Giappone

stato sovrano insulare dell'Asia orientale
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Citazioni sul Giappone e sui giapponesi.

Bandiera del Giappone

Citazioni

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  • Del Giapan, o vero Giapon, scriverò quello che per l'esperienza insino adesso habbiamo conosciuto. Primieramente la gente che habbiamo conversata, è la migliore che insin adesso si sia scoperta, et fra gli infedeli mi pare non si troveria altra migliore; generalmente sono di buona conversatione; è gente buona et non malitiosa; et stimano mirabilmente l'honore più che nissun'altra cosa; communemente sono poveri, et la povertà tanto fra li nobili, quanto fra gli altri non si reputa a vergogna. È gente molto cortese fra loro et stimanosi, confidando molto nelle armi; portano sempre spade e pugnali, tanto li nobili quanto la gente bassa, cominciando dalli 14 anni; non patisce questa gente ingiuria alcuna, ne parola di dispregio, come la gente ignobile: porta gran reverentia alli nobili. Così tutti li gentilhuomini reputano gran laude servire al signore della terra, et essergli molto soggetti. È gente temperata nel mangiare, benché nel bere alquanto larga: fanno il vino de riso, perché non ci è altro in quelle bande. Giurano poco; et il giuramento loro è per il sole: gran parte della gente sa leggere et scrivere, il che è gran mezzo per brevemente apparare le orationi et cose di Dio. (Francesco Saverio)
  • Due giapponesi che s'incontrano per la prima volta devono immediatamente stabilire la rispettiva posizione sociale... se non altro per sapere quanto profondamente debbono inchinarsi l'uno davanti all'altro. Siccome in questo paese uno non è quello che è, ma è il ruolo che ha, l'ossessivo scambio dei biglietti da visita, che descrivono con grande precisione il rango del loro portatore, serve a togliere i giapponesi dall'insopportabile imbarazzo di non sapere dove stanno rispetto al loro interlocutore. (Tiziano Terzani)
  • Dicono che il Giappone sia nato da una spada. Dicono che gli antichi dei hanno immerso una lama di corallo nell'oceano e che, al momento di estrarla, quattro gocce perfette siano cadute in mare e che quelle gocce siano diventate le isole del Giappone. Io dico che il Giappone è stato creato da una manciata di uomini, guerrieri disposti a dare la vita per quella che sembrò ormai una parola dimenticata: onore. (L'ultimo samurai)
  • Dio è stato giusto verso i giapponesi. Non ha dato loro né petrolio, né carbone, né diamanti, né oro, né risorse naturali — nulla! Niente nasce sull'isola per poter sostenere una civiltà. Ciò che Dio ha dato ai giapponesi è stato un senso dello stile, mantenuto attraverso i secoli grazie a un duro lavoro e alla disciplina dell'ambizione. (Diana Vreeland)
  • Guarda un po', mi sono detto, il Giappone è davvero cambiato. Poi mi sono accorto che erano tutti cinesi. (Ian Buruma)
  • Il grande Giappone è una contrada divina. Solo il nostro paese fu fondato dalle divinità e trasmesso da Amaterasu ad una lunga serie di discendenti.. Non vi è cosa simile nei paesi stranieri. Per questo il Giappone viene chiamato una contrada divina. (Kitabatake Chikafusa)
  • Il Giappone esce dal mare. Il mare l'ha respinto come una conchiglia di madreperla. Il mare conserva il diritto di distruggerlo e di riprenderselo. (Jean Cocteau)
  • L'europeo, in Giappone, misura dalla sproporzione tra le sue dimensioni e quelle della casa giapponese la prima e fondamentale diversità tra il suo e il mondo nel quale è andato a vivere.
