Loretta Napoleoni

giornalista italiana

Loretta Napoleoni (1955 – vivente), economista e saggista italiana.

Loretta Napoleoni

Citazioni di Loretta Napoleoni modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Se le ideologie sono morte, non vuol dire che anche l'elettorato sia spirato.[1]
  • Il modo migliore per ricordare ed onorare la vita dell'ultimo grande eroe del XX secolo è prenderlo da esempio. Mandela come Ghandi prima di lui e Martin Luther King hanno combattuto battaglie reputate ai tempi impossibili, e lo hanno fatto sfidando la visione del mondo tradizionale espressa dall'opinione pubblica, in nome dell'eguaglianza tra gli uomini.[2]
  • Oggi ci sembra assurdo che un regime come quello dell'apartheid sia mai esistito, che bianchi e neri vivessero segregati, che indiani, bianchi o neri non potessero sposarsi e vivere gli uni accanto agli altri. Come ci sembra assurda l'idea che negli Stati Uniti ci fossero fontanelle separate per i bianchi ed i neri e che gli inglesi fossero i proprietari dell'India, ma era così.[2]
  • L'apartheid moderno è questo: la discriminazione basata sul censo, tacita ma tanto efficace quanto quella antica che poggiava su leggi razziali specifiche. La ricchezza è la barriera che impedisce ad un gruppo di persone di godere dei privilegi di un altro. Difficile da abbattere perché in fondo questa discriminazione non solo è sempre esistita ma in un certo senso è sempre stata accettata da tutti, come se fosse naturale che chi nasceva ricco avesse davanti a sé una vita con maggiori opportunità di chi invece veniva al mondo povero.[2]
  • La disintegrazione del Medio Oriente assomiglia a quella del blocco Sovietico, è frutto dello scontro tra due forze interne una centripeta ed una centrifuga. L'implosione è inevitabile, si tratta solo di una questione di tempo. La prima responsabilità di quanto sta accadendo è dei governi e delle popolazioni locali, come il fiasco sovietico fu frutto degli errori commessi al suo interno. Allora come oggi il ruolo dell'occidente fu minore di quanto si crede.[3]
  • La rivoluzione siriana sin dall'inizio è stata caratterizzata da settarismo etnico, religioso e politico. Nel marasma dei vari gruppi si sono inseriti gli sponsor arabi che hanno creato le loro milizie. In questa nuova guerra per procura moderna (la prima è stata quella dei Balcani) chiunque aveva soldi da spendere si è fatto avanti, ma il problema centrale resta la cultura di servilismo dei rivoltosi locali, non solo in Siria ma in tutto il Medio Oriente: senza le armi e i soldi degli sponsor non succede nulla. A questa si aggiunge la corruzione delle forze armate e della polizia che per anni hanno agito da mercanti d'armi per i vari sponsor.[3]
  • L'insurrezione yemenita vede in prima fila, gli Houthi, un gruppo armato sciita che negli ultimi mesi ha conquistato il potere. Lo scorso settembre gli Houthi, che appartengono alla setta sciita Zaydi e sono originari del nord del paese, sono entrati a Sana, la capitale e l'hanno conquistata.[4]
  • La capitale Sana è ormai sull'orlo dell'anarchia, le manifestazioni di piazza sono giornaliere e spesso degenerano in scontri violenti. Esplosiva è anche la situazione nelle campagne dove l'impoverimento della popolazione è tangibile. Particolarmente calde sono le zone a sud del paese, dove la popolazione è a maggioranza sunnita. Qui si verificano gli scontri più violenti e qui la frequenza degli attacchi terroristici è massima.[4]
  • Il vero pericolo è che lo Yemen segua il triste destino della Siria senza che nessuno sia in grado di impedirlo, esattamente come è avvenuto in Siria. Le conseguenze sarebbero disastrose per la stabilità dell'intera regione dove i focolai di guerra civile sono già molti e dove lo Stato Islamico si presenta come la migliore soluzione politica per i sunniti.[4]
  • Oggi a differenza del 1979 il Medio Oriente è in fiamme e fa comodo avere un gruppo come l'Isis a portata di mano per reprimere gli sciiti, e se questo porta ad una guerra di sterminio che ben venga. In fondo l'Isis è stato inizialmente finanziato per questo motivo, per distruggere la dinastia Allawita in Siria e da lì continuare il lavoro di pulizia etnica-religiosa nel resto della regione.[5]
  • L'unico modo per affrontare la carneficina in atto nel Medio Oriente e fermare gli attacchi terroristi sporadici in Occidente è smettere di giocare ai buoni ed ai cattivi e mettersi nei panni della popolazione musulmana, non solo quella che anela un cambiamento democratico ma anche quella che difende con le unghie ed i denti privilegi feudali che noi occidentali gli abbiamo regalato. Il che equivale ad essere "politically incorrect". Vediamo se qualcuno ha il coraggio di farlo![5]
  • In Yemen come in Iraq, il paese è diviso tra forze sciite e sunnite. Dalla fine della primavera, in Yemen ci sono due capitali, Sanaa e Aden, in mano a fazioni diverse. Ormai è anche chiaro che le forze pro-saudite sono impantanate in una guerra di lungo periodo. I colloqui di pace che si sono tenuti in Svizzera a dicembre non hanno prodotto buoni risultati ed è molto probabile che quando verranno ripresi a gennaio non si riesca ad arrivare ad un accordo.[6]
  • La guerra civile e per procura yemenita è solo uno degli aspetti anacronistici di un Medio Oriente in fiamme a causa dello scontro di due super potenze islamiche oggi entrambe alleate di quelle occidentali.[6]
  • L'Isis non ha fatto ancora la sua comparsa in Yemen quale forza politica di rilievo, è possibile che ciò avvenga nel 2016, in fondo questa nazione sembra destinata condividere l'amaro fato della Siria.[6]
  • Anche se Saddam non fosse stato impiccato, la situazione non sarebbe migliore di quella attuale.[7]
  • Moltissima gente guarda con nostalgia alla stabilità nel Paese durante il regime di Saddam Hussein, specie se si fanno paragoni con il caos odierno. Questo certo non vuol dire che l'Iraq non potrà mai aver un governo migliore o che il Paese è destinato ad essere una democrazia fallita.[7]
  • La bandiera nera dello Stato islamico non sventola più sulle città del Califfato e infatti il numero di roccaforti ancora nelle mani dell'Isis è pressoché nullo: persino la Capitale, Raqqa, è sotto attacco. Non possiamo più parlare di un progetto nazionalista perché l'idea di costruire un nuovo Stato, la versione moderna del vecchio Califfato, sta sfumando e con lei anche il messaggio propagandistico dell'Isis che tanta presa ha avuto sui giovani musulmani. Una vittoria? No, un passo in avanti, siamo ancora lontanissimi dalla risoluzione del problema e ancora più lontani dal neutralizzare la minaccia dell'Isis a casa nostra.[8]
  • La nuova narrativa, quella che da quasi due anni è stata abbracciata dall'Isis e dai suoi seguaci è la classica lotta armata. Ribaltando completamente la propaganda, il Califfo non incoraggia più i suoi seguaci a entrare nelle file dei combattenti in Siria o Iraq, ma al contrario, suggerisce loro di rimanere a casa e fare quello che possono.[8]
  • Più che radicalizzare i potenziali attentatori si cerca di stimolarli a liberare sentimenti negativi quali rabbia e odio nei confronti della società in cui vivono. Se analizziamo le vite degli attentatori occidentali ci accorgiamo che hanno avuto problemi con la legge, molti sono dei disadattati, alcuni sono convertiti e pochi sono giovanissimi. Altro elemento importante non esiste tra di loro uno spirito di corpo, vivono e agiscono da soli. Da qui la terminologia "lupo solitario".[8]
  • L'Iran è un paese giovane, con una forza lavoro che cresce del 2,5% all'anno, che necessita circa tre milioni di nuovi posti lavoro entro il 2020. Ma non basta, i giovani iraniani vogliono connettersi con il mondo esterno e far parte della comunità globale, sono stufi della propaganda islamica.[9]
  • [Sugli incendi in Amazzonia del 2019] La foresta dell'Amazzonia brucia ad un ritmo sostenuto, mai visto fino ad oggi, ed invece di correre ai ripari per salvare i polmoni del pianeta i populisti di turno si scambiano insulti su Twitter. Il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha addirittura accusato gli ambientalisti di aver appiccato i fuochi. Naturalmente tutti sanno che è lui, de facto, il responsabile dell'aumento degli incendi dal momento che ha abbassato le multe per i contadini che li accendono al fine di usare la terra per l'agricoltura o il pascolo delle mandrie. Bolsonaro, va detto, non crede nei cambiamenti climatici, che ha spesso descritto come una frottola. Ed, ahimè, non è l'unico che lo pensa ed in un certo senso questo spiega perché a livello internazionale si faccia poco o nulla per mettere fine a questa catastrofe ambientale. Balliamo sul Titanic, ignorando ciò che abbiamo davanti?[10]
  • [Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022] Una rapida vittoria dell’occidente utilizzando le sanzioni economiche sembra improbabile per una serie di fattori: in primo luogo, Putin ha isolato la Russia dall’occidente sin dall’invasione della Crimea nel 2014. In secondo luogo, l’autosufficienza è stata accompagnata da un tentativo di diversificazione, con un deliberato perno politico nei confronti della Cina. In terzo luogo, la Russia ha utilizzato il denaro ricevuto dalle sue esportazioni di petrolio e gas per costruire sostanziali difese finanziarie. Infine, Mosca ha immense riserve in valuta estera e, per gli standard internazionali, ha livelli estremamente bassi di debito nazionale. Mentre la pandemia ha fatto salire il rapporto debito nazionale/Pil del Regno Unito al di sopra del 100 per cento, in Russia è oggi inferiore al 20 per cento. Putin si è preparato alla guerra, ha impiegato anni per farlo, e noi?[11]

