David Foster Wallace

scrittore e saggista statunitense
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David Foster Wallace (1962 – 2008), scrittore e saggista statunitense.

David Foster Wallace nel 2006

Citazioni di David Foster Wallace

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  • A me sembra che quasi tutte le cose interessanti e vere nella mia vita e in quella dei miei amici implichino doppi vincoli o trappole in cui ti vengono offerte due alternative che si escludono a vicenda e tutt'e due implicano sacrifici che sembrano inaccettabili. [1]
  • American Psycho si può considerare una sorta di compendio performativo sui problemi sociali di fine anni Ottanta, ma non è nulla di più.[2]
  • C'è la gioia di imparare e la gioia di conoscere gli altri, e c'è tutta la roba religiosa e tutto il resto. Ma tutto il resto ormai rema contro quello che nella mia generazione e nella tua secondo me è molto diverso, che so, da quello dei nostri nonni: un'immensa, divorante, lancinante fame di piacere, e un vero senso di privazione quando non lo provi. Io non credo che lo farei, però credo che mi organizzerei in modo da avere intorno un sacco di amici che mi impediscano di farlo. [3]
  • [Riferito alla nascita della struttura di un libro] E tantissimo è viscerale e «questo sa di vero / questo non sa di vero; questo ha il sapore giusto / questo no», ed è solo quando arrivi più o meno a metà libro che secondo me cominci a vedere emergere il barlume di una struttura. Poi, certo, il grande incubo è che la struttura la vedi solo tu tu mentre per gli altri è un gran casino. [1]
  • Infinite Jest è stato immaginato come un libro triste. Non so come sia per voi e i vostri amici, ma so che la maggior parte degli amici miei è molto infelice.[4]
  • Insomma... come lavorare sodo quanto basta e investire quanto basta di te stesso per ottenere davvero dei risultati e allo stesso tempo preservare il genere di integrità che ti permette di avere un io diverso da ciò che ottieni. [1]
  • L'arte seria dovrebbe farci affrontare cose che sono difficili dentro di noi e nel mondo. E il pericolo è che se ci esercitiamo ad affrontare sempre meno e a provare sempre più piacere, la daremo vinta alle cose commerciali. [3]
  • [Riferito alle difficoltà incontrate nello scrivere Infinite Jest] Non sembrava una difficoltà fine a sé stessa; sembrava una difficoltà enorme spesa perché era necessario dire qualcosa di importante su quanto sia diventato difficile essere umani, e che non ci fossero altri modi per dirlo. [1]
  • Non ti conosco bene, e non so come sono fatti i tuoi amici. Ma a me sembra che questa sia una generazione più triste, e più affamata. E la cosa che mi fa paura è che, quando arriveremo noi al potere, quando saremo noi quelli di quarantacinque, cinquant'anni, non ci sarà nessuno... nessuno più anziano... non ci saranno persone più anziane di noi che si ricorderanno la Grande Depressione, o la guerra, persone che hanno alle spalle sacrifici considerevoli. E non ci sarà nessun limite ai nostri, come dire, appetiti. E anche alla nostra smania di sperperare le cose. (da Come diventare se stessi)
  • Per me la realtà attualmente è frammentata, o almeno questo è quello che sto vivendo. La difficoltà nello scrivere della realtà è che il testo è molto lineare e unificato. Io cerco sempre un modo per fratturare il testo, in modi che non sono completamente disorientati: si può prendere le righe e metterle in ordine diverso e questa sarebbe una bella frattura, ma nessuno leggerebbe, no? Perciò ci deve essere qualche interazione tra quanto è difficile e quanto è seducente per il lettore, così il lettore sarà disposto a farlo. Le note, per me, sono un buon compromesso.
It seems to me that reality's fractured right now, at least the reality that I live in. And the difficulty about writing one of those writing about that reality, is that text is very linear and it's very unified. I, anyway, am constantly on the lookout for ways to fracture the text that aren't totally disoriented. I mean, you can, you know, you can take the lines and jumble them up and that's nicely fractured, but nobody nobody's going to read it, right? So you've got, here's got to be some interplay between how difficult you make it for the reader and how seductive it is for the reader so the reader's willing to do it. The end notes were, for me, a useful compromise.[5]
  • Qualcuno magari vuole avere veramente successo come contabile e magari essere socio di un'impresa di contabilità. Arrivano i cinquant'anni e cade in depressione: "l'anello di ottone" a cui aveva puntato non ha messo le cose a posto. Quindi è per questo che mi vergogno a parlare di ciò [riferito alla sua vita personale]: non è molto interessante ed è molto comune. Quello che è veramente interessante è che c'è una parte di me che vuole attenzione e rispetto, ma è una mezza verità, alla fine per me questo non fa molta differenza, e l'ho imparato a vent'anni, non cambia nulla. Al di là della ragione per cui ti prestano attenzione, non è mai il motivo per cui è importante per te stesso. In ogni caso molti dei miei problemi di adesso riguardano il fatto che non ho un anello da raggiungere e spero in un suggerimento. [...] Le persone che ora mi interessano sono le persone che sono cresciute, che hanno una specie di crisi dei mezza età e tendono a diventare strane, perché il normale incentivo per alzarsi dal letto la mattina non vale più molto. Non ho ancora trovato nessuna motivazione soddisfacente però non sono ancora pronto a buttarmi giù da un edificio o cose del genere.
Somebody who wants to be a really successful cost accountant, right and be a partner of his accounting firm and achieves that at 50 and goes into something like a depression. "The brass ring I've been chasing does not make everything okay". So that's why I'm embarrassed to talk about it. It's just not particularly interesting. It's – what it is, is very, very average. I, this is what's very interesting is I,there's part of me that wants to get attention and respect. It doesn't really make very much difference to me because I learned in my 20s that it just doesn't change anything and that whatever you get paid attention for is never the stuff that you think is important about yourself anyway. So a lot of my problem right now is that I don't really have a brass ring and I'm kind of open to suggestions. [...] the people who most interest me now are the people, are people who are older and who have sort of been through a mid-life crisis. They tend to get weird because the normal incentives for getting out of bed don't tend to apply anymore. I have not found any satisfactory new ones, but I'm also not getting ready to, you know, jump off a building or anything.[5]
  • [Alla domanda su come abbia intenzione di trascorrere l'anno sabbatico] Se le esperienze passate contano qualcosa, probabilmente scriverò per un'ora al giorno e passerò tipo le restanti otto ore al giorno mordendomi le nocchie preoccupato di non star scrivendo.
I will, if past, if past experience holds true, I will probably write an hour a day and spend eight hours a day biting my knuckle and worrying about not writing.[5]
  • Secondo me in chiunque faccia satira, e probabilmente io ne ho fatta parecchia... c'è l'idea implicita, tacita che satireggiando qualcosa si crei forza motrice per il cambiamento. Cosa che di fatto non succede. Ma se non altro usi la satira come indicazione: metto questa cosa in ridicolo per dimostrare che è grottesca e inaccettabile, motivando così le persone a cambiare le cose. Ma quando satira e ironia non rispondono a quell'intervento, diventano un semplice strumento discorsivo fine a se stesso. Allora sì che le acqua si confondono. [3]
  • Venire a uno show televisivo stimola la ghiandola del "come sembrerò" come nessuna altra esperienza.
Coming on a television show stimulates your "What am I going to look like?" gland like no other experience.[5]

Brevi interviste con uomini schifosi

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Una storia ridotta all'osso della vita postindustriale

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Quando vennero presentati, lui fece una battuta, sperando di piacere. Lei rise a crepapelle, sperando di piacere. Poi se ne tornarono a casa in macchina, ognuno per conto suo, lo sguardo fisso davanti a sé, la stessa identica smorfia sul viso. A quello che li aveva presentati nessuno dei due piaceva troppo, anche se faceva finta di sì, visto che ci teneva tanto a mantenere sempre buoni rapporti con tutti. Sai, non si sa mai, in fondo, o invece sì, o invece sì.

Per sempre lassù

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  • Non puoi uccidere il tempo col cuore. (p. 19)

Brevi interviste con uomini schifosi

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  • Si credono generosi a letto. No, la fregatura è che hanno l'egoismo di essere generosi. Non sono meglio del porco, sono solo più subdoli. (p. 35)
  • Succedono cose davvero terribili. L'esistenza e la vita spezzano continuamente le persone in tutti i cazzo di modi possibili e immaginabili. (p. 125)
  • Di vederti come una cosa, sono capaci di vederti come una cosa. Lo sai che vuol dire? È spaventoso, noi sappiamo quant'è spaventosa come idea, e che è sbagliato, e ci crediamo di sapere tutte queste cose sui diritti umani e la dignità umana e quant'è terribile privare qualcuno della propria umanità di quella che noi chiamiamo umanità di qualcuno, ma metti che succede a te, allora sì che lo sai per davvero. Adesso non è più solo un'idea o una causa da reazioni sterotipate. Aspetta che succeda a te e allora sì che assapori il Lato Oscuro. Non l'idea di oscurità, l'autentico Lato Oscuro. E adesso ne conosci il potere. Il potere assoluto. Perché se sei davvero capace di vedere un altro soltanto come una cosa allora sei capace di fargli qualsiasi cosa, non si accettano più scommesse, umanità e dignità e diritti e correttezza...non si accettano più scommesse. Io dico...e se lei dicesse che è come un rapido costoso giretto su un versante della condizione umana di cui tutti parlano come se lo conoscessero ma in realtà manco se lo immaginano, non per davvero, a meno di non esserci passati. E se tutto si riducesse al fatto che la sua visione del mondo si è ampliata, se ti dicessi questo? Che ne diresti? E di se stessa, di come considerava se stessa. Che adesso capiva di poter essere considerata come una cosa. Ti rendi conto di quanto questo le cambierebbe...strapperebbe, di quanto questo strapperebbe via? Di se stessa, di te, di quella che pensavi fosse te stessa? Strapperebbe via tutto quanto. E poi che resterebbe? (p. 126)
  • E neanche mai gli passa per la testa che è la loro certezza di essere diversi a renderli uguali. (p. 255)
  • [...] lei disse di aver capito all'istante in fondo all'anima che quel tipo aveva intenzione di violentarla brutalmente, torturarla e ucciderla, disse. E in questo le credevo, che uno può capire intuitivamente gli epifenomeni del pericolo, avvertire la psicosi nell'aspetto di qualcuno – non c'è bisogno di sottoscrivere i campi di energia o le percezioni extrasensoriali per ammettere l'intuizione mortale. (p. 260)
  • Che naturalmente a livello psicologico non è poi così implausibile, visto che è cosa nota che gli psicopatici sessuali depersonalizzano le loro vittime paragonandole a oggetti o bambole, cose e non persone per così dire, che spesso è la spiegazione fornita per la loro capacità di infliggere una brutalità tanto immaginabile sugli essere umani, cioè non li vedono affatto come esser umani ma semplicemente come oggetti per i loro bisogni e propositi psicopatici. (p. 267)
  • E come tutti sanno un motivo primario che spinge l'omicida prototipico a stuprare e uccidere è che considera lo stupro e l'uccisione come l'unico mezzo possibile per stabilire un contatto significativo con la vittima. Che è un bisogno umano basilare. Voglio dire un contatto di qualche tipo naturalmente. Ma anche terrorizzante e soggetto a manie e psicosi. È il suo modo di aver un, tra virgolette, rapporto. I rapporti convenzionali lo terrorizzano. Ma con una vittima, stuprando e torturando e uccidendo, lo psicotico sessuale riesce a creare una sorta di aperte e chiuse virgolette contatto grazie alla facoltà di farle sentire paura e un dolore intensi, mentre l'esaltante sensazione di totale controllo divino su di lei – su quello che prova, se lo prova, se respira, se vive – questo gli consente un certo margine di sicurezza nel rapporto. (p. 269)
  • Uccidere letteralmente invece di limitarsi a scappare per l'assassino è psicoticamente il modo letterale di risolvere il conflitto tra il bisogno di contatto e il terrore di stabilire in qualche modo quel contatto. Soprattutto, sì, con una donna, che la stragrande degli psicotici sessuali odia e teme, spesso a causa del rapporto contorto avuto nell'infanzia con la madre. Perciò il criminale sessuale psicotico spesso tra virgolette uccide simbolicamente la madre, che odia e teme ma che naturalmente non può uccidere letteralmente perché è ancora invischiato nella condizione infantile che senza il suo amore lui morirebbe. Con la madre lo psicotico ha un rapporto tanto di odio terrorizzato e di terrore quanto di struggente e disperato bisogno. Per lui è un conflitto insopportabile e perciò lo deve risolvere simbolicamente con crimini sessuali psicotici. (p. 271)

La persona depressa

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  • La terapeuta, alla quale in quella fase restava meno di un anno di vita, a quel punto aveva fatto una breve interruzione per esternare ancora una volta alla persona depressa la sua (cioè della terapeuta) convinzione che odio verso se stessi, colpa tossica, narcisismo, auto commiserazione, bisogno, manipolazione, e molti altri comportamenti basati sulla vergogna che presentavano tipicamente gli adulti endogenamente depressi andavano meglio interpretati come difese psicologiche erette da un residuale Bambino ferito che c'è in Te contro la possibilità di trauma e abbandono. Tali comportamenti, in altre parole, erano primitive profilassi emotive la cui vera funzione era di precludere l'intimità; erano corazze psichiche per mantenere gli altri a distanza in modo che loro (cioè gli altri) non si avvicinassero emotivamente alla persona depressa tanto da infliggerle ferite che potevano fare da eco e specchio delle profonde ferite residuali risalenti all'infanzia della persona depressa, ferite che la persona depressa era inconsciamente decisa a tenere a tutti i costi represse. (p. 53)
  • [...] gli squilibri della personalità acuti e cronici della persona depressa andavano in realtà visti come un meccanismo autodifensivo: cioè, finché la persona depressa aveva il disagio affettivo acuto della depressione a preoccuparla e ad assorbire la sua attenzione emotiva, poteva evitare di sentire o di stabilire un contatto con le profonde ferite residuali infantili che lei (cioè la persona depressa) sembrava ancora determinata a tenere represse. (p. 54)

Ottetto

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  • Può darsi benissimo che avrà il solo effetto di farti sembrare un babbeo ripiegato con impaccio su se stesso, sono dei tanti Artisti Cazzari manipolatori pseudopostmoderni che cerca di rimediare a un fiasco ritirandosi in una metadimensionalità a commentare il fallimento stesso. (p. 160)

Mondo adulto (I)

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  • Giunse così alla conclusione che qualcosa in lei non andava: o in lei c'era qualcosa che non andava per via del timore irrazionale che qualcosa in lei non andasse. (p. 171)

Il diavolo è un tipo impegnato

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  • Perciò, dimostrai un'abilità inconscia e, a quanto pare, naturale, automatica, nell'ingannare sia me stesso sia gli altri, che, a «livello motivazionale», non solo privava completamente la cosa generosa che avevo cercato di fare di qualsiasi autentico valore, facendomi fallire, ancora una volta, nei miei tentativi di essere sinceramente quello che qualcuno avrebbe classificato come una persona autenticamente «buona» o «brava», ma mi metteva, pericolosamente, in una luce tale da poter essere classificato come «tenebroso», «malvagio», o «senza alcuna speranza di diventare sinceramente buono». (p. 195)

Chiesa fatta senza le mani

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  • Yang si siede a gambe incrociate tangenzialmente rispetto all'ombra inginocchiata, fuma. La sua T-shirt dice CHIEDETEMI DEI MIEI NEMICI INVISIBILI. (p. 207)

Sul letto di morte

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  • È questa la vera malvagità, non sapere nemmeno che si è malvagi, no? (Sul letto di morte p. 244)

Citazioni su Brevi interviste con uomini schifosi

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  • Qualunque nome scegliamo, sta a indicare ciò che consente ai pochi eroi delle Brevi interviste di compiere i loro gesti in virtù dell'assurdo, creando arte che nessuno vuole, amando senza essere riamati, dando senza la speranza di ricevere. Dave è risalito a questo valore supremo passando per la bellezza di un Vermeer e spingendosi fino al concetto di infinito, fino al servizio di Federer... e oltre. (Zadie Smith)
  • Secondo i critici, Brevi interviste era un libro ironico sulla misoginia. Leggerlo era come essere intrappolati in una stanza con dei misogini ironici e impasticcati, o qualcosa di simile. Secondo me, leggere Brevi interviste non era affatto come essere intrappolati. Era come essere in chiesa. E la parola importante non era ironia ma dono. (Zadie Smith)

Considera l'aragosta

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Il figlio grosso e rosso

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  • L'industria del porno è volgare. Chi lo negherebbe? [...] L'industria non è solo volgare, ma lo è in maniera prevedibile. I cliché sono tutti veri. [...] Ma naturalmente dovremmo tenere a mente che volgare ha molte definizioni nel dizionario, e che solo un paio di esse hanno a che fare con l'oscenità o il cattivo gusto. Dal punto di vista etimologico, volgare significa solo popolare su scala di massa. E' il contrario semantico di pretenzioso e snob. E' l'umiltà col riporto. Significa indici d'ascolto e assioma di Barnum e il vero nocciolo della questione. Significa affari, affari d'oro. (p. 7-8)
  • Dentro il Caesars Palace c'è l'America concepita come una nuova Roma: conquistatrice del suo stesso popolo. Un impero del Sé. (p. 10)

Alcune considerazioni sulla comicità di Kafka che forse dovevano essere tagliate ulteriormente

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  • Una mia grande frustrazione quando cerco di leggere Kafka con gli studenti è che mi è impossibile far loro capire che Kafka è comico. Né tantomeno apprezzare il modo in cui questa comicità è intimamente legata alla potenza dei suoi racconti. (p. 64)

La vista da casa della sig.ra Thompson

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  • Tutti quei morti, e io vado in palla per una bandierina di plastica. (p. 142)
  • In realtà queste signore di Bloomington sono, o quanto meno cominciano a sembrarmi, innocenti. Nella stanza c'è quello che colpirebbe molti americani come un'assenza di cinismo. A nessuno per esempio viene in mente di commentare che è forse un po' strano che tutti e tre i conduttori televisivi sono in maniche di camicia, né di considerare la possibilità che forse non è un caso se i capelli di Dan Rather sono scompigliati, né che se continuano a ritrasmettere orribili filmati forse non è solo per quegli spettatori che si sono appena collegati e non li hanno ancora visti. Nessuna delle signore sembra notare che gli strani occhietti spenti del presidente sembrano diventare sempre più vicini tra loro durante il suo discorso registrato, né che alcune frasi che pronuncia sono di una somiglianza quasi plagiaria a quelle pronunciate da Bruce Willis (come invasato di destra, ricordate) in Attacco al potere un paio di anni fa. Né che almeno in parte l'assoluta stranezza di assistere al compimento dell'Orrore sta nella precisione con cui certe inquadrature e scene rispecchiano la trama di un sacco di film, da Die Hard I-III a Air Force One. Nessuna è abbastanza scafata da avanzare la scontata e perversa lagnanza postmoderna: Già Visto. (p. 151-152)
  • La gente davvero perbene, la gente innocente, può mettere a dura prova. (p. 152)

