Muʿammar Gheddafi

rivoluzionario, politico e militare libico (1942-2011)
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Muʿammar Muḥammad Abū Minyar al-Qadhdhāfī, noto in Italia con la grafia Muammar Gheddafi (1942 – 2011), militare e politico libico.

Mu'ammar Gheddafi nel 1970

Citazioni di Mu'ammar Gheddafi

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Abbiamo contato decine di milioni di ratti enormi che arrivano in Egitto nelle navi americane e da lì si diffondono in Africa. Questo fa parte di un piano di sterminio che ha un certo parallelismo con quello che è successo agli indiani, i pellirosse, in America. (da un'intervista da Ya, 15 novembre 1987)[1]
  • Il virus dell'Aids viene dai laboratori americani, malgrado questi smentiscano ed affermino che viene da una scimmia africana. (da un'intervista da Ya, 15 novembre 1987)[1]
  • [Su Yasser Arafat] È un idiota stupido e incompetente! [...] Lo stupido idiota è un fanatico, un guerriero, e un astuto. Ma non compie niente.
He is a stupid, incompetent fool! [...] The stupid fool is a zealot, a warrior, and a clever one. But he doesn't accomplish anything.[2]
  • [Rivolto a Nicolae Ceaușescu] Mio fratello! Sei il mio fratello per il resto della mia vita!
My brother! You are my brother for the rest of my life![3]
  • [Sui golpisti durante il putsch di agosto] La loro è una coraggiosa azione storica.[4]
  • [A Gennadij Ivanovič Janaev durante il putsch di agosto] Sosteniamo nel modo più fermo questa sua azione, in quanto è essenziale che l'Urss resti unita, come seconda potenza mondiale, per la causa della pace internazionale, minacciata ovunque a causa del monopolio di una singola barbara potenza nel mondo.[4]
  • La donna deve essere addestrata a combattere dentro le case, a preparare una cintura esplosiva e a farsi saltare in aria insieme coi soldati nemici. Chiunque abbia una macchina deve prepararla e sapere come si fa a sistemare l'esplosivo e a trasformarla in un'autobomba. Dobbiamo addestrare le donne a disporre esplosivi nelle macchine e a farle scoppiare in mezzo ai nemici, a far esplodere le case per farle crollare sui soldati nemici. Bisogna preparare trappole. Avete visto come il nemico controlla i bagagli: bisogna manipolare queste valige per farle esplodere quando loro le aprono. Si deve insegnare alle donne a minare gli armadi, le borse, le scarpe, i giocattoli dei bambini, in modo che scoppino sui soldati nemici.[5]
  • Il presidente Ahmed Sékou Touré è ben conosciuto e non occorre presentarlo. Si tratta di un instancabile oppositore del colonialismo e di un coraggioso combattente di libertà. Un grande e onesto leader. L'Africa intera ne è orgogliosa.[6]
  • [A Marien Ngouabi] Se voi siete ateo, non dovreste essere capo di Stato. Non si può essere capo di Stato ed insieme ateo...[7]
  • Se il popolo non mi ama non merito di vivere.[8]
  • [Riguardo l'intervento militare internazionale in Libia del 2011] Non lasceremo che questi cristiani si prendano il nostro petrolio, è dei nostri figli. Abbiamo sconfitto l’Italia quando era una superpotenza come siete voi adesso, mostri. Sarete sconfitti come Hitler e come Mussolini.[9]
  • [Riguardo dell'intervento militare internazionale in Libia del 2011] Noi vinceremo, voi morirete. Non vi lasceremo issare una bandiera americana su Bengasi, e distruggeremo chi vi sostiene. Chi siete? Noi siamo più forti di voi. Voi siete i nuovi Hitler. Tutte le donne protesteranno contro la vostra coalizione cristiana.[9]
  • [Riguardo dell'intervento militare internazionale in Libia del 2011] Persino bin Laden, quell’uomo debole, è stato in grado di battervi. Noi ci batteremo per i nostri figli. Non avete imparato niente dal passato? Niente dal Vietnam e dalla Somalia? Siete sempre stati distrutti e sconfitti. Ci stiamo preparando a una battaglia infinita.[9]
  • Porteremo la guerra in Italia, lo vuole il popolo libico. Il mio amico Berlusconi ha commesso un crimine.[10]
  • [Ultime parole] Non sparate.[11]

Intervista di Oriana Fallaci

Novembre 1979, Oriana Fallaci, Intervista con il potere, Bur, 2014

  • Tutti odiano l'America, tutti! Se a Carter questo non piace, non ha che da restituire a Khomeini lo scià.
  • Io non sono amato da coloro che agiscono contro le masse e contro la libertà, sono amato da coloro che lottano per le masse e per la libertà.
  • I suoi giudizi su Amin sono falsi, tutto ciò che lei dice su Amin è falso, frutto della propaganda sionista. Lei non sa nulla, voi occidentali non sapete nulla. Invece di sparlare su Amin fareste meglio a condannare Nyerere che oggi occupa l'Uganda.
  • Il popolo del Ciad è contro le truppe francesi! Noi abbiamo il diritto di interferire nel Ciad per aiutare quel popolo a battersi contro le truppe francesi! Lo stesso diritto che avevamo di interferire in Uganda durante la guerra di Nyerere che avanzava per conquistarlo!
  • Amin era e resta il primo presidente africano che abbia osato cacciare gli israeliani dal suo paese.
  • Non siamo responsabili dell'uso che può essere fatto delle armi che diamo ai palestinesi. Noi le diamo ai palestinesi perché crediamo nella loro causa e riteniamo doveroso aiutarli. Quel che succede dopo non mi riguarda. Se devo essere condannato indirettamente, preferisco le accuse dirette. Ma non ci sono prove.
  • Fu la Libia a invadere l'Italia o fu l'Italia a invadere la Libia? Ci aggredite ora come allora. In altro modo, con altri sistemi e cioè sostenendo Israele, opponendovi all'unità araba e alle nostre rivoluzioni, guardando in cagnesco l'Islam, dandoci dei fanatici. Abbiamo avuto fin troppa pazienza con voi, abbiamo sopportato fin troppo a lungo le vostre provocazioni. Se non fossimo stati saggi, saremmo entrati mille volte in guerra con voi. Non l'abbiamo fatto perché pensiamo che l'uso della forza sia l'ultimo mezzo per sopravvivere e perché noi siamo sempre dalla parte della civiltà. Del resto, nel Medioevo, siamo stati noi a civilizzarvi. Eravate poveri barbari, creature primitive e selvagge...
  • La scienza di cui ora gioite è quella che vi abbiamo insegnato noi, la medicina con cui vi curate è quella che vi abbiamo dato noi. E così l'astronomia che sapete, e la matematica, la letteratura, l'arte...
  • La rivoluzione è quando le masse fanno la rivoluzione. La rivoluzione popolare. Ma anche se la rivoluzione la fanno gli altri a nome delle masse esprimendo ciò che vogliono le masse, può essere rivoluzione. Popolare perché ha l'appoggio delle masse e interpreta la volontà delle masse.
  • Io ho fatto il colpo di Stato e i lavoratori hanno fatto la rivoluzione: occupando le fabbriche, diventando soci anziché salariati, eliminando l'amministrazione monarchica e formando i comitati popolari, insomma liberandosi da soli. E lo stesso hanno fatto gli studenti, sicché oggi in Libia conta il popolo e basta.
  • Hitler e Mussolini sfruttavano l'appoggio delle masse per governare il popolo, noi rivoluzionari invece beneficiamo dell'appoggio delle masse per aiutare il popolo a diventar capace di governarsi da solo. «Io in particolare non faccio che appellarmi alle masse perché si governino da sole. Dico al mio popolo: "Se mi amate, ascoltatemi. E governatevi da soli". Per questo mi amano: perché, al contrario di Hitler che diceva farò-tutto-per-voi, io dico fate-le-cose-da voi».
  • Lei dovrebbe restare qualche tempo qui in Libia e approfondire l'esame di un paese dove non esiste governo né Parlamento né scioperi e tutti sono felici perché è Jamahiriya.
  • Nella Jamahiriya non si elegge nessuno. Non ci sono elezioni, ripeto, non c'è rappresentanza. Ah, che tradizionalisti siete voi occidentali! Capite soltanto la democrazia, la repubblica, le anticaglie! Non siete pronti per la nuova era, l'era delle masse.
  • Con la Jamahiriya l'autorità del popolo è raggiunta. Il sogno dell'Uomo è realizzato. La lotta è finita.
  • Che c'entra l'opposizione? Quando tutti fanno parte del congresso del popolo, che bisogno c'è dell'opposizione? Opposizione a cosa? L'opposizione si fa al governo! Se il governo scompare e il popolo si governa da solo, a chi deve opporsi: a quello che non c'è?».
  • La Jamahiriya è il destino del mondo! È la soluzione finale!
  • Le masse prenderanno il potere: grazie al Libro Verde! E i salariati si trasformeranno in partner: grazie al Libro Verde! E i poveri diverranno ricchi: grazie al Libro Verde! Perché il giorno della rivoluzione mondiale è arrivato: grazie al Libro Verde! E la guida della rivoluzione sarà il Libro Verde. Il mio Libro Verde! Il Libro Verde è la bussola dell'emancipazione umana. Il mio Libro Verde! Il Libro Verde è il nuovo Vangelo. Il Vangelo del futuro, della nuova era. Il Libro Verde è il Verbo, il mio Verbo! Una sua parola può distruggere il mondo, farlo saltare in aria. Una sua parola può redimerlo e mutare il valore delle cose. Il loro peso. Il loro volume. Ovunque e per sempre! Perché io sono il Vangelo. I am the Gospel.

Intervista di Enzo Biagi, L'Unità, 16 aprile 1986.