Da Afghanistan, un paese fondato sull’oppio. E i talebani sono i primi a guadagnarci

Ilfattoquotidiano.it, 8 maggio 2016

  • Mentre negli anni Novanta, quando i Talebani erano al potere, la produzione di oppio era poco tollerata dal regime di Kandahar, durante gli anni della missione Nato, e cioè dal 2002 al 2014 questa è cresciuta. Nel 2014, quando la Nato ha lasciato l’Afghanistan, secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite il raccolto di oppio è stato da record. L’Afghanistan ha prodotto il 90 per cento del fabbisogno di “oppiacei illeciti al mondo”. Si tratta ormai di un’industria che è diventata la fonte primaria delle esportazioni del paese, nel 2014 contribuiva per il 13 per cento al Pil nazionale.
  • Tutta l’economia del paese dipende dalla produzione di oppio ed anche i poteri forti: polizia, governo e Talebani, dipendono da questa industria sfruttandone tutti i livelli, dal contadino fino al contrabbandiere. Talebani e poliziotti riscuotono pedaggi ai posti di blocco per attraversare i territori e le regioni da loro controllati.
  • A 15 anni dall’invasione dell’Afghanistan [...] non possiamo che fare un bilancio negativo dell’intervento militare in questo paese. Difficile formulare un’alternativa politica che migliori la situazione, una strategia che metta fine alla dipendenza economica dell’Afghanistan dagli oppiacei illegali. Forse andrebbe rispolverata una vecchia proposta che suggeriva di acquistare tutta la produzione di oppio per l’industria farmaceutica mondiale, che guarda caso è costantemente a corto di questo tipo di prodotti.