Come Tracy Austin mi ha spezzato il cuore

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  • Ottenere il massimo a diciassette anni e perderlo a ventuno a causa di eventi che sono al di fuori del tuo controllo è esattamente come morire solo che poi devi continuare a vivere. (p. 163)
  • Una persona è forse stupida o superficiale perché dice a se stessa che non c'è niente che possa fare rispetto a una disgrazia e che quindi le conviene accettarla, e da lì in poi la accetta senza ulteriori lotte interne? O quella persona è in qualche modo istintivamente saggia e profonda, illuminata nel modo infantile in cui sono illuminati certi santi e monaci? E' questo, per me, il vero mistero: se una persona del genere sia un'idiota o una mistica o entrambe e/o nessuna delle due. (p. 167-168)
  • E che coloro i quali ricevono e mettono in pratica il dono del genio atletico debbano, di necessità, essere ciechi e muti al riguardo, e non perché la cecità e il mutismo siano il prezzo di quel dono, ma perché ne sono l'essenza. (p. 168)

Forza, Simba

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  • E' difficile ottenere risposte convincenti alla domanda «Perché ai giovani elettori importa così poco della politica?» E questo probabilmente per via che è quasi impossibile spingere una persona a riflettere con attenzione sui motivi per cui una cosa non gli interessa. È la noia in sé a vanificare la ricerca di risposte; l'esistenza della sensazione è più che sufficiente.(p. 205)
  • Chi non sceglierebbe l'apatia e il cinismo al posto del dolore che provoca il sentirsi trattati con condiscendenza? E chi non si entusiasmerebbe per un politico che dia l'impressione di rivolgersi davvero a te come se fossi una persona, un adulto intelligente e degno di rispetto? (p. 209)
  • Ed è facile (o almeno relativamente facile) dire la verità quando non hai niente da perdere. (p. 210)
  • Se siete annoiati e disgustati dalla politica e non vi disturbate a votare, di fatto votate per gli arroccati establishment dei due principali partiti, i quali, potete starne certi, stupidi non sono, ma anzi hanno una consapevolezza profonda di quanto gli convenga mantenervi in una condizione di disgusto e noia e cinismo, fornendovi ogni possibile motivazione psicologica perché il giorno delle primarie ve ne stiate in casa a farvi i cilum guardando Mtv. Sia chiaro: avete tutto il diritto di stare a casa, se volete, ma non prendetevi in giro pensando di non votare. In realtà, non votare è impossibile: si può votare votando, oppure votare rimanendo a casa e raddoppiando tacitamente il valore del voto di un irriducibile. (p. 231)
  • Il punto, quando si tratta di un leader, è la differenza tra il limitarsi a credere a qualcuno e il credere in lui. (p. 255)
  • Però, certo, se si trasforma in un candidato vero poi continua a essere un anticandidato? E' possibile vendere il rifiuto di mettersi in vendita? (p. 255-256)
  • Il nocciolo della questione è che, se siete giovani elettori tutti d'un pezzo e rotti ai meccanismi del marketing, l'unica cosa che potete stare sicuri di provare nei confronti della campagna di John McCain è una forma moderna e molto americana di ambivalenza, una sorta di dissidio interiore tra il bisogno profondo di credere e la convinzione profonda che il bisogno di credere sia una stronzata. (p. 257)
  • Il fatto che lui sia davvero «reale» dipende meno da ciò che c'è nel suo cuore che da ciò che c'è nel vostro. (p. 262)

Considera l'aragosta

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  • La democratizzazione dell'aragosta del Festival dell'aragosta del Maine comporta tutti gli inconvenienti di massa e il compromesso estetico propri di una vera democrazia. (p. 267)
  • E' possibile che le generazioni future guarderanno alle nostre attuali agroindustrie e pratiche mangerecce in modo del tutto simile a come oggi noi vediamo gli spettacoli di Nerone o gli esperimenti di Mengele? (p. 283)
  • Ci sono dei limiti a quello che ci si può chiedere, persino fra persone interessate.(p. 284)

Commentatore

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  • Perché lo si può quasi sentire, in che mondo squallido e spietato vive questo commentatore - crede, anzi no, sa per certo di viverci. Quanto a me, sono più tipo da dubbi. (p. 382)

Di carne e di nulla

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Di nuovo fuoco e fiamme

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È una storia d'amore che conoscete già. Un prode cavaliere scorge una gentil pulzella alla lontana finestra di un castello minaccioso. I loro sguardi si incrociano, separati dalle brume della brughiera riarsa. Chimica istantanea. E così il bravo cavaliere va dritto sparato al castello, brandendo la lancia. Può sopraggiungere al galoppo e rapire la pulzella? Macché. Deve prima superare il drago. Giusto? C'è sempre un odiosissimo drago a guardia del castello e, se rapimento dev'esserci, il cavaliere deve sempre affrontare e uccidere il drago. Com'è, come non è, al pari di ogni fido cavaliere al sodo della passione, il cavaliere combatte il drago, tutto per amore della gentil pulzella. «Gentil pulzella» significa «vergine piacente», a proposito. Perciò c'è poco da fare gli ingenui: sappiamo per che cosa si batte il cavaliere. State pur certi che dopo aver scannato il drago non si accontenterà di un:«Mio eroe» ansimato dalla pulzella. Anzi, considerato l'andazzo, il baldo cavaliere mette vita e lancia a repentaglio contro il drago non per «salvare» la vergine piacente ma per «conquistarla». E ogni cavaliere, di ogni epoca, sa dirvi cosa cosa significa in questo caso «conquistare».

Citazioni

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  • Ogni animale è capace di scopare. Ma solo gli umani sanno cos'è la passione sessuale, tutt'altra cosa rispetto all'impulso biologico di accoppiarsi. E la passione sessuale ha resistito per millenni come forza psichica vitale nell'esistenza umana - non nonostante gli intralci ma grazie a loro. (p.5)
  • Il sesso importante è sia vittoria sia resa, trascendenza e trasgressione, trionfante, terribile, estetico e triste. Tartarughe e moscerini sono capaci di accoppiarsi ma solo la volontà umana sa sfidare, trasgredire, vincere, amare: scegliere. (p. 5)
  • Certo, visti dalla prospettiva del 1966 i vecchi draghi sessuali sembrano quasi tutti stupidi e crudeli. Ma dobbiamo renderci conto che avevano un grosso elemento a favore: finché regnavano loro, il sesso non era spensierato, non sempre. (p. 5)
  • Io mi sono fatto quasi tutta la Rivoluzione [riferito alla Rivoluzione sessuale] sdentato e incontinente, ma dev'essere sembrata una specie di paradiso istantaneo. Per un po'. (p. 6)
  • A ripensarci, mi accorgo di essere diventato sessualmente maggiorenne in una cultura che cominciava a sentire la mancanza di quegli stessi draghi che morendo avrebbero dovuto liberarla. (pp. 6-7)
  • Nessun direbbe che un'epidemia letale è una cosa buona. Niente di quanto viene dalla natura è buono o cattivo. Le cose naturali sono e basta; le uniche cose buone o cattive sono le scelte delle persone poste di fronte a ciò che è. (p. 7)
  • Un'esistenza umana eroticamente intensa richiede intralci alla passione, prezzi per le scelte. (p. 7)
  • C'è un nuovo drago da affrontare. Ma affrontare un drago non significa andargli incontro spavaldi, disarmati e insultando sua madre. E l'intensità erotica del rischio che circonda il sesso e l'HIV non significa che possiamo continuare a scopazzare in nome del «coraggio» o della «volontà» romantica. Anzi, il dono che ci ha fatto l'Aids sta nel ricordarci a gran voce che non c'è proprio niente di spensierato nel sesso. È un dono perché il potere e il significato della sessualità umana aumentano man mano che ne riconosciamo la serietà. (pp. 7-8)
  • Per quanto (potesse sembrare) scontato, la vera sessualità riguarda lo sforzo di stabilire un contatto fra noi, di erigere ponti sui baratri che separano un io dall'altro. La sessualità riguarda, in definitiva, l'immaginazione. (p. 8)
  • Il sesso può essere ovunque siamo noi, sempre. (p. 8)
  • Il drago, in cambio, può aiutarci a imparare di nuovo cosa significhi essere veramente erotici. Non è cosa da poco, né accessoria. Il fuoco è letale, ma ci serve. Tutto sta a capire come arrivarci. Non sono solo gli altri a meritare rispetto. (p. 8-9)

L'importanza (per così dire) seminale di Terminator 2

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  • Notate, per esempio, il fatto che Terminator 2 - Il giorno del giudizio, un film sulle conseguenze disastrose dell'eccessivo affidarsi alla tecnologia informatica da parte degli umani, mostra a sua volta una dipendenza dall'informatica mai vista. (p. 14)

La natura del divertimento

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  • All'inizio, quando cominci a cercare di scrivere narrativa, tutto lo sforzo si impernia sul divertimento. Non ti aspetti che qualcuno ti legga. Scrivi quasi esclusivamente per farti una sega. Per attivare fantasie e logiche devianti e per eludere o trasformare parti di te che non ti piacciono. E funziona - e ti diverti da morire. (p. 24)
  • L'onanismo, come motivazione, cede il passo alla tentata seduzione. Ora, la tentata seduzione non è uno sforzo da poco, e il divertimento è compensato da una paura terribile del rifiuto. [...] Perché ti accorgi che ormai buona parte di quello che scrivi è diventato fondamentalmente esibizionismo, il tentativo di far pensare agli altri che sei bravo. È comprensibile. (p. 25)
  • Sotto il nuovo governo del divertimento, scrivere narrativa diventa un modo per penetrare a fondo dentro te stesso e illuminare proprio le cose che non vuoi vedere o non lasci vedere a nessuno. (p. 26)
  • È un dono, ecco cos'è, una specie di miracolo, e il premio dell'affetto degli estranei in confronto è polvere, filaccia. (p. 27)

La retorica e il melodramma matematico

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  • Il paradosso è che il tipo di pubblico più propenso ad accogliere e apprezzare la visione altera ed encomiastica della matematica pura fornita da questi libri è anche il pubblico più portato a essere deluso dai modi ora vaghi, ora riduttivi o inconsistenti in cui i romanzi trattano la matematica vera che costituisce il loro argomento. (p. 33)
  • La matematica moderna è come una piramide, e la larga base spesso non è divertente. È a livello più alti e apicali di geometria, topologia, analisi, teoria dei numeri e logica matematica che cominciano il divertimento e la profondità, quando calcolatrici e formule decontestualizzate svaniscono e restano solo carte & matita e ciò che viene chiamato «genio», vale a dire quella particolare miscela di ragione e creatività estatica che caratterizza la parte migliore della mente umana. (p. 34)

Notazioni su ventiquattro parole

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  • «Scrittura forbita» non significa scrittura ornata in modo gratuito; significa scrittura pulita, chiara, massimamente rispettosa. (p. 69)
  • Pulchritude [Avvenenza] Sostantivo paradossale perché si riferisce ad un certo tipo di bellezza pur essendo una della parole più brutte della lingua. [...] Rientrano in quella minuscola schiera elitaria di parole dotate di qualità opposte a quelle che denotano. (p. 70-71)

Futuri narrativi e i vistosamente giovani

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  • E il popolare non solo plasma il modo che la nostra generazione ha di vedere e leggere il mondo, ma condiziona anche naturalmente i nostri valori artistici e le nostre aspettative. (p. 99)
  • Il pubblico trova deprimente la morte di quelli con i quali si è identificato ed è meno portato a guardare gli sceneggiati in cui il pericolo è legato in modo creativo alla morte che rende il pericolo pericoloso. La conseguenza naturale è che i protagonisti degli sceneggiati moderni tendono ad essere «immortali» [...]. Io sostengo che il fatto che siamo fortemente incoraggiarti a identificarci con personaggi per i quali la morte non è un'eventualità creativa sostanziale ha costi reali. [...] Se siamo gli unici animali a sapere in anticipo che moriremo, siamo anche probabilmente gli unici animali a sottometterci tanto allegramente alla prolungata negazione di questa verità importantissima e innegabile. Il pericolo è che, mano a mano che nell'intrattenimento le negazioni della verità diventano sempre più efficaci, pervasive e seducenti, finiremo col dimenticare che cose negano. È spaventoso. Perché a me sembra cristallino che, se dimentichiamo come morire, finiremo col dimenticare come vivere. (p. 103-104)
  • La più grande attrattiva della televisione è che avvince senza pretendere nulla. (p. 105)
  • Noi come generazione corriamo il pericolo di giustificare l'Eliot più delirante se tramite un misto di stasi accademica e disinteresse intellettuale dimostriamo con insoddisfazione di tutti che la cultura o è cumulativa o è morta, vuota ai due lati di un Adesso sociale che non ammette passione per il futuro né curiosità per il passato. (p. 116)
  • E niente è cambiato sul perché gli scrittori che non lo fanno per soldi scrivano: è arte, e l'arte è significato, e il significato è potere: il potere di colorare i gatti, di mettere ordine nel caos, di trasformare il vuoto in terreno solido e il debito in tesoro. (p. 122)

Decisorizzazione 2007 - un resoconto particolare

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  • La sensazione di essere l'ultimo o il meno probabile concede certe libertà. (p. 164)
  • Perciò una componente della verità riguardo alla copertina è che il vostro curatore esterno non sa nemmeno bene cosa sia una saggio. Niente di strano. (p. 165)
  • Scrittorialmente parlando, la narrativa fa più paura, ma la saggistica è più difficile - perché la saggistica si basa sulla realtà, e la realtà che percepiamo oggi è schiacciante, talmente enorme e complessa da far saltare tutti i circuiti. La narrativa invece sgorga dal nulla. Anzi, aspettate un attimo: la verità è che tutti e due i generi fanno paura; tutti e due sembrano realizzati camminando sul filo, sopra l'abisso - sono gli abissi a essere diversi. L'abisso della narrativa è il silenzio, nada. Mentre l'abisso della saggistica è il Rumore Totale, l'interferenza gracchiante di ogni cosa ed esperienza particolare, e la totale libertà di scelta infinita su ciò che il singolo sceglie di trattare, rappresentare, collegare, e sul come, il perché, &cc. (p. 167)
  • Cominciamo a diventare più consapevoli di quanti subappalti, esternalizzazioni e sottomissioni ad altri Decisori siamo ormai costretti a fare, che è una minaccia alla concezione di noi stessi come spiriti liberi intelligenti. Eppure non esiste un'alternativa visibile a queste esternalizzazioni e sottomissioni. Può anche darsi che l'acume e il gusto nello scegliere a quali Decisori sottomettersi dia ormai la vera misura della maturità informata. (p. 169)
  • Avendo grossi problemi a essere chiaro, conciso e/o calzante, tendo a essere allergico alla scrittura accademica, che per lo più mi pare volutamente oscura e pretenziosa. (p. 173)
  • L'alternativa è avere a che fare con enormi quantità super entropiche di informazioni, ambiguità, conflitto e fluttuazione; è scoprire di continuo nuovi panorami di ignoranza e illusione personali. In sostanza, cercare davvero di essere informati e colti oggi significa sentirsi quasi sempre stupidi, e aver bisogno di aiuto. (p. 180)

Borges sul lettino

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  • Il fascino che l'opera dello scrittore esercita su questi cultori deriverà in parte da personalità, preferenze, stile, tic e ossessioni che contraddistinguono quello scrittore - dalla sensazione che a scrivere quei racconti sia stato quell'autore e che non avrebbe potuto farlo nessun altro. (p. 182)
  • Borges comprime lettore e scrittore dentro un nuovo tipo di agente estetico, un agente che produce racconti dai racconti, per il quale leggere è essenzialmente - consapevolmente - un atto creativo. Questo, però, non perché Borges sia un metanarratore o un critico abilmente travestito, ma perché sa che alla fine non c'è differenza - che assassino e vittima, poliziotto e fuggiasco, attore e pubblico sono la stessa cosa. (p. 189)

Chiedo soltanto

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D: Per certe cose vale la pensa morire? L'idea americana è una di queste? Chi è pronto per un esperimento mentale? E se scegliessimo di considerare i 2973 innocenti uccisi nell'attacco terroristico dell'undici settembre come eroi e martiri «sacrifici sull'altare della libertà»? Cioè, e se decidessimo che una certa vulnerabilità minima di base agli attacchi terroristici rientra nel prezzo dell'idea americana?