  • Noi siamo certi che non esistono campi di addestramento nel nostro Paese, ma nel caso potessimo dare questa possibilità ad un comitato internazionale per fare tali controlli, quali risultati potremmo trarne? Noi poniamo una condizione: dopo che il comitato si sia accertato che il terrorismo non c'è allora l'America dichiari di fronte al mondo che essa è uno Stato terroristico. Ha esercitato il terrorismo ufficiale contro un Paese, contro uno Stato. Tutta la politica americana è una politica sbagliata e aggressiva e gli arabi sono dalla parte della ragione.
  • Noi vogliamo che il popolo palestinese torni alla terra palestinese. Noi non siamo responsabili per gli invasori. Perché ci avete evacuati, ci avete mandato via dalla Spagna dopo 800 anni, perché ci avete evacuato dalla Sicilia dopo 300 anni?
  • Io credo che, se le decisioni vengono diramate da Reagan, non sia possibile dialogare con una tale mentalità. Io credo che le sue forze della ragione non siano sane, perché la sua dimostrazione di arroganza nel Mediterraneo e nel mondo dimostra che non possiede la ragione.
  • Io dico che se viene presentato ad uno psichiatra sicuramente si accerterà che gli manca qualcosa.

Intervista di Stella Pende, Panorama, 12 ottobre 2000.

  • Per anni la comunità internazionale mi ha accusato di essere un terrorista. Oggi si rende conto che le cause che aiutavo erano legittime e che i capi dei movimenti che sostenevo sono diventati capi di stato, come in Sud Africa Nelson Mandela, in Zimbabwe Robert Mugabe, Idriss Deby nel Ciad e, perché no, Yasser Arafat. Se parliamo invece di quello che succede oggi tra palestinesi e israeliani, il discorso è tutto diverso: quel conflitto rischia di rimanere uguale a se stesso all'infinito.
  • Nè israeliani nè palestinesi, con quello che accade fra loro, possono stare seduti accanto a noi. Con quale diritto potrebbero farlo, con il comportamento che tengono? Non si tratta di capire o di giudicare chi fra i due ha torto o ragione. Questa gente lotta ancora oggi per cercare e stabilire terre e identità. Ma non sa ancora chi è. Israeliani e palestinesi non hanno ancora capito che non si possono costruire stati a base di principi etnici e religiosi. È assurdo, anacronistico e pericoloso.
  • Gli ebrei strumentalizzano l'America, ma prima o poi, come Mosca ha dovuto rinunciare alla Germania dell'Est così Washington dovrà rinunciare a Gerusalemme.
  • Le grandi nazioni sono sparite. Ingoiate. Una volta il Portogallo era una potenza che aveva invaso il mondo. Oggi è solo un piccolo paese dell'Unione Europea. La Gran Bretagna, nazione immensa, oggi non riesce a tener testa a un piccolo gruppo di guerriglieri come quelli dell'Ira. Chi l'avrebbe mai detto, scusi, che una signora come la Thatcher sarebbe scappata dalla finestra di una cucina per la paura di un agguato?
  • La malattia dell'Africa è soprattutto la solitudine e l'isolamento.
  • Chi critica e attacca un musulmano perché prega e rispetta la sua religione non ha un vero Dio. Pregare Dio sotto una tenda, dentro una moschea o una chiesa non fa e non deve fare differenza. La diversità è tra qualcuno che prega Dio e qualcun altro che adora il diavolo.