Da Guerra in Iraq: Mosul sarà ripresa, ma più di un milione di civili cercheranno rifugio

Ilfattoquotidiano.it, 23 ottobre 2016

  • Secondo le Nazioni Unite circa 700mila persone avranno bisogno di aiuti e assistenza immediati: abitazioni, cibo, acqua, per sopravvivere una volta lasciata la città. Questi esseri umani non hanno scelta: rimanere significa rischiare di morire sotto i bombardamenti e, per la popolazione sunnita, rischiare di essere "punita" dalle milizie sciite.
  • Chi pensa che solo il Califfato sia composto da fanatici religiosi, che si esaltano al pensiero di ripetere le grandi battaglie del passato, sbaglia di grosso. Anche gli "alleati" del presidente Obama fuori Mosul sono altrettanto fanatici.
  • Il viaggio verso l'Europa – poiché è lì che tutti i moderni sfollati vogliono andare – è costoso, lungo e pericolosissimo. I poveri non se lo possono permettere e finiscono nei campi profughi in Iraq. Al momento circa 4 milioni di iracheni vivono in questi campi in condizioni tremende, la maggior parte sono sunniti che con la distruzione delle proprie città hanno perso tutto, quel poco che avevano.
  • La conquista di Mosul sarà una vittoria di breve durata: aprirà un nuovo capitolo di lotte intestine e fratricide in Iraq, alle quali parteciperanno gli sponsor internazionali, tra cui Iran e Turchia; costringerà più di un milione di persone a fuggire, creando un altro disastro umanitario che l'Europa dovrà gestire; arricchirà i contrabbandieri di uomini e l'industria europea dell'accoglienza dei profughi, questi ultimi guadagni verranno realizzati a spese del contribuente europeo.

Da Guerra in Siria, sotto la neve di Aleppo camminano i futuri jihadisti

Ilfattoquotidiano.it, 31 dicembre 2016

  • La guerra è guerra, potrebbero obiettare in molti, ma quella civile in Siria è la prima vera guerra del XXI secolo, un conflitto dove la propaganda online ed i social media giocano un ruolo chiave, di gran lunga superiore a quello militare. È infatti impossibile comprendere cosa davvero stia succedendo, distinguere tra i criminali di guerra e le loro vittime. Ed è difficile sotto tutti i punti di vista persino individuare i motivi ultimi di questa guerra.
  • Sin dall'inizio si è trattato di una guerra per procura, tra potenze sunnite e sciite sostenute dai loro alleati. La primavera araba è stata il casus belli, subito messo da parte da interessi ben più grandi.
  • Che fine hanno fatto i "nostri" ribelli? Ecco una domanda che nessuno si pone. Alcuni si muovono ancora tra le rovine dei quartieri poveri della città, ma molti sono fuggiti, chi nei territori occupati ancora dall'Isis, chi ad Idlib, dove i gruppi armati "moderati" ancora resistono. Ma dall'Occidente non arrivano più soldi né aiuti perché Washington è piombata nel letargo post elettorale.
  • Il mondo ha rivissuto gli orrori della guerra in Kossovo ed in Serbia, ma questo non ha distratto nessuno dalla corse agli acquisti di Natale.
  • Se l'Occidente non interviene per proteggere i profughi siriani ed iracheni vittime del primo conflitto del XXI secolo questi saranno prede facili della propaganda jihadista. Tra quei bambini traumatizzati che seguono i genitori tra le rovine della loro città, sotto la neve di questo Natale di sangue, ci sono i futuri combattenti islamici, i futuri jihadisti. Un destino atroce per un'infanzia nata e nutrita dalla guerra.

Da Il futuro dell'Isis? Dipende dalla sete di vendetta

Ilfattoquotidiano.it, 30 luglio 2017

  • Non appena gli americani hanno lasciato il paese, il governo sciita di Maliki ha liberato i jihadisti (tra cui al Baghdadi) e ha permesso alle molte milizie di vendicarsi sulla popolazione sunnita. Il canovaccio di questa tragedia pluridecennale non è dunque cambiato e forse non può essere modificato con facilità è proprio questo che l'ISIS e la comunità jihadista vogliono farci credere, che per i sunniti non ci sarà pace al di fuori del Califfato. Solo la nuova nazione può riportare un certo grado di normalità nel quotidiano, solo il califfato può garantire la loro liberazione.
  • Lo Stato islamico ha portato l'ordine, nonché l'elettricità e l'acqua corrente. Nonostante l'orrore della legge sharia, la popolazione locale l'ha accettata perché per secoli i leader tribali l'hanno applicata.
  • Senza riconciliazione, è solo una questione di tempo prima che la popolazione sunnita sviluppi nostalgia per il califfato e percepisca la sua brutalità come una solida difesa dei sunniti contro il mondo.
  • I politici e gli esperti concordano che per sconfiggere l'ISIS bisogna sradicare la causa principale della sua esistenza, ma poche persone concordano sulla sua natura. Dall'invasione dell'Iraq nel 2003, la vendetta è stata l'unica bandiera per ricercare la legittimità e commettere atrocità l'unico strumento per garantire il potere. In poche parole, questa è la madre tutte le cause della catastrofe che si è svolta in Iraq e in Siria e la linfa vitale del califfato. Se non si può rimuoverla, la storia si ripeterà e l'ISIS continuerà a rinascere dalle ceneri dell'ultima reincarnazione.
  • La caduta di Mosul è molto importante, simbolicamente è un grosso colpo per il califfato perché la sua vera anima è irachena e non siriana. Ed irachena è anche la leadership il cui obiettivo è sempre stato costruire un nuovo stato in Iraq.
  • Non importa quanto sia grande o se il gruppo che lo gestisce si chiama ISIS o qualcos'altro, a questo punto le sigle sono irrilevanti, ciò che conta è che esiste ancora. Non importa se ha perso l'80 per cento del suo territorio, ciò che conta è che non venga sconfitto. E la sconfitta verrà solo con pace non con la guerra. Una pace che implica nuove frontiere, ovvero una divisione dell'Iraq e della Siria, che idealmente includa anche piccole città e regioni indipendenti per le minoranze, ad esempio Cristiani e Yazidis.