Citazioni

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  • E se scegliessimo di accettare il fatto che ogni qualche anno, anche se ce la mettiamo tutta, qualche centinaio di migliaia di noi muore nel genere di attacco suicida atroce dal quale una repubblica democratica non può proteggersi al cento per cento senza sovvertire i principi stessi per i quali vale la pena proteggerla? (p. 191)
  • Sarebbe mostruoso fare riferimento ai quarantamila e passa morti sulle autostrade nazionali che accettiamo ogni anno perché la mobilità e l'autonomia automobilistica valgono il prezzo? (p. 191-192)
  • È per mostruosità che nessuna figura pubblica seria ormai parlerà dell'ingannevole baratto della libertà in cambio della sicurezza dal quale Ben Franklin ci ha messo in guardia più di duecento anni fa? (p.192)
  • Quali sono gli effetti sull'idea americana di cose come Guantanamo, Abu Ghraib, Patriot Act I e II, sorveglianza senza garanzie, ordine esecutivo 13233, soldati a contratto che svolgono funzioni militari, Military Commission Act, National Security Presidential Directive 51, ecc., ecc.? Ipotizziamo per un istante che alcune di queste cose abbiano contribuito davvero a rendere la nostra persona e le nostre proprietà più sicure - ne vale la pena? (p. 192)
  • Siamo diventati così egoisti e spaventati da non volerci porre nemmeno il dubbio che certe cose abbiano la meglio sulla sicurezza? Questo che tipo di futuro presagisce? (p.192)

Il rap spiegato ai bianchi

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  • Chi ha il diritto di sentenziare su fonti di luce troppo lontane dall'umana portata? Be', chiunque. Lo spruzzo di luci nel cielo notturno è lassù, in lontananza: tutti possono vederle e invocarle. Il più splendido dei chiaroscuri, il firmamento, non riconosce le differenze di colore. Non altrettanto si può dire della cultura e della razza negli Stati Uniti al momento attuale. (1B, p. 55)
  • I testi, quasi sempre autoreferenziali, tendono a essere variazioni su una mezza dozzina circa di temi fondamentali, temi che al primo ascolto, più che estranei e scioccanti, puramente noiosi. Es.: quanto sono tosti/fichi/mitici/cazzuti il rapper e i suoi testi, quanto i suoi rivali sono ugualmente privi di queste sue doti; quanto siano fastidiose, stupide e avide le donne; quanto sia splendido essere «pagati a dovere» per rappare invece di dover rubare o spacciare; come le gang siano famiglie a tutti gli effetti, e come la coca porti con sé sempre brutte notizie. E, in particolare, come il sesso, la violenza e i giocattoli da yuppie rappresentino perfettamente il cammino di vita del ragazzo nero metropolitano verso la gloria americana dei tardi anni Ottanta. (1B, p. 62)
  • Il fascino che l'aspetto vagamente minaccioso del rap porta con sé. Il fatto che i pochi bianchi affacciati a quella finestra amino il rap non senza imbarazzo e ambivalenza nulla toglie all'autenticità dell'amore. È una forma di perversione? Una specie di masochismo extralusso da yuppie? Una sorta di «non c'è rosa senza spine»? O è un po' come fare la corte a una ragazza non malgrado ma per il fatto che lei non vuole avere niente a che fare con te -e in particolare con una certa parte di te? (1B, p. 70)
  • I dati di fine millennio indicano chiaramente che, laddove l'amore, la devozione e la passione sembrano solo in grado di dividere, ora sono la paura e la stranezza che legano le folle, riempiono le sale, e in qualche modo uniscono Noi, il pubblico, sotto il grande tendone. (1B, pp. 70-71)
  • E perfino Barnum, che sapeva bene che la paura vende, sapeva anche che i fenomeni da baraccone non sono spaventosi quando la mostruosità soppianta completamente l'umana somiglianza. 0% di affinità = 0% di empatia. E perché si provi paura c'è bisogno di empatia almeno tanto quanto di minaccia e pericolo [...] È qui che il rap si colloca a un livello superiore rispetto al puro spettacolo: nel rap hardcore l'ideologia nasce sempre da un episodio o da una condizione ben precisa, e la rabbia, dunque, da una causa, la minaccia da qualche forma di provocazione riconoscibile (almeno agli occhi di chi è interno alla Scena). E questo rende il rap non solo migliore del punk, ma anche molto più spaventoso. (1B, p. 75)
  • «Harvard, prego», mi dice uno.
    Alzo lo sguardo dall'ombelico che mi sto contemplando. «Come dice, scusi?»
    «Dov'è Harvard», dice il tipo, mentre i turisti alle sue spalle annuiscono tutti con educata serietà.
    Ora, la Widener Library è la biblioteca centrale di Harvard, situata nel bel mezzo di Harvard Yard, che è a sua volta al centro geografico dell'università di Harvard. Perciò, inclino un po'la testa e gli dico:«Be', è tutto intorno a voi, tutto questo è Harvard, ci state camminando proprio in mezzo».
    Tengono un consulto. «Ma noi stiamo cercando Harvard», mi dice infine un altro membro del gruppo, con enfasi che implica: lei non ha capito! Resto sconcertato [...]. Ovviamente, dopo una serie di sforzi semiotici, viene fuori che stanno cercando un singolo -un qualunque- punto di Harvard univocamente identificabile come tale, una buona vecchia venerabile sineddoche, un qualche tipo di souvenir visivo di Harvard che possano fotografare e poi,una volta a casa, mettere sotto il naso agli amici e che non distinguerebbero Harvard da un fosso, dicendo:«Guarda, questa è Harvard». (1B, pp. 79-80)
  • Per la gente che non ne fa parte, una comunità è una cosa, non un luogo. (1B, p. 80)
  • D:«Qual è la differenza fra un telescopio e uno stereotipo?»
    R:«Dipende da che parte del telescopio stai guardando». (1B, p. 80)
  • Sembra che lo stereotipo e la sineddoche funzionino più o meno secondo la stessa procedura di editing a distanza, gonfiando una Parte unitaria fino a elevarla a rappresentante di un Tutto complesso; l'unica vera e definitiva differenza sta nella quantità di aria usata per gonfiare la Parte. (1B, p. 81)
  • Anche l'arte più potente può muovere solo ciò che è mobile. (1B, p. 91)
  • La gente ci urtava senza ostilità e senza chiedere scusa. [...] Non raggiungevamo neppure la dignità di intrusi: la nostra presenza era così vistosa che diventavamo invisibili. E provavamo una strana delusione. Avevamo scaricato le ragazze, ci eravamo vestiti da duri, ci eravamo preparati ad andare incontro a Seri Guai in nome dell'Arte. Eravamo abituati a esistere, che cazzo. Sì, siamo riusciti a farci squarciare le gomme della macchina in nome dell'Arte, ma ciò significa soltanto che avevano notato la nostra Ford Pinto bianca. O forse neanche quello: i vandali hanno colpito tutto il parcheggio. (2A, pp. 100-101)
  • Il gruppo rap quintessenziale è del tutto anti-quintessenziale e camaleontico. O questo accade per qualche strano progetto, o è un sintomo e un simbolo di quella impersonalità che va attualmente tanto di moda... o, più verosimilmente, è solo una buona vecchia venerabile sineddoche della musica rap come genere: un genere che si sta evolvendo così velocemente che non riesce neppure a stabilire davvero la propria identità. (2E, p. 146)
  • Non solo il rap serio è vera poesia, ma, considerando la vastità del suo pubblico, la sua rilevanza all'interno del Grande Mercato Americano, il suo potere di stimolare e legittimare le iniziative artistiche di una giovane cultura urbana demotivata e poco scolarizzata che siamo stati tristemente incoraggiati a considerare inservibile, è molto probabilmente il fenomeno più importante nel panorama della poesia americana contemporanea. (3E, p. 177)
  • La chiave era compiere azioni innocenti che per qualche motivo provocassero scontri e attentati altrimenti estranei alla quotidianità del regime di segregazione, ma impliciti nell'abiezione del sistema. «Per porre rimedio alla ingiustizie», diceva King,«occorre smascherarle di fronte alla luce della coscienza umana...» Occorre, in parole povere, provocare la brutalità per renderla drammatica. La drammaticità dà potere. (3F, p. 185)
  • Perché i simboli forti devono partecipare della realtà. Chiedete a Tommaso d'Aquino: l'eucarestia non rappresenta Dio, è Dio. Com'è nella messa, così nei mass media. (3F, p. 192)
  • Una vergogna doppia: la prima, per il desiderio in sé e per sé, la seconda per l'incapacità di soddisfarlo. (3F, p. 197)
  • Per il pubblico, in altre parole, il rapper deve essere letteralmente il fratello nero della porta accanto... solo che ora è un vicino di casa finito su un palco e diventato ricco e famoso, grazie al suo diritto di parlare a, di e per la comunità cui appartiene. (3G, p. 200)
  • Ma ora provate a immaginare che il buon vecchio affidabile Lionel canti in qualche modo di quanti soldi, quanta fica, quanto successo e prestigio spettino di diritto a lui e alle sue canzoni: una sorta di inno del tutto nuovo al giusto valore di mercato dell'inno stesso... be', scusatemi , ma questo sembrerebbe proprio al di là dei confini letterali di ciò che è arte, di ciò che ha qualche diritto di popolarità, e anche solo di ciò a cui valga la pena dedicare un po' del proprio tempo e del proprio udito, per non parlare del proprio denaro. O no? Probabilmente no, è questo il punto [...]. Sembra che nei bianchi ci sia da lungo tempo una certa reticenza caratteriale di stampo puritano che Ci mette a disagio di fronte all'aperta menzione degli stipendi e dei patrimoni, dei prezzi o del valore delle Nostre cose. All'epoca dei miei genitori era semplicemente considerata una cosa volgare, una specie di grattata di palle verbale. È stato soltanto sotto la guida dei timonieri politici degli ultimi dieci anni che negli Stati Uniti le nuove generazioni bianche hanno cominciato a considerare la palese, famelica avidità come un atteggiamento di alla moda, a vedere il consumo come valore, e non solo come misura grezza del valore [...]. (3G, pp. 203-204)
  • La musica leggera, e forse qualunque forma d'arte popolare, non può più fungere da palliativo, dal momento che, alla fine, tutti i surrogati di «libertà» che tale arte inventa, sfrutta, plagia e logora assomigliano sempre più, oggi, alla COMPLETA LIBERTÀ di un carcerato di sbattere la testa finché vuole contro il muro della cella. (3G, p. 208)
  • La «libertà» diventa una non più un fatto qualitativo, ma quantitativo, quantificabile, una fredda funzione logica del luogo in cui ti trovi e di ciò su cui la puoi esercitare. (3G, p. 208)
  • In questo momento, negli Stati Uniti, per i cittadini non liberi la libertà si identifica col «potere». (3G, p. 208)
  • Ma se la vera libertà deve ancora essere intesa come qualcosa di più di questo, qualcosa di più della Ricerca della Yuppiness, della felicità consumistica, allora questi sono tempi davvero patetici e intollerabili- specie per le comunità emarginate, cui l'iniqua mancanza di libertà ha imposto la convinzione che la libertà sia solo abbondanza. (3G, pp. 208-209)
  • Il rap, nel bene e nel male, non è che uno specchio. (3H, p. 218)

Il re pallido

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Di là dalle pianure di flanella, i grafici d'asfalto e gli orizzonti di ruggine sbilenca, e al di là dal fiume tabacco sormontato da alberi piangenti e monetine di sole che filtrano sull'acqua alla foce, nel punto oltre il frangivento, dove i campi incolti rosolano striduli al caldo antimeridiano: sorgo, farinello, leersia, salsapariglia, cipero, stramonio, menta selvatica, soffione, setaria, uva muscadina, verza, verga aurea, edera terrestre, acero da fiore, solano, ambrosia, avena folle, veccia, gramigna, fagiolini spontanei invaginati, tutte teste che annuiscono dolcemente a una brezza mattutina che è la morbida mano di una madre sulla guancia.

Citazioni

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  • La ragazza indossava una vecchia camicia a scacchi di cotone liso con i bottoni automatici color perla e le maniche lunghe abbassate e aveva sempre un buonissimo odore di pulito, quello di chi merita tutta la tua fiducia e il tuo affetto anche se non ne sei innamorato. (p. 47, cap. 6)
  • Ho una soglia di tolleranza al dolore straordinariamente alta. (p. 148, cap. 14)
  • Il fatto è che qui le dichiarazioni dei redditi non si esauriscono mai. Ce n'è sempre un'altra da fare. In realtà non finisci mai. Ma del resto col prato era lo stesso, ha presente? Almeno quando pioveva a sufficienza. Appena portato a termine l'ultimo pezzettino che aveva ritagliato, era già ora di falciare di nuovo la prima parte. Gli piaceva il prato corto e curato. Ci passava tantissimo tempo, ora che ci penso. Tantissimo tempo. (p. 149, cap. 14)
  • Il cane odiava quella catena. Ma aveva una sua dignità. Quello che faceva era non tendere mai la catena del tutto. Non si allontanava mai nemmeno quel tanto da sentire che tirava. Nemmeno se arrivava il postino, o un rappresentante. Per dignità, il cane fingeva di aver scelto di stare entro quello spazio che guarda caso rientrava nella lunghezza della catena. Niente al di fuori di quello spazio lo interessava. Interesse zero. Perciò non si accorgeva mai della catena. Non la odiava. La catena. L'aveva privata della sua importanza. Forse non fingeva, forse aveva davvero scelto di restringere il suo mondo a quel piccolo cerchio. Aveva un potere tutto suo. Una vita intera legato a quella catena. Quanto volevo bene a quel maledetto cane. (p. 152, cap. 14)
  • «La nostra piccolezza, la nostra insignificanza e natura mortale, mia e vostra, la cosa a cui per tutto il tempo cerchiamo di non pensare direttamente, che siamo minuscoli e alla mercé di grandi forze e che il tempo passa incessantemente e che ogni giorno abbiamo perso un altro giorno che non tornerà più e la nostra infanzia è finita e con lei l'adolescenza e il vigore della gioventù e presto anche l'età adulta, che tutto quello che vediamo intorno a noi non fa che decadere e andarsene, tutto se ne va e anche noi, anch'io, da come sono sfrecciati via questi primi quarantadue anni tra non molto me ne andrò anch'io, chi avrebbe mai immaginato che esistesse un modo più veritiero di dire "morire", "andarsene", il solo suono mi fa sentire come mi sento al crepuscolo di una domenica d'inverno...». (p. 184, cap. 19)
  • In sostanza, ero uno di quelli che hanno il terrore di essere in ritardo ma non si sa come sono sempre in ritardo. (p. 243, cap. 22)
  • Anche se a un certo punto devi fare buon viso e giocare le carte che ti hanno servito e continuare a vivere, seconde me. (p. 270, cap. 22)
  • I consigli - anche quelli saggi - in realtà non servono a niente a chi li riceve, non gli cambiano niente dentro, e anzi possono confonderli le idee se gli fanno sentire il grande divario tra la relativa semplicità del consiglio e la complessità incasinatissima della sua situazione e del suo percorso. (p. 270, cap. 22)
  • A differenza della ragazza cristiana, si direbbe che io non riconosca mai i momenti importanti quando capitano, sembrano sempre distrazioni da quello che dovrei fare. (p. 283, cap. 22)
  • Signori, benvenuti nel mondo della realtà: non c'è pubblico. Nessuno che applauda, che ammiri. Nessuno che vi veda. Capite? Ecco la verità: il vero eroismo non riceve ovazioni, non intrattiene nessuno. Nessuno fa la fila per vederlo. Nessuno se ne interessa. (p. 299, cap. 22)
  • Quello che i colleghi come Fogle non hanno capito è che esistono verità diversissime, alcune incompatibili tra loro. (p. 337, cap. 24)
  • A rendere una verità significativa, meritevole &cc. è la sua pertinenza, che a sua volta richiede estremo discernimento e sensibilità al contesto, alle questioni di valore e al punto generale. (p. 337, cap. 24)
  • L'idea che la gente provi una sola emozione per volta è l'ennesimo artificio dei ricordi. (p. 391, cap. 24)
  • Dire la verità è molto più insidioso di quanto la maggior parte delle persone normali non creda. (p. 392, cap. 24)
  • I diavoli in realtà sono angeli. (p. 403, cap. 25)
  • Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi. (p. 404, cap. 25)
  • [Riferito a Blumquist] I brulicanti lo considerano socievole. Ma nessuno gli rivolge mai la parola. (p. 409, cap. 26)
  • Prestare attenzione a qualcosa che non fosse la paura era come sollevare un oggetto pesante con una puleggia e una corda: si poteva fare, ma richiedeva sforzo, ti stancavi, e al minimo cedimento ecco che la tua attenzione tornava dove non avresti mai voluto. (p. 411, cap. 27)
  • -Non dovrete passare ogni singola dichiarazione dei redditi al microscopio.
    -Dovrete essere arguiti e veloci. [...]
    -È questo il criterio: un accertamento produrrà un incremento massimale una volta sottratto il costo dell'accertamento?
    -Ecco una cosa da eliminare: l'idea che voi siate i guardiani della virtù civica. (p.440, cap. 27)
  • -Dimenticate l'dea che le informazioni siano un bene.
    -Solo certe informazioni sono un bene.
    -Certe nel senso di poche, non nel senso di confermate al cento per cento. (p.441, cap. 27)
  • E a un tratto gli venne in mente che in realtà gli uccelli, i cui cinguettii e canti ripetuti risultavano tanto graziosi nell'esaltare la natura e l'arrivo del giorno, forse dicevano, in un codice noto solo agli altri uccelli:«Vattene!» oppure:«Questo ramo è mio!» oppure:«Questo albero è mio! Ti uccido! Uccido, uccido!» O cose cupe, brutali e autoprotettive d'ogni genere: forse quelle che si sentivano erano urla di guerra. Il pensiero sorse dal nulla e chissà perché lo mise di pessimo umore. (p. 483, cap. 31)
  • Immaginò che la seconda lancetta dell'orologio fosse dotata di consapevolezza e sapesse di essere una lancetta e che il suo compito era girare e rigirare all'infinito dentro un cerchio di numeri con la stessa andatura lenta e invariata di una macchina, senza mai andare da nessuna parte se non dove era già stata un milione di volte, e immaginare la seconda lancetta fu così orribile che il fiato gli rimase strozzato in gola [...]. (p. 495, cap. 33)
  • Quando l'esperienza di cui hai un assaggio a misura d'uomo diventa possibile, la parole si inventa da sola. Il termine. (p. 499, cap. 33)
  • Ho imparato che il mondo degli uomini così com'è oggi è una burocrazia. È una verità ovvia, certo, per quanto ignorarla provochi grandi sofferenze. Ma ho anche scoperto, nell'unico modo in cui un uomo impara sul serio le cose importanti, la vera dote richiesta per fare strada in una burocrazia. Per fare strada sul serio, dico: fai bene, distinguiti, servi. Ho scoperto la chiave. La chiave non è l'efficienza, o la rettitudine, o l'intuizione, o la saggezza. Non è l'astuzia politica, la capacità di relazione, la pura intelligenza, la lealtà, la lungimiranza o una qualsiasi delle qualità che il mondo burocratico chiama virtù e mette alla prova. La chiave è una certa capacità alla base di tutte queste qualità, più o meno come la capacità di respirare e pompare il sangue sta alla base di tutti i pensieri e le azioni. La chiave burocratica alla base di tutto è la capacità di avere a che fare con la noia. Di operare efficacemente in un ambiente che preclude tutto quanto è vitale e umano. Di respirare, per così dire, senz'aria. La chiave è la capacità, innata o acquisita, di trovare l'altra faccia della ripetizione meccanica, dell'inezia, dell'insignificante, del ripetitivo, dell'inutilmente complesso. Essere, in una parola, inannoiabile. Ho conosciuto, tra il 1984 e l'85, due uomini così. È la chiave della vita moderna. Se sei immune alla noia, non c'è letteralmente nulla che tu non possa fare. (p. 566-567, cap. 44)
  • La bellezza, almeno quando hai quell'età, è una specie di trappola. A una parte avida di te in realtà piace quell'attenzione. Sei speciale, sei desiderabile. Ci metti un attimo a identificarti con la bellezza, come se non avessi altro, è la cosa che ti rende speciale. [...] Il rovescio della medaglia è che cominci anche a capire che in realtà sei un pezzo di carne. Ecco cosa sei. Carne estremamente desiderabile, ma nessuno ti prenderà mai sul serio e non diventerai mai, che so, presidente di una banca perché nessuno guarderà mai al di là della bellezza, la bellezza è ciò che colpisce gli altri e ottunde la sensibilità, a loro interessa solo quella, ed è difficile non farti risucchiare e non cominciare, che so, ad adattarti e a vederti nello stesso modo. (p. 623, cap. 46)
  • È la sensazione, che per gli adolescenti è veramente terribile, di sentire che nessuno è veramente in grado di conoscerti o di amarti per quello che sei perché non è capace di vederti né tu glielo permetti anche se ti sembra di volere che lo faccia. Ma allo stesso tempo è anche la sensazione di sapere che è un problema noioso e immaturo da brutto film:«Ohi ohi, nessuno sa amarmi per quello che sono», perciò sei consapevole che il tuo senso di solitudine è stupido e banale anche se lo provi, il senso di solitudine, perciò non hai nemmeno un briciolo di comprensione per te stessa. (p. 625, cap. 46)
  • E per la prima volta ho pensato alle cicatrici e ai tagli come a un modo per far venire fuori la verità interiore tutt'altro che bella, per farla diventare esteriore. (p. 626, cap. 46)
  • Come se sapendo perché lo facevi potessi come per incanto non farlo più. E questo secondo lui era una grossa balla che si bevevano tutti e che rendeva i dottori e la terapia standard un'enorme perdita di tempo per quelli come noi: secondo loro diagnosi e cura erano la stessa cosa. Se sapevi il perché avresti smesso. Che è una stronzata. [...] Smetti soltanto se smetti. (p. 626-627, cap. 46)
  • -Non guardavano oltre la superficie [...]. Ma in realtà era tutto superficie.
    -La tua superficie?
    -Sì, perché sotto la superficie c'erano solo le sensazioni e i conflitti relativi alla superficie, e la rabbia, per il mio aspetto fisico e l'effetto che provocavo sugli altri, e in realtà dentro ero sempre imbestialita. (p. 644, cap. 46)
  • [Riferito ad alcune canzoni country] Capisci che quei cantanti parlano di perdere una parte di sé o di tradire continuamente se stessi in nome di quello che secondo loro gli altri vogliono finché muoiono dentro e non sanno nemmeno più cosa significhi io. (p. 655, cap. 46)
  • Avevo diciassette anni, per la miseria. Facevo una tempesta in un bicchier d'acqua. (p. 656, cap. 46)
  • L'idea che tutti siano come te. Che tu sia il mondo. La malattia del capitalismo consumista. Il solipsismo compiaciuto. (p. 662, cap. 47)
  • Sono nudo, sapete. Sotto tutta questa roba. (p. 678, cap. 48)
  • Siccome respiriamo tutti, tutto il tempo, è sbalorditivo quando qualcuno ti indica come e quando devi respirare. E con quale chiarezza uno totalmente privo di immaginazione veda una certa cosa se gli dicono che ce l'ha davanti, corredata di ringhiera e guide di gomma, che curva a destra sul fondo inoltrandosi in un'oscurità che si ritrae davanti a te. Non è come dormire. Né la sua voce si modifica o sembra ritirarsi. Lei è lì, parla con calma, e anche tu. (p. 695, cap. 50)