23 settembre 2009; riportato in Libyanfreepress.wordpress.com, 12 gennaio 2012

  • Forse l'influenza H1N1 era un virus creato in un laboratorio che è sfuggito al controllo, e che originariamente era stato progetto come arma militare.
  • I senatori di Roma nominarono loro leader Giulio Cesare, come dittatore, perché era un bene per Roma in quel periodo. Nessuno può dire della Roma di quei tempi che diede a Cesare il diritto di veto.
  • Se un paese, la Libia per esempio, decidesse di esibire aggressione contro la Francia, allora l'intera organizzazione avrebbe risposto perché la Francia è uno Stato sovrano membro delle Nazioni Unite e noi tutti condividiamo la responsabilità collettiva di proteggere la sovranità di tutte le nazioni. Tuttavia 65 guerre di aggressione hanno avuto luogo senza che le Nazioni Unite facessero nulla per prevenirle.
  • L'Unione Africana ha già stabilito il proprio consiglio di pace e sicurezza, l'Unione Europea ha già stabilito un consiglio di sicurezza, ed i paesi asiatici hanno già stabilito il proprio consiglio di sicurezza. Ben presto, l'America Latina avrà un proprio Consiglio di Sicurezza così come le 120 nazioni non allineate.
  • Noi non siamo impegnati ad obbedire alle regole o alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, nella sua forma attuale, perché è antidemocratico, dittatoriale e ingiusto.
  • Nessun paese [...] ha il diritto di interferire negli affari di qualsivoglia governo, sia esso democratico o dittatoriale, socialista o capitalista, reazionario o progressista.
  • Perché gli africani vanno in Europa? Perché gli asiatici vanno in Europa? Perché i latinoamericani vanno in Europa? Perché l'Europa ha colonizzato quei popoli e ha rubato le risorse materiali e umane dell'Africa, Asia e America Latina – il petrolio, minerali, uranio, oro e diamanti, la frutta, verdura e bestiame e le persone – e li hanno usati. Ora, le nuove generazioni di asiatici, latinoamericani e africani stanno cercando di recuperare quella ricchezza rubata, in quanto hanno il diritto di farlo.
  • Al confine con la Libia, recentemente ho fermato 1.000 migranti africani diretti verso l'Europa. Ho chiesto loro perché stavano andando lì. Mi hanno detto che volevano riprendersi la ricchezza che gli era stata rubata – e che se non fosse stato per questo non sarebbero mai partiti. Chi può ripristinare la ricchezza che è stata presa da noi? Se si decide di ripristinare tutta questa ricchezza, non ci sarà più immigrazione dalle Filippine, dall'America Latina, dall'India e dalle Mauritius. Cerchiamo di riavere la ricchezza che ci è stata rubata. L'Africa merita 777.000 miliardi dollari di risarcimento da parte dei paesi che la colonizzarono. Gli Africani richiederanno tale importo, e se non lo riceveranno, se ne andranno da dove quei trilioni di dollari sono stati presi. Hanno il diritto di farlo. Devono seguire quei soldi per riportarli indietro.
  • Perché non c'è immigrazione libica verso l'Italia, anche se la Libia è così vicina? L'Italia ha pagato il compenso dovuto al popolo libico. Ha accettato il fatto e firmato un accordo con la Libia, che è stato adottato sia dal Parlamento italiano che da quello libico. L'Italia ha ammesso che la sua colonizzazione della Libia era sbagliata e che non dovrà mai più essere ripetuta, e ha promesso di non attaccare il popolo libico da terra, aria o mare. L'Italia ha anche accettato di fornire alla Libia 250 di dollari milioni all'anno a titolo di risarcimento per i prossimi 20 anni e per costruire un ospedale per i libici mutilati come risultato mine piantate in territorio libico durante la seconda guerra mondiale. L'Italia si è scusata ed ha promesso che non occuperà mai più il territorio di un altro paese.
  • Perché il Terzo Mondo sta chiedendo compensazione? Perché così non ci saranno più colonizzazioni – in modo che i paesi grandi e potenti non colonizzeranno più, sapendo che dovranno pagare un risarcimento. La colonizzazione dovrebbe essere punita. I paesi che hanno danneggiato gli altri popoli durante l'epoca coloniale, dovrebbero pagare un risarcimento per i danni e le sofferenze inflitte sotto il loro dominio coloniale.
  • Saremmo contenti se Obama potesse rimanere Presidente degli Stati Uniti d'America per sempre. L'affermazione che ha appena fatto dimostra come egli è completamente diverso da qualsiasi presidente americano che abbiamo visto.
  • [Su Barack Obama] Ha fatto un appello serio per il disarmo nucleare, che noi applaudiamo. Ha anche detto che l'America da sola non può risolvere i problemi che dobbiamo affrontare e che il mondo intero dovrebbe unirsi insieme per riuscirci. Ha detto che dobbiamo fare di più di quanto stiamo facendo ora, cioè fare di più che non soltanto semplici discorsi. Siamo d'accordo con questo e lo applaudiamo. Ha detto che dobbiamo venire alle Nazioni Unite per poter parlare uno contro l'altro. È vero che quando veniamo qui, dovremmo comunicare con gli altri in condizioni di parità. Ed egli disse che la democrazia non dovrebbe essere imposta dall'esterno. Fino a poco tempo, i presidenti americani hanno detto che la democrazia deve essere imposta in Iraq e in altri paesi. Ha detto che si trattava di un affare interno. Ha detto il vero quando ha detto che la democrazia non può essere imposta dall'esterno.
  • [Sull'elezione di Barack Obama] Questo è un evento storico. Ora, in un paese dove un tempo i neri non potevano mescolarsi con i bianchi, in bar o ristoranti, o sedersi accanto a loro su un autobus, il popolo americano ha eletto come loro presidente un giovane nero, Obama, di origini del Kenya. Questa è una cosa meravigliosa, e ne siamo orgogliosi. Ciò segna l'inizio di un cambiamento. Tuttavia, per quanto mi riguarda, Obama è un sollievo temporaneo per i prossimi quattro o otto anni. Ho paura che dopo torneremo al punto di partenza. Nessuno può garantire come l'America verrà governata dopo Obama.
  • Un paese sovrano – l'Egitto – è stato attaccato, il suo esercito è stato distrutto, migliaia di egiziani sono stati uccisi e molte città ed entità egiziane sono state distrutte, e tutto questo solamente perché l'Egitto voleva nazionalizzare il Canale di Suez. Com'è potuta accedere una cosa del genere nell'era delle Nazioni Unite e della sua Carta? Come è possibile garantire che una cosa del genere non si ripeta se non facendo pagare ammenda per gli errori del passato?
  • Poi si arriva alla guerra del Vietnam. Ci sono state 3 milioni di vittime in quella guerra. Durante 12 giorni, sono state sganciate più bombe che durante quattro anni di Seconda Guerra Mondiale. Fu una guerra feroce, e si svolse dopo l'istituzione delle Nazioni Unite e dopo che avevamo deciso che non ci sarebbero state più guerre.
  • Noriega dovrebbe essere rilasciato – si dovrebbe riaprire quel file. Come si può autorizzare un paese che è membro delle Nazioni Unite a fare la guerra contro un altro paese e catturare il suo presidente, trattarlo come un criminale per metterlo in prigione? Chi accetterebbe questo? Potrebbe essere ripetuto.
  • Dobbiamo esaminare e investigare sul bombardamento della Somalia. La Somalia è uno Stato Membro delle Nazioni Unite. È un paese indipendente sotto il governo di Aidid. Vogliamo un'indagine. Perché è successo? Chi ha permesso che accadesse? Chi ha dato il via libera per attaccare quel paese?
  • Nessun paese era pacifico come la Jugoslavia, costruita passo dopo passo e pezzo per pezzo dopo essere stata distrutta da Hitler. L'abbiamo distrutta, come se stessimo facendo lo stesso lavoro di Hitler. Tito ha costruito tranquillo paese passo dopo passo e mattone dopo mattone e poi siamo arrivati ​​a spezzarlo per imperialistici interessi personali. Come possiamo essere compiacenti con ciò? Perché non possiamo essere soddisfatti? Se un paese tranquillo come la Jugoslavia ha dovuto subire tale tragedia, l'Assemblea Generale dovrebbe aprire un'indagine per decidere chi dovrà essere giudicato davanti alla Corte Penale Internazionale.
  • L'invasione dell'Iraq è stata una violazione della Carta delle Nazioni Unite. È stato fatto senza alcuna giustificazione da super-potenze con seggi permanente al Consiglio di Sicurezza. L'Iraq è un paese indipendente e uno Stato Membro dell'Assemblea Generale. Come hanno potuto quei paesi attaccare l'Iraq? Come previsto nella Carta, le Nazioni Unite avrebbero dovuto intervenire e fermare l'attacco.
  • È facile per Charles Taylor essere processato, o per Bashir o per Noriega. Questo è un lavoro facile. Sì, ma che dire di coloro che hanno commesso un omicidio di massa contro gli iracheni? Essi non possono essere processati? Non possono andare davanti alla CPI? Se la Corte non è in grado di accogliere la nostra richiesta, allora non dovremmo più accettarla.
  • Perché i prigionieri di guerra iracheni possono essere condannati a morte? Quando l'Iraq fu invaso e il presidente dell'Iraq preso era un prigioniero di guerra. Egli non avrebbe dovuto essere giudicato, non avrebbe dovuto essere impiccato. Quando la guerra era finita, lui avrebbe dovuto essere rilasciato. Vogliamo sapere perché un prigioniero di guerra avrebbe dovuto essere giudicato. Chi ha condannato il Presidente dell'Iraq a morte? C'è una risposta a questa domanda? Conosciamo l'identità del giudice che l'ha processato. Per quanto riguarda quelli che hanno legato il cappio intorno al collo del presidente il giorno del sacrificio e dell'impiccagione, queste persone indossavano delle maschere. Come è potuto accadere in un mondo civilizzato? Questi erano i prigionieri di guerra di paesi civili in base al diritto internazionale. Come possono essere condannati a morte ed impiccati dei ministri del governo e un capo di Stato? Quelli che li hanno giudicati erano avvocati o membri di un sistema giudiziario? Sapete cosa dice la gente? Dicono che i volti dietro le maschere fossero quelli del Presidente degli Stati Uniti e del primo ministro del Regno Unito e che furono loro che condannarono a morte il Presidente dell'Iraq.
  • Perché siamo contro i talebani? Perché siamo contro l'Afghanistan? Chi sono i talebani? Se i talebani vogliono uno Stato religioso, va bene. Pensate al Vaticano. Il Vaticano rappresenta una minaccia per noi? No. Si tratta di un Stato religioso, ed è molto tranquillo. Se i talebani vogliono creare un emirato islamico, chi dice che questo li rende un nemico? C'è qualcuno che sostiene che Bin Laden fa parte dei Talebani o che lui è afgano? Bin Laden è uno dei talebani? No, non è dei Talebani e non è neppure afghano. I terroristi che hanno colpito New York City erano dei talebani? Erano dall'Afghanistan? Non erano né talebani, né afgani. Allora, qual era la ragione per le guerre in Iraq e in Afghanistan?
  • Chi ha ucciso Patrice Lumumba, e perché? Noi desideriamo semplicemente registrarlo negli annali della storia africana, vogliamo sapere com'è stato assassinato un leader africano, un liberatore. Chi lo ha ucciso? Vogliamo che i nostri figli siano in grado di leggere la storia di come Patrice Lumumba, l'eroe della lotta di liberazione del Congo, è stato assassinato. Vogliamo conoscere i fatti, anche se son passati 50 anni. Questo è un file che dovrebbe essere riaperto.
  • I somali non sono pirati. Noi siamo i pirati. Siamo andati lì e abbiamo usurpato le loro zone economiche, il loro pesce e le loro ricchezze. Libia, India, Giappone e America – qualsiasi paese del mondo – noi tutti siamo pirati. Siamo tutti entrati nelle acque territoriali e nelle zone economiche della Somalia e abbiamo rubato. I somali stanno proteggendo il loro pesce, il loro sostentamento. Sono diventati pirati, perché stanno difendendo il cibo dei loro figli. Ora,cerchiamo di affrontare tale questione in modo sbagliato. Dovremmo inviare navi da guerra in Somalia? Dovremmo inviare navi da guerra ai pirati che hanno attaccato e sequestrato le zone economiche e la ricchezza dei somali e il cibo dei loro figli.
  • Per quanto riguarda la situazione palestinese, la soluzione dei due Stati è impossibile, non è pratica. Attualmente, questi due Stati si sovrappongono completamente. La partizione è destinata al fallimento. Questi due Stati non sono vicini, sono co-esistenti, sia in termini di popolazione che di geografia. Una zona di protezione non può essere creata tra i due Stati, perché ci sono mezzo milione di coloni israeliani in Cisgiordania e un milione di arabi palestinesi nel territorio conosciuto come Israele. La soluzione è quindi uno Stato democratico senza fanatismo religioso o etnico. La generazione di Sharon e Arafat è finita. Abbiamo bisogno di una nuova generazione, in cui tutti possano vivere in pace. Guardate i giovani palestinesi e israeliani, entrambi vogliono la pace e la democrazia, e vogliono vivere sotto un unico Stato. Questo conflitto avvelena il mondo.
  • Voi siete quelli che hanno portato l'Olocausto agli ebrei. Voi, non noi, siete quelli che li hanno bruciati. Noi abbiamo dato loro rifugio. Abbiamo dato loro rifugio sicuro durante l'epoca romana e durante il regno arabo in Andalusia e durante il governo di Hitler. Voi siete quelli che li hanno avvelenati, voi siete quelli che li hanno annientati. Noi abbiamo fornito loro protezione. Voi li avete espulsi. Diciamo la verità. Noi non siamo ostili, non siamo nemici degli ebrei. E un giorno gli ebrei avranno bisogno degli arabi. A quel punto, gli arabi saranno coloro che gli daranno protezione, per salvarli, come abbiamo fatto in passato. Guardate quello che tutti gli altri ha fatto agli ebrei. Hitler è un esempio. Voi siete quelli che odiano gli ebrei, non noi.
  • In breve, il Kashmir dovrebbe essere uno Stato Indipendente, non indiano né pakistano. Dobbiamo porre fine a quel conflitto. Kashmir dovrebbe essere uno Stato cuscinetto tra India e Pakistan.
  • Per quanto riguarda il Darfur, mi auguro davvero che l'assistenza fornita dalle organizzazioni internazionali possa essere utilizzata per progetti di sviluppo, per l'agricoltura, per l'industria e per l'irrigazione. Voi siete quelli scateneranno la crisi; voi l'avete voluto mette sull'altare, voi avete avuto sacrificare il Darfur in modo da poter interferire nei suoi affari interni.

Intervista di Laurent Valdiguié, traduzione di Daniela Maggioni, Journal du Dimanche e corriere.it, 7 marzo 2011.

  • [Accusando Al Qaeda delle rivolte in Libia] I giovani non conoscevano Al Qaeda. Ma i membri delle cellule forniscono loro pastiglie allucinogene, vengono ogni giorno a parlare con loro fornendo anche denaro. Oggi i giovani hanno preso gusto a quelle pastiglie e pensano che i mitra siano una sorta di fuoco d'artificio.
  • È stato detto che si sparava su manifestanti tranquilli... ma la gente di Al Qaeda non organizza manifestazioni! Non ci sono state manifestazioni in Libia! E nessuno ha sparato sui manifestanti! Ciò non ha niente a che vedere con quanto è successo in Tunisia o in Egitto! Qui, gli unici manifestanti sono quelli che sostengono la Jamahiriya.
  • La nostra situazione è molto diversa. Qui il potere è in mano al popolo. Io non ho potere, al contrario di Ben Ali o Mubarak. Sono solo un referente per il popolo. Oggi noi fronteggiamo Al Qaeda, siamo i soli a farlo, e nessuno vuole aiutarci.
  • Il regime qui in Libia va bene. È stabile.
  • Cerco di farmi capire: se si minaccia, se si cerca di destabilizzare, si arriverà alla confusione, a Bin Laden, a gruppuscoli armati. Migliaia di persone invaderanno l'Europa dalla Libia. Bin Laden verrà ad installarsi nel Nord Africa e lascerà il mullah Omar in Afghanistan e in Pakistan. Avrete Bin Laden alle porte.
  • In Tunisia e in Egitto c'è il vuoto politico. Gli estremisti islamici già possono passare di lì. Ci sarà una jihad di fronte a voi, nel Mediterraneo. La Sesta Flotta americana sarà attaccata, si compiranno atti di pirateria qui, a 50 chilometri dalle vostre frontiere. Si tornerà ai tempi di Barbarossa, dei pirati, degli Ottomani che imponevano riscatti sulle navi. Sarà una crisi mondiale, una catastrofe che dal Pakistan si estenderà fino al Nord Africa. Non lo consentirò!
  • Qui in Libia non abbiamo sparato su nessuno. Sfido la comunità internazionale a dimostrare il contrario.
  • Sfido chiunque a dimostrare che io possegga un solo dinaro! Questo blocco dei beni è un atto di pirateria, fra l'altro imposto sul denaro dello Stato libico. Vogliono rubare denaro allo Stato libico e mentono dicendo che si tratta di denaro della Guida! Anche in questo caso, che ci sia un'inchiesta, affinché sia dimostrato a chi appartengono quei soldi. Quanto a me, sono tranquillo. Posseggo solo questa tenda.