Da Clima, il mondo salvato dai bambini

Ilfattoquotidiano.it, 29 settembre 2019

  • Il discorso di Greta Thunberg alle Nazioni Unite condanna tutti coloro che hanno celebrato un modello economico di eterna crescita. Questa illusione ha rubato il futuro ai nostri figli e nipoti. È un’accusa pesante, che ci mette di fronte ad una realtà surreale, la sopravvivenza della specie è un codice che ci portiamo dentro dagli albori della comparsa dei nostri antenati sulla terra, è stato il motore della nostra evoluzione, adesso, invece di continuare lungo questa strada, le nostre azioni remano a favore dell’estinzione. E dato che i cambiamenti climatici sono già arrivati, li viviamo stagione dopo stagione, negare tutto ciò vuole dire essere ipocriti.
  • Mentre i genitori si comportano come bambini terrorizzati di fronte al mostro climatico che sta per buttare giù la porta della loro stanza per mangiarli in un boccone, i figli si organizzano per combattere ed abbattere il mostro. I bambini veri non hanno paura perché non conoscono il cinismo.
  • Cambiare vita, abbandonare l'accumulazione delle cose, smettere di comprare, riciclare, riparare ciò che si rompe, vivere con l'essenziale e concentrarsi su valori non materialistici, imparare a goderci il suono di una cascata, la bellezza di una passeggiata nel bosco, entrare in sintonia la natura anch'essa rischio di estinzione è liberatorio. Tutta la zavorra consumistica che ci portiamo addosso ci rende schiavi del possesso.

Da Possibile che il Coronavirus metta in ginocchio il mondo?

Ilfattoquotidiano.it, 1 marzo 2020

  • Fortunatamente il coronavirus non ha un tasso di mortalità elevato: non è l'Ebola né la peste. Ma la reazione irrazionale del mondo intero lo rende tanto pericoloso quanto queste malattie. Ma perché non si è detto subito che era un nuovo virus influenzale poco pericoloso per le persone in buona salute?
  • Prendersela con i cinesi è stato un errore, li ha messi sulla difensiva e ha spinto il resto del mondo a emarginarli quando invece c'era bisogno di collaborare.
  • L'Organizzazione mondiale della sanità doveva chiaramente mettere in guardia contro le misure applicate per la Sars all'inizio del secolo, poiché era chiaro che non avrebbero funzionato oggi. Il virus si trasmette per stretto contatto e oggi siamo tutti molto ma molto più vicini gli uni agli altri: basta menzionare il turismo di massa o le navi da crociera, focolai fenomenali per le epidemie. L'Oms doveva anche mettere in guardia contro le conseguenze per l'economia mondiale della psicosi, dell’isteria popolare. Infine doveva fare appello ai media per evitare il panico.
  • Il panico e l'isteria si diffondono ancora più velocemente del virus. Anche qui negli Stati Uniti, dove il presidente Trump continua a dire che l'epidemia è sotto controllo e il rischio basso, è iniziata la corsa agli scaffali dei supermercati: impossibile trovare le mascherine, per non parlare poi delle confezioni di pasti sottovuoto che si conservano per decenni, anche queste svanite.

Da Trump è il nuovo Nixon, un abile imbroglione che sfrutta a suo vantaggio gli scontri di piazza

Ilfattoquotidiano.it, 7 giugno 2020

  • Come il 2020, annus horribilis americano, il 1968 era un anno elettorale che avrebbe portato alla Casa Bianca Richard Nixon, un repubblicano che adesso sappiamo era senza scrupoli, ma che allora sembrava ben incarnare i valori conservatori di quell’America agiata che grazie al Piano Marshall stava diventando ancora più ricca. Un’America bianca, naturalmente.
  • Nixon intuì l'importanza di presentarsi come il difensore dello status quo, il garante dell'ordine e sfruttò al massimo le tensioni del 1968. Oggi Donald Trump sta facendo la stessa cosa. Da febbraio ha trasformato la pandemia in una piattaforma elettorale giornaliera e da due settimane le manifestazioni e gli scontri di piazza nell'antitesi della "sua America". Trump è il nuovo Nixon, un abile imbroglione.
  • Le tensioni sociali potevano essere evitate se si fosse agito per tempo. Da sempre gli afro-americani muoiono per mano dei poliziotti, nel 1992 Rodney King venne ucciso a Los Angeles in un modo simile all'esecuzione di George Floyd. La scena venne ripresa da un passante che aveva una video camera ed i network la mostrarono. Quasi trent'anni dopo ce la ritroviamo davanti. Non va bene, non va affatto bene.

Da Usa, siamo in piena guerra fredda 3D: tornare indietro non si può

Ilfattoquotidiano.it, 19 luglio 2020

  • A livello politico il mondo ha metabolizzato il nazionalismo spocchioso di Trump, si pensi a paesi come la Polonia o l'Ungheria, ma anche al Regno Unito della Brexit; il mondo ha anche imparato a non fidarsi degli Stati Uniti ed a guardare a Washington non più come un ombrello protettivo ma come una nazione tra molte altre, anche se ancora grande ed importante. In questo contesto Pechino ha smesso di evitare qualsiasi confronto con Washington per paura di pestare i piedi alla superpotenza e ha iniziato a tessere una politica estera in aperta opposizione all'amministrazione Trump, si pensi all'accordo recente con l'Iran.
  • Cosa propone Biden? Un ritorno al passato di Obama, che in politica estera non è stato affatto glorioso, e a quello ancora più remoto dell’amministrazione Clinton. Così l'amministrazione Biden si opporrà all'annessione da parte di Israele del 30% della West Bank, ri-confirmerà gli accordi nucleari del 2015 con l'Iran, che Trump ha abbandonato nel 2018, purché Teheran faccia quanto promesso, e avrà un atteggiamento più scettico nei confronti di Putin. Tutte proposte interessanti ma che serviranno a ben poco per frenare le trasformazioni geopolitiche in atto, per rilanciare il primato degli Stati Uniti o garantire un equilibrio mondiale.
  • Con o senza una rielezione di Trump il declino degli Stati Uniti è inarrestabile, come fu per l'Unione Sovietica il viale del tramonto sarà lungo e passerà attraverso cambiamenti epocali, incomprensibili a una classe politica ferma ai tempi d'oro della supremazia americana.