Citazioni su Il re pallido

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  • In questo romanzo compaiono dei miracoli, ma solo quando il personaggio che li compie riversa altrove tutta la propria attenzione; Il re pallido è esso stesso un miracolo, ma l'autore nostro fratello non ne era consapevole, tutto preso com'era a sentirsi male attrezzato. (Sandro Veronesi)
  • In questo senso va detto che Il re pallido, negli Stati Uniti dove le tasse sono una cosa seria, è stato classificato come un romanzo politico, ma la cosa più importante è che si tratta di un romanzo straordinariamente ricco e rigoglioso, pieno di storie terribili e meravigliose e soprattutto pieno di quel dolore la cui sopportazione fa dei suoi protagonisti – prima di diventare agenti del fisco, ma anche dopo – per l'appunto degli eroi. (Sandro Veronesi)
  • Si può ben dire d'altronde che Il re pallido sia un romanzo sulla consapevolezza. Ma si può dire anche che sia un romanzo sull'attenzione – e ovviamente anche sull'inconsapevolezza e sulla distrazione. Soprattutto, si può dire che sia un grandioso, inaudito monumento alla Noia intesa però non in senso moraviano, cioè esistenziale, cioè sociale, ma proprio nel suo senso letterale, filologico, chimico, nella sua essenza di prodotto di, per l'appunto, attenzione e consapevolezza in dosi molto alte. Un gesto che nessuno aveva mai nemmeno concepito e che, viene da credere, sarebbe rimasto incompiuto comunque, nel senso che DFW non avrebbe probabilmente mai saputo terminarlo anche se il 12 settembre del 2008 non si fosse tolto la vita. In realtà, così come lo leggiamo, il romanzo è più che altro il frutto delle decisioni di Michael Pietsch, suo amico ed editor di Little, Brown che ha letto, studiato, filtrato e selezionato le oltre tremila cartelle lasciate da Wallace in hard disk, raccoglitori, quadernoni, notes, floppy disk, fasci di pagine stampate e fasci di pagine scritte a mano, per ricaravarne le – in lingua originale – circa cinquecento pagine che poi, divise in cinquanta capitoli compongono il romanzo inteso come prodotto editoriale. (Sandro Veronesi)

Il tennis come esperienza religiosa

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Democrazia e commercio agli US Open

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  • Sembra brutale, Philippoussis, spartano, uno grosso e lento che gioca meccanicamente di potenza da fondocampo, con una cattiveria gelida negli occhi, e a paragone Sampras, che non è esattamente un pallettaro, appare quasi fragile, cerebrale, un poeta, saggio e triste allo stesso tempo, stanco come solo le democrazie sanno esserlo, l'espressione impaurita e la stessa strana malinconia post-Wimbledon che l'ha perseguitato per tutta l'estate a Montreal, Cincinnati, eccetera. (pp. 11-12)
  • Gli Us Open sono un grande evento per NYC. Il sindaco Dinkins non c'è più – quel Dinkins che faceva deviare le rotte di atterraggio all'aeroporto LaGuardia apposta per gli Open – ma anche sotto Rudy Giuliani, per due settimane una città che di norma non darebbe un soldo bucato per uno sport aristocraticamente privo di contatto fisico come il tennis mostra una grande partecipazione. (p. 18)
  • Un paio di scarpe incredibilmente grosse sotto la protezione del Campo 16 appartiene – poco ma sicuro – a Richard Krajicek, l'olandese alto due metri che gioca come una gru impazzita. Saranno come minimo un 54; roba da non credersi. (pp. 32-33)

Federer come esperienza religiosa

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«La spiegazione metafisica è che Roger Federer è uno di quei rari atleti preternaturali che sembrano essere esenti, almeno in parte, da certe leggi fisiche.»
  • Quasi tutti gli amanti del tennis che seguono il circuito maschile in televisione hanno avuto, negli ultimi anni, quello che si potrebbero definire «Momenti Federer». Certe volte, guardando il giovane svizzero giocare, spalanchi la bocca, strabuzzi gli occhi e ti lasci sfuggire versi che spingono tua moglie ad accorrere da un'altra stanza per controllare se stai bene. I Momenti sono tanto più intensi se un minimo di esperienza diretta del gioco ti permette di comprendere l'impossibilità di quello che gli hai appena visto fare. (p. 43)
  • Scopo degli sport agonistici non è la bellezza, anche se gli sport ad alto livello sono luogo deputato per l'espressione della bellezza umana. Il rapporto è pressappoco quello che intercorre fra il coraggio e la guerra. La bellezza umana in questione è una bellezza di tipo particolare; si potrebbe definire bellezza cinetica. La sua forza e la sua attrattiva sono universali. Sesso o modelli culturali non c'entrano. C'entra, piuttosto, la riconciliazione degli esseri umani e il fatto di avere un corpo. Negli sport maschili non si parla mai di bellezza, di grazia o del corpo. I maschi possono professare il loro «amore» per gli sport ma è un amore che deve sempre improntato e applicato alla simbologia della guerra: eliminazione contro promozione, gerarchia di rango e livello, statistiche ossessive, analisi tecniche, fervore tribale e/o nazionalista, uniformi, rumore di massa, striscioni, pugni battuti sul petto, facce dipinte, eccetera. Per motivi non del tutto chiari, molti di noi trovano i codici della guerra più sicuri di quelli dell'amore. (pp. 46-47)
  • Impossibile da descrivere concretamente la bellezza di un fuoriclasse. O evocarla. Il dritto di Federer è una possente scudisciata liquida, il rovescio è un colpo a una mano che lui sa tirare di piatto, caricare di topspin o tagliare – quello tagliato ha un tale nerbo che la palla cambia forma nell'aria e rasenta l'erba più o meno all'altezza della caviglia. Il servizio ha una velocità e un grado inarrivabile di varietà e precisione; i movimenti del servizio sono flessuosi e sobri, si distinguono (in tv) solo per il guizzo anguillaceo dell'intero corpo al momento dell'impatto. L'intuizione e il suo senso del campo sono portentosi, il gioco di gambe non ha eguali nel tennis: da piccolo era anche un prodigio del calcio. Tutto vero, eppure non spiega niente né evoca l'esperienza di guardare questo giocatore in azione. Di assistere, con i propri occhi, alla bellezza e al genio del suo tennis. Meglio arrivare alla questione estetica per vie traverse, girarci intorno, o – come faceva Tommaso d'Aquino col il suo soggetto ineffabile – cercare di definirla in termini di ciò che non è. (pp. 53-54)
  • Wimbledon è strana. In verità è la mecca di questo gioco, la cattedrale del tennis; ma la giusta dose di venerazione in loco risulterebbe meno indigesta se il torneo non si prodigasse a ribadire di continuo che è la cattedrale del tennis. C'è un misto di autocompiacimento stucchevole e di implacabilità nel promuovere e nel vendere se stessi. (p. 56)
  • La spiegazione metafisica è che Roger Federer è uno di quei rari atleti preternaturali che sembrano essere esenti, almeno in parte, da certe leggi fisiche. Validi equivalenti sono Michael Jordan, che non solo saltava a un'altezza sovraumana ma restava a mezz'aria un paio di istanti in più di quelli consentiti dalla gravità, e Muhammad Ali, che sapeva davvero «aleggiare» sul ring e sferrare due o tre jam nel tempo richiesto da uno solo. Dal 1960 in qua ci saranno altri cinque o sei esempi. E Federer rientra nel novero: nel novero di quelli che si potrebbero definire geni, mutanti o avatar. Non è mai in affanno né sbilanciato. La palla che gli va incontro rimane a mezz'aria, per lui, una frazione di secondo più del dovuto. I suoi movimenti sono flessuosi più che atletici. Come Ali, Jordan, Maradona e Gretzky, pare allo stesso tempo più e meno concreto dei suoi avversari. Specie nel completo tutto bianco che Wimbledon ancora si diverte impunemente a imporre, sembra quello che (secondo me) potrebbe benissimo essere: una creatura con il corpo fatto sia di carne sia, in un certo senso, di luce. (pp. 58-59)
  • Dicono spesso che il tennis si gioca sui centimetri, un cliché riferito soprattutto a dove cade la palla. Se si tratta invece di rispondere a una palla, il tennis si gioca sui micrometri: minuscoli cambiamenti evanescenti intorno al momento dell'impatto, avranno grosse ripercussioni su come e dove viaggia la palla. Il medesimo principio spiega come mai la benché minima imprecisione nel puntare il fucile non manderà il colpo a segno se il bersaglio è a una certa distanza. (p. 61)
  • Connors, a proposito, non è stato il padre del gioco di potenza. Sparava cannonate da fondocampo, questo sì, ma i suoi palleggi erano piatti e privi d'effetto e dovevano per forza rasentare la rete. (p. 70)
  • Ivan Lendl è stato il primo fuoriclasse a dare l'impressione che le sue tattiche e i suoi colpi si costruissero intorno alle particolari capacità delle racchette composte. Il suo scopo era fare punto da fondocampo con i passanti o direttamente con i colpi vincenti. La sua arma era il palleggio, specie il dritto, che doveva la sua velocità impressionante alla quantità di topspin che lui riusciva a dare alla palla. La fusione di velocità, topspin e angolazioni gli consentiva anche di fare una cosa che si è rivelata fondamentale per l'avvento del gioco di potenza da fondocampo. Lendl sapeva creare angolazioni radicali, straordinarie con i palleggi violenti, soprattutto per via della velocità a cui un forte topspin fa piombare e atterrare la palla impedendole di allargarsi. (pp. 70-71)
  • La grandezza di Ivan Lendl non rimarrà immortale. È stato semplicemente il primo campione a dimostrare quello che un forte topspin e la potenza bruta ti permettono di conquistare da fondocampo. (pp. 71-72)
  • La particolarità di Federer è che è Mozart e i Metallica allo stesso tempo, e l'armonia è sopraffina. (p. 73)
  • Con Federer la scelta non si pone. Lo svizzero ha tutta la velocità di Lendl e Agassi nel palleggio, durante l'oscillazione si solleva da terra e con i tiri da fondocampo batte perfino Nadal. [...] Sottigliezze, tocco e raffinatezza non sono morti nell'era della potenza da fondocampo. Perché il 2006 è un'era in cui vige, ancora, quel tipo di gioco: Roger Federer gioca di potenza da fondocampo che è una meraviglia, da vero fuoriclasse. Ma non fa solo questo. Ci mette anche l'intelligenza, l'intuitività occulta, il senso del campo, la capacità di interpretare e manovrare gli avversari, di combinare effetto e velocità, di fuorviare e dissimulare, di usare il fiuto tattico, la visione periferica e la portata cinestetica anziché soltanto la velocità meccanica: tutto questo ha svelato i limiti, e le possibilità, del tennis maschile com'è giocato adesso. (pp. 73-74)
  • Nello stesso modo enfatico, empirico, dominante in cui Lendl impartiva la sua lezione, Roger Federer dimostra che la velocità e la potenza del gioco professionistico odierno sono lo scheletro, non la carne. Ha, in senso figurato e letterale, ridato corpo al tennis maschile e per la prima volta da anni il futuro di questo sport è imprevedibile. (p. 74)

Citazioni su Federer come esperienza religiosa

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  • A Wimbledon ho conosciuto Foster Wallace, abbiamo preso un tè insieme. Era pagato per fare un articolo al giorno e lo faceva. Ma ha compiuto un'operazione molto giornalistica, dico giornalistica nell'aspetto negativo del termine, come di quelli che scrivono articoli scopiazzando. Cerchiamo di essere seri, per favore: Wallace ha scritto delle cose incomprensibili su Federer. (Gianni Clerici)
  • [Riferito a Wallace e al suo saggio] Lasciategli la certezza che nessuno potrà mai incastrare Roger Federer. Lui ed il suo segreto inaccessibile, "qualcosa che ha che fare col mistero e la metafisica". Qualcosa che gli ipertrofici pettorali di Nadal non potranno mai custodire. (Giorgio Porrà)
  • Non dite a David che il suo Roger è ruzzolato a valle. Travolto dai macigni scagliati da Djokovic e Nadal, un po' come Buster Keaton in quella celebre gag. Non dite a David Foster Wallace [...] che Roger Federer è ormai solo in terza fila nel ranking mondiale dopo la bocciatura nei quarti a Wimbledon, il giardino di casa. Per i devoti solo appannamento, per la critica più severa il principio della fine. Comunque sia, solo a tratti il suo tennis riesce a ritrovare l'antica perfezione. Quella attorno alla quale investiga lo scrittore americano, ex tennista a buoni livelli, nel saggio narrativo "Federer come esperienza religiosa", strumento utilissimo anche per provare a interpretare la flessione del fuoriclasse svizzero. (Giorgio Porrà)

Infinite Jest

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David Foster Wallace

Siedo in un ufficio, circondato da teste e corpi. La mia postura segue consciamente la forma della sedia. Sono in una stanza fredda nel reparto Amministrazione dell'Università, dei Remington sono appesi alle pareti rivestite di legno, i doppi vetri ci proteggono dal caldo novembrino e ci isolano dai rumori Amministrativi che vengono dall'area reception, dove poco fa siamo stati accolti io, lo zio Charles e il Sig. deLint.