    Pure, rapidamente, s'acconcia a quella picciolezza; e, dopo poco, l'avverte comoda e cara. Ogni cosa sottomano e al suo posto; la necessità, quasi forzata, dell'ordine e di conseguenza la impossibilità di pensare disordinatamente. La regola mirifica della società collettiva delle api è dettata dalla geometria dell'alveare. L'ordine puntiglioso, la nettezza, la pedante precisione dei giapponesi viene dalla geometria avara della casa. Questo ritmo costante e regolare finisce col rendere un poco «noiosi» i popoli che vi si sottomettono.
    Ma in Giappone il pericolo è stornato dalla natura profonda dell'arcipelago; del vulcanesimo sul quale giace come un San Lorenzo sulla graticola. La fantasia e la poesia ai giapponesi viene, poi, suggerita dalle vibrazioni del terremoto; ch'è endemico come tutti sanno e non mette paura a nessuno. (Giovanni Artieri)
  • La società giapponese è organizzata in modo tale che è più facile morirci che viverci [...] La società giapponese è talmente pesante che ci si lascia schiacciare piuttosto che ribellarsi. (Takeshi Kitano)
  • Ma no, ragazzo mio. Ruth Benedict è stata la prima a dire che le inibizioni dei giapponesi nascono dalla vergogna e non dal senso di colpa, cosa difficilissima da capire per un occidentale che dal senso di colpa è governato. (Bruce Benderson)
  • Né la nostra età è stata priva d'esempi d'uomini valorosi per vigore di corpo e di mente, ed insieme bevitori d'acqua e mangiatori d'erbe e di frutti. In certe montagne d'Europa sono anco al presente abitanti che vivono di erbe e di latte molto indomiti e fieri, e i Giapponesi ferocissimi nel disprezzare i pericoli e la morte s'astengono dagli animali. (Antonio Cocchi)
  • Originariamente in Giappone l'amore non esisteva nemmeno. C'erano soltanto i matrimoni organizzati e furtive incursioni notturne. Noi l'amore l'abbiamo importato. (Welcome to the NHK)
  • Per leggeri motivi [i giapponesi] uccidono chi è loro soggetto e non istimano maggior male tagliare per mezzo un uomo che un cane; di guisa che molti incontrandosi con qualche povero derelitto lo tagliano per mezzo, sol per provare il filo delle loro catane. (Alessandro Valignano)
  • Quando alcuno vi domanderà se conoscete l'anima giapponese, mostrategli il fiore del ciliegio selvaggio che scintilla al sole: questo fiore è la prima fioritura della primavera, come il guerriero è il primo uomo fra gli uomini. (Motoori Norinaga)
  • Quando entrammo in porto la nostra nave, che ancora per qualche istante sembrava piccolissima, improvvisamente apparve come una enorme balena in un acquario. [...] Il nostro capitano stava al timone della nave, che un tempo era appartenuta a suo padre, e ci raccontava tutto quello che sapeva, cercando di rispondere ad ogni nostro quesito. Io ero particolarmente interessato alle anziane signore che sedevano in una barca e al loro inusuale abbigliamento. Egli mi spiegò che il fazzoletto è un accessorio dell'abbigliamento da uomo e quelle che io avevo creduto anziane signore erano in realtà vecchi uomini in mare per la pesca. Il fazzoletto viene indossato nei modi più fantasiosi: in testa contro il freddo e la pioggia, a fascia sulla fronte contro il caldo. Tutti i lavoratori lo indossano al collo oppure, quando il caldo si fa insopportabile e si rinuncia ad ogni abbigliamento, ecco che il fazzoletto si trasforma in perizoma. Le grandi ditte commerciali donano quei fazzoletti col loro marchio come articolo da réclame: Birra-Kirin, Liquirizia Sen-Sen, il borotalco per bambini Banzai, e ancora le testate dei quotidiani, i biscotti di farina di riso, ecc. (Franz Lenhart)
  • Quando un giapponese si lamenta, non significa che è arrabbiato, semplicemente è insoddisfatto. E quando alza la voce — che è una cosa rarissima — è veramente arrabbiato, oppure si tratta di un giapponese veramente indisciplinato. Quando invece i giapponesi appaiono estremamente calmi, con una faccia priva di espressione (come una maschera del Teatro Nō), significa che sono letteralmente furibondi, cioè talmente "incazzati" che sono arrivati a disprezzare la persona con cui stanno discutendo, tanto da non voler più nemmeno rivolgergli la parola. In quest'ultimo caso, la testa di un giapponese è piena stracolma di terribili parolacce... che non esistono nemmeno nel vocabolario! (Keiko Ichiguchi)
  • Quel paese del cavolo, dove bisogna passare i propri giorni a rispettare gli obblighi! E così, si finisce per invecchiare... (Gourmet)
  • Zipangu è una isola in levante, ch’è ne l’alto mare 1.500 miglia.