Da Usa 2020, siamo di fronte alla disintegrazione del sogno americano

Ilfattoquotidiano.it, 8 novembre 2020

  • [Sul collegio elettorale degli Stati Uniti d'America] Una democrazia occidentale non può eleggere chi la rappresenta in questo modo, né può trascinare per giorni e giorni i risultati nazionali. Questo tipo di comportamento è associato con nazioni arretrate, democrazie allo stremo, mal funzionanti. Una nazione ancora considerata guida per l’occidente non può non avere un processo di transizione a prova di bomba, dove i candidati si comportano onorevolmente. Le frodi elettorali appartengono agli stati falliti, alle dittature mascherate da democrazie. Eppure è questo che sta succedendo negli Stati Uniti.
  • Il 78enne Joe Biden che – bambino negli anni Cinquanta – diceva alla madre che il suo sogno era diventare presidente, sarà leader di una nazione che non ha nulla a che vedere con quella della sua infanzia. Governerà un paese dove la sicurezza viene dalle armi tenute in casa e non dalla fiducia in chi vive alla Casa Bianca.
  • È triste per tutti accettare la disintegrazione del sogno americano: in fondo, anche se la supremazia americana ha fatto molti danni nel mondo, l'idea di una nazione di infinite opportunità dove i giovani contavano e avanzavano era un sogno condiviso, che – anche se irrealizzabile a casa nostra – galvanizzava le nostre menti.

Da Angela Merkel, una solida alternativa alla politica del testosterone

Ilfattoquotidiano.it, 22 novembre 2020

  • [Su Angela Merkel] La sua più grande vittoria non è l’essere sopravvissuta per così tanto tempo nel recinto del narcisismo politico, né l’essere diventata il leader politico tedesco post-bellico con la maggiore anzianità a pari-merito con Helmut Köhl, ma aver gestito mirabilmente la politica interna ed estera tedesca ed europea durante le frequenti ondate di testosterone lanciate dai suoi colleghi maschi. Come c’è riuscita? Di certo l’ha aiutata l’essere intelligente, colta e anche scaltra, ma il vero segreto del successo è l’istinto politico che questa donna ha sviluppato durante l’adolescenza e la giovinezza.
  • L’abilità politica di questa donna, che ha un dottorato in fisica quantistica e non ha studiato legge, politica o economia come gran parte dei politici, sta nello scegliere le battaglie che vale la pena combattere e vincere senza farsi influenzare dall’ideologia.
  • La storia [...] non la descriverà come cauta né imprevedibile, ma come una grande leader sempre in sintonia con la realtà, una cancelliera al servizio del proprio popolo, che una volta abbandonata la scena politica si godrà una vecchiaia tranquilla, lontano dai riflettori. La storia la celebrerà anche per la gestione della pandemia, che coraggiosamente Merkel ha descritto come la crisi più seria per il paese dalla seconda guerra mondiale. Con razionalità, conoscenza scientifica e grande umiltà la cancelliera ha affrontato la minaccia del coronavirus, a differenza di altri politici non ha mai sminuito né ingigantito il problema, lo ha costantemente analizzato sviluppando strategie ad hoc.

Da I ‘patrioti’ Usa combattono nemici inesistenti. Che vivano fuori dalla realtà (come Renzi)?

Ilfattoquotidiano.it, 17 gennaio 2021

  • In Italia c’è la crisi di governo e negli Stati Uniti c’è stato un tentativo di insurrezione contro lo Stato. La pandemia non ferma né i profittatori né gli stupidi, perché bisogna solo che essere stupidi a credere di poter rovesciare i risultati elettorali americani assaltando il congresso e facendosi i selfie nell’ufficio di Nancy Pelosi, il presidente della Camera.
  • La retorica dell’ultra destra americana che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca è sempre stata intrisa di sfrenato patriottismo alimentato dalla certezza che i veri patrioti sono principalmente loro, i seguaci di gente come Steve Bannon, i bianchi ed gli ultra conservatori. Convincerli che le elezioni sono state frodate, che il vincitore è stato Trump e non Biden, è stato un gioco da ragazzi. Sui social l’ultradestra ha una vastissima varietà di canali di fake news dove circolano le storie più incredibili alle quali che chi li frequenta giornalmente crede ciecamente.
  • In passato gli ultras della destra non votavano, rifiutando di riconoscersi in uno dei due partiti ma da quando George W. Bush è arrivato alla Casa Bianca con i voti dei fondamentalisti cristiani il partito repubblicano ha iniziato a corteggiare l’estremismo di destra. E Trump ne è diventato il profeta, il messia della nebulosa di gruppi di esaltati come QAnon, i cui membri compaiono in prima linea nell’assalto al congresso, gruppi che credono nelle storie più assurde, inclusa quella che Trump sia stato scelto da Dio per riportare la nazione alla sua gloria, make America great again, insomma. Altro che patrioti, questi estremisti assomigliano ai seguaci dello Stato Islamico anche loro convinti di essere chiamati a combattere da Dio.

Da Irlanda del Nord, dopo Brexit si teme il ritorno della violenza politica

Ilfattoquotidiano.it, 11 aprile 2021

  • Era prevedibile che l’accordo stipulato tra l’Unione Europea e il Regno Unito riguardo al confine irlandese riattivasse nell’Irlanda del Nord le tensioni politiche tra unionisti e filo-repubblicani. Ma nessuno aveva previsto una ripresa tanto rapida e feroce della violenza politica.
  • La genesi della rinascita della violenza politica nell’Irlanda del Nord va ricercata nei trattati stipulati da un governo britannico disattento, che ha voluto raggiungere un compromesso a tutti i costi, e dalla burocrazia governativa di Bruxelles, che in materia politica è decisamente poco professionale perché fondamentalmente autoreferenziale.
  • A 100 giorni dalla Brexit il pensiero che nell’Irlanda del Nord torni la violenza politica degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta fa paura, e ci si augura che sia Boris Johnson che Ursula Von der Leyen non vogliano passare alla storia come coloro che ne hanno riacceso la miccia.