Citazioni

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  • Può darsi che vi giunga nuova, ma nella vita c'è di più che starsene seduti a stabilire contatti. (p. 20)
  • Io sono decisamente antimorte. Dio sembra essere sotto ogni profilo promorte. Non vedo come potremmo andare d'accordo sulla questione, lui e io. (p. 51)
  • Definirsi in opposizione a qualcosa significa essere ancora anaclitico nei confronti di quella cosa, giusto? [...] E gli uomini che pensano di odiare ciò di cui in realtà hanno paura di avere bisogno non sono molto interessanti, credo io.
  • Sono così bella che sono deforme.
  • Il completo insieme delle sue relazioni interpersonali consisteva di persone a cui non importava niente di lui e di persone che volevano il suo male. (p. 403)
  • La verità ti renderà libero. Ma solo quando avrà finito con te. (p. 527)
  • L'esperienza americana sembra suggerire che, a vari livelli, il bisogno della gente di dedicarsi anima e corpo a qualcosa è praticamente illimitato. Solo che qualcuno preferisce farlo in segreto.
  • Marathe era pronto a morire di morte violenta in qualsiasi momento, il che lo rendeva libero di scegliere tra le emozioni.
  • Stavo riflettendo su quella specie di filantropo che sembra repellente sul piano umano non malgrado la sua carità, ma per via di essa: a un certo livello si capisce che lui vede coloro che ricevono la sua carità non come persone, ma piuttosto come strumenti attraverso i quali può sviluppare la sua virtù.
  • La persona che ha una così detta "depressione psicotica" e cerca di uccidersi non lo fa aperte le virgolette "per sfiducia" o per qualche altra convinzione astratta che il dare e avere nella vita non sono in pari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. La persona in cui l'invisibile agonia della Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà proprio come una persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme. Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre in fiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stesso che proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla finestra per dare un'occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane una costante. Qui la variabile è l'altro terrore, le fiamme del fuoco: quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta diventa il meno terribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme. Eppure nessuno di quelli in strada che guardano in su e urlano "No!" e "Aspetta!" riesce a capire il salto. Dovresti essere stato intrappolato anche tu e aver sentito le fiamme per capire davvero un terrore molto peggiore di quello della caduta.
  • La vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi.
  • È possibile che gli angeli non esistano, però ci sono persone che potrebbero essere angeli.
  • Dio, – a meno che non siate Charlton Heston, o fuori di testa, o entrambe le cose – parla e agisce interamente tramite degli esseri umani, ammesso che poi ci sia un Dio.
  • Dio potrebbe inserire la questione se crediate nell'esistenza di un Dio o meno piuttosto in basso nella lista della cose sul vostro conto che a lui/lei/esso interessano.
  • Se in virtù di carità o disperazione doveste mai trovarvi a passare del tempo in una struttura statale di recupero da Sostanze come la EH, verrete a sapere molte cose nuove e curiose. Scoprirete che [...]. O, per esempio, che le persone dipendenti da una Sostanza che smettono all'improvviso di assumere quella Sostanza soffrono spesso di una forma perversa di acne papulosa che può durare mesi in attesa che gli accumuli di Sostanza abbandonino lentamente il corpo. Lo Staff vi farà sapere che questo accade perché la pelle è effettivamente il più grosso organo escretivo del corpo. [...] Che (un sollievo ma allo stesso tempo una delusione) i peni dei neri tendono ad aver misure nel complesso uguali a quelle dei peni bianchi.[...] Che si riesce ad avvertire una specie di microsballo anfetaminico se si consumano in rapida successione tre Millennial Fizzy e una confezione di biscotti Oreo a stomaco vuoto. [...]Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile. [...] Che un paradosso poco menzionato della dipendenza da una Sostanza è il seguente: una volta che siete così schiavi di una Sostanza da doverla abbandonare per salvarvi la vita, la Sostanza schiavizzante è diventata per voi così profondamente importante che uscirete di senno quando ve la porteranno via. Oppure che a volte, dopo che la vostra Sostanza vi è stata portata via per salvarvi la vita, mentre siete inginocchiati per le preghiere obbligatorie della mattina o della sera, vi troverete a pregare perché vi sia consentito di perdere letteralmente il senno, di avvolgere la vostra mente in un vecchio giornale e lasciarla in un vicolo a cavarsela senza di voi. [...] Che oltre il cinquanta per cento delle persone con una dipendenza da Sostanza è contemporaneamente affetto da qualche altra forma di disturbo psichiatrico. [...] Che la validità logica di un argomento non ne garantisce la verità. [..] Che statisticamente è più facile liberarsi da una dipendenza per le persone con un basso QI che per quelle con un QI più alto. [...] Che è possibile abusare fino all'assuefazione di antinfluenzali e antistaminici da banco. Che le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse. [...] Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza. Che è possibile addormentarsi di botto durante un attacco d'ansia. [...] Che la maggioranza delle persone con una dipendenza da Sostanza è anche dipendente dal pensare, nel senso che ha un rapporto compulsivo e insano con il proprio pensiero. [...]Che ci vuole un grande coraggio per dimostrarsi deboli. Che nessun singolo momento individuale è in sé insopportabile. [...]Che è possibile fumare così tante sigarette da farsi delle piccole ulcerazioni bianche sulla lingua. Che il cliché "Non so chi sono" sfortunatamente si rivela più di un cliché. Che provare a ballare da sobri è tutto un altro paio di maniche. Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo. Che è consentito VOLERE. Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi dagli altri. Che questo non è necessariamente perverso. (pp. 239-245)
  • Gli era già successo di perdere la testa per qualcuna, ma mai di sentirsi decapitato. [...] Gli ci vollero tre feste solo per capire che il suo nome non era Joel. (p. 347)
  • "Dov'è allora la loro linea retta più breve, si? Dov'è la linea efficientemente e rapidamente retta di Euclide allora, si? E quanti due punti esistono senza che ci sia qualcosa in mezzo?" (p. 96)
  • " Sono tremendamente spiacente di importunarla. Posso ripassare. Mi stavo solo chiedendo se in un Programma speciale ci fosse una preghiera per quando ci si vuole impiccare". (p. 212)
  • Solo agli Aa (Alcolisti anonimi) di Boston si può sentire la storia di un immigrante di cinquant'anni che racconta in maniera lirica la sua prima defecazione solida da adulto. (p. 421)
  • "Non chiedere PERCHÈ / se non vuoi MORIRE / fai quello che ti viene DETTO / Se non vuoi MORIRE." (p. 450)
  • [...] ma invece Lenz sulla via del ritorno si ritrova in preda a un'enorme compulsione idrolitica ad avere Green al suo fianco – o qualsiasi altra persona che non possa o non voglia andare via – vicino a sé, e a confidare a Green o a qualsiasi altro orecchio compiacente ogni esperienza e pensiero abbia mai provato. [...] Lenz racconta a Green di quanto spettacolarmente obesa era sua madre, e usa le braccia per illustrare drammaticamente le dimensioni di cui sta parlando. Respira ogni terzo o quarto fatto, ergo circa una volta ogni isolato. Lenz racconta a Green le trame di molti libri che ha letto, ricamandoci sopra. [...] Lenz racconta con euforia a Green che una volta gli successe di tranciarsi di netto la punta di un dito con la catena di un motorino e dopo pochi giorni di intensa concentrazione il dito gli era ricresciuto rigenerandosi come le code delle lucertole e disorientando le autorità mediche. [...] Lenz spiega a Green che è una leggenda che il coccodrillo del Nilo sia il coccodrillo più temuto perché il coccodrillo dell'Estuario che può vivere anche in acque salate è un miliardo di volte più temuto da chi conosce queste cose. [...] Segue un'analisi del termine disfunzione e la sua importanza nelle differenze tra, diciamo, la psicologia e la religione naturale. [...] Lenz racconta il suo sogno ricorrente nel quale si trova seduto sotto uno di quei ventilatori tropicali da soffitto su una sedia di bambù e indossa un cappello da safari di L.L. Bean e ha una valigetta di vimini sulle ginocchia, e questo è tutto, questo è il suo sogno ricorrente. [...] Lenz dice di ricordarsi alcuni fatti che sostiene gli siano capitati in vitro. (pp. 667-670)
  • Se una donna appena attraente fa tanto di sorridere a Don Gately quando gli passa accanto in una strada affollata, Don Gately, come quasi tutti i tossicodipendenti eterosessuali, nello spazio di un paio di isolati le ha già confessato eterno amore nella sua mente, l'ha scopata, si è sposato e ha avuto figli da quella donna, tutto nel futuro, tutto nella sua testa, e sta coccolando un piccolo Gately sulle ginocchia mentre questa Sig.ra G. mentale spolvera in giro con un grembiule addosso che certe notti indossa senza niente sotto. Quando arriva dove doveva andare, il tossicodipendente ha già divorziato dalla donna e si sta battendo come un leone per la custodia dei figlio oppure è ancora mentalmente felice insieme a lei negli anni del tramonto, seduti insieme in mezzo ai nipotini con le teste grosse sotto il portico su un dondolo speciale modificato per sostenere la mole di Gately, lei con le calze elastiche e le scarpe ortopediche, ancora maledettamente bellissima, e non hanno bisogno di parlare per capirsi, e si chiamano 'Mamma' e 'Papà', sapendo che tireranno il calzino a poche settimane l'uno dall'altra perché nessuno dei due può assolutamente vivere senza l'altro, e questo è il legame che li unisce dopo tutti questi anni. (p. 1037)
  • È difficile notare quello che vedi tutti i giorni. (p. 1146)
  • Ogni palla che atterra nella vostra parte di campo ma non siete sicuri se è dentro o fuori: datela buona. Ecco come rendervi invulnerabili da chi usa mezzucci. Come non perdere mai la concentrazione. Ecco come ripetersi, quando l'avversario ruba punti, che una volta corre il cane e una volta la lepre. Che la punizione di un gioco poco sportivo è sempre autoinflitta. Provate a imparare dalle ingiustizie. (p. 207)
  • L'ingiustizia è una maestra rigida ma impareggiabile.
  • Cercate di vedere voi stessi nei vostri avversari. Vi porteranno a capire il Gioco. Ad accettare il fatto che il Gioco riguarda la gestione della paura.

La ragazza dai capelli strani

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Piccoli animali senza espressione

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  • Esaminano e riesaminano, con una sorta di entusiasmo infelice, le piccole ignoranze che necessariamente, dice Julie, delimitano la strada che porta a un qualunque vero legame fra due persone. (p. 9)
  • «Tua madre beve troppo», dice Julie Smith a Faye.
    «Lo fa per il dolore», dice Faye, osservando lo schermo.
    Julie guarda dentro l'ufficio di Faye dal monitor interno. «Per eliminarlo o per tenerlo vivo?» (p.15)
  • È convinta che due persone innamorate attraversino tre fasi distinte prima due arrivare a conoscersi davvero. All'inizio si raccontano aneddoti e gusti personali. Poi ciascuno dei due dice all'altro in che cosa crede. E poi ciascuno osserva la relazione che c'è fra quello in cui l'altro ha detto di credere e quello che in effetti fa.(p. 16)
  • Fra le cose che Julie Smith odia di più ci sono: i biglietti di auguri, i genitori adottivi che adottano senza prima guardarsi dentro e valutare la propria capacità di amare, l'odore di zolfo, John Updike, gli insetti con le antenne e gli animali in genere. (p. 19)
  • Ma considera che pochi, pochissimi di noi sono in grado di affrontare l'ovvio. (p. 21)
  • Lo share di ascolto [...] è un bel cinquanta per cento: al pari del Super Bowl e degli attentati eccellenti. (p. 29)
  • Per come la vedo io: Faye è il genere di ragazza che cavalca costantemente l'onda delle proprie emozioni. Hai presente ? Non ha veramente il controllo di dove la portano, ma non si lascia mai nemmeno azzerare del tutto. È una surfista della psiche. (p. 33)
  • Passa troppo tempo a ossessionarsi con l'idea di non lasciarsi ossessionare dal fatto che la regista è la moglie del suo ex marito. (p. 33)
  • O siete parte delle soluzione, o siete parte del precipitato. (p. 42)
  • Un paio di giorni dopo ricevi una cartolina frettolosa dalla Francia, che lui ti ha spedito il giorno che è arrivato. Dice:"Il panorama è qui. Vorrei che tu fossi bellissima". (p. 59)
  • L'intensità del tuo amore crea quella che si potrebbe chiamare una situazione organica: un corpo non può camminare senza gambe, due gambe non possono camminare senza un corpo. Lui diventa il tuo corpo. (p. 51)
  • È una piccola comunità, minuscola e sordida e claustrofobica, dove nessuno può sfuggire alle zappe che si è tirato sui piedi. (p. 56)
  • «I mari sono mari solo quando si muovono» sussurra Julie. «Sono le onde a impedire che i mari sembrino semplicemente delle enormi pozzanghere. I mari sono fatti soltanto dalle loro onde. E ogni onda del mare alla fine è destinata a incontrare ciò verso cui si muove, e a infrangersi. [...] Un'onda che si infrange su uno scoglio e abbandona la sua forma in un gesto che esprime quella forma. Capisci?» (p. 61)

Per fortuna il Funzionario Commerciale sapeva fare il massaggio cardiaco

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Un Funzionario Commerciale, divorziato di fresco, terminò l'ennesima serata di straordinari nel suo ufficio, nel reparto Commerciale. Erano le dieci passate. In un altro ufficio, all'estremità opposta di un altro piano, il Vicepresidente Responsabile della Produzione Estera della stessa ditta, sposato da quasi trent'anni, nonno di un nipotino, finì anche lui di lavorare molto tardi. Tutti e due se ne andarono. C'erano fra questi ultimi due funzionari a lasciarle l'Edificio lo stesso tipo di somiglianze di cui godo le rette parallele.

Citazioni

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  • Si stava preparando a prova quella sensazione maschile e particolare associata con l'obbligo di conversazione a cui si trovano sottoposti due uomini con qualche relazione professionale che si incrociano in ore notturne dentro un luogo sotterraneo altrimenti deserto e silenzioso ma di un silenzio fragile, molto al di sotto della sede altissima e vagamente pulsante di quella che è stata per entrambi una lunga e faticosa giornata di lavoro. Condividevano lo stesso dolore, anche se ovviamente nessuno dei due lo sapeva. (p. 68)

La ragazza dai capelli strani

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Gin Fizz aveva sognato che se ieri sera non vedeva un concerto sarebbe diventata una qualche specie di liquido, perciò ieri sera io e i miei amici Mister Wonderful, Big e Gin Fizz siamo andati a vedere Keith Jarrett che suonava un concerto per pianoforte all'Auditorium di Irvine. È stato un concerto così bello! Keith Jarrett è un negro che suona il pianoforte. A me piace moltissimo vedere i negri esibirsi in tutti i campi delle arti dello spettacolo. Trovo che siano una razza talentuosa e incantevole di artisti, che sono spesso molto divertenti. In particolare mi piace guardare le esibizioni dei negri a una certa distanza, perché da vicino spesso hanno un odore sgradevole.

Citazioni

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  • Il profano medio sarebbe sorpreso di sapere quante giurie si lasciano suggestionare dall'apparenza. (p. 88)
  • Ha manifestato l'opinione che i punk fossero bambini nati in un posticino minuscolo, senza finestre, e inoltre chiuso su ogni lato da pareti di cemento e metallo, spesso devastate da graffiti, e che da adulti stessero cercando di aprirsi un varco fra quelle pareti. (pp. 91-92)
  • Cacio ha dichiarato che tutti i membri della mia combriccola di punk sentivano di non avere nulla e di non poter mai avere nulla perciò trasformavano il nulla in tutto. D'altra parte Cacio ha dichiarato che io era un Cucciolo Rabbioso che aveva già tutto, quindi avrebbe voluto domandarmi come mai avevo scambiato il mio bel tutto con un bel niente. (p. 92)

«Mi chiamo Lyndon Baines Johnson. Quel cazzo di pavimento che hai sotto i piedi è mio, ragazzo»

Citazioni

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  • Se dedichi la vita ad altre persone, se dedichi la salute fisica e le rotelle che hai in testa e i tuoi concetti intellettuali al servizio della gente, tu e tua moglie vi dovete portare l'uno dentro l'altra, fa niente anche se siete lontani, distanti o soli. (p. 120)
  • Darei tutto quello che ho al mondo pur di non dovermi mettere sull'attenti e accettare un incarico che non mi spetta di diritto o per volontà del popolo. Una persona intelligente evita le scorciatoie. La carità. Le umiliazioni. La sfiducia. Le responsabilità che non hai mai neanche avuto tempo di prepararti ad aspettare. (p. 140)
  • «Ragazzo mio, però nella loro arrabbiatura io ci sento un profumo di contentezza. Secondo me gli piace sentirsi indignati e sviliti e ingiustamente ignorati. Ecco come la vede il qui presente leader del mondo libero, ragazzo». (p. 145)
  • «Giustizia e ingiustizia non sono mica parole», disse. «Sono cose che uno sente dentro. Nelle budella, nell'intestino, da quelle parti lì. Non sono parole. Non sono canzoni con le chitarre. Sono le cose che ti fanno sentire in un certo modo piuttosto che in un altro. Sono dentro di te. Nel tuo cuore e nel tuo apparato digerente. Come la gente che personalmente ami». Si tastò l'avambraccio e chiuse il pugno. «Fa'che quei poveri disgraziati laggiù in fondo si assumano la responsabilità di qualcosa per un attimo, ragazzo mio. Fa'che siano responsabili di qualcun altro e poi vediamo se mi vengono a parlare, a me, al loro presidente, a Lyndon Baines Johnson, di giustizia e ingiustizia e via dicendo». (p. 147)
  • «Ho detto al mio uccellino che la responsabilità è come il cielo, ragazzo. Così le ho detto. Tu cosa mi rispondi se ti vengo a chiedere che sensazione ti dà il cielo? Il cielo non è una sensazione, ragazzo mio». [...] «Ma sta lì, amico mio. Il cielo sta lì. Ti sta sopra la zucca ogni cazzo di giorno che Dio manda in terra. Puoi andare dove ti pare e piace, ragazzo, ma se alzi gli occhi, in cima a ogni altra dannatissima cosa c'è lui.E il giorno in cui non ci sarà più il cielo...» (p. 149)
  • «L'amore è soltanto una parola. Congiunge cose che sono separate. Io e Lyndon, anche se tu non sarai d'accordo, siamo d'accordo sul fatto che quello che c'è fra noi non si può più chiamare propriamente amore. Perché abbiamo smesso molto tempo fa di essere abbastanza separati perché ci sia un "amore" a coprire una distanza. Lyndon dice che non vede l'ora che arrivi il giorno in cui amore e giustizia e ingiustizia e responsabilità, il giorno un cui voi giovani d'America, dice, capirete che quelle parole non sono altro che maniere di affrontare la distanza». (p. 159)

John Billy

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  • «A Chuck Junior gli venne paura di se stesso».
    Mai avuto paura di voi stessi? Fa parecchio male. (p. 180)
  • «Divenne prezioso e di gran valore per noi, come può diventarlo solo una cosa che uno è spaventato a morte all'idea di perderla» (p. 181)

Da una parte e dall'altra

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  • «Ero convinto di poter cantare come un filo metallico allo zero assoluto, acutissimo e pallido, di poter bruciare senza accensione o frizione, di poter brillare a freddo come una luna color limone, abbracciato a una griglia di puro significato. Trasferimento privo di interferenze. Ma poi un piccolo, silenzioso, educato, profumato, odoratissimo sistema di nuovi segnali mi ha in qualche modo sparato alla testa. Con le parole e le lacrime mi ha amputato qualcosa. Io le avevo donato la mia più intima importanza, e il suo autobus è ripartito, lasciando una qualche parte fondamentale di me dentro di lei come un pungiglione di un'ape. Adesso l'unica cosa che voglio è salire in macchina e andarmene molto lontano. a sanguinare». (p. 210)
  • Nell'agenzia dove lavorava ha visto un sacco di deficienti che per tutta la vita sono stati dietro soltanto alla carriera, alla caccia, al golf o al loro uccello, e alla fine che cosa si sono ritrovati in mano, quand'è arrivato l'inverno e il mondo intero è rimasto isolato dalla neve? (p. 222)
  • «Non ho paura delle cose nuove. Ho soltanto paura di sentirmi sola anche quando ho qualcun altro vicino. Ho paura di soffrire. Forse è una cosa egoista, ma è così che mi sento». (p. 228)
  • «Credo, inginocchiato dietro la cucina, con mia zia che si accovaccia a posarmi una mano sulla spalla, che mi faccia assolutamente paura tutto ciò che esiste».
    "Allora accomodati pure". (p. 233)

La mia apparizione

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Sono una donna che è apparsa in pubblico al talk show di David Letterman il 22 marzo del 1989. Per dirla con mio marito Rudy, sono una donna la cui faccia e i cui modi sono noti a qualcosa come metà della popolazione misurabile degli Stati Uniti, il cui nome è su bocche, copertine e schermi. E il cui profondo del cuore è invisibile, e nascosto in maniera irraggiungibile. Ed è questo che secondo Rudy mi avrebbe potuto salvare da tutto ciò che quell'apparizione comportava.

Citazioni

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  • «Non voglio che tu pensi che la messinscena sia reale.»
    «Pensavo che fosse praticamente sottinteso che una messinscena non può essere reale», dissi io. (p. 236)
  • «Edilyn», disse,«non è questione di cattiveria. È questione di ridicolo. Quel bastardo si nutre di ridicolo come un enorme parassita con le lentiggini. Tutto il programma si nutre di queste cose: quando le situazioni diventano assurde, si gonfia e monta. Letterman assume quell'aria sazia, oscura e raggiante.» (p. 241)
  • «L'intera trasmissione si nutre della ridicolaggine di tutti. È il fatto che il pubblico capisce che lui sceglie consapevolmente di rendersi ridicolo a renderlo immune dall'essere ridicolo, quel figlio di puttana non è scemo». (p. 242)
  • «La sincerità è passata di moda», disse Ron. «Adesso si ride proprio della gente che è sincera».
    «O di chi sembra sincero, di chi crede di essere sincero, direbbe Letterman», disse mio marito.(p. 244)
  • «Sta facendo soldi ridicolizzando la stessa identica cosa che l'ha messo nella posizione di poter far soldi ridicolizzando qualcosa». (p. 252)
  • «Quello che lo ha fatto arrivare lì, in quel posto, in quel momento, perché tu lo vedessi, è proprio che è impossibile vederlo. Il nocciolo della questione è tutto qui, capisci? Che nessuno è veramente come deve farsi vedere».
    Lo guardai. «E tu pensi che questa cosa sia vera».
    La sua sigaretta sfrigolò. «Non importa come la penso io. Quello è il presupposto su cui si basa il programma. La gente lo rende vero. Guardandolo». (p. 269)

Direi mai

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Una cosa che non è divertente ? Il mal di stomaco Se non mi credere, chiedete alla signora Tagus, qui, che vi illuminerà sulla questione. Io, mal di stomaco, niente. Artrite sì, mal di stomaco no.

