Rory Stewart

politico britannico

Roderick James Nugent Stewart (1973 – vivente), militare, politico e scrittore britannico.

Rory Stewart nel 2015

Citazioni di Rory Stewart modifica

  Citazioni in ordine temporale.

Da "Basta tentennamenti, dobbiamo ascoltare le richieste della gente"

Sul referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. Intervista di Ferdinando Giugliano, repubblica.it, 1º luglio 2016.

  • Prima di tutto, bisogna accettare il risultato del referendum, senza fare dei strani giochi in parlamento. In secondo luogo, dovremo spiegare agli altri stati membri che la principale ragione per cui la maggioranza ha votato per lasciare l'Ue è la questione della libera circolazione delle persone.
  • [Su Boris Johnson] È un outsider, molti parlamentari non lo conoscono. Inoltre, il fronte del "Leave" non è davvero sicuro che Johnson sia a favore di Brexit, mentre chi ha votato "Remain" lo accusa di essersi schierato al fianco di Nigel Farage e delle sue posizioni anti-immigrati. Senza di lui, il "Leave" non avrebbe vinto.
  • Dovremo rimboccarci le maniche, le nostre aziende dovranno lavorare di più di quanto abbiano fatto fino ad ora, i nostri diplomatici dovranno essere più bravi che in passato. Ne possiamo uscire, ma solo se abbracciamo questa sfida come un grande progetto di tutti. Io ho votato "Remain" perché pensavo ci fossero rischi ad uscire, ma ora dobbiamo essere ottimisti e guardare avanti.

Da "Vorrei che Londra rimanesse una delle capitali d'Europa"

legrandcontinent.eu, 18 marzo 2021.

  • In generale, non c’è una differenza economica sostanziale tra coloro che hanno votato a favore della Brexit e quelli che hanno votato contro – infatti, i sostenitori del Leave sono solo leggermente più ricchi dei sostenitori del Remain. Alcuni suggeriscono che il voto pro-Brexit è stato determinato dalle vittime, dagli esclusi della globalizzazione – in poche parole dai poveri del Nord-Est dell’Inghilterra. In realtà, questa non è altro che una minima parte di un gruppo di sostenitori molto più ampio, che comprende anche molte persone ricche che hanno votato a favore della Brexit.
  • Se si è dalla parte degli elettori anti-Brexit, si tende a descrivere i Remainers come più aperti e i Leavers come più chiusi. Se si è pro-Brexit, si tende a dire che i Leavers sono più orgogliosi della Gran Bretagna e i Remainers più cosmopoliti. Questo è ormai fortemente radicato nella storia e nell’identità britannica.
  • La monarchia è infinitamente cerimoniale e apolitica. Anche nei momenti più importanti della sua esistenza non ha preso posizione, non si è schierata. Non ha nemmeno espresso un parere sull’indipendenza scozzese che minacciava l’unità del Regno Unito, nonostante questa fosse la ragion d’essere della monarchia stessa. La monarchia potrà dunque sopravvivere alla Brexit, ma solo a costo di diventare sempre più periferica.
  • C’è un urgente bisogno di capire che Londra non è una città-stato. Non è Hong Kong o Singapore o la Venezia del XV secolo; è la capitale del nostro paese. Londra ha enormi obblighi nei confronti delle aree marginali del Regno Unito. La città genera denaro per il Regno Unito, certo, ma trae da questo anche molta della sua energia. È quindi di estrema importanza impedire che la politica londinese diventi provinciale.
  • Noi esseri umani siamo animali politici, e come tali abbiamo tutti bisogno di partecipare attivamente alla nostra cittadinanza e di contare di più nelle nostre decisioni. L’attuale modello di governo è condiscendente, offensivo e infantilizzante per i nostri cittadini.
  • Eton, dove ho fatto il liceo così come Boris, è quasi come una scuola professionale specializzata, che funziona come una sorta di versione britannica dell’ENA, trasposta al liceo. La gente fraintende la sua natura quando immagina che la selezione sia basata sulle tradizionali differenze di classe. In realtà, gli ex Etoniani che ora sono parlamentari, Arcivescovi di Canterbury, ecc. non sono generalmente di origine aristocratica. Di solito sono figli di professionisti, accademici o funzionari pubblici, ma quello che hanno in comune è il fatto che hanno frequentato una scuola secondaria che si è concentrata sulla formazione di ufficiali dell’esercito, politici e alti funzionari statali per quasi cinquecento anni. Ciononostante, nel discorso britannico questa realtà non è conosciuta; al contrario, Eton è additata come simbolo di un presunto potere esercitato dalla vecchia aristocrazia sulla vita pubblica, e la sua immagine è usata per stigmatizzare un’illusoria opposizione tra il popolo ed i miliardari. In realtà, il 7-8% della popolazione britannica frequenta scuole private con rette paragonabili a quelle di Eton; pochissimi di loro entrano in politica.
  • Quella impiegata da Boris Johnson è una versione esagerata di ciò che la politica ha sempre fatto, cioè raccontare favole. Tutti i politici praticano un esercizio di marketing molto curioso, semplificando le idee in modo grottesco. Si riferiscono ai loro elettori come alle vittime di un nemico immaginario – comunque lo si voglia chiamare: i banchieri, l’élite, l’altro partito politico – e si atteggiano a salvatori offrendo una soluzione semplicistica. E, per qualche misteriosa ragione, il pubblico si lascia ancora e ancora abbindolare da questa favola, senza essere in grado di smascherarne il funzionamento.
  • Se aveste chiesto ad Adriano o a Marco Aurelio in cosa consistesse il mestiere d’imperatore, loro non avrebbero risposto offrendo queste visioni utopiche. Avrebbero definito l’essenza dell’imperatore come il cercare ogni giorno di essere giusto, riflessivo, il provare ad essere un buon romano, l’assicurarsi che le persone siano trattate in modo equo, che la fornitura di acqua funzioni correttamente. Lo stesso vale per la democrazia in Grecia nel suo momento di massima espansione: gli ateniesi cercavano di immaginare come vivere insieme in una città, non di reimmaginare l’universo.

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