    L’isola è molto grande. Le gente sono bianche, di bella maniera e elli. La gent’è idola, e no ricevono signoria da niuno se no da lor medesimi.
    Qui si truova l’oro, però n’ànno assai; neuno uomo no vi va, però neuno mercatante non ne leva: però n’ànno cotanto. Lo palagio del signore de l’isola è molto grande, ed è coperto d’oro come si cuoprono di quae di piombo le chiese. E tutto lo spazzo de le camere è coperto d’oro grosso ben due dita, e tutte le finestre e mura e ogne cosa e anche le sale: no si potrebbe dire la sua valuta.
    Egli ànno perle assai, e son rosse e tonde e grosse, e so’ piú care che le bianche. Ancora v’àe molte pietre preziose; no si potrebbe contare la ricchezza di questa isola. (Marco Polo)
  • Durante la lotta armata antigiapponese, noi abbiamo incontrato molte difficoltà, ma mai abbiamo versato lacrime, mai una sola volta. Le lacrime sono cadute solo dinanzi alla profonda emozione. Può accadere che si debba subire uno scacco qualche volta nella lotta rivoluzionaria, ma è una sconfitta passeggera. Il comunismo infine trionfa e ciò è certo. È perciò che non bisogna scoraggiarsi dinanzi a una sconfitta momentanea, ma bisogna farvi fronte con una nuova vittoria dando prova di ottimismo rivoluzionario a un livello più alto.
  • Ebbene, quale era la legge giapponese? Era una legge per l’imperatore del Giappone, per l’imperialismo giapponese e per il militarismo giapponese; una legge per proteggere gli interessi dei proprietari fondiari e dei capitalisti giapponesi, per opprimere e sfruttare il popolo lavoratore del Giappone. Ed era una legge che difendeva la politica imperialista di assoggettamento coloniale e serviva per opprimere e saccheggiare le nazioni piccole e deboli. La legge giapponese era un’arma dell’imperialismo giapponese per opprimere e sfruttare la nazione coreana. Non è forse vero che numerosi patrioti coreani che hanno combattuto per la libertà e l’indipendenza della Corea sono stati fucilati o imprigionati per aver violato la legge giapponese?
  • Se i giudici giapponesi fossero stati degli umanitari sensibili, perché avrebbero massacrato tanti coreani e saccheggiato tante ricchezze in Corea?
  • Chi ha detto che i giapponesi sono duri e formali? Se, è vero, spesso lo sembrano, ma il più delle volte è una difesa. Dentro non vedono l'ora di sciogliersi in cordialità e calore umano. Bisogna saper trovare la porticina. Per gli stranieri occidentali la posizione è particolarmente difficile; fin dall'inizio sorge il problema d'occulte presunzioni; tentacoli sottili, trasalenti, invisibili si confrugano reciprocamente. Chi si crede superiore a chi? Il più delle volte uno, o l'altro, o tutti e due avvertono istintivamente lo stato di squilibrio. E come si definisce in fisica la differenza di potenziale fra i due termini d'un circuito elettrico? Tensione: ecco dunque, avvertito lo squilibrio, nascere la tensione. Infine, per difendersi, la formalità.