Da Afghanistan, la guerra fredda tutta economica: l’alleanza tra califfati 2.0 e potenze anti-Usa in nome del denaro e della supremazia

Ilfattoquotidiano.it, 22 agosto 2021

  • La sconfitta americana in Afghanistan è immensamente più seria in termini simbolici ed anche in termini reali della caduta di Saigon e della capitolazione sovietica in Afghanistan. Saigon venne conquistata dalle truppe comuniste due anni dopo l’evacuazione di quelle americane, i mujaheddin impiegarono tre anni ad entrare a Kabul dopo il ritiro sovietico del 1989, Kabul, invece, è caduta in mano talebana tre settimane prima della data ufficiale del ritiro degli americani.
  • Oggi il nuovo conflitto geopolitico, che potrebbe anche non rimanere freddo, è agli albori, siamo, insomma all’inizio della partita a scacchi tra Cina e suoi alleati da una parte e Stati Uniti ed alleati dall’altra. L’Afghanistan è un fante che Washington ha appena perso mettendo a rischio altre pedine.
  • Negli Stati Uniti, dove c’è democrazia, la gente è stufa di pensare alle tragedie in terra straniera, agli americani della politica estera importa solo quando tocca il loro portafoglio. La maggioranza di loro concorda con Joe Biden che l’obiettivo delle guerre in Medio Oriente era far fuori Bin Laden ed al Qaeda non di trapiantare in questa regione i germogli della democrazia. E quindi è bene riportare i soldati a casa e smettere di spendere i soldi del contribuente per una guerra già vinta. Solo gli europei sembrano voler rimanere aggrappati a principi encomiabili come la difesa dei diritti umani, ma anche loro si limitano a fare petizioni su facebook ed a raccogliere collette.
  • Il costo complessivo per il contribuente americano è stato di 2.261 miliardi di dollari. Tanto, troppo. E per i talebani? Basta guardare i dati della esportazione di eroina, è stata quella polvere bianca la loro manna dal cielo.

Da Dopo due anni di Covid è arrivato il momento di fare chiarezza. E di assumersi le proprie responsabilità

Ilfattoquotidiano.it, 19 dicembre 2021

  • Leggendo i commenti della gente sui social media si evince la frustrazione riguardo alla mancanza di certezze. Certo la medicina non è una scienza esatta ma dopo 24 mesi ci si aspetta qualcosa di più. La gente si domanda se è davvero necessario prolungare l’emergenza? Se fa bene Macron a chiudere le frontiere al vicino Regno Unito dove i contagi sono ormai tanto elevati quando lo erano un anno fa, in pieno lockdown? E che dire delle nazioni che nel giro di poche ore diventano rosse obbligando chi arriva da queste destinazioni a fare la quarantena? Quello che la gente chiede alla classe politica e a medici, scienziati, immunologi, virologi e a chiunque si trovi in prima fila nella battaglia contro il Covid è un po’ di chiarezza e coerenza.
  • Negli Stati Uniti solo il 61 per cento della popolazione è vaccinato, mentre ad esempio nel Regno Unito il 70 per cento della popolazione ha ricevuto almeno due vaccini. Che l’amministrazione di Joe Biden abbia intensificato gli appelli affinché le persone si vaccinino serve a ben poco, è la politica dei singoli stati quella che davvero conta e questa riflette una visione politica, non scientifica, della pandemia.
  • La mancanza di chiarezza scientifica, la confusione riguardo al Covid e alle sue varianti, la natura sperimentale dei vaccini e la reticenza delle industrie farmaceutiche ad assumersi le responsabilità legate alle inevitabili conseguenze negative di questi in una percentuale, certamente minima ma sempre reale, della popolazione hanno creato un vuoto di informazione che, ahimè, è stato riempito dalla propaganda politica. L’alto numero dei no vax nel mondo è anche il prodotto di questo fenomeno. C’era da aspettarselo, la propaganda politica fa parte della storia dell’umanità.

Da Crisi ucraina, l’America non ha nessuna voglia di una nuova guerra. Rimane solo una spiegazione

Ilfattoquotidiano.it, 13 febbraio 2022

  • La stragrande maggioranza degli americani non solo non sta seguendo l’acuirsi della tensione tra Washington e Mosca, non potrebbe neppure individuare dove si trova l’Ucraina sul mappamondo.
  • Per l’Europa poi, nel bel mezzo di una crisi energetica che rischia di farci rivivere i tempi duri degli anni 70, questo è il momento peggiore per chiudere i rubinetti energetici russi. Diversa è la situazione degli Stati Uniti, dopo esserci ritirati dall’Afghanistan lasciando il paese in mano ai terroristi, adesso vogliono iniziare una nuova guerra dietro casa nostra usando la Nato. Stiamo scherzano? Una nazione che dopo 20 anni ha capitolato contro l’ex esercito degli ‘straccioni talebani’ adesso apre un nuovo fronte in Europa? Contro la Russia? Che probabilità hanno gli Stati Uniti, anche con le forze Nato, di sconfiggere l’esercito russo se non sono riusciti a vincere in 20 anni i Talebani in Afghanistan?
  • Biden, Johnson, Macron dovrebbero rileggersi le pagine di storia sulla costruzione del muro di Berlino e sulla crisi dei missili a Cuba. Allora l’intelligenza e l’abilità di chi guidava l’occidente hanno evitato lo scontro nucleare, quelli erano dei veri leader, politici al servizio dei propri cittadini non dei pavoni che vogliono solo fare la ruota.

Da Putin e la lezione del “topo alfa”: la guerra non la vuole, ma Usa e Regno Unito giocano col fuoco (perché le mani bruciate non sono le loro)

Ilfattoquotidiano.it, 21 febbraio 2022

  • A questo punto dell’interminabile annunciazione dell’invasione dell’Ucraina da parte dei Russi sembra proprio che l’obiettivo di Washington sia costringere la Russia ad intervenire ed a far tornare la guerra in Europa.
  • Una migliore soluzione, data la realtà geopolitica dell’area, che a differenza di quello che sostengono i polacchi non appartiene al centro ma all’Est Europa, è garantire la neutralità dell’Ucraina, proteggere questo cuscinetto tra Unione Europea e Nato da una parte e Russia dall’altra. Questa soluzione neutralizzerebbe Putin e darebbe alla sua psicologia di topo alfa una via d’uscita.
  • Sia Biden che Johnson stanno giocando con il fuoco pensando che a bruciarsi le mani non saranno loro. Un intervento armato in Ucraina si trasformerebbe subito in una guerra per procura. Il motivo? Per una percentuale della popolazione filorussa o di origine russa, le forze della Nato non saranno liberatrici ma conquistatrici. A quel punto rivivremo gli orrori del Kosovo, quelli dell’Afghanistan o della Siria. Solo che questa volta il topo alfa Vladimir Putin potrebbe decidere che è arrivato il momento di rivoltarsi contro chi gli dà la caccia da anni.