Il libro verde

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Il problema dello "strumento di governo" è il primo tra i problemi politici che si pongono alle società umane. Perfino il conflitto che sorge in seno alla famiglia deriva, spesso, da questo problema. Tale problema è divenuto molto grave fin dal sorgere delle società moderne. Oggi i popoli si trovano di fronte a questo persistente problema e le comunità sopportano i numerosi rischi e le gravi conseguenze che ne derivano. Non si è ancora riusciti a risolverlo in modo definitivo e democratico. Il "Libro Verde" presenta la soluzione definitiva del "problema dello strumento di governo".

Citazioni

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Edizione tedesca de Il libro verde
  • La lotta politica che si risolve nella vittoria di un candidato che ha ottenuto il 51% dell'insieme dei voti degli elettori, porta ad un sistema dittatoriale presentato sotto le false spoglie di democrazia. Infatti il 49% degli elettori sono governati da uno strumento di governo che non hanno scelto, ma che ad essi è stato imposto. Questa è dittatura. Il conflitto politico può inoltre portare ad uno strumento di governo che rappresenta soltanto la minoranza; questo avviene quando i voti degli elettori vengono distribuiti tra un gruppo di candidati, uno dei quali ottiene un maggior numero di voti rispetto ad ognuno degli altri candidati, considerati singolarmente. Ma, se si sommassero insieme i voti ottenuti dagli "sconfitti", si avrebbe una schiacciante maggioranza. Nonostante questo, vince il candidato che ha ottenuto il minor numero di voti e la sua vittoria è considerata legale e democratica! In realtà si instaura una dittatura sotto l'apparenza di una falsa democrazia. Questa è la verità sui sistemi politici dominanti nel mondo contemporaneo.
  • I parlamenti sono la spina dorsale della democrazia tradizionale moderna, regnante oggi nel mondo. Il parlamento è una rappresentanza ingannatrice del popolo ed i sistemi parlamentari costituiscono una falsa soluzione del problema della democrazia. Il parlamento è costituito fondamentalmente come rappresentante del popolo, ma questo principio è in se stesso non democratico, perché democrazia significa potere del popolo e non un potere in rappresentanza di esso. L'esistenza stessa di un parlamento significa assenza del popolo. La vera democrazia, però, non può esistere se non con la presenza di rappresentanti di questo. I parlamenti, escludendo le masse dall'esercizio del potere, e riservandosi a proprio vantaggio la sovranità popolare, sono divenuti una barriera legale tra il popolo e il potere. Al popolo non resta che la falsa apparenza della democrazia, che si manifesta nelle lunghe file di elettori venuti a deporre nelle urne i loro voti.
  • Quando il parlamento è il risultato della vittoria elettorale di un partito, è il parlamento del partito e non del popolo. Rappresenta il partito e non il popolo ed il potere esecutivo detenuto dal parlamento è il potere del partito vincitore e non del popolo.
  • Le più tiranniche dittature che il mondo abbia mai conosciuto si sono instaurate all'ombra dei parlamenti.
  • Il partito è la dittatura contemporanea. È lo strumento di governo delle moderne dittature poiché rappresenta il potere di una parte sul tutto. È il più recente sistema dittatoriale. Poiché il partito non è un individuo, esso dà luogo a un'apparente democrazia, formando assemblee e comitati senza contare la propaganda svolta dai suoi membri. Il partito non è affatto un organo democratico poiché è composto da individui che hanno o gli stessi interessi o le stesse opinioni o la stessa cultura o che appartengono alla stessa regione o che hanno la stessa ideologia. Essi formano un partito per realizzare i loro interessi o per imporre le loro opinioni o per estendere il potere della loro dottrina a tutte le società. Il loro obbiettivo è giungere al potere con il pretesto di attuare i loro programmi. Non è democraticamente ammissibile che uno qualsiasi di questi gruppi governi l'intero popolo, che è formato da numerosi interessi, idee, temperamenti, luoghi di provenienza e credi. Il partito è uno strumento di governo dittatoriale in quanto permette a coloro che hanno le stesse opinioni e gli stessi interessi di governare il popolo nel suo insieme. Rispetto al popolo, il partito è una minoranza. Lo scopo che determina la formazione di un partito è quello di creare uno strumento per governare il popolo, in altre parole, di governare tramite il partito su coloro che sono al di fuori di esso. Il partito, infatti, si fonda essenzialmente su una teoria autoritaria ed arbitraria... vale a dire sul dispotismo dei membri del partito sugli altri elementi del popolo.
  • Qualunque sia il numero dei partiti, la teoria è sempre la stessa. L'esistenza di più partiti inasprisce la lotta per il potere, che si risolve nella distruzione di ogni conquista del popolo e nel sabotaggio di ogni programma di sviluppo della società.
  • Il partito all'opposizione per giungere al potere deve abbattere lo strumento di governo che è al potere. Per fare questo deve distruggerne le realizzazioni e denigrarne i programmi anche se sono utili alla società. Di conseguenza, gli interessi ed i programmi della società diventano vittime della lotta dei partiti per giungere al potere.
  • Originariamente il partito nasce come rappresentante del popolo, poi la direzione del partito diventa la rappresentante dei membri del partito, e il presidente del partito diventa il rappresentante della direzione del partito. È chiaro così che il gioco dei partiti è un'ingannevole farsa fondata su una caricatura di democrazia dal contenuto egoista e fondata sul gioco degli intrighi e delle manovre politiche. Tutto questo conferma che il partitismo è uno strumento della dittatura moderna.
  • Il partito è la tribù e la setta dell'età moderna. La società governata da un unico partito è identica a quella governata da un'unica tribù o da un'unica setta.
  • Non vi è nessuna differenza tra il partito e la tribù, eccezion fatta per il legame di sangue, che, d'altra parte, può esistere anche nel partito al momento della sua costituzione.
  • Per la società, la lotta dei partiti ha lo stesso effetto negativo e distruttivo della lotta tribale o settaria.
  • Il sistema politico di classe è identico a quello dei partiti, delle tribù o delle sette. Che una società politica sia denominata da una classe o da un partito, da una tribù o da una setta è essenzialmente la stessa cosa. La classe, come il partito, la setta e la tribù, è un gruppo di individui che hanno gli stessi interessi in comune.
  • Quando una classe, un partito, una tribù o una setta domina la società, ci troviamo di fronte ad un regime dittatoriale. Tuttavia, la coalizione di classi o di tribù è preferibile alla coalizione di partiti perché il popolo, alla sua origine, è costituito da un insieme di tribù, mentre tutti fanno parte di una determinata classe.
  • Il referendum è una frode contro la democrazia. Quelli che dicono "Sì" e quelli che dicono "No" non esprimono di fatto la loro volontà, ma sono stati imbavagliati in norme del concetto di moderna democrazia. È permesso loro dire una parola soltanto: "Sì" o "No". Questo è il sistema dittatoriale più oppressivo e crudele. Colui che dice "No" dovrebbe poter motivare la sua risposta e spiegare perché non ha detto "Sì". Colui che ha detto "Si" dovrebbe poter giustificare la sua scelta e spiegare la ragione per cui non ha detto "No". Ognuno dovrebbe poter dire ciò che vuole ed esprimere le ragioni del suo consenso o del suo rifiuto. Qual è, allora, la via che le società umane devono seguire per liberarsi definitivamente dalle epoche dell'arbitrio e della dittatura?
  • Il "Libro Verde" presenta la soluzione definitiva del problema dello strumento di governo; indica ai popoli il modo per passare dall'era della dittatura all'era della vera democrazia. Questa nuova teoria si fonda sul potere del popolo, senza alcuna rappresentanza né sostituto. Attua una democrazia diretta, in modo organizzato ed efficace. Differisce dal vecchio tentativo di democrazia diretta che non ha trovato realizzazioni pratiche e che ha mancato di serietà a causa dell'assenza di un'organizzazione di base popolare.
  • I congressi popolari sono l'unico mezzo per mettere in atto la democrazia popolare.
  • La democrazia ha un solo metodo e una sola teoria. Le differenze e le divergenze tra i sistemi che si pretendono democratici sono la prova che essi non sono democratici. Il potere popolare non ha che un volto solo e non può essere realizzato se non in unico modo; vale a dire tramite i congressi popolari ed i comitati popolari.
  • In primo luogo il popolo si divide in congressi popolari di base. Ognuno di questi congressi sceglie la sua Segreteria. Dall'insieme delle Segreterie si formano , in ogni settore, congressi popolari non di base. Poi, l'insieme dei congressi popolari di base sceglie i comitati popolari e amministrativi che sostituiscono l'amministrazione governativa. Da questo si ha che tutti i settori della società vengono diretti tramite comitati popolari. I comitati popolari che dirigono i settori divengono responsabili dinanzi ai congressi popolari di base; questi ultimi dettano ai comitati popolari la politica da seguire e controllano l'esecuzione di tale politica. In questo modo sia l'amministrazione che il controllo di essa diverrebbero popolari e si porterebbe così fine alla vecchia definizione di democrazia che dice: "la democrazia è il controllo del popolo su se stesso".
  • Il Congresso Generale del Popolo non è un gruppo di membri di un partito o di persone fisiche come i parlamenti ma è l'incontro dei congressi popolari di base, dei comitati popolari. In questo modo il problema dello strumento di governo sarà di fatto risolto e si porrà fine ai regimi dittatoriali. Il popolo diverrà strumento di governo ed il problema della democrazia nel mondo sarà definitivamente risolto.
  • È ingiusto e non democratico che un comitato o un parlamento abbia il diritto di legiferare per la società. E', inoltre, ingiusto e non democratico che un individuo, un comitato o un parlamento emendi o abroghi la legge della società.
  • La legge naturale di una società è costituita dalla tradizione o dalla religione. Ogni tentativo di elaborarla al di fuori di queste due fonti è inutile ed illogico.
  • L'uomo è lo stesso ovunque. La sua morfologia e i suoi istinti sono identici dappertutto. È per questo che la legge naturale è divenuta la legge logica dell'uomo. Poi vennero le costituzioni: semplici leggi prodotte dall'uomo che non considerano l'uomo uguale. La loro concezione dell'uomo non ha altra giustificazione che la volontà di dominare il popolo da parte di chi detiene il potere, sia questi un individuo, un parlamento, una classe, un partito. Vediamo così che, generalmente, le costituzioni sono soggette a mutamenti ogni volta che cambiano i sistemi di governo. Ciò dimostra che la costituzione non è la legge naturale, ma il prodotto della volontà degli apparati di governo e che esiste in quanto deve servire i loro interessi. Questo è il pericolo che minaccia la libertà ovunque la legge della società è assente ed è sostituita da leggi umane promulgate da uno strumento di governo al fine di dominare le masse.
  • La religione contiene ed assorbe la tradizione. La maggior parte delle sanzioni materiali, nella religione, sono differite. La maggior parte delle sue norme sono insegnamenti, indicazioni e risposte a delle domande. Questa è la migliore legge per rispettare l'uomo. La religione non ammette sanzioni temporali se non in casi estremi, quando queste si rilevano assolutamente necessarie alla società. La religione comprende la tradizione che è l'espressione della vita naturale dei popoli. La religione, quindi, è una conferma del diritto naturale. Le leggi non religiose e non tradizionali sono creazioni dell'uomo contro l'uomo. Esse sono, pertanto, ingiuste poiché non derivano da questa fonte naturale costituita dalla tradizione e dalla religione.