  • L'amore per la natura, vivo, genuino, sentitissimo da tutti, è uno dei fondamenti della civiltà giapponese, una delle fiamme più luminose nella psicologia e nella sensibilità del pubblico, ma quando si trova in conflitto con il vitalismo shinto, è questo secondo che vince, che prende automaticamente la precedenza e schiaccia ogni ostacolo. Il vitalismo shinto è quella forza ancestrale ed irresistibile che spinge a produrre, a generare, a costruire, ad affermarsi (risshin-shussé) nel mondo, a combattere con le armi in tempi bellicosi, a guadagnar dobloni, oban, talleri, scudi, yen in epoche grasse e pacifiche, a premere insomma freneticamente il piede sull'acceleratore dei primati, ad inondare d'orgasmo ogni attimo della vita. Amore per la natura, per i silenzi, per le selve ed i fiori, per la notte nevosa al chiaro di luna? Ah si, stupende, commoventi, divinissime cose! Ma quando c'è di mezzo il vitalismo shinto fatevi in là, lasciate il passagio all'homo faber. Ubi major minor cessat. Salvo poi, in un secondissimo tempo, a pentirsi, a piangere sui disastri, a cercare in qualche modo di rimediare. Ma spesso è troppo tardi.
  • L'influenza francese, la più forte tra quelle delle varie province che danno colore alla civiltà d'Europa, è l'unica che non solo ispiri le alte sfere della cultura, il mondo delle arti, delle lettere e della scienza, ma che sia discesa nella vita d'ogni giorno e l'abbia veramente pervasa. Basta far due passi in Ginza, a Tokyo, per vedere nelle insegne delle centinaia di locali ove si può bere birra, sakè o whisky in compagnia di quella moderna versione della geisha ch'è la jokyu-san, «la signorina mescitrice», quanto sia forte il desiderio di mostrarsi in qualche modo parigini. Una pariginità che spesso, poi, non sta né in cielo né in terra; ecco per esempio il Papirion (Le Papillon), il Ramuru (L'Amour), il Toaemuà (Toi et moi), il Kôkkudoru (le Coq d'or), il Rameru (la Mer), e altri fantastici figli dell'asse Nichi-Futsu (nippo-francese). Un attento osservatore di cose giapponesi (A. Smoular) dice di meravigliarsi, ogni volta che sente una delle fanciulle di facile virtù che vi mescono, con gesto d'antica cortigiana, un modernissimo (e generalmente pessimo) intruglio, «fare sensati ed intelligenti commenti su Matisse o su altri pittori francesi». Forse esagera, ma non siamo poi troppo lontani dal vero.
    La lingua giapponese stessa, oltre ad avere ormai digerito innumerevoli espressioni inglesi, ne ha accolte molte d'origine francese. Per esempio coloro che riflettono nell'aspetto o negli atti il disordine e l'indisciplina del dopoguerra si chiamano apurè (cioè «après guerre»); abekku (avec) poi ha infiniti usi, significa amante, amica, amico, geisha, compagna, e viene usato come sostantivo, aggettivo, interiezione. Il linguaggio degli artisti è ricchissimo di vocaboli quali atorie (atelier), amachua (amateur), moderu (modèle), ankoru (encore), dessan (dessin) ed altri del genere.
  • Se si esamina più attentamente la storia nipponica, ci si accorge che non si tratta di dominio esclusivo d'una faccia prima e dell'altra dopo, ma piuttosto d'una predominanza d'elementi che continuano a coesistere in rapporti diversi fra di loro. Bisogna dunque concludere che ambedue le facce, quella fondamentalmente pacifica, d'estrema raffinatezza civile, di nobili entusiasmi per il bello e il sapere, e quella fondamentalmente battagliera, d'estrema raffinatezza barbarica, di terrificanti entusiasmi per un'idea vissuta sino all'immedesimazione totale, sono parti della complessa personalità giapponese, come ci si rivela nei millenni.