Da Zelensky a Sanremo, le “ospitate” del presidente ucraino e il rischio della banalizzazione della realtà

Ilfattoquotidiano.it, 29 gennaio 2023

  • I suoi cammei mediatici sono sempre e volutamente uguali. Vestito con i colori della guerra, dal verde bottiglia al marrone terra bruciata, spesso circondato dai simboli dell'Ucraina libera seduto alla scrivania con dietro l'immancabile bandiera nazionale. Zelensky compare come un'icona e subito si apre una finestra su un'altra dimensione, diametralmente opposta a quella festaiola e celebrativa che lo ospita. Cambia l'atmosfera in sala. Senza preamboli, non domanda. Esige armi per difendere il suo e il nostro paese da un nemico globale pronto a fagocitare tutto il mondo libero. Il tono non è di chi elemosina gli aiuti, ma è di chi ne ha diritto perché l’Ucraina è il baluardo della libertà, della democrazia, dell'indipendenza occidentali.
  • Ad ascoltarlo sembra che la Rivoluzione francese sia avvenuta a Kiev, che la prima monarchia parlamentare sia nata in Ucraina e che l'Ucraina sia sempre stata la culla della democrazia europea. Tanto il riciclaggio storico funziona che i cammei diventano una pausa di penitenza nel bel mezzo dell'ennesima celebrazione dei volti celebri, dei famosi, dei ricchi, dei privilegiati, dei belli; su questo sfondo surreale, lontanissimo dal quotidiano degli spettatori, le parole di Zelensky innescano il giusto senso di colpa e la corretta dose di rabbia che fanno sentire chi lo ascolta partecipe delle tragedie altrui mentre sta comodamente seduto sul divano di casa a guardare l'ennesimo programma di varietà.
  • La guerra in Ucraina non è una pellicola o un video gioco reality, la guerra è un'atrocità costante che ti dilania dentro. È la paura permanente di morire. È la deumanizzazione dell'individuo ed è per questo che in tutte le guerre il confine tra bene e male è in costantemente movimento. Non è mai un punto fisso. Per ogni carro armato che Zelensky chiede, un numero imprecisato di vite verranno perse, come per ogni carro armato che Vladimir Putin invia al fronte. Le armi uccidono per davvero.
  • Sostenere Zelensky è come fare il tifo per coloro che sul grande schermo stanno cercando l'ultimo figlio in vita della madre che ha perso tutti gli altrui nella guerra. Chi non ha provato questo sentimento mentre al cinema guardava Saving Private Ryan? E anche la pausa di penitenza è azzeccata, come fare il tifo per il ritrovamento di Private Ryan ci fa sentire meglio, così partecipare alla tragedia in Ucraina guardando i camei di Zelensky ci decolpevolizza per essere diventati tanto superficiali e francamente anche tanto stupidi. In questo contesto poteva il cammeo di Zelensky mancare a Sanremo?

Da La vera eredità di Silvio Berlusconi: trasformare l’Italia nella repubblica delle banane

Ilfattoquotidiano.it, 18 giugno 2023

  • Silvio Berlusconi era grottesco e geniale allo stesso tempo, caratteristiche che gli hanno permesso di creare quella che ormai tutti definiscono la politica spettacolo, una forma di degenerazione della democrazia che è diventata la modalità più gettonata di fare politica. Ben prima che Chavez inventasse il suo chat show per ingraziarsi l’audience della popolazione venezuelana, sciorinando falsità e facendo promesse da marinaio, Berlusconi assoggettava il suo impero mediatico ai bisogni ed alla propaganda di Forza Italia un partito ad personam, creato cioè per difendere e promuovere gli interessi di Silvio. Una verità nascosta abilmente dietro una buona dose di populismo ed una politica apertamente e costantemente discriminatoria nei confronti di tutto e tutti.
  • Tra le speranze illusorie di chi davvero credeva che Berlusconi avrebbe modernizzato il paese portandolo ai livelli delle grandi democrazie europee e l’orgoglio di chi si identificava nell’immagine casalinga del Silvio vitellone che raccontava le barzellette in Parlamento e risolveva tutto in due risate, l’Italia iniziava a piombare nel buio culturale in cui da decenni è prigioniera.
  • In quarant’anni Silvio ha trasformato il paese nella repubblica italiana delle banane. Lo ha fatto facilitando la diffusione del virus incurabile della politica berlusconiana. Il suo successo, la tenacia con cui è rimasto in sella nonostante l’opposizione ed i tentativi della magistratura di portare allo scoperto i suoi affari, hanno convinto un po’ tutti che questo modo di fare politica, la rete capillare di favoritismi e clientelismo, il riciclaggio della verità, la politica ad personam era l’unica formula vincente.

Da La violenza di genere in Italia mi fa pensare alla colonizzazione: così si va a caccia della donna