Citazioni

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  • Ho detto alla ragazza sapor di cannella che questo non mi verrà mai perdonato. Mai. Che quando raggiungi un certo punto della tua storia e una certa situazione sei legato a della gente, sei parte di qualcosa di più grande. Che tutta la costellazione diventa come un liquido, e qualunque tipo di agitazione la fa increspare tutta. Mi ha chiesto chi è stato il primo a dire mai dire mai. Le ho detto che dev'essere stata una persona molto sola. (p. 287)
  • Contro, contro, contro: le ragioni che si basano sugli altri sono facili da manipolare. Tutte le cose cave sono leggere. Perché il fatto è che mi sono stancato di stare bene. Di essere buono. Forse sono solo stanco di non sapere dove finiscono, in me, le aspettative millenarie di una costellazione, dov'è che la mia volontà può appendere il suo cappello di pelo. (p. 296)
  • Eppure perfino un principiante da solo riesce ben presto a capire che una vita condotta, temporaneamente o meno, come una semplice rinuncia a ogni valore diventa nella migliore delle ipotesi una cosa senza sbocco e nella peggiore una cosa vuota: una vita di attesa del non-sarà-mai. Seduti ad accettare passivamente (non a giudicare) l'accadere e il finire delle cose. (pp. 297-298)

È tutto verde

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Lei dice non mi importa se mi credi o no, è la verità, poi tu credi pure quello che ti pare. Quindi è sicuro che mente. Quando è la verità si fa in quattro per cercare di farti credere quello che dice. Perciò sento di non avere dubbi.

Citazioni

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  • È tutto verde, dice. [...] La finestra sopra il lavello del mio cucinino è stata ripulita dal violento acquazzone di stanotte e ora è una mattina di sole, è ancora presto, e fuori c'è un casino di verde. Gli alberi sono verdi e quel po' d'erba che c'è oltre i dossi rallentatori è verde e allisciata. Ma non è tutto verde. Le altre roulotte non sono verdi e il mio tavolino lì fuori con le pozzanghere allineate e le lattine di birra e le cicche che galleggiano nei portacenere non è verde, né il mio furgone, o la ghiaia della piazzola, o il triciclo che sta rovesciato su un fianco sotto un filo per il bucato senza bucato sopra accanto alla roulotte vicina, dove c'è uno che ha fatto dei bambini. È tutto verde sta dicendo lei. Lo sta sussurrando e il sussurro non è più rivolto a me lo so. Getto la sigaretta e volto bruscamente le spalle al mattino con il sapore di qualcosa di vero in bocca. (p. 302)

La scopa del sistema

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Molte ragazze davvero belle hanno dei piedi davvero brutti, e Mindy Metalman non fa eccezione, pensa Lenore, all'improvviso. Sono piatti e lunghi, con le dita strombate e i mignoli afflitti da bottoni di una callosità giallognola che riappare a mo' di battiscopa lungo i calcagni, e sul dosso dei piedi sbucano peluzzi neri arricciati, e lo smalto rosso è screpolato e si scrosta a boccoli per quant'è vecchio, mostrando qua e là striature bianchicce. Lenore se ne accorge solo perché Mindy si è chinata in avanti sulla sedia accanto al minifrigo per staccare dalle unghie dei piedi appunto un paio di fiocchi di smalto; i lembi dell'accappatoio si dischiudono su un generoso scorcio di scollatura, decisamente più sostanziosa di quella di Lenore, e lo spesso asciugamano bianco che cinge la chioma zuppa e shampizzata di Mindy si è allentato e una ciocca di capelli scuri è sgusciata tra le pieghe e scende leggiadra incorniciandole la guancia fin sul mento.

Citazioni

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  • Mettiamo che Nonna mi abbia detto in maniera parecchio convincente che tutto ciò che davvero esiste della mia vita è limitato a quello che se ne può raccontare. [...] Be', credo che non sia esattamente che la vita va raccontata anziché vissuta; è piuttosto che la vita è il suo racconto, e che in me non c'è niente che non sia o raccontato o raccontabile. Ma se è davvero così, allora che differenza c'è, perché vivere?
  • a Lenore era apparso che nell'enorme atrio l'ombra fosse balzata in avanti per ghermirlo.
  • Si rimetta seduto, coglione. Le faccio presente che quella che lei sta fottendo al momento è la mia vita.
  • Piantala con questa smania di volermi inchiodare, mi sento come una farfalla da collezione.
  • Vuoi sapere cos'è che veramente non amo? Non amo questa morbosa ossessione di misurare, e di chiedere che si dicano cose, e di inchiodare, e di avere e di raccontare. È una specie di mania ossessiva che mi soffoca, per non parlare di quanto mi deprime.
  • Olaf Blenter mi disse che quando la realtà è sgradevole i realisti tendono a essere sgraditi.
  • Ironia della sorte, un uomo, il cui istinto d'amore è quanto più forte e naturale e istintivo possibile, è incapace di trovare qualcuno da poter veramente amare.
  • La magia di quella sera fu che la magia abbia retto.
  • Soltanto scorci di musica trapelati dalla porta della stanza di Vance, e gesso colorato sui suoi polpastrelli, e cerchi neri intorno ai suoi occhi neri, e i suoi bei, proprio bei disegni- piatti e neutri e tristi come l'asfalto del nostro vialetto, morbidi e etersi e privi di interstizi proprio come sua madre.
  • Esatto. Intendo svilupparmi all'infinito e raggiungere dimensioni incommensurabili.
  • Rick qui urge dichiarare una moratoria degli attacchi isterici.
  • Pensi ai mondi di cui queste persone hanno fatto parte. Mondi. Sono letteralmente passati dalla stalla alle stelle. C'è da tremare già al semplice pensiero dei cambiamenti tecnologici cui hanno assistito. Come si può pretendere che una persona riesca anche solo a cominciare a orientarsi, rispetto a una simile serie di cambiamenti nelle caratteristiche fondamentali del mondo? Come si può anche solo cominciare a capire qualcosa della proprio collocazione in un sistema, quando si fa parte di una regione che ha un rapporto così problematico con il resto del mondo, un mondo cui a sua volta è negata qualunque caratteristica stabile e comprensibile per il semplice fatto di dover continuamente cambiare, e cambiare radicalmente? (2014, p. 172)

Questa è l'acqua

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Altra matematica

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  • Nonno: Che classe fai, a scuola, Joseph? La quinta elementare?
    Nipote: La prima media.
    Nonno: La prima media.
    Nipote: Sì.
    Nonno: E sei innamorato di me.
    Nipote: Sì.
    Nonno: Credo di non sapere proprio cosa dire. Non so nemmeno che giorno della settimana è. Come potrei sapere cosa dire?.
    Nipote: Non dire nulla, nonno. Resta lì seduto. Così. E' perfetto. (p. 56)

Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta

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Prendo degli antidepressivi da, quanto sarà, un anno, e ritengo di avere i numeri per dire come sono. Sono straordinari, davvero, ma sono straordinari come sarebbe straordinario vivere, che so, su un altro pianeta caldo e comodo fornito di cibo e acqua fresca: sarebbe straordinario, ma non sarebbe la cara vecchia Terra.

Citazioni

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  • Non so davvero se la Cosa Brutta sia davvero depressione. Prima avevo sempre pensato che la depressione fosse come una tristezza davvero profonda, tipo quella che ti prede quando muore il tuo bravo cagnolino, o quando in Bambi uccidono la madre di Bambi. [...] La Cosa Brutta - e mi sa che la depressione è questo e nient'altro - è molto diversa, e indescrivibilmente peggio. (p. 67)
  • E siccome l'unica conoscenza che si ha del mondo intero passa attraverso le varie parti del corpo - tipo gli organi sensoriali, la mente, ecc. - e siccome queste parti hanno una nausea da morire, il mondo intero che voi percepite, conoscete e abitate vi arriva filtrato da questa brutta nausea e diventa brutto. E tutto diventa brutto in voi, tutto il bello esce dal mondo come l'aria esce da un pallone rotto. (p. 69)
  • Perché la Cosa Brutta attacca non solo te facendoti sentire male e mettendoti fuori uso, ma attacca in special modo, fa sentire male e mette fuori uso proprio le cose che ti servono a combattere la Cosa Brutta, a sentirti magari meglio, a restare vivo. (p. 69)
  • Essere lontani aiuta rispetto alla Cosa Brutta. Solo che è sommamente idiota se si pensa a quello che dice prima riguardo al fatto che la Cosa Brutta è davvero (p. 82)

Questa è l'acqua

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Saluti, ringraziamenti e congratulazioni ai laureandi dell'anno accademico 2005. Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: – Salve, ragazzi, com'è l'acqua? – I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa: – Che cavolo è l'acqua?

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  • Ci sono due tizi seduti a un bar nel cuore selvaggio dell'Alaska. Uno è credete, l'altro è ateo, e stanno discutendo l'esistenza di Dio con quella foga tutta speciale che viene fuori dopo la quarta birra. L'ateo dice: - Guarda che ho le mie buone ragioni per non credere in Dio. Ne so qualcosa anch'io di Dio e della preghiera. Appena un mese fa mi sono lasciato sorprendere da quella spaventosa tormenta di neve lontano dall'accampamento, non vedevo niente, non sapevo più dove ero, c'erano quarantacinque gradi sottozero e così ho fatto un tentativo: mi sono inginocchiato nella neve e ho urlato:«Dio, sempre ammesso che Tu esista, mi sono perso nella tormenta e morirò se non mi aiuti!» - A quel punto il credente guarda l'ateo confuso: - Allora non hai più scuse per non credere, - dice. - Sei qui vivo e vegeto -. L'ateo sbuffa come se il credente fosse uno scemo integrale: - Non è successo un bel niente, a parte il fatto che due eschimesi di passaggio mi hanno indicato la strada per l'accampamento. (pp.144-145)
  • Pensateci: non avete vissuto una sola esperienza che non vi vedesse al suo centro esatto. (p. 146)
  • Il segreto consiste nel dare un ruolo di primo piano alla verità nella consapevolezza quotidiana. (p. 153)
  • La vostra cultura è realmente il lavoro di una vita, e comincia... adesso. Augurarvi buona fortuna sarebbe troppo poco. (p. 155)

Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)

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David Foster Wallace con due fan

Tennis, trigonometria e tornado

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Quando lasciai il mio distretto squadrato in mezzo alla campagna dell'Illinois per andare a frequentare l'università dove si era laureato mio padre fra i vivaci rilievi delle Berkshires nel Massachusetts occidentale, sviluppai un'improvvisa fissazione per la matematica. Comincio adesso a capirne il motivo. Per uno del Midwest, la matematica del college produce un'evocazione catartica della nostalgia di casa. Io ero cresciuto in mezzo a vettori, rette, rette che intersecano rette, griglie – e, all'altezza dell'orizzonte, le ampie linee curve delle forze della natura, il bizzarro assetto topografico a spirale di un immenso lotto di terra stirata dalle glaciazioni, che si poggia e ruota su placche geologiche.

Citazioni

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  • Io e Antitoi spaziavamo esattamente sullo stesso territorio agonistico; lui era il mio amico, il mio nemico e la mia rovina. (p. 19)
  • Alienazione-dal-Midwest-in-quanto-paradigma-della-fertilità può essere un concetto un tantino ipermetafisico, per non dire tendente all'autocommiserazione. (p. 23)
  • Una volta che arrivai a un certo livello di impianti da torneo, mi sentii handicappato perché non ero capace di adattarmi alla mancanza di difficoltà cui adattarmi. Se questa cosa ha un senso. Anche senza l'ostacolo dell'inquietudine adolescenziale e dell'alienazione dalla realtà fisica, la mia carriera tennistica nel Midwest si arrestò nel momento in cui vidi il mio primo tendone antivento. (p. 25)
  • In seguito, il tennis di Antitoi continuò a migliorare, il mio no. (p. 34)

E Unibus Pluram: Gli scrittori americani e la televisione

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Gli scrittori tendono a essere una razza di guardoni. Tendono ad appostarsi e a spiare. Sono osservatori nati. Sono spettatori. Sono quelli sulla metropolitana il cui sguardo indifferente ha qualcosa dentro che in un certo senso mette i brividi. Qualcosa di rapace. Questo è perché gli scrittori si nutrono delle situazioni della vita. Gli scrittori guardano gli altri esseri umani un po' come gli automobilisti che rallentano e restano a bocca aperta se vedono un incidente stradale: ci tengono molto a una concezione di se stessi come testimoni.
Ma allo stesso tempo gli scrittori tendono ad avere un'ossessiva consapevolezza di sé. Dal momento che dedicano molto del loro tempo produttivo a studiare attentamente le impressioni che ricavano dalle persone, gli scrittori passano anche un sacco di tempo, meno produttivo, a chiedersi nervosamente che impressione fanno loro agli altri.

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  • La televisione ha a che fare in tutto e per tutto con il desiderio. E, letterariamente parlando, se gli scrittoti si nutrono delle vicende umane, il desiderio non è altro che lo zucchero. (p. 37)
  • Perché le persone che noi ci mettiamo a guardare attraverso lo schermo di vetro della TV non sono davvero inconsapevoli del fatto che qualcuno li stia guardando; [...] In realtà la gente che sta in televisione sa che è in virtù di questa folla davvero enorme di anonimi guardoni che loro stanno sullo schermo impegnati in insolite performance di pessimo gusto. La televisione non permette di spiare veramente perché la televisione è esibizione, spettacolo, il che per definizione richiede un pubblico. (p. 39)
  • E con questo non sto dicendo che la televisione sia volgare e stupida perché le persone che compongono il Pubblico sono volgari e stupide. La televisione è ciò che è per il semplice motivo che la gente tende ad assomigliarsi terribilmente proprio nei suoi interessi volgari, morbosi e stupidi, e a essere estremamente diversa per quanto riguarda gli interessi raffinati, estetici e nobili. (p. 61-62)

Invadenti evasioni

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05/08/93 h. 08:00. Il Giorno della Stampa precede più o meno di una settimana l'inaugurazione della Fiera. Per le 09:00 dovrei trovarmi dentro la Fiera all'Illinois Building per ritirare l'accredito stampa. Mi immagino l'accredito come una tesserina bianca che si infila nel nastro del feltro floscio. È la prima volta che qualcuno mi chiama "stampa". L'accredito mi fa gola soprattutto per le giostre e la roba gratis.
Sono qui da poco. Vengo dall'East Coast, e vado alla Fiera Statale dell'Illinois per conto di una rivista fighetta dell'East Coast. L'esatto motivo per cui una rivista fighetta dell'East Coast sia interessata alla Fiera Statale dell'Illinois mi rimane oscuro.

Citazioni

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  • Sono l'unico che da bambino provava questa bizzarra, profonda sensazione? - che ogni oggetto esterno esistesse solo in quanto influiva su di me in qualche modo? - che ogni singola cosa fosse, per il tramite di una qualche misteriosa attività adulta, disposta unicamente a mio beneficio? Non c'è nessuno che si identifica in questo ricordo? Eco, il bambino esce dalla stanza, e tutto quello che c'era nella stanza, una volta che non è più lì a vederlo, si liquefa in una sorta di vuoto potenziale, oppure (come ella mia teoria infantile) qualche adulto prima nascosto l'arrotola e lo stipa fino a che il prossimo ingresso del bambino richiama il tutto in animato servizio. Ero matto? (p. 138-139)
  • Da queste parti, la folla è un lumino da notte per adulti. E dunque la sacralità dello Spectaculum, dell'evento pubblico. (p. 167)
  • E appena il biondo in cabina allunga la mano e tira la leva, e la folla prende un respiro potente, io perdo il controllo, proprio nel mio ultimo istante qui alla Fiera [...] e mi rifiuto di prendere parte a tutto questo, foss'anche come testimone - e accedo nuovamente, in extremis, all'altro incubo bruttissimo d'infanzia, l'unico modo certo di cancellare tutto; e il sole e il cielo e lo yuppie in caduta libera si spengono come si spegne il lumino. (p. 212)

Che esagerazione

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Negli anni '60 sono arrivati i metacritici poststrutturalisti, hanno capovolto gli assunti dell'estetica letteraria, quegli assunti che i suoi maestri avevano considerato come autoevidenti e, fondendo teorie del discorso creativo e posizioni metafisiche radicali, hanno reso l'interpretazione dei testi molto più complicata. Che si sia o meno fan di Barthes, Foucault, de Man, Derrida, occorre almeno riconoscergli il merito di un fertile meticciato fra critica e filosofia: per un giovane filosofo americano che si interessi tanto di poetica continentale quanto di pratica analitica di stampo angloamericano, la teoria della critica costituisce oggi un degno campo di studio. H.L. Hix è uno di questi giovani filosofi americani (a giudicare dalla foto, ha dodici anni), e sono certo che la sua dissertazione di dottorato, Morthe d'Author: An Autopsy ("Morte d'autore. Un'autopsia"), del 1992, ha più che meritato di vedere la luce nella collana "The Arts and Their Philosophies" della Temple University Press.

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  • Un autore è una scimmia dotata di intenzioni. (p. 215)
  • A noi civili che abbiamo la viscerale certezza che la scrittura sia un atto di comunicare fra un essere umano e un altro, l'intera questione appare piuttosto arcana. Come osserva William Grass in Habitation of the Word, i critici posso cercare di eliminare o iperdefinire l'autore fino all'anonimia, per ogni genere di ragioni, tecniche, politiche o filosofiche, e «quest'anonimia» può voler dire molte cose, ma di certo non che quel testo non l'ha scritto nessuno. (p. 223)

David Lynch non perde la testa

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1. di quale film parla questo articolo

Strade perdute di David Lynch, scritto da Lynch e Barry Gifford; con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty. prodotto da CIBY 2000, Francia. © 1996 di una certa Asymmetrical Productions, la società di Lynch, i cui uffici sono proprio a fianco della casa di Lynch sulle colline di Hollywood e il cui logo, disegnato da Lynch stesso, è un simboletto molto carino, fatto così:

[Simbolo]

Strade perdute è girato a Los Angeles e nel territorio desertico subito alle sue spalle. Le riprese vere e proprie durano dal dicembre '95 al febbraio '96. Normalmente Lynch non apre il set al pubblico, prende misure di sicurezza ridondanti e crea un'aria di segretezza quasi massonica intorno alla produzione dei suoi film, ma io dall'8 al 10 gennaio 1996 sono ammesso sul set di Strade perdute.

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L'abilità professionistica del tennista Michael Joyce...