  • Abbiamo visto come il Giappone del dopoguerra per seguire l'infatuazione della prosperità economica, abbia dimenticato i grandi fondamenti della nazione; lo abbiamo visto perdere lo spirito nazionale e correre verso il futuro, senza correggere il presente; lo abbiamo visto piombare nell'ipocrisia e precipitare nel vuoto spirituale.
  • Ci siamo convinti che il Giappone dormiente si sveglierà solo quando il Jieitai si sveglierà. Siamo assolutamente certi che dobbiamo adoperarci al massimo, pur nei limiti delle nostre umili energie, come cittadini di questa Nazione, per far sì che un giorno, con un emendamento alla Costituzione, il Jieitai assurga al suo significato originale di nucleo su cui costruire un esercito, e poi diventi un autentico esercito nazionale. Quattro anni fa, entrai come volontario nello Jieitai, avendo ben chiaro questo proposito. L'anno dopo, fondai la Tate-no Kai. Alla base di questa Associazione sta la risoluzione di sacrificare la vita, per far destare il Jieitai, per farlo diventare un esercito nazionale, un esercito con una propria dignità.
  • Non c'è nessuno tra voi che desideri morire per sbattere il proprio corpo contro quella Costituzione che ha evirato il Giappone? Se c'è, che sorga e muoia con noi! Abbiamo intrapreso questa azione spinti dall'ardente desiderio che voi, che avete uno spirito puro, possiate tornare ad essere veri uomini, veri samurai!
  • Com'è noto, in Giappone, il Yoshivara è una istituzione nazionale, riconosciuta dallo stato, protetta e vigilata dalle autorità. Le strade di questi vasti quartieri dell'amore mercenario sono luminose ed appariscenti, e non hanno quell'aria equivoca e clandestina che sogliono avere in tutte le altre parti del mondo.
  • Il rumore degli zoccoli è la nota dominante del Giappone come il gridacchiare dei corvi è la nota dominante dell'India.
  • La forza principale del Giappone sta nelle sue donne, uniche al mondo. Sono le donne che, col sacrificio della loro vita, rinunziano a tutto, alleggeriscono l'esistenza e danno la serenità e la forza agli uomini.
  • Tutto in Giappone è inquadrato, prestabilito, previsto. Ogni cosa si svolge secondo il programma precedentemente e minuziosamente elaborato. Le città sono suddivise in zone e quartieri in ognuno dei quali si va a fare una data cosa. Si cercano delle distrazioni? C'è il quartiere dei divertimenti costruito appositamente dove sono ammucchiati cinema, teatri, sale da gioco, caffè.
  • A visitarlo è uno dei paesi più belli al mondo, a viverlo da straniera invece i nei iniziano a comparire, e le delusioni ad ammassarsi. Scopri tutte le cose che il Giappone non ti fa vedere ad una prima visita; da un lato eccezionale, dall'altro catastrofico. E tu ti chiedi "Com'è possibile che i vostri treni passano velocissimi tra i palazzi, e poi tu ti fai problemi a parlare con una ragazza?" Ci sono alcuni lati della loro cultura e della loro personalità che non riuscirai mai a capire.
  • In Giappone è normale dedicare la propria vita al lavoro, un fallimento in questo campo è grave e spesso porta al suicidio. Sposarsi viene visto come un dovere verso la società, l'amore conta poco. Non si vedono tante coppie scambiarsi affetti in pubblico. Per certi versi, sembra l'Italia di cinquanta anni fa.
  • Se a un giapponese non piace una cosa non ti dirà mai "No (kirai)", bensì una cosa tipo "Mmm... chotto", con varie possibili intonazioni. E tu devi capire, in base alla tonalità del "mmm... chotto", quanto è un "no". Loro sono molto più cortesi; un italiano potrebbe dirti direttamente "Mi fai schifo!", mentre un giapponese ti direbbe "Potevi fare meglio". [...] Per cui, devi praticamente iniziare a leggere la mente degli altri per capire quello che esattamente vogliono dire e quindi iniziare ad andare d'accordo con loro.

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