  • La società è costituita da numerose persone fisiche e da varie persone giuridiche. Di conseguenza, quando una persona fisica, per esempio, esprime la propria pazzia, ciò non significa che tutti gli altri membri della società siano del pari pazzi. L'opinione di una persona fisica è l'espressione di quella singola persona, quella della persona giuridica è l'espressione degli interessi o dei punti di vista dei suoi componenti.
  • La stampa è il mezzo di espressione della società e non il mezzo di espressione di una persona fisica o giuridica. Logicamente e democraticamente, quindi, la stampa non può essere proprietà né dell'una né dell'altra. Quando un individuo possiede un giornale, questo è il "suo" giornale ed esprime la "sua" opinione. La pretesa che il giornale esprima l'opinione pubblica è falsa e senza fondamento, poiché, in realtà, esso esprime le opinioni di una persona fisica. Non è democraticamente ammissibile che una persona fisica possegga un qualsiasi mezzo di diffusione o di informazione pubblica. Tuttavia, è diritto naturale della persona fisica esprimersi con qualsiasi mezzo, anche se pazzesco. Un giornale pubblicato da professionisti è solamente l'espressione di questa particolare categoria sociale. Esprime il suo punto di vista e non il punto di vista dell'opinione pubblica. Questo vale per tutte le persone fisiche e le persone giuridiche che costituiscono la società. La stampa (veramente) democratica è quella pubblicata da un comitato popolare composto da tutte le varie categorie sociali, cioè, dalle unioni di operai, dalle unioni femminili, dalle unioni studentesche, dalle unioni di contadini, dalle unioni di professionisti, dalle unioni di impiegati, dalle unioni di artigiani e così via.
  • La persona fisica ha il diritto di esprimere la sua opinione; non è democraticamente ammissibile, però, che si esprima in nome degli altri.
  • Perché si da un salario ai lavoratori? Perché svolgono una attività produttiva a favore dei terzi, e cioè per conto di chi li assume al fine di realizzare una produzione. Pertanto i lavoratori non consumano il proprio prodotto, ma sono costretti a cederlo in cambio di un compenso, mentre una sua norma è che chi produce deve consumare. I lavoratori anche se il loro trattamento salariale è migliorato, permangono degli asserviti, indipendentemente dall'entità della retribuzione.
  • Il salariato è come uno schiavo del padrone alle cui dipendenze permane temporaneamente e la cui schiavitù si manifesta fino a quando egli lavorerà alle sue dipendenze ed in cambio di un compenso.
  • Le teorie storiche precedenti si sono occupate del problema economico solo dal punto di vista dell'appartenenza dei fattori produttivi e dei salari rispetto alla produzione, senza riuscire a chiarire l'essenza della produzione stessa. Gli elementi caratterizzanti dei sistemi economici esistenti ancora oggi nel mondo si fondano sul salario. Tali sistemi escludono il lavoratore da qualsiasi diritto sulla produzione realizzata con il suo diretto intervento. Sia essa realizzata per conto della collettività oppure per conto di una azienda privata.
  • La libertà dell'uomo è incompleta se da un altro uomo dipendono i suoi bisogni.
  • La casa è una necessità per l'individuo e la sua famiglia. Pertanto deve essere di proprietà di chi la abita. Non vi è libertà alcuna per l'uomo che vive in una casa appartenente ad un altro sia che paghi o no il canone.
  • Nessuno ha il diritto di costruire una casa in più della propria e di quella dei suoi eredi, allo scopo di cederla in locazione. Quella casa non è altro che un bisogno di un altro uomo, e costruirla allo scopo di cederla in affitto è un inizio di sopraffazione del bisogno altrui: significa conculcare un bisogno di quell'uomo stesso. Nel bisogno scompare la libertà.
  • Il sostentamento è una necessità assoluta per l'uomo. Non è ammissibile, in una società socialista, che per l'appagamento dei propri bisogni l'uomo debba dipendere da un compenso sotto forma di salario o di carità da qualsiasi parte essi vengano. Nella società socialista non dovrebbero esserci salariati, ma associati, poiché i proventi sono prerogativa personale dell'individuo, sia nel caso in cui li procuri da se stesso nei limiti delle sue esigenze, sia che detti proventi costituiscano una parte della produzione nella quale l'individuo stesso è un elemento fondamentale.
  • Nella società socialista non è consentito al singolo individuo o ad altri di possedere mezzi di trasporto da noleggiare, perché questo costituirebbe un invadere i bisogni degli altri.
  • Il fine della nuova collettività socialista è la formazione di una comunità felice perché libera. Ciò non potrebbe essere realizzato se non con la soddisfazione dei bisogni materiali e morali dell'uomo, attraverso l'affrancamento di questi bisogni del predominio e dell'arbitrio degli altri.
  • Il risparmio eccedente la misura per il soddisfacimento dei propri bisogni diventa privazione del soddisfacimento dei bisogni di un altro nell'ambito della ricchezza della collettività.
  • Nella società socialista non ci sono infatti possibilità di produzione individuale al di sopra del soddisfacimento dei bisogni personali. In essa non è permesso di soddisfare i propri bisogni a spese degli altri. Le istituzioni socialiste lavorano per soddisfare i bisogni della società.
  • Il "Libro Verde" non risolve semplicemente il problema materiale della produzione, ma indica la direzione della soluzione completa dei problemi della società, in modo da liberare l'individuo, materialmente e moralmente, per la definitiva realizzazione della sua felicità.
  • Nella nuova società socialista non si ammettono disparità nella distribuzione della ricchezza tra individui. Solo a coloro che prestano servizi generali, la società disporrà di una data parte di ricchezza in proporzione alle loro prestazioni. Le unità di ricchezza assegnate a questi individui saranno ripartite in proporzione dei maggiori servizi prestati da ciascuno di essi.
  • Colui che possiede la casa in cui un individuo abita, o il mezzo di trasporto che lo stesso individuo usa, e gli elargisce il sostentamento con cui costui vive, in definitiva possiede la sua libertà o una parte di essa. Essendo però la libertà indivisibile l'uomo per essere felice ha bisogno di essere libero. E per essere libero deve essere in condizione di possedere ciò con cui soddisfare da sé i propri bisogni. Colui che possiede i beni necessari al soddisfacimento dei bisogni di un individuo è in condizione di dominarlo, di sfruttarlo, e di ridurlo alla schiavitù, nonostante ogni legge che lo vieti.
  • È una beffa che i bisogni dell'uomo siano regolati mediante procedure legali, amministrative o simili, mentre su di essi sostanzialmente si fonda la società stessa in base a norme naturali.
  • Le forze incombenti dei sindacati dei lavoratori nel mondo capitalista, costituiscono una garanzia per la trasformazione delle società capitalistiche da società di salariati in società di associati.
  • Gli eroi della storia sono individui che si sacrificano per delle cause. Non esiste in merito altra possibile definizione. Ma quali cause? Gli eroi sacrificano se stessi per amore degli altri. Ma quali altri? Quelli che hanno un legame con loro.
  • L'espansione e la dispersione delle particelle nella bomba atomica si sviluppano dalla spaccatura del nucleo quale fonte di attrazione delle suddette che lo circondano: quando si distrugge il fattore che tiene uniti tali corpi e se ne perde la forza di attrazione, ciascuna di esse vola via e la bomba finisce in una dispersione di particelle con tutto ciò che ne consegue. Questa è la natura delle cose. È una legge naturale fissa, ed ignorarla o contrastarla sconvolge la vita. Allo stesso modo la vita dell'uomo si sconvolge quando si comincia ad ignorare la coscienza nazionale, ossia il fattore della coesione sociale, la forza di attrazione del gruppo, che è il segreto della sua sopravvivenza. Oppure quando si inizia a contrastare ciò.
  • La famiglia è esattamente come la pianta singola nella natura che sta all'origine di tutte le altre. Invece il trasformare la natura in colture, giardini etc. è un procedimento artificiale senza alcun rapporto con la natura vera della pianta, formata da un certo numero di rami, di foglie e di fiori. Analogicamente per la famiglia: che i fattori politici, economici e militari abbiano finito per ridurre insiemi di famiglie a forma di stato, non ha nulla a che vedere con l'umanità. Perciò qualunque situazione, circostanza o procedimento che conduca allo smembramento della famiglia, o alla sua dispersione e alla sua rovina è inumana ed innaturale; anzi, è arbitraria.
  • Il giardino o il campo fiorente sono quelli le cui piante crescono in modo naturale, fioriscono, impollinano e si radicano saldamente. Lo stesso è per la società umana. La società fiorente è quella ove l'individuo si radica nella famiglia in modo naturale ed ove fiorisce la famiglia. Infatti l'individuo si radica nella famiglia umana come la foglia sul ramo o il ramo sull'albero, che non ha significato né vita materiale qualora se ne stacchi. Come non ne ha l'individuo se si stacca dalla famiglia, nel senso che senza questa è privo di significato e di vita sociale.
  • La nazione è la tribù che si è accresciuta a seguito della riproduzione. Dunque la nazione è una grande tribù. Il mondo è la nazione che si è ramificate in diverse altre a seguito della proliferazione. Perciò il mondo è una grande nazione.
  • La società familiare dal punto di vista sociale è superiore a quella tribale, la tribale a quella nazionale, e la nazionale a quella internazionale, per quanto riguarda la compattezza, la buona disponibilità reciproca, la solidarietà e l'utilità.
  • Il sangue è all'origine della formazione della tribù, che però non si basa esclusivamente su di esso. Anche la affiliazione (intimà') è una delle componenti della tribù. Col passare del tempo scompaiono le differenze tra le componenti di sangue e quelle di affiliazione, e rimane la tribù quale unità sociale e materiale unica. È però un'unità di sangue e di stirpe più forte di ogni altra struttura.
  • Lo spirito tribale (qabaliyyah) è la rovina della coscienza nazionale (qawmiyyah), poiché la fedeltà (walà') tribale indebolisce e danneggia quella nazionale, così come la fedeltà familiare danneggia e indebolisce quella tribale.
  • Si deve aver cura della famiglia nell'interesse dell'individuo, e cura nella tribù nell'interesse della famiglia, dell'individuo e della nazione, cioè della coscienza nazionale.
  • La donna è un essere umano e l'uomo è un essere umano. Su ciò non esiste disaccordo né dubbio alcuno. La donna e l'uomo, dal punto di vista umano, ovviamente sono uguali. Fare una discriminazione tra uomo e donna sul piano umano è un'ingiustizia clamorosa e senza giustificazione. La donna mangia e beve come mangia e beve l'uomo. La donna odia e ama come odia e ama l'uomo. La donna pensa, apprende e capisce come pensa, apprende e capisce l'uomo. La donna ha bisogno di alloggio, di vestiario e di mezzo di trasporto come ha bisogno l'uomo. La donna ha fame e ha sete come ha fame e ha sete l'uomo.