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Quando Michael Joyce di Los Angeles effettua un servizio, quando lancia la palla e il suo viso si alza a seguirla, sembra che sorrida, ma non sta davvero sorridendo – i muscoli circumorali della sua faccia si stanno tendendo insieme al resto del corpo per raggiungere la palla nel punto più alto del lancio. Vuole colpirla in massima distensione e leggermente davanti a sé; vuole riuscire a darle un colpo ben deciso, a imprimerle una velocità sufficiente a evitare una risposta aggressiva da parte dell'avversario. In questo momento sono le 13:00 di sabato 22 luglio 1995, sul campo principale, lo Stadium Court, del complesso dello Stade Jarry di Montreal.

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  • La testa di serie n. 1 questa settimana è Richard Krajicek, un olandese di 1 metro e 90 che porta un cappellino bianco con la visiera quando c'è il sole, si lancia verso la rete come se questa gli dovesse dei soldi, e in generale gioca come una gru impazzita. Ha tutte e due le ginocchia bendate. (p. 334)
  • Non so se lo sapete, ma Connors aveva uno dei modi di giocare più eccentrici che la storia del tennis ricordi – era un giocatore aggressivo "di potenza" che scendeva raramente a rete, aveva il servizio di una ragazza rachitica, e colpiva sempre in maniera piatta e assolutamente senza effetto. (p. 347)
  • John McEnroe non era tanto alto, eppure si può ragionevolmente affermare che sia stato il miglior giocatore di serve and volley di tutti i tempi; ma d'altronde, McEnroe era un'eccezione rispetto a tutti o quasi gli schemi di prevedibilità esistenti. Al suo apice (diciamo dal 1980 al 1984) è stato il più grande tennista di sempre – e il più dotato, il più bello, il più tormentato: un genio. Per me, guardare McEnroe che indossa una giacca blu in sintetico e fa quelle ignobili telecronache colorite, zeppe di luoghi comuni idioti, è come guardare Faulkner che fa uno spot pubblicitario per una catena di negozi di abbigliamento. (p. 348)
  • Guardate Agassi da vicino qualche volta – per essere un uomo così piccolo e un giocatore così grande, è sorprendentemente privo di finezza, con movimenti che assomigliano più a quelli di un musicista heavy-metal che a quelli di un atleta. (p. 349)
  • Quando il dritto di Joyce entra in contatto con la palla, la sua mano sinistra dietro di lui si apre, come se stesse lasciando una presa, un gesto decorativo che non ha niente a che fare con la meccanica del colpo. Michael Joyce non lo sa, ma la sua mano sinistra si apre nel momento dell'impatto sul dritto: è una cosa inconscia, un tic estetico che è cominciato quando era bambino e che ora è inestricabilmente connesso con un colpo che esso stesso è ormai automatico per il ventiduenne Joyce, dopo anni passati a colpire molti, molti più dritti di quanti uno ne potrebbe mai contare. (p. 351)
  • [Sui tic dei tennisti] Lo strano movimento da sindrome di Tourette in cui Gerulaitis scuoteva la testa da destra a sinistra mentre faceva rimbalzare la palla prima del lancio, come se stesse avendo un piccolo attacco di epilessia. (p. 351)
  • [Sui tic dei tennisti] La bizzarra posizione di servizio di McEnroe, aperta e con le braccia rigide, con entrambi i piedi paralleli alla linea di fondo e il fianco rivolto così rigorosamente alla rete che sembra una figura su un fregio egizio. (p. 351)
  • [Sui tic dei tennisti] Il modo in cui Agassi sposta il peso ripetutamente da un piede all'altro mentre si prepara per il lancio, come se avesse un disperato bisogno di pisciare. (p. 351)
  • I colpi di Agassi sembrano più quello che sarebbero stati i colpi di Borg se Borg si fosse sottoposto per un anno a un trattamento di steroidi e metanfetamine, e avesse colpito ogni cazzo di palla quanto più forte poteva – Agassi dà dei colpi su rimbalzo più forti di chiunque altro abbia mai giocato a tennis, tanto forti che stenti a crederci, se sei proprio lì a bordo campo. (p. 353)
  • Però Agassi ha un movimento di chiusura esagerato, in cui tiene entrambe la mani sulla racchetta e chiude il colpo quasi come un battitore nel baseball, il che fa sollevare la sua maglietta sul davanti e mette in bella vista il suo pancino villoso – qui a Montreal, questo lo trovo repellente, sebbene le donne sedute intorno a me sembrino pronte a dare la vita per un'occhiata al pancino di Agassi. (p. 354)
  • Agassi è in tutto e per tutto veloce quanto Chang, e guardate A.A. in tv, ogni tanto, mentre cammina tra un punto e l'altro: fa questi passetti minuscoli, con le punte decisamente in dentro, il passo di un uomo i cui piedi sono praticamente senza peso. (p. 354)
  • Mi sento di affermare che il tennis è lo sport più bello che esista e anche il più impegnativo. Richiede controllo sul proprio corpo, coordinazione naturale, prontezza, assoluta velocità, resistenza e quello strano miscuglio di prudenza e abbandono che chiamano coraggio. Richiede anche intelligenza. Anche un singolo colpo in un dato scambio di un punto di un incontro professionistico è un incubo di variabili meccaniche. (p. 356)
  • Jim Courier, ex n. 1 ma ora in fase calante, e qui solo decima testa di serie, 153 in tv assomiglia a Howdy Doody con un cappello in testa, ma qui si rivela essere un ragazzone – la «Guide Média» gli attribuisce un peso di 79 kg, ma lui lo supera di gran lunga, e ha muscoli lunghi e lisci e l'andatura e l'espressione di un guardaspalle della mafia. (p. 380)
  • Michael Chang, ventitré anni e n. 5 del mondo, sembra composto di due persone diverse cucite insieme grossolanamente: un tronco normale appollaiato su delle enormi gambe muscolose e completamente prive di peli. Ha la testa a fungo, capelli neri come l'inchiostro e un'espressione di profonda e ostinata infelicità, la faccia più infelice che io abbia mai visto al di fuori di un corso post-laurea di scrittura creativa. (p. 380)
  • P. Sampras, di persona, è quasi tutto denti e sopracciglia, ha delle gambe e degli avambracci incredibilmente pelosi, peli in abbondanza tale da permettermi di scommettere a colpo sicuro che il ragazzo ne ha pure sulla schiena, e dunque, almeno, non è al 100% benedetto e baciato dalla sorte. (pp. 380-381)
  • Goran Ivanisevic è alto e abbronzato e sorprendentemente carino – almeno per un Croato; io i Croati me li immagino sempre devastati ed emotivamente compressi, come usciti da una litografia di Munch – se non fosse per un taglio di capelli a scodella incongruo e totalmente assurdo che lo fa assomigliare a un membro di una coverband dei Beatles. (p. 381)
  • Il ceco Petr Korda, un tempo fra i primi dieci del mondo, è un altro esempio di conglomerato clastico male assortito: 1 metro e 88 per 72 kg, ha la corporatura di un levriero in posizione eretta e la faccia di – cosa inquietante e misteriosa – un pulcino appena uscito dall'uovo (e in più, degli occhi assenti che non riflettono nessuna luce e sembrano «vedere» solo nel senso in cui «vedono» gli occhi dei pesci e degli uccelli). (p. 381)
  • Una delle cose che rendono Agassi tanto forte è che riesce a mettere a segno colpi vincenti da ogni parte del campo – non ha restrizioni geometriche. (p. 383)
  • I nervi e gli intoppi sono importantissimi in uno sport basato sulla precisione e il tempismo, come il tennis, e il «perdere la testa» spazza via tennisti juniores dall'agonismo più di qualunque altro tipo di mancanza di talento o di motivazione. (p. 384)
  • Michael Joyce è, in altre parole, un uomo completo (anche se in una maniera grottescamente limitata). Ma vuole di più. Non maggiore completezza, non pensa in termini di virtù o di trascendenza. Vuole essere il migliore, vuole che il suo nome sia famoso, vuole sollevare trofei da professionista sopra la propria testa voltandosi pazientemente in ogni direzione verso i fotografi e le telecamere. È un americano e vuole vincere. (p. 385)

Tutto e di più – storia compatta dell'infinito

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  • Il Matematico Mentalmente Instabile sembra oggi in un certo senso essere ciò che il Cavaliere Errante, il Santo Mortificantesi, l'Artista Tormentato, e lo Scienziato Pazzo sono stati durante altre epoche: una sorta di Prometeo, colui che va in luoghi proibiti e ritorna con doni che tutti noi potremo usare, ma per i quali lui sarà l'unico a pagare. Questo è probabilmente un po' esagerato, almeno in molti casi: ma Cantor corrisponde allo stampo meglio di tanti altri. (p. 8)
  • Ma la conclusione, per quanto astratta, sembra ineludibile: ciò che giustifica la nostra fiducia nel Principio di Induzione è il fatto che ha sempre funzionato benissimo in passato, almeno finora. Ovvero: la nostra unica vera giustificazione del Principio di Induzione è il Principio di Induzione, il che non suona certo rassicurante. (p. 15)
  • Ed è vero: non vi è nulla di più astratto dell’infinito. O quantomeno del nostro concetto confuso, intuitivo e legato al linguaggio naturale di ∞. È tipo il massimo della separatezza dall’esperienza reale. Prendete la caratteristica più onnipresente e opprimente del mondo concreto (ovvero il fatto che tutto ha una fine, è limitato, si esaurisce) e poi concepite astrattamente qualcosa che sia privo di questa caratteristica. (p. 19)
  • È in aree come la matematica e la metafisica che incontriamo uno degli attributi più strani della mente umana media: la capacità di concepire cose che, in senso stretto, non siamo in grado di concepire. (p. 20)
  • ”Un essere onnipotente può creare qualcosa di troppo pesante perché possa sollevarlo ?” (p. 20)
  • Mai in passato vi è stato uno iato tanto immenso tra come il mondo appare e come la scienza ci dice che esso è. (p. 20)
  • ”Sappiamo” una semi-infinità di verità che contraddicono la nostra esperienza immediata e ragionevole del mondo. Però noi dobbiamo vivere e funzionare nel mondo. E quindi astraiamo, compartimentiamo: ci sono cose che sappiamo e cose che “sappiamo”. [...] Da un punto di vista oggettivo tutta questa faccenda è profondamente schizoide, ma il fatto è che -in quanto profani soggettivi- non percepiamo spesso questo conflitto. Perché naturalmente le nostre vite sono concretamente operative al 99.9% e noi operiamo concretamente sulla base di ciò che sappiamo e non di ciò che “sappiamo”. (p. 21)
  • Ai babilonesi e agli egizi, in altre parole, interessavano più le cinque arance che il 5. (p. 26)
  • Non dimenticate che un linguaggio è sia una mappa del mondo sia un mondo in sé, con le proprie zone d’ombra e i propri orridi, luoghi dove persino le affermazioni che sembrano obbedire a tutte le regole del linguaggio sono impossibili da gestire. (p. 27)
  • Come la maggior parte dei giganti che hanno rivoluzionato la matematica o le scienze, Cantor era al 100% un uomo del suo spaziotempo e i suoi risultati furono l'insolita congiunzione di un’intelligenza e un coraggio personali straordinari e del contesto giusto di problemi e condizioni generali che, con il senno di poi, tendono a far sembrare inevitabili i progressi intellettuali e quasi incidentali i loro autori. (p. 37)
  • La bordata di Berkeley è per certi versi la contropernacchia del cristianesimo a Galileo e alla scienza moderna. Il punto fondamentale di Berkeley è che la matematica del XVIII secolo, nonostante le sue pretese deduttive, poggiava di fatto sulla fede non meno della religione. (p. 117)
  • Gödel e Cantor sono entrambi morti in manicomio, lasciandosi alle spalle un mondo senza una circonferenza finita. Un mondo che oggi ruota in un nuovo tipo di Vuoto, tutto formale. La matematica continua ad alzarsi dal letto. (p. 250)
  • Di rado i corsi di matematica ci dicono se una data formula è davvero significativa, o perché lo è, o da dove è arrivata, o cosa c'era in gioco. C'è evidentemente una differenza tra essere in grado di usare correttamente una formula e sapere davvero come risolvere un problema, sapere perché un problema è un vero problema matematico e non solo un esercizio. E naturalmente anche gli studenti pensano raramente di chiederlo: ci vuole già tanto lavoro per "capire" le formule (ovvero per essere in grado di usarle per risolvere correttamente dei problemi) che spesso non ci rendiamo conto di non capirle affatto.
  • Estensioni e modifiche successive della teoria russelliana dei tipi, fatta da logici come F.P. Ramsey e A. Tarski, sono un incubo di complicazione e confusione tale che la maggior parte dei matematici fingerà di non sentirvi nemmeno se tentate di portare il discorso su di esse.
  • I testi di matematica sono simili a documenti legali e spesso altrettanto divertenti da leggere.
  • Non basta che le teorie matematiche funzionino: si suppone anche che siano definite in maniera rigorosa e dimostrate in modo adeguato ai grandi standard deduttivi greci. Ciò non è però capitato per la maggior parte del '700. Era come una bolla speculativa del mercato azionario. E per un po' è sembrato favoloso.
  • Questi numeri [irrazionali], scoperti non essere esprimibili per mezzo di quantità finite, furono così letali per i Pitagorici che la loro scoperta divenne l'equivalente greco del Watergate.

Una cosa divertente che non farò mai più

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E allora oggi è sabato 18 marzo e sono seduto nel bar strapieno di gente dell'aeroporto di Fort Lauderdale, e dal momento in cui sono sceso dalla nave da crociera al momento in cui salirò sull'aereo per Chicago devono passare quattro ore che sto cercando di ammazzare facendo il punto su quella specie di puzzle ipnotico-sensoriale di tutte le cose che ho visto, sentito e fatto per il reportage che mi hanno commissionato.
Ho visto spiagge di zucchero e un'acqua di un blu limpidissimo. Ho visto in completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l'olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato «Mister» in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l'Electric Slide. Ho visto tramonti che sembravano disegnati al computer e una luna tropicale che assomigliava più a una specie di limone dalle dimensioni gigantesche sospeso in aria che alla cara vecchia luna di pietra degli Stati Uniti d'America che ero abituato a vedere.
Ho partecipato (molto brevemente) a un trenino a ritmo di conga.

Citazioni

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  • Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedevano all’Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c'è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all'aperto, se l'equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte. (p. 7)
  • Quanto tempo è che non fate Assolutamente Niente? Per quanto riguarda me, lo so con precisione. So con precisione quanto tempo è passato dall'ultima volta che ogni mio bisogno è stato esaudito senza possibilità di scelta da qualche forza esterna, senza che dovessi farne richiesta o addirittura ammettere di avere alcun bisogno. E anche quella volta galleggiavo nell'acqua, in un liquido salato, e caldo, ma poi nemmeno troppo – e se per caso ero cosciente, sono sicuro che non avevo paura e che mi stavo divertendo un sacco e che avrei spedito cartoline dicendo a chiunque «vorrei che fossi qui». (p. 25)
  • La coppia di pensionati di Chicago, ormai astuti veterani delle code, visto che è la loro quarta crociera extralusso, spintonando a destra e a manca sono molto più avanti di me. Una seconda signora addetta al Controllo Folle della Celebrity ha un megafono e continua a ripetere instancabilmente di non preoccuparci delle valigie, che ci raggiungeranno più tardi, e sono il solo, a quanto pare, a trovare la cosa agghiacciante nel suo involontario richiamo alla scena della partenza per Auschwitz di Schindler's List. (p. 28)
  • Quando il mare è agitato, gli ipocondriaci sono occupati a misurarsi le pulsazioni gastriche ogni due secondi e a chiedersi se quel che avvertono può essere l'inizio di un attacco di mal di mare e/o a calcolare l'intensità precisa del mal di mare. Per quanto concerne il mal di mare, però, viene fuori che il mare agitato è più o meno come una battaglia: non puoi mai sapere in anticipo quale sarà la tua reazione. Mette alla prova la parte più istintiva e profonda di un uomo. (p. 44)
  • Un annuncio pubblicitario che fa finta di essere arte è – quando va bene – come quando qualcuno vi sorride cordialmente solo perché vuole qualcosa da voi. Questo è già disonesto, ma il peggio è l'effetto finale che tale disonestà suscita in noi: poiché esso offre un perfetto facsimile o simulacro di buona fede senza il vero spirito della buona fede, produce confusione nella nostra mente e alla fine la nostra guardia si alza anche di fronte ai sorrisi sinceri e all'arte vera e alla buona fede. Ci fa sentire confusi, soli, impotenti, arrabbiati e impauriti. Ci fa sentire disperati. (p. 58)
  • [...] se il viziare, se la gentilezza radicale non sono motivate da un affetto forte e quindi né ti danno la certezza né ti aiutano a rassicurarti che insomma non sei un coglione, quale profondo e significativo valore vuole avere tutta questa condiscendenza e pulizia? (p. 72)
  • Il tema del giorno al caro vecchio tavolo 64 ieri sera era che nella primitiva e povera Cozumel il dollaro americano è trattato come gli UFO: «Quando atterra, entrano tutti in adorazione». (p. 88)
  • C'è qualcosa di inequivocabilmente capronesco in un turista americano che si muove all'interno di un gruppo. Hanno una certa flemma avida. Anzi, abbiamo. Nel porto diventiamo automaticamente Peregrinatores Americani, Die Lumpenamerikaner. Gli orrendi. Per me, la caproscopofobia[6] è una ragione persino più forte della semi-agorafobia per decidere di restare sulla nave quando attracchiamo nel porto. (p. 90)
  • Una parte della mia diffusa disperazione in questa crociera extralusso è che, a prescindere da come mi comporto, non posso sfuggire alla mia sostanziale e sgradevole americanità. Questa disperazione raggiunge il suo apice nel porto, sul ponte, mentre guardo il gruppo di cui non posso fare a meno di far parte. Se rimango quassù o vado anch'io laggiù, non importa, sono un turista americano, e quindi sono ex officio grasso, flaccido, rosso in viso, rumoroso, volgare, autoindulgente, narcisista, viziato, esibizionista, vergognoso, disperato e ingordo: l'unica specie al mondo di caprone carnivoro. (pp. 92-93)
  • È da notare che la vera illusione, qui, non è che questa promessa sarà mantenuta, ma che sia possibile mantenerla. Questa è una grande, gigantesca menzogna. (pp. 99-100)
  • Ma la mia parte infantile è insaziabile – e anzi, la sua essenza, il suo Dasein o quant'altro, sta proprio nella sua insaziabilità a priori. In risposta alla prospettiva di una gratificazione e un accudimento straordinari, la mia insaziabile parte infantile non farà che accrescere la soglia di soddisfazione fino a conseguire di nuovo la sua omeostasi di grave insoddisfazione. (p. 100)
  • Oggi, comunque, è il giorno in cui ho subito uno scacco matto in ventitré mosse da una bambina di nove anni. Ma su questo non vorrei dilungarmi. [...] Per ricaricarmi psicologicamente ritorno nella mia cara 1009 [La sua cabina]. Mangio quattro frutti che assomigliano a minuscoli mandarini, ma sono più dolci, e guardo per la quinta volta questa settimana la parte di J.P. [Jurassic Park] quando i Velociraptor tendono un agguato ai bambini superdotati nella cucina specchiata e istituzionale, e mi accorgo di nutrire per i Velociraptor una simpatia prima insospettabile. (pp. 113-115)
  • E infine, [...] sappiate che il movimento di un piattello non colpito in movimento contro l'immensa volta di lapislazzuli del cielo in mare aperto assomiglia al cammino del sole – vale a dire arancione e parabolico e da destra a sinistra – e che quando il piattello sparisce nell'acqua tocca prima col bordo, non fa schizzi ed è triste. (p. 142)
  • Qui viene alla luce un tratto essenziale delle crociere extralusso: si viene intrattenuti da qualcuno a cui state chiaramente antipatici e si ha la sensazione di meritare l'antipatia nel momento stesso in cui ci si sente offesi. (p. 149)
  • [...] il conseguente reinserimento nelle richieste adulte della vita reale, senza sbocco al mare, non è stato così brutto come mi aveva fatto temere una settimana di Assolutamente Niente. (p. 151)

Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso

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  • Anche perché sembrava pure avida ed egoista, e troppo poco ingenua per farsi perdonare ciò che sembrava. (p.26)
  • Uno di quei tipi dolorosamente brillanti la cui evidente cecità rispetto alla propria brillantezza rende soltanto più doloroso l'acuto bagliore della luce che emana. (p.28)
  • Cominciarono soltanto a frequentarsi, in quel territorio crepuscolare che sta fra l'essere solo amici e quello che, qualunque cosa sia, non è amicizia. (p.32)
  • Le critiche sono reazioni. E quindi fanno solo bene. Se per una campagna pubblicitaria J.D. crea una strategia che nessuno critica, allora J.D. capisce subito che la sua idea è una stronzata, un matrimonio malriuscito fra il jingle e l'immagine, un matrimonio che non darà frutti, che resta lì inerte, senza nessun copulatorio ingranare di marce, senza nessun nuovo movimento all'interno dei movimenti del mercato. Delle critiche hai bisogno. Nutriente. Significano attenzione. Fanno lavorare l'immaginazione. Fanno vendere. Danno sfogo al desiderio, e fanno vendere. (pp.35-36)
  • È questo che fanno i pubblicitari. Scommettono la propria vita sulle critiche, sull'attenzione, sul desiderio, la paura, l'amore, il matrimonio fra i diritti di concessione e il mercato. Sulla persistenza dell'immagine nella memoria del pubblico. Sulla fedeltà alla marca. Sull'empatia col cliente. Sulle vendite. Sulla vita. (p.36)
  • L'elemento di tragicità contemporanea, in Sternberg, è che ha un fatele difetto fisico. Ha un occhio completamente rivoltato verso l'interno della faccia. [...] Di quello che veda l'occhio rivolto all'indietro non parla. (pp.53-54)
  • È infelice, ma è l'infelicità relativamente lucida e agevole di chi è almeno abbastanza sicuro del motivo per cui è infelice, e sa che cosa maledirebbe da qui all'eternità. (p.71)
  • Il problema dei giovani, a partire da un certo momento degli anni Sessanta, è che tendono a vivere troppo intensamente all'interno del proprio momento sociale, e quindi a vedere tutta l'esistenza dopo i trent'anni o giù di lì come una fase in un certo senso postcoitale. (p.73)
  • E imparano, come Ambrose, stesso disse di aver imparata dalla sua dura esperienza artistica e accademica, che la vita, invece di essere un film vietato ai minori di diciotto anni, o anche solo ai minori di quattordici, in realtà il più delle volte non arriva nemmeno a essere distribuita nelle sale. Tende a essere troppo lenta. (pp.73-74)
  • Il contadino possiede solo cereali grezzi, e (paradossalmente) in quantità tale da perdere ogni valore. (p.80)
  • Nei momenti meno adatti c'è sempre un mormone in giro, a mettere alla prova la pazienza della gente con la sua gentilezza non richiesta. (p.92)
  • Chiunque sia disposto ad accettare soldi da un estraneo, in un aeroporto, gratis, senza minimamente sapere chi siamo o se c'è sotto qualche imbroglio, e riveli la sua paura e il suo desiderio numero uno a un blocco di fogli, per quei soldi, è un consumatore nato, un micromercato a sé stante, pieno di desiderio e paura e viceversa, l'obiettivo perfetto per la prossima ondata di campagne pubblicitarie mirate. (p.104)
  • Certe persone riescono a chiedere se c'è qualche problema in un modo che assicura un'appropriata risposta negativa. (p.116)
  • Sembra, ogni anno, che la violenza si riveli sempre meno come la capacità, e sempre più come la pura e semplice opportunità, di fare del male. (pp.130-131)
  • Essere un soggetto significa essere Soli. Intrappolati. Tenuti a distanza da se stessi. [...] Puoi baciare la schiena di chiunque, tranne che la tua. Puoi fare l'amore con chiunque o qualunque cosa, tranne... (p.134)
  • Se i giovano compagni hanno ciascuno le proprie false convinzioni - D.L. che il cinismo e l'ingenuità si escludano a vicenda, Stenberg che il corpo sia una prigione e non un rifugio - quella di Mark è di essere la sola persona al mondo che si sente la sola persona la mondo. È un'illusione solipsistica. (p.135)
  • Lo fa sentire speciale, è vero. Ma essere speciali non è molto lontano dall'essere soli. (p.140)
  • L'industria pubblicitaria sarà finalmente arrivata alla morte che è stata il suo obiettivo fin dall'inizio. E, nella Morte, ovviamente diventerà Vita. L'ultimo spot di tutti i tempi. La cultura d massa, la grande ninna-nanna che culla gli Stati Uniti d'America col suo affettato la la la, la grossa lavagnetta per i messaggi appiccicata sul frigorifero dove conserviamo le Cose In Cui Credere, privata per sempre di sponsor precipiterà al suolo, un suolo accuratamente ricoperto di sale. Il pubblico, quell'unica grande massa di bisogno, non sentirà la mancanza di qualcuno che gli ricordi in che cosa crede. Dubiteranno delle proprie paure; crederanno ciò che desiderano. (p.143)
  • «La politica è ovunque. Tranne nella cultura pop e cose del genere, grazie a Dio.»[...] Steelritter non riesce proprio a credere a quanto siano ingenui questi ragazzi così cinici. (pp.153-154)
  • Per lei, il Vietnam non esiste se non sotto forma di lettere piene di cancellature complicate e telefonate dal collegamento disturbato, di un padre dallo sguardo completamente assente che ha visto per la prima volta su una pista di aeroporto, a nove anni. Che aveva un uncino. Che si gettava a terra quando il motore di un'automobile aveva un ritorno di fiamma (alle Datsun non capita mai: hanno troppa poca potenza), che fissava con occhi spenti e rassegnati la zanzara che gli pungeva l'unico grosso bicipite. Che se n'è andato da un pezzo ormai. (p.156)
  • «Mio padre se n'è andato da un pezzo. Gli ha dato do volta il cervello. È impazzito. È completamente partito. Ora sta dove tutte le stanze sono bianche e tutte le scarpe non fanno rumore. Mio padre ha lasciato il pianeta Terra.»
    «Be', finché ogni tanto ti fa ciao con la mano...»
    «Credo che l'unica cosa a cui fa ciao con la mano sia la roba che gli danno da mangiare.»
    «Be', finché il piatto non lo saluta anche lui...»
    «Credo che sia proprio quello il motivo per cui mio padre gli fa ciao». (p.157)

Incipit di alcune opere

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Fortuna che io e il patrigno di Hope avevamo appena completato le nove "frontali" e stavamo lavando le palle nel marchingegno del decimo tee quando scoppiò il temporale, così riuscii a portarlo dentro il circolo prima che il vento e la pioggia cominciassero a infuriare, e a riconsegnare il cart in deposito mentre mio suocero si asciugava, si cambiava d'abito e telefonava alla moglie per comunicarle un'altra variazione nel suo programma mattutino visto che avevamo "fatto" solo nove buche.

Citazioni su David Foster Wallace

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  • Artisti come lui hanno ideali di un livello troppo alto, che spesso non reggono, purtroppo, il confronto con la vita. Lui ha scritto un saggio meraviglioso su di me. Anche grazie a lui il mondo è per me un posto migliore. (Roger Federer)
  • [Sono rimasto folgorato] Dalla sua intelligenza dissacrante, dalla sua ferocia, dall'architettura linguistica composita dove spesso le note sovrastano il testo principale. E soprattutto dalla sua ossessione per il dettaglio, che sento molto vicina. (Gioele Dix)
  • Ho fatto con lui a Wimbledon un'intervista di mezz'ora, una delle più strane che abbia mai fatto. Mentre me ne andavo ero lì che mi chiedevo ancora di cosa avessimo parlato. Mi ha molto colpito il suo suicidio. (Roger Federer)
  • Nel suo stile massimalista, reazione al minimalismo caro a Raymond Carver, David Foster Wallace si abbandona a frasi lunghe, complesse, a volte sonore, a volte satiriche, e passa da monologhi analfabeti dei poverissimi alle spiegazioni tecniche ad esempio di certi medicinali, con un linguaggio base che è casuale e complesso, ricco di slang e anche di erudizione, capace di alternare precisione e imprecisione a proposito di uno stesso argomento. (Fernanda Pivano)
  • Non riuscirò mai a capire l'entusiasmo per David Foster Wallace e Jonathan Franzen. Ho finito da poco Freedom e mi sembra Pynchon in versione annacquata. (Harold Bloom)
  • Si appassiona alle inezie, al particolare che illumina l'universale allargando e registrando all'infinito il campo del racconto. Come quando descrive minuziosamente il sistema "ad alto tiraggio" del water della sua cabina per poi immaginare i suoi escrementi volare proiettati nell'iperspazio. Straordinario. (Gioele Dix)
  • Chiunque giudichi Foster Wallace un genio letterario dovrebbe essere incluso nel Pantheon degli imbecilli.
  • David Foster Wallace possedeva una tale pretenziosità letteraria da farmi vergognare di appartenere alla stessa industria editoriale.
  • Foster Wallace è il migliore esempio di scrittore contemporaneo che sbava per raggiungere il tipo di spaventosa grandezza culturale che non è mai riuscito a conseguire. Un impostore.
  • Il più sopravvalutato scrittore della nostra generazione è David Foster Wallace.
  • Non ho stima per lui. Infinite Jest è illeggibile. Il suo stile è mediocre, le storie confuse e piene di quel finto sentimentalismo del Midwest.
  • Non esisteva scrittore vivente dotato di un virtuosismo retorico più autorevole, entusiasmante e inventivo del suo. Arrivato alla parola numero 70 o 100 o 140 di una frase sprofondata dentro un paragrafo lungo tre pagine e intriso di umorismo macabro o di autocoscienza favolosamente reticolata, sentivi l'odore di ozono esalare dalla precisione scoppiettante del costrutto che lui impartiva alle frasi, dal destreggiarsi fluido e calibratissimo tra dieci livelli di dizione: alta, bassa, media, tecnica, avanguardistica, secchiona, filosofica, gergale, farsesca, esortativa, teppistica, sdolcinata o lirica. Quelle frasi e quelle pagine, quando riusciva a crearle, erano una dimora sincera, sicura e felice quanto ogni altra avuta in quasi tutti i venti della nostra conoscenza.
  • Perché in quasi tutto il periodo della nostra conoscenza, l'interazione forse più intensa che ho avuto con Dave è stata quando ho letto da solo sulla mia poltrona, per dieci sere di fila, il manoscritto di Infinite Jest. È in quel libro che Dave, per la prima volta, ha orchestrato se stesso e il mondo secondo i suoi dettami. A livello più microscopico: sulla faccia della terra non si è mai visto un prosatore che usasse la punteggiatura con la passione e la minuzia di Dave Wallace. A livello più globale: ha sfornato un migliaio di pagine di amenità che, pur non mostrando mai un cedimento nella forma e nella qualità dell'umorismo, diventavano sempre meno spiritose, sezione dopo sezione finché, verso la fine, ti ritrovavi a pensare che tanto valeva intitolare il libro Infinite Sadness. Nessuno come Dave ha colpito nel segno.
  • Quando indossava i panni del giornalista, Dave dava il meglio di sé se riusciva a trovare un tecnico – un cameraman al seguito di John McCain, un operatore in un programma radiofonico – elettrizzato all'idea di conoscere uno sinceramente interessato ai misteri del suo lavoro. Dave adorava i particolari in quanto tali, ma i particolari erano anche una valvola di sfogo per l'amore che teneva imbottigliato nel cuore: un modo per stabilire un legame, su un terreno intermedio relativamente sicuro, con un altro essere umano. Il che equivale, grosso modo, alla definizione di letteratura a cui io e lui siamo giunti tra una chiacchierata e uno scambio di lettere all' inizio degli anni Novanta.
  • Chiunque consideri Dave innanzitutto un ironista dovrebbe far caso alla scelta. La sua è una satira seria, se con satira intendiamo «la lode indiretta di ciò che è buono». Ma non voglio sostituire un Ironista con uno ossessionato da Dio.
  • Dave ha detto cose geniali sul dono: sulla nostra incapacità di dare gratuitamente, o di accettare quello che ci viene dato gratis. Nei suoi racconti, dare è diventato impossibile: la logica di mercato permea ogni aspetto della vita. Un tizio non riesce a regalare un vecchio attrezzo agricolo; deve dire che costa cinque dollari perché qualcuno si decida a prenderlo.
  • In una cultura che priva quotidianamente della capacità di usare l'immaginazione, il linguaggio e il pensiero autonomo, una complessità come quella di Dave è un dono. Le sue frasi ricorrenti, meandriche, richiedono una seconda lettura. Al pari del ragazzino che aspetta di tuffarsi, la loro osticità spezza «il ritmo che esclude il pensiero». Ogni parola che cerchiamo sul dizionario, ogni tortuosa nota che seguiamo a piè di pagina, ogni concetto che mette a dura prova cuore e cervello: tutto contribuisce a spezzare il ritmo dell'assenza di pensiero – e ci vediamo restituire i nostri doni. A chiunque è stato dato assai, assai sarà ridomandato. Dave scriveva così, come se il suo talento fosse una responsabilità.
  • L'unica di cui disponiamo è irrimediabilmente deturpata dall'uso improprio che se ne fa. La parola è preghiera. Per essere un rinomato ironista, Dave ha scritto molto di preghiera. Un uomo sposato, al cospetto di una seduttrice adolescente, si inginocchia e prega, ma non per l'ovvia ragione. «Non ho paura per quello che pensi» dice. La sgranocchiatrice di cereali prega mentre viene stuprata, ma non per ricevere soccorso. Un tizio che ha causato per sbaglio dei danni cerebrali alla figlia prega con un gesuita pazzo in mezzo a un campo, mentre una chiesa fatta senza le mani si erge intorno a loro. Quando succede l'incomprensibile e l'imperdonabile, i personaggi di Dave ricorrono all'impossibile. Le loro preghiere sono irrazionali, assurde, lasciate cadere in un vuoto, ed è da lì, paradossalmente, che traggono il loro potere.
  1. a b c d Dall'intervista dell'11/04/96 a Bookworm. L'intervista integrale tradotta è stata pubblicata da Einaudi in aggiunta ai dodici saggi di Both flash and not in Di carne e di nulla.
  2. Citato in Alessandra Farkas, «Foster Wallace: impostore», Corriere della Sera, 7 settembre 2012.
  3. a b c Tratto dall'intervista realizzata di David Wiley per il Minnesota Daily del 27 febbraio 1997. L'intervista integrale in lingua originale è qui disponibile. L'intervista integrale tradotta è stata pubblicata da Einaudi in aggiunta ai dodici saggi di Both flash and not in Di carne e di nulla.
  4. Citato in Fernanda Pivano, Foster Wallace : addio al mago della giovane prosa, Corriere della Sera, 15 settembre 2008.
  5. a b c d (EN) Dall'intervista di Charlie Rose in occasione dell'uscita del libro Una cosa divertente che non farò mai più, 27 marzo 1997. Intervista completa in lingua originale disponibile su CharlieRose.com. Versione sottotitolata disponibile su YouTube.com.
  6. (= terrore patologico di essere considerato un caprone) [nota presente nel testo originale]

Bibliografia

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  • David Foster Wallace, Brevi interviste con uomini schifosi, traduzione di Ottavio Fatica e Giovanna Granata, Einaudi, 2007. ISBN 9788806185374
  • David Foster Wallace, Di carne e di nulla , traduzione di Giovanna Granato, Einaudi, 2018. ISBN 978-88-06-23768-4.
  • David Foster Wallace & Mark Costello, Il rap spiegato ai bianchi, traduzione di Christian Raimo e Martina Testa, Minimum Fax, 2019. ISBN 978-88-3389-056-2.
  • David Foster Wallace, Il re pallido, traduzione di Giovanna Granato, Einaudi, 2011. ISBN 978880620335
  • David Foster Wallace, Il re pallido, traduzione di Giovanna Granato, Einaudi, 2011. ISBN 9788806203351
  • David Foster Wallace, Il tennis come esperienza religiosa, traduzione di Giovanna Granato, Giulio Einaudi Editore, 2012. ISBN 88-06-21092-2.
  • David Foster Wallace, Infinite Jest, traduzione di Edoardo Nesi, Fandango. ISBN 888751710X
  • David Foster Wallace, La ragazza dai capelli strani, traduzione di Martina Testa, Minimum Fax, 2017. ISBN 978-88-7521-869-0
  • David Foster Wallace, La scopa del sistema, traduzione di Sergio Claudio Perroni, Fandango, Roma.
  • David Foster Wallace, La scopa del sistema, traduzione di Sergio Claudio Perroni, Einaudi, 2014. ISBN 978-88-06-22094-5
  • David Foster Wallace, Oblio, traduzione di Giovanna Granato, Einaudi.
  • David Foster Wallace, Questa è l'acqua, traduzione di Giovanna Granato, Einaudi, 2009. ISBN 978-88-06-19969-2
  • David Foster Wallace, Tennis, tv, trigonometria, tornado, traduzione di Vincenzo Ostuni, Christian Raimo, Martina Testa, Minimum Fax, 2018. ISBN 978-88-7521-916-1.
  • David Foster Wallace, Tutto e di più: storia compatta dell'∞, traduzione di Giuseppe Strazzeri e Fabio Paracchini, Codice, 2017. ISBN 9788875786984.
  • David Foster Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più, traduzione di Gabriella D'Angelo e Francesco Piccolo, Minimum Fax, 2017. ISBN 9788875218379
  • David Foster Wallace, Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso, traduzione Martina Testa, Minimum Fax, 2019. ISBN 978-88-3389-009-8

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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  • Federer as Religious Experience, lungo articolo scritto da Wallace per il New York Times e pubblicato il 20 agosto 2006, rappresenta la versione originale del saggio Federer come esperienza religiosa.