha trascinato nella situazione più brutta della nostra Storia: il mio Paese rischia di frantumarsi dopo un'unione di trecento anni, le nostre storiche alleanze si stanno disgregando, l'economia ne uscirà severamente danneggiata. Il Vietnam è stato un duro colpo per gli Stati Uniti, ma mica questo ha messo a repentaglio la loro esistenza. La Brexit è come il Vietnam e la Guerra civile americana messi insieme. (William Dalrymple)
- Com'era inevitabile, il processo di tirare fuori la Gran Bretagna da quarant'anni di trattati si rivelò molto più complicato di quanto semplicistici slogan elettorali avessero promesso. Apparve evidente che pochissimi conservatori nostalgici capivano realmente l'Europa e la politica europea, e le loro previsioni su quello che sarebbe successo con la vittoria referendaria si rivelarono tutte sbagliate. Heffer scrisse un editoriale in cui sosteneva che la Brexit avrebbe portato a un'ondata di analoghi referendum in altri paesi europei; in realtà essa non fece che accrescere il sostegno alla UE. Subito dopo il voto un conservatore membro della Camera dei Lord mi disse di aver parlato personalmente con i maggiori industriali tedeschi, i quali gli avevano assicurato che qualunque accordo raggiunto sarebbe stato favorevole alla Gran Bretagna. In realtà, i maggiori industriali tedeschi iniziarono a parlare di disinvestire dal Regno Unito. Durante la campagna referendaria nessuno aveva minimamente pensato all'Irlanda del Nord, né alla necessità, se la Gran Bretagna fosse uscita dal mercato unico, di ripristinare una frontiera doganale britannico-irlandese. Non appena le trattative cominciarono, tali problemi si rivelarono immediatamente i più centrali.
- Per quanto in teoria sostenessero la democrazia, parecchi brexiteers, specie quelli che lavoravano per la stampa sensazionalistica, erano in pratica disgustati dalle istituzioni democratiche del Regno Unito. Quando tre giudici britannici sentenziarono, nel novembre 2016, che il Parlamento avrebbe dovuto dare il suo consenso prima che il governo potesse ritirarsi ufficialmente dalla UE, il «Daily Mail», quotidiano diretto da brexiteers, pubblicò una prima pagina straordinaria: le foto dei tre giudici in toga e parrucca sotto il titolo Nemici del popolo.
- Sia nella campagna dell'establishment conservatore «Vote Leave», guidata da Johnson e dal suo collega tory Michael Gove, sia in quella dell'UKIP guidata da Nigel Farage si dissero bugie. Se lasciassimo la UE, dichiarò Johnson, ci troveremmo con 350 milioni di sterline in più alla settimana – una cifra immaginaria – per il servizio sanitario nazionale. Se rimanessimo nella UE saremmo costretti ad accettare che la Turchia ne divenga un membro: affermazione anche questa falsa. Farage apparve di fronte a un manifesto che mostrava enormi folle di siriani in cammino verso l'Europa, anche se non c'era alcun motivo per cui qualcuno di essi dovesse finire nel Regno Unito, che non faceva parte dell'area Schengen, la zona d'Europa senza frontiere. Più tardi, in un'intervista, Cummings avrebbe paragonato quella campagna alla «propaganda sovietica».
- Ci siamo persi. Stiamo facendo le stesse cose dei paesi che prendevamo in giro, compresa l’Italia. Noi eravamo così superiori, stabili e calmi, così razionali e pragmatici. Dove è finita la nostra flemma? Ci siamo resi conto che la nostra democrazia è molto più fragile di quello che pensavamo.
- Esiste un pericolo reale di disintegrazione del Regno Unito. Quello che stiamo dicendo all’Irlanda del Nord è che se ne vadano fuori dalle scatole. Tutto questo può’ favorire soltanto un riavvicinamento tra Irlanda e Scozia.
- La peggiore idiozia e la maggiore catastrofe fatta dal Regno Unito dall’invasione di Suez del 1956.
- Penso che Brexit sia del tutto irrazionale, vi è evidente e autoindotta depressione di statisti, unita a lamentevoli performance diplomatiche. Quel che non andava bene in Europa poteva esser cambiato dall’interno. Da parte mia, sento del tutto allentati i legami con l’Inghilterra in questi ultimi anni. È come una liberazione, ma una triste liberazione. Il punto è che negli anni sono spariti gli inglesi che avevano esperienza diretta dell’ultima guerra, e in campo politico ora prevale l’idea che il conflitto umano non esiste. E invece no: il conflitto umano ha un buon effetto, ci rende più sobri.