  • Perché il creato ha richiesto la creazione dell'uomo e della donna, il che si realizza con l'esistenza di entrambi, e non dell'uomo soltanto, o della donna soltanto? Deve assolutamente esservi una necessità naturale a favore dell'esistenza di entrambi, e non soltanto dell'uno, o soltanto dell'altra. Dunque ciascuno dei due non è l'altro, e fra i due vi è una differenza naturale, la cui prova è l'esistenza dell'uomo e della donna assieme nel creato. Ciò di fatto significa che per ciascuno dei due esiste un ruolo naturale che si differenzia conformemente alla diversità dell'uno rispetto all'altro. Dunque è assolutamente necessario che vi sia una condizione che ciascuno dei due vive, e in cui svolge il suo ruolo diverso dall'altro. E tale condizione deve differire da quella dell'altro, in ragione del diverso ruolo naturale proprio di ciascuno. Per riuscire a comprendere tale ruolo, rendiamoci conto della differenza naturale esistente fra la costituzione fisica dell'uomo e quella della donna, ossia quali sono le differenze naturali tra i due: la donna è femmina e l'uomo è maschio. La donna conformemente a ciò - come dice il ginecologo - ha le sue regole, ovvero arrivata al mese è indisposta, mentre l'uomo per il fatto che è maschio non ha le regole e di abitudine non è mensilmente indisposto. Questa indisposizione periodica, cioè mensile, è un'emorragia. Vale a dire che la donna, per il fatto che è femmina, è naturalmente soggetta ad una emorragia mensile. Quando la donna non ha le sue regole è gravida. E se è tale, per la natura stessa della gravidanza, è indisposta per circa un anno, ovvero impedita in ogni attività naturale finché non partorisce. Quando poi partorisce o quand'anche abortisce, è colpita dai disturbi conseguenti ad ogni parto o aborto. Invece l'uomo non diviene gravido e di conseguenza, per natura, non è colpito dai disturbi da cui è colta la donna per il fatto che è femmina. La donna dopo il parto allatta l'essere che aveva portato in sé. L'allattamento naturale dura circa due anni. Ciò significa che il bambino è inseparabile dalla donna ed ella è inseparabile da lui, tanto che sarà impedita da svolgere la sua attività e direttamente responsabile di un altro essere umano: è lei che lo assiste nell'adempimento di tutte le funzioni biologiche, e senza di lei egli morrebbe. Invece l'uomo non diviene gravido e non allatta. E qui termina la spiegazione del medico. Questi dati naturali creano differenze congenite, per le quali non è possibile che l'uomo e la donna siano eguali.
  • La rinuncia al ruolo naturale della donna nella maternità, ossia che gli asili nido si sostituiscano alla madre, è l'inizio della rinunzia alla società nella sua dimensione umana e della sua trasformazione in società puramente biologica e in vita artificiale. Separare i bambini dalle madri ammassandoli negli asili nido è un'operazione che li rende pressoché pulcini, perché gli asili nido sono qualcosa che rassomiglia alle stazioni di sagginamento in cui si ammucchiano i pulcini dopo la covata. Infatti solo la maternità naturale conviene alla costituzione dell'essere umano, è compatibile con la sua natura e confacente alla sua dignità.
  • In tutte le cose la crescita naturale è quella sana in piena libertà. Che si faccia dell'asilo nido una madre è un atto coercitivo contrario alla libertà della crescita corretta. I bambini sono condotti all'asilo nido forzatamente, oppure per il fatto che li si raggira e per la loro semplicità infantile. E poi essi vi sono inviati per cause puramente materiali, e non sociali. Ma, tolti i mezzi coercitivi adottati nei loro confronti e la semplicità infantile, essi rifiuterebbero l'asilo nido e starebbero attaccati alle loro madri. La sola giustificazione per questa operazione innaturale e inumana è che la donna si trovi in una situazione incompatibile con la natura, ovvero che sia costretta all'adempimento di obblighi sociali e contrari alla maternità.
  • La maternità è funzione della femmina, non del maschio. Perciò è naturale che i figli non vengano separati dalla madre. Qualunque provvedimento che li separa dalla madre è abuso, tirannia e dispotismo. La madre che rinuncia alla maternità verso i suoi figli contravviene al suo ruolo naturale nella vita, ed occorre che le vengano garantiti i diritti e le condizioni adeguate mancanti. Sono egualmente l'abuso e il dispotismo che obbligano la donna a espletare il suo ruolo naturale in circostanze innaturali, mettendola in una situazione di contrasto intrinseco. Se la donna rinuncia al suo ruolo naturale del parto e della maternità essendovi costretta, sono esercitate su di lei tirannia e dispotismo. La donna bisognosa di un lavoro, che la renda incapace di assolvere alla sua missione naturale, non è libera essendovi costretta dal bisogno, perché nel bisogno la libertà scompare.
  • L'eguaglianza fra l'uomo e la donna nel portare pesi mentre ella è gravida è ingiustizia e crudeltà, come lo è l'eguaglianza fra di loro nel digiuno e nella fatica mentre ella allatta. È ingiustizia e crudeltà l'eguaglianza fra di loro in un lavoro sporco che sfigura la bellezza di una donna, privandola della sua femminilità. È anche ingiustizia e crudeltà addestrare la donna ad un programma che, di conseguenza la conduce allo svolgimento di un lavoro non confacente alla sua natura.
  • L'aspetto della donna è diverso da quello dell'uomo perché ella è femmina, così come ogni femmina fra gli esseri viventi, animali e vegetali, è diversa dal maschio sia nella forma sia nell'essenza. Questa è una realtà naturale indiscutibile. Il maschio nel regno animale e vegetale è stato creato forte e rude per natura, mentre la femmina nei vegetali e negli animali è stata creata bella e delicata per natura. Queste sono realtà naturali ed eterne con cui sono stati creati gli esseri viventi chiamati uomini, animali, piante. In ragione di tale diversa costituzione e delle leggi naturali, il maschio svolge il ruolo del forte e del rude non per costrizione, ma perché è stato creato così. Invece la femmina svolge il ruolo del delicato e del bello non per sua libera scelta, ma perché è stata creata così. Questa regola naturale è la giusta norma, per il fatto che da un lato è naturale e dall'altro è la regola fondamentale della libertà, dato che le cose sono state create libere e che qualunque intervento contrario alla regola della libertà è un arbitrio. Non attenersi a questi ruoli naturali e trascurarne i limiti significa trascurare e corrompere i valori della vita stessa.
  • Negli animali, nei vegetali e nell'uomo è necessario che vi siano maschio e femmina per il realizzarsi della vita fra l'essere e il divenire. E non è solo sufficiente che l'uomo e la donna esistano, ma bisogna anche che svolgano il loro ruolo naturale per il quale sono stati creati. E ciò deve avvenire con piena capacità. Se esso non è compiuto perfettamente, significa che nel corso della vita vi è un difetto, conseguente a chissà quale circostanza. E questa è la situazione oggi vissuta dalla società quasi ovunque al mondo, come risultato della confusione fra il ruolo dell'uomo e quello della donna: vale a dire in seguito ai tentativi di ridurre la donna in uomo.
  • Tutte le società oggi guardano alla donna né più né meno che come ad una merce. L'Oriente guarda ad essa come oggetto di godimento suscettibile di vendita e di compera. L'Occidente guarda ad essa come se non fosse femmina. Indurre la donna a svolgere il lavoro maschile è un'ingiusta aggressione contro la femminilità di cui è stata naturalmente dotata per uno scopo naturale necessario alla vita. Infatti il lavoro maschile cancella le belle fattezze della donna con cui la natura costitutiva ha voluto che appaia perché svolga un ruolo diverso da quello del lavoro confacente a chi non è femmina. È esattamente come i fiori, creati per attirare i grani del polline e per produrre le semenze: se li eliminassimo finirebbe il ciclo delle piante nella vita. È proprio l'abbellimento naturale della farfalla, degli uccelli e delle restanti femmine degli animali che serve a questo scopo vitale naturale. Se la donna svolge il lavoro maschile deve allora trasformarsi in uomo, rinunziando al suo ruolo e alla sua bellezza.
  • La donna è tenera. La donna è bella. La donna ha facile il pianto. La donna ha paura e generalmente, in conseguenza della conformazione naturale, la donna è delicata, mentre l'uomo è rude. Ignorare le differenze naturali tra l'uomo e la donna e confondere i loro ruoli è un atteggiamento del tutto incivile, contrario alle leggi naturali, distruttivo per la vita umana e causa reale di infelicità nella vita sociale dell'essere umano.
  • Non vi è differenza nei diritti umani fra l'uomo e la donna e fra l'adulto e il bambino, ma non vi è eguaglianza completa fra loro per i doveri cui devono assolvere.
  • L'ultimo periodo della schiavitù è stato l'asservimento della razza nera da parte della razza bianca. Tale epoca rimarrà impressa nella memoria del Nero finché egli non abbia avvertito che gli è stata restituita la propria dignità.
  • Attualmente la razza nera si trova in una situazione sociale alquanto arretrata. Però tale arretratezza agisce a vantaggio della sua superiorità numerica, dato che il basso livello in cui vivono i Neri li ha tenuti al riparo dalla conoscenza dei mezzi di limitazione e di pianificazione della prole. Anche le loro tradizioni sociali arretrate fanno si che non esista limite a contrarre matrimoni. E ciò li porta a moltiplicarsi senza misura, mentre la popolazione delle altre razze va scemando per la limitazione della prole e del matrimonio, e per l'assiduo impegno al lavoro, a differenza dei Neri che vivono in apatia in un clima perennemente caldo.
  • L'istruzione coercitiva, di cui vanno fiere le nazioni al mondo ogni volta che riescono a imporla ai giovani, è uno dei metodi repressivi della libertà. È una soppressione forzata delle doti dell'essere umano, ed è altresì un modo forzato di orientarne le scelte. È un atto dispotico, fatale alla libertà, perché impedisce alla persona la libera scelta, l'originale inventiva e la possibilità di brillare per il proprio talento. È dispotismo che la persona sia costretta ad apprendere un siffatto programma. È dispotismo che vengano imposte materie specifiche per indottrinare la gente. L'istruzione di tipo coercitivo, l'istruzione metodizzata e sistematizzata, in realtà è un abbrutimento forzato delle masse.
  • Le società che danno un'immagine distorta della religione altrui, della civiltà altrui e dei modi di vita altrui nel presentarli come conoscenza nel loro ambito, sono altresì reazionarie, oscurantiste e nemiche della libertà. Le società che impediscono la conoscenza materiale sono reazionarie, oscurantiste e nemiche della libertà, e lo sono anche quelle che la monopolizzano. La conoscenza è un diritto naturale di ogni essere umano, di cui nessuno ha facoltà di privarlo per nessun preteso, a meno che la persona non commetta qualcosa che le tolga tale diritto. L'ignoranza avrà fine quando ogni cosa sarà presentata nella sua vera realtà e quando la conoscenza sarà resa disponibile ad ogni persona nel modo che le è confacente.
  • L'umanità continuerà ad essere arretrata finché rimarrà incapace di esprimersi in un'unica lingua. Finché l'uomo non realizzerà tale aspirazione - che sembra persino impossibile - l'espressione della gioia e del dolore, del bene e del male, del bello e del brutto, del riposo e dell'affanno, dell'annientamento e dell'eternità, dell'amore e dell'odio, dei colori, dei modi di sentire, dei gusti e del temperamento - l'espressione di tutte queste cose rimarrà nella stessa lingua che ogni popolo parla spontaneamente. Anzi, il comportamento stesso rimarrà conforme alla reazione derivante dal modo di sentire che la lingua crea nell'intelligenza di chi la parla. L'apprendimento di un'unica lingua, qualunque essa sia, non è però la soluzione possibile al giorno d'oggi. Questo problema continuerà a restare necessariamente irrisolto finché il processo di unificazione del linguaggio non passerà attraverso molte epoche e generazioni.
  • In realtà il genere umano continuerà ad essere arretrato finché l'uomo non parlerà col suo fratello umano una stessa lingua, che sia trasmessa per eredità, e non appresa. Però il raggiungimento di tale meta da parte dell'umanità resta un problema di tempo, almeno finché la civiltà non abbia subito un totale rivolgimento.
  • Lo sport è come il pregare, il mangiare, il riscaldare ed il ventilare. Sarebbe sciocco che le masse entrassero in un ristorante per stare a guardare una persona o un gruppo che mangia! Oppure che la gente lasciasse che una persona o un gruppo godessero fisicamente del riscaldamento e dell'aria in sua vece! Allo stesso modo è irrazionale che si permetta ad un individuo o ad una squadra di monopolizzare lo sport escludendo la società, mentre essa sopporta gli oneri di tale monopolizzazione a vantaggio di detto individuo o detta squadra.
  • Come il potere deve essere delle masse, anche lo sport deve essere delle masse. Come la ricchezza deve essere di tutte le masse e le armi del popolo, anche lo sport, per la sua qualità di attività sociale, deve essere delle masse.