Ilfattoquotidiano.it, 10 settembre 2023

  • A prima vista il Bel Paese, meta ambita dai turisti durante tutto l’anno, non ha nulla a che spartire con lo squallore delle riserve del Nord America o con le bidonville indiane. Eppure, in tutti e tre questi luoghi le bambine vengono stuprate in case, le donne vengono trattate come prede sessuali e molte muoiono assassinate.
  • L’emancipazione femminile in Italia è un dato di fatto, le donne oggi sono infinitamente più libere e indipendenti che in passato, ma uscire dalla cucina dove il fascismo le aveva imprigionate quali angeli del focolare ed entrare negli uffici e nei consigli di amministrazione non è stata una transizione facile. Questo processo è partito dal basso ed è avvenuto senza il supporto dello Stato. Il femminismo è stato innanzitutto un movimento di emancipazione sociale che ha coinvolto le donne, è stato un movimento al femminile, con i maschi sempre tenuti ai margini, un movimento apolitico ed è giusto che sia stato così. La politica ne ha approfittato per rimanervi sempre estranea. E così l’Italia istituzionale, quella uscita dal fascismo, l’Italia della democrazia post bellica è rimasta fedele all’angelo del focolare e non ha fatto nulla per facilitare la transizione culturale verso l’eguaglianza tra i sessi, anzi l’ha culturalmente ostacolata riproponendo negli anni Novanta la dicotomia madre e sorella, moglie e puttana. I decenni del berlusconismo improntati alla politica-spettacolo l’hanno cementata concentrati sulla seconda, sostituendo alla puttana la figura della escort e della velina. Un fenomeno che ha mantenuto intatta la visione patriarcale made in Italy dei ruoli del femminile e del maschile. Una ferita sociale ed esistenziale, questa, profonda, una ferita che ancora oggi sanguina. E ogni goccia che ne fuoriesce corrisponde alla vita spezzata di una donna.
  • Lo stato italiano non ha promosso l’emancipazione della società di pari passo a quella della donna, come è accaduto in Francia, Spagna e tanti altri paesi. Questo fallimento ha prodotto due Italie, una dove vivono donne in carriera, emancipate, professioniste preparate e l’altra che ancora vede nella donna un oggetto di piacere, una bambola da strapazzare e, perché no, da uccidere quando la frustrazione maschile diventa ingestibile, specialmente quando la bambola dice di no e mette il maschio alla porta. Questa seconda Italia vede nell’emancipazione sessuale della donna non un diritto umano ma un peccato da punire con la violenza, una violenza da colonizzatore del corpo femminile, tanto, troppo simile a quella del colonialismo storico. Secondo questa logica il corpo delle donne appartiene a loro. Una devianza sociale che si infuoca giornalmente a causa dei successi delle donne in carriera, contro i quali l’uomo ignorante, che lo stato non ha educato al cambiamento, si sente esistenzialmente evirato dall’emancipazione delle donne, spiazzato, perso, inutile. Per riconnettersi con il suo essere di padrone assoluto del continente femminile, questo piccolo, insignificante e profondamente infelice uomo si rifugia nell’illusione della supremazia sessuale attraverso le sue manifestazioni più aberranti: lo stupro e il femminicidio.

Terrorismo S.p.A. modifica

  • Il terrorismo è entrato a far parte del contesto della vita moderna. Domina le prime pagine dei quotidiani, i dibattiti parlamentari e le discussioni al bar. Eppure, nonostante le diverse definizioni disponibili, pochi hanno un'idea chiara di che cosa sia davvero il "terrorismo". Anche l'aiuto che può venire dalla storia è limitato: il termine deriva dal regno del Terrore seguito alla Rivoluzione francese, ma riferimenti al terrorismo si possono far risalire fino ai tempi dell'Impero romano. (Prefazione, p. 11)
  • Il generale Mohammad Zia ul-Haq aveva un sogno: creare una confederazione islamica che si estendesse dal Turkmenistan al Kashmir, una potente lega panislamica sotto l'egemonia del Pakistan. Sia Casey che l'amministrazione americana lo incoraggiavano a coltivare questa fantasia. Per legittimare il Pakistan come alleato degli Stati Uniti e come avversario di prima linea contro l'Iran, Washington sosteneva che esso era uno stato laico, anche se nei fatti la sharia prevaleva sulla Costituzione scritta. (p. 128)
  • Seguendo le orme del generale Zia, Bhutto aveva ripreso in altra forma il sogno del dittatore: creare, sotto l'egemonia pakistana, un asse transcontinentale che si estendesse dal confine orientale con la Cina, comprendesse l'Afghanistan e le repubbliche dell'Asia centrale e giungesse fino alla regione petrolifera del mar Caspio (va osservata che la via della droga dall'Afghanistan all'Europa attraversa gli stessi territori). (p. 134)

Incipit di La morsa modifica

Terrorismo ed economia: ecco i temi più dibattuti degli ultimi anni. E se tra loro esistesse una relazione che va ben oltre le prime pagine dei giornali? Se la guerra contro il terrorismo, inaugurata da George W. Bush all'indomani dell'11 settembre, avesse in qualche modo contribuito alla crisi del credito? Si tratta d'interrogativi sconcertanti, che recentemente molti si pongono.
L'amministrazione Bush riceve da Bill Clinton un piccolo surplus e Barack Obama — che sale al potere nel mezzo della peggiore recessione del dopoguerra — eredita un debito pubblico di 10mila miliardi di dollari, pari al 70 per cento del Prodotto interno lordo americano, o meglio, al 18 per cento dell'economia mondiale. Dove sono finiti tutti quei soldi? Due guerre ancora in corso e un sistema di sicurezza ambiziosissimo, quanto inconsistente, prosciugano le finanze dello Stato e proiettano l'America nella rosa dei paesi con il debito pubblico più alto al mondo.

Note modifica

  1. Da Troppi ricchi per Brown, Internazionale, n. 715, 19 ottobre 2007, p. 19.
  2. a b c Da Nelson Mandela e la lotta alla moderna apartheid economica, Ilfattoquotidiano.it, 7 dicembre 2013.
  3. a b Da Medio Oriente, la soluzione non è inviare altre armi, Ilfattoquotidiano.it, 24 agosto 2014.
  4. a b c Da Yemen, un'altra guerra per procura con scenari apocalittici, Ilfattoquotidiano.it, 15 febbraio 2015.
  5. a b Da L'Isis vuole distruggere i timidi risultati della primavera araba, Ilfattoquotidiano.it, 28 giugno 2015.
  6. a b c Da Yemen, il Paese che rischia il destino della Siria, Ilfattoquotidiano.it, 27 dicembre 2015.
  7. a b Citato in Iraq sempre nal caos. 10 anni fa la morte di Saddam Hussein, Euronews.com, 30 dicembre 2016.
  8. a b c Da L'Isis abbandona l'idea del Califfato: la nuova narrativa è la classica lotta armata, Ilfattoquotidiano.it, 26 maggio 2017.
  9. Da Iran, il pericolo non è una nuova rivoluzione. Ma un’altra sanguinosa repressione dei giovani, Ilfattoquotidiano.it, 7 gennaio 2018.
  10. Da I roghi che bruciano le idee di Bolsonaro, Caffe.ch, 1 settembre 2019.
  11. Da La “Fortezza Russia” è pronta a limitare l’impatto delle sanzioni. Debito bassissimo, autosufficienza e gigantesche riserve di valuta, Ilfattoquotidiano.it, 25 febbraio 2022

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