- Vi è molta irritazione per la Brexit. E stiamo andando verso un aumento del neofascismo. La maggior minaccia terroristica, a detta della polizia, viene dall’ultradestra. La stampa popolare ha fomentato eurofobia e sentimenti di rivalsa contro l’altro, sentimenti che non sono nel DNA del paese.
- Dal punto di vista dell'Unione europea, la Brexit è un peccato, ma non un disastro. I britannici non hanno mai voluto adottare l'euro, e hanno sempre frenato la marcia dell'Europa verso "un'unione più stretta". Un'eventuale defezione dell'Italia, invece, potrebbe minacciare la sopravvivenza dell'Europa unita.
- L’ultimo round dei troubles (le violenze cominciate alla fine degli anni sessanta) si è concluso il 10 aprile 1998 con l’accordo di pace del venerdì santo. Sfortunatamente, la Brexit e Johnson lo hanno reso vano.
- La vittoria risicata dei sostenitori della Brexit (52 per cento favorevoli, 48 per cento contrari) è stata determinata soprattutto dalla generazione degli inglesi nazionalisti (i cosiddetti little englanders) che però sta rapidamente scomparendo per motivi di età, mentre la maggioranza di chi ha meno di 35 anni ha votato per l'adesione.
- Secondo un recente sondaggio di YouGov il 63 per cento dei conservatori sarebbe disposto a perdere la Scozia pur di ottenere la Brexit. Il 59 per cento accetterebbe di separarsi anche dall'Irlanda del Nord. Più del 60 per cento è pronto a subire "danni pesanti all'economia britannica". Insomma Brexit dev'essere a ogni costo, più dura e dannosa possibile.
Quindi sì, è innegabile che il Partito conservatore sia sostanzialmente impazzito. - Un no deal rappresenterebbe una catastrofe economica. Il commercio con l'estero del Regno Unito è attualmente regolato da una miriade di accordi negoziati dall'Unione nel corso dei decenni a nome degli stati che ne fanno parte, dunque una volta abbandonato il club, il Regno Unito non avrebbe più alcun accordo commerciale, nemmeno con l'Europa.
- Abbiamo capito che il problema della Brexit sono le scelte incompatibili l'una con l'altra: per esempio mantenere il Nord Irlanda nel Regno Unito ma evitare un confine tra l'Irlanda e l'Europa.
- Credo che il problema più rilevante tra il popolo britannico sia che solo ad una piccola parte di esso importa abbastanza dell'Europa. L'Europa non è un tema importante per la maggior parte degli elettori britannici, perciò quando è stata offerta loro la scelta e hanno dovuto prendere una decisione, il fatto che l'Unione europea non funzionasse bene, insieme allo scontento per scelte del loro stesso governo, li ha portati a votare, con uno scarto ridotto, in tale direzione. Alla fine dei conti, però, sono troppo pochi i cittadini britannici a cui importa dell'Ue. Credo che in Italia, in Francia, in Germania, grazie all’esperienza della Seconda guerra mondiale, ci sia un più profondo sentimento di legame con l’Unione europea; in Gran Bretagna il problema è che troppe persone sono indifferenti o disinteressate all'Ue.
- Credo che il problema principale sia stato da parte britannica. Tuttavia, l’Unione europea, sin dalla crisi finanziaria globale del 2008, non ha funzionato bene. Non ha protetto le vite, gli standard di vita dei suoi cittadini, ha dimostrato processi di decisione politica lenti e problematici, soprattutto riguardo all'euro, ma anche sull’immigrazione.
- Credo che il Regno Unito perderà la sua voce, la sua influenza nelle decisioni, nei comportamenti e nelle azioni che verranno intraprese da Germania, Francia, Italia e dai principali Stati membri dell'Unione europea riguardo alla collettività. Sarà un Paese con un ruolo marginale, a cui si telefona per secondo, o per terzo, non per primo, per essere consultato e con cui allinearsi. Perciò saremo messi ai margini, perderemo influenza, perderemo voce, tutto questo. Quello che guadagneremo, credo sia forse una sorta di chiarezza nella nostra politica, per troppo tempo occupata da litigi sull'Unione europea. Ma comunque credo che ne guadagneremo ben poco.
- Sento che questo è un momento molto triste e assolutamente non necessario, dovuto a decenni di mala gestione politica da parte dei governi britannici. Ma ora è successo e dobbiamo conviverci.
- Non si vota per la Brexit o per Trump perché dicono la verità, ma perché incarnano, a torto o a ragione, un rifiuto del "sistema". E i social network, grazie all'ambivalenza della tecnologia che fa gli interessi di chi la sa usare meglio, sono il campo di battaglia preferito di chi si crede poco rappresentato dai mezzi d'informazione tradizionali. La postverità è incompatibile con la democrazia. Se lasceremo che si radichi e si diffonda in maniera duratura, ne pagheremo tutti il prezzo.
- Ralph Keyes definisce la menzogna "un'affermazione falsa, fatta in piena cognizione di causa con l'obiettivo d'ingannare". Un esempio? La campagna referendaria per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea sosteneva che Londra versava all'Ue 350 milioni di sterline alla settimana e che tale denaro sarebbe potuto essere investito nel servizio sanitario nazionale in caso d'uscita dall’Unione europea. L'affermazione era chiaramente falsa: non erano vere né la cifra né la promessa. Ma una volta scritta sugli autobus britannici a due piani è diventata credibile.
- Ricordiamo ancora che parte della campagna per il referendum del 2016 si era giocata sulla presunta presenza di "troppi stranieri" sul suolo britannico. Per i favorevoli all'uscita (leave), la definizione di "straniero" coincideva con le persone provenienti da altri paesi dell'Unione europea. Una sorta di versione britannica dell'"idraulico polacco".
Dopo il voto per uscire dall’Unione e anni di incertezze, negoziati sfiancanti e psicodrammi in parlamento, almeno un milione di europei ha deciso di lasciare il paese dove aveva ricostruito la sua vita ma dove non si sentiva più benvenuto. I britannici ne hanno patito le conseguenze prima di tutto nel sistema sanitario, che dipendeva molto dal personale straniero. Nel frattempo nessuno ha prestato molta attenzione agli autotrasportatori, che a causa di complicazioni amministrative hanno deciso di tornare nel loro paese.
- È vero, i sostenitori della Brexit argomentano che lasciare l’UE consentirebbe all’Inghilterra la libertà di fare cose stupende – deregolamentare e mettere in libertà la magia dei mercati, portando ad una crescita esplosiva. Mi dispiace, ma questa è soltanto economia voodoo confezionata con la bandiera britannica; è la medesima fantasia sul libero mercato che si è dimostrata illusoria, sempre e dappertutto.
- I fallimenti dell’UE hanno prodotto una minacciosa ascesa del nazionalismo reazionario e razzista – ma la Brexit, anche troppo probabilmente, rafforzerebbe ulteriormente quelle forze, sia in Inghilterra che in tutto il Continente.
- La Brexit è probabilmente solo l’inizio, dato che movimenti populisti/separatisti/xenofobi acquistano influenza in tutto il continente. Si aggiunga a questo la sottostante debolezza dell’economia europea, che è la massima candidata alla “stagnazione secolare” – una persistente leggera depressione guidata da fenomeni come il declino demografico, che scoraggiano gli investimenti. Molte persone sono oggi del tutto pessimiste sul futuro dell’Europa, e io condivido le loro preoccupazioni.
- Sì, la Brexit renderà l’Inghilterra più povera. È difficile esprimere con un numero gli effetti commerciali dell’abbandono dell’UE, ma saranno sostanziali. È vero, le normali tariffe della WTO (le tariffe che i membri della Organizzazione Mondiale del Commercio come l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione Europea riscuotono sulle reciproche esportazioni) sono basse ed altre tradizionali limitazioni sono relativamente leggere. Ma tutto quello che osserviamo sia in Europa che nel Nord America indica che la garanzia dell’accesso ai mercati ha un grande effetto di incoraggiamento negli investimenti a lungo termine rivolti alle vendite all’estero; revocare quella garanzia, nel corso del tempo, provocherà una erosione ai commerci, persino in assenza di ogni genere di guerra commerciale. E, di conseguenza, l’Inghilterra diventerà meno produttiva.
- Una normale analisi economica parla chiaramente: la Brexit renderebbe l’Inghilterra più povera. Non porterebbe necessariamente ad una guerra commerciale, ma certamente danneggerebbe il commercio inglese con il resto dell’Europa, riducendo la produttività e i redditi. I miei calcoli approssimativi, che sono in linea con altre stime, indicano che il Regno Unito si ritroverebbe ad essere più povero del 2 per cento, in sostanza per sempre, rispetto a quanto sarebbe altrimenti. Il che sarebbe un gran danno.
- A pagarne le conseguenze è stata la libertà di parola: gli europeisti sono stati messi alla gogna, i giudici tacciati di essere "nemici del popolo", gli oppositori della Brexit minacciati. Nessuna democrazia dovrebbe ritrovarsi in una simile situazione.
- Ci avevano detto che la Brexit non avrebbe favorito l'indipendenza della Scozia e l'unità dell'Irlanda. Invece sta accadendo il contrario.
- Gli inglesi si aspettano, erroneamente, un futuro irreale e forse troppo ottimista.
- Il referendum sull'unità dell'Irlanda non è alle porte. Ma un giorno arriverà. E se i nordirlandesi votassero per la riunificazione, quelli che sinora hanno ignorato i pericoli della Brexit dovranno risponderne per aver causato lo smantellamento di un altro pezzo del Regno Unito.
- La Brexit ha diviso l'Inghilterra e il Galles dalla Scozia e dall'Irlanda del Nord. Ha diviso partiti politici e famiglie, i giovani dai vecchi, gli imprenditori e i sindacati. E poi gli amici. Appena il suo pieno impatto sarà evidente con l'Anno Nuovo, vecchie ferite potrebbero riaprirsi.
- La nostra notevole influenza internazionale si è basata sulla nostra storia e reputazione, sostenuta dall'appartenenza all'Unione Europea e la stretta alleanza con gli Stati Uniti. Ora, all'improvviso, non siamo più quell'insostitubile ponte tra Europa e America. Perché siamo meno rilevanti per entrambi.
- Le speranze di chi ha favorito l'uscita dall'Ue sono alle stelle. Ci dicono che gli altri Paesi fanno la fila per fare affari con noi, che i giorni migliori sono i futuri. Parole belle, che io stesso spero siano vere, ma l'esperienza personale nelle negoziazioni internazionali mi fa dubitare fortemente fortemente che si realizzeranno.
- Nella Brexit, la finzione ha superato la realtà e ha fatto che sì che molte persone credessero in un passato che non c'è mai stato. Allo stesso tempo, è stato fomentato un entusiasmo in un futuro che potrebbe mai avverarsi.
- Noi non siamo più una grande potenza. Non lo saremo mai più. In un mondo di quasi 8 miliardi di persone, meno dell'1% è britannico.
- Sappiamo che gli Brexiteers vogliono prendere, ma non abbiamo ancora sentito alcun discorso che spieghi cosa, il nostro Paese, sia realmente pronto ad offrire. Pensare che l'Europa ci conceda tutto ciò che desideriamo, è estremamente naive.
Citazioni in ordine temporale.
- Prima di tutto, bisogna accettare il risultato del referendum, senza fare dei strani giochi in parlamento. In secondo luogo, dovremo spiegare agli altri stati membri che la principale ragione per cui la maggioranza ha votato per lasciare l'Ue è la questione della libera circolazione delle persone.
- Dovremo rimboccarci le maniche, le nostre aziende dovranno lavorare di più di quanto abbiano fatto fino ad ora, i nostri diplomatici dovranno essere più bravi che in passato. Ne possiamo uscire, ma solo se abbracciamo questa sfida come un grande progetto di tutti. Io ho votato "Remain" perché pensavo ci fossero rischi ad uscire, ma ora dobbiamo essere ottimisti e guardare avanti.
- In generale, non c’è una differenza economica sostanziale tra coloro che hanno votato a favore della Brexit e quelli che hanno votato contro – infatti, i sostenitori del Leave sono solo leggermente più ricchi dei sostenitori del Remain. Alcuni suggeriscono che il voto pro-Brexit è stato determinato dalle vittime, dagli esclusi della globalizzazione – in poche parole dai poveri del Nord-Est dell’Inghilterra. In realtà, questa non è altro che una minima parte di un gruppo di sostenitori molto più ampio, che comprende anche molte persone ricche che hanno votato a favore della Brexit.
- Se si è dalla parte degli elettori anti-Brexit, si tende a descrivere i Remainers come più aperti e i Leavers come più chiusi. Se si è pro-Brexit, si tende a dire che i Leavers sono più orgogliosi della Gran Bretagna e i Remainers più cosmopoliti. Questo è ormai fortemente radicato nella storia e nell’identità britannica.
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