I diversi tipi di pugilato e di lotta sono prova che l'umanità non si è ancora liberata da tutti i comportamenti selvaggi. Ma necessariamente finiranno, quando l'essere umano si sarà elevato più in alto sulla scala della civiltà. Il duello con le pistole e prima d'esso l'offerta del sacrificio umano erano un costume abituale in una delle fasi dell'evoluzione dell'umanità. Ma queste pratiche selvagge sono cessate da secoli, e l'uomo ha cominciato a ridere di se stesso e nel contempo a dolersi di aver compiuto tali atti. Così sarà anche per la questione dei diversi tipi di pugilato e di lotta fra decenni o fra secoli. Ma gli individui più civilizzati degli altri e mentalmente più elevati già fin d'ora possono fare qualcosa per tenersi lontano dal praticare e incoraggiare tale comportamento selvaggio.

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Incipit

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Questo Libro Bianco mira al raggiungimento di una giusta ed equa soluzione alla cronica cosiddetta questione mediorientale, e per liberare la regione dagli effetti disastrosi della violenza, della guerra e della distruzione. In tal modo, presenta il problema in modo serio, obiettivo e neutro. Il Libro raccoglie punti di vista e concetti precedentemente proposti similmente da arabi ed ebrei, oltre a piani e progetti internazionali per la sua soluzione. Tutti sostengono e rivendicano la soluzione proposta in questo lavoro. Nessun altro concetto potrà risolvere il problema.

Citazioni

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  • [Sulla Dichiarazione Balfour] Il vero intento alla base della Dichiarazione era quello di liberare l’Europa dagli ebrei, piuttosto che esprimere simpatia per loro.
  • Non c’è inimicizia tra arabi ed ebrei. Infatti, gli ebrei sono cugini adnaniti degli arabi da parte di padre, che era un discendente di Abramo, – che la pace sia su di lui. Quando gli ebrei furono perseguitati, i loro fratelli arabi li invitarono a vivere al loro fianco nella città di al-Medina. [...] Gli ebrei, insieme agli arabi, furono espulsi dall’Andalusia alla fine del XV secolo. Tutti hanno trovato rifugio nei paesi arabi. Ecco perché c’è un quartiere ebraico in ogni paese arabo. Lì hanno vissuto in pace e amicizia con i loro fratelli arabi.
  • Prima del 1948 gli ebrei erano considerati esattamente nello stesso modo in cui vengono considerati i palestinesi oggi. C’era una minoranza in Palestina, alimentata da illusioni di autogoverno in un momento, e aree ebraiche autonome in un altro. I palestinesi erano la maggioranza. Questo è il motivo per cui rifiutarono la nota risoluzione della partizione del 1947. Dopo il 1948 questa situazione fu ribaltata. I palestinesi sono diventati la minoranza a seguito delle guerre del 1948 e del 1967. Gli ebrei divennero la maggioranza nell’area chiamata Israele. Promesse di autogoverno, aree arabe e partizione furono fatte agli arabi, proprio come erano state fatte in precedenza agli ebrei.
  • Non è ammissibile che gli ebrei, che non erano originariamente abitanti della Palestina, e i cui antenati non erano originariamente abitanti del paese, possano venire dall’estero, mentre ai palestinesi, che sono fuggiti dalla Palestina come rifugiati e sfollati solo poco tempo fa, in seguito alla guerra del 1948, non viene concesso lo stesso diritto.
  • Gli ebrei [...] non odiano i palestinesi. Non vogliono espellere i palestinesi dalla loro terra, la Palestina. Non hanno deciso di massacrarli, come suggeriscono le voci. Nemmeno il massacro di Deir Yassin ha avuto luogo. In effetti, furono gli arabi non palestinesi ad attaccare la Palestina e dichiarare guerra agli ebrei.
  • Sarebbe semplicemente irrealizzabile e impraticabile dividere la Palestina in due Stati. Sotto la partizione non ci sarebbe uno Stato chiamato Israele, né ci sarebbe uno Stato chiamato Palestina. Coloro che chiedono la divisione della Palestina in due Stati ignorano così la natura della regione e la sua demografia, oppure vogliono sbarazzarsi del problema e metterlo nelle mani degli ebrei e dei palestinesi. Può sembrare che avessimo risolto così il problema ma in questo caso non saremmo sinceri: avremmo fatto poco più che gettare le basi per un nuovo conflitto.
  • Gli ebrei, specialmente i più religiosi, non accetterebbero alcun sostituto per la terra che è, nelle loro credenze, sacra, e i palestinesi, in particolare gli intransigenti tra loro, non accetteranno alcun sostituto per la terra dei loro antenati.
  • La soluzione [...] sta nell’utilizzare [...] l’attuale serie di circostanze e la realtà storica della situazione. Questo dovrebbe portare alla creazione dello Stato di “Isratina”, che ospita sia palestinesi che israeliani. Ciò consentirebbe sia a muoversi che a vivere ovunque vogliano. Uno che crede che la Cisgiordania sia la sua terra, può viverci o viaggiarci come vuole. Potrebbe persino chiamarla Giudea e Samaria, se lo desidera. Allo stesso modo, se un palestinese volesse vivere o viaggiare nelle città costiere di Acri, Haifa, Jaffa, Tel Aviv, Jadwal e le altre, potrebbe farlo. Questo rimetterebbe tutto a posto. In tal modo, si porrà fine all’ingiustizia e alla privazione.

Explicit

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Gli attacchi attuali dei guerriglieri “Fedayeen” non sono organizzati dagli arabi del 1948, come vengono chiamati, ma da palestinesi che non sono annoverati tra i cosiddetti arabi israeliani. Questo è un chiaro esempio del successo di un unico Stato inclusivo: Isratina.

Citazioni su Mu'ammar Gheddafi

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Gheddafi rappresentato su arte propagandistica
  • [Sull'episodio del peschereccio italiano a cui una vedetta libica aveva sparato contro] Abbiamo un interlocutore che è Gheddafi, che presenta caratteristiche singolari ma con il quale dobbiamo fare i conti. Può scaricarci migliaia e migliaia di immigrati sulle nostre coste. Va condannato tutto l'episodio del peschereccio, è deplorevole, ma una rottura con Gheddafi e con la Libia comporterebbe conseguenze disastrose per il nostro Paese. (Fabrizio Cicchitto)
  • C'è bisogno di un tramite che non abbia cose governative che vada lì e gli dia un sacco di soldi, tanti ma tanti ma tanti soldi; solo così puoi ragionare con lui, perché lui mette questi soldi in munizioni, in armi in carri armati... Però deve salvaguardare i pozzi di petrolio assolutamente. (Richard Benson)
  • C'è un atteggiamento di sottomissione psicologica nei confronti del colonnello, cui abbiamo offerto in agosto un palcoscenico per fare spettacolo quando è venuto in Italia. (Dario Franceschini)
  • Ceausescu rimase affascinato da Gheddafi da quando questi nel 1969 prese il potere in Libia, all'età di 27 anni. Il suo interesse per Gheddafi era in parte dovuto al fatto che egli stesso era stato considerato un giovane quando nel 1965 era arrivato al potere, a quarantasette anni, cioè in un'età relativamente molto giovane se paragonata a quella dei dirigenti del Cremlino. Inoltre, come Gheddafi, anche Ceausescu aveva cominciato la carriera politica nell'esercito, ed era pure lui di carattere mutevole. Ma ciò che più di ogni altra cosa rendeva simili due uomini, erano i loro sogni. Gheddafi aveva dei piani giganteschi per far diventare la Libia una potenza internazionale e per imporsi come guida incontestata del mondo islamico. Ceausescu, da parte sua, voleva porre la Romania al centro della scena politica mondiale, imporsi come una personalità di livello internazionale, e diventare la guida del Terzo mondo. Comunque, Ceausescu aveva messo ai primi posti del suo elenco delle ammirevoli qualità di Gheddafi, anche le sue immense rendite petrolifere. (Ion Mihai Pacepa)
  • Che orrore assistere al lugubre spettacolo dei miliziani assetati di sangue che invocando sempre più ossessivamente «Allah Akhbar», il dio islamico è grande, elevando sempre più forte le urla fino a creare un clima da rito satanico, infieriscono sul corpo di Gheddafi uccidendolo e sfregiandolo. (Magdi Allam)
  • [Sulla visita di Muʿammar Gheddafi in Italia] È l’uomo del cirque du soleil, del nuovo cirque du soleil. Arriva con il tendone, i cavalli, manca solo Moira Orfei e chiudiamo. (Enrico Bertolino)
  • È stato un errore gravissimo quello di aver ammazzato Gheddafi. Non sarà stato il campione della democrazia, ma finito lui, è arrivata l’instabilità in tutta l’Africa del Nord. (Antonio Tajani)
  • Esercitava un'infuenza deleteria in in quell'area. La sua uscita fu meno benefica di quanto avevamo sperato. (Meles Zenawi)
  • [Nel 2009] Gheddafi è importante perché si propone come rappresentante di tutti i paesi africani. È dalla Libia che passano tutti gli immigrati per venire in Italia, ed è per questo che abbiamo trovato un accordo con lui. (Umberto Bossi)
  • Gheddafi era un figlio di puttana, ma era il nostro figlio di puttana. (Mario Borghezio)
  • Gheddafi indossava la divisa militare perché fosse chiaro che il suo era principalmente un ruolo militare, un potere militare, preso con le armi e mantenuto con le armi. (Roberto Saviano)
  • Grand'uomo [Fidel Castro]. Così prepotente, così simpatico. Mi faceva portare l'olio del mio Veneto e il Recioto. Dieci bottiglie: una la apriva in Consiglio dei ministri, le altre nove se le beveva lui. Ore e ore a parlare di tutto. Un carisma che ritrovo solo in Gheddafi. (Luigi Maria Verzé)
  • Guardi, quel signor Gheddafi io non posso prenderlo affatto sul serio. Posso solo augurargli di riuscire a servire il suo paese come riesco a servirlo io, posso solo ricordargli che non dovrebbe strillare tanto. (Mohammad Reza Pahlavi)
  • Ha una doppia personalità - ambo le parti malvagie. (Ja'far al-Nimeyri)
  • Ho sentimenti profondi per i credenti. Voi credete nel Corano, io nel marxismo. Ma entrambi crediamo nell'indipendenza dei nostri paesi. (Nicolae Ceaușescu)
  • I giovani libici chiedono la cacciata del rais Gheddafi che è stato un despota per molti anni a disposizione dell'Occidente per il lavoro sporco. (Nichi Vendola)
  • Io ero molto amico suo. L'ho aiutato a salire al potere nel 1969, gli ho insegnato molte cose militari. Poi mi sono distaccato e non lo volevo più al potere, ma non mi è piaciuto com'è stato eliminato. In quel modo barbaro. Senza un processo, che invece sarebbe stato un esempio da dare al mondo. Ci sono popoli che non hanno un leader e ci sono leader che non hanno un popolo: l'avessimo processato, avrei voluto chiedergli perché aveva rinunciato al popolo. (Khalīfa Belqāsim Ḥaftar)
  • L'ho incontrato per la prima volta al Cairo, ai funerali di Nasser, nel settembre 1970. Appena ha saputo che le camere della telivisione erano state installate nella grande sala del palazzo di Al Qoubbah, si è messo a singhiozzare. Le sue grida («Oh, padre di Khaled, oh, eroe dell'arabismo!») ferivano le nostre orecchie, ma gli guadagnavano l'affetto degli egiziani. Khaled è il nome del figlio primogenito di Nasser. A spettacolo concluso, venne a stringerci la mano. Non aveva versato una sola lacrima e ostentava un sorriso enigmatico. Era stata tutta una sceneggiata. (Amir Taheri)
  • La conferma del Cnt [Consiglio nazionale di transizione] sulla morte di Gheddafi è un dato estremamente importante. Ascolteremo le parole del presidente Abdul Jalil. Credo che se questa fosse davvero la soluzione sarebbe una grande vittoria del popolo libico (Franco Frattini)
  • L’Italia non auspica la fine del Colonnello, non abbiamo ragioni per volere la caduta di un leader che oggi intrattiene buoni rapporti con tutta la comunità internazionale. (Lamberto Dini)
  • La fine di Gheddafi, morto combattendo nel ridotto dei suoi ultimi fedeli, è indubbiamente una fine gloriosa. Sono stato uno dei pochi (forse il solo) a levare con forza la mia voce contraria per il modo in cui era stato ossequiato in Italia, non essendo certamente un nostro amico, ma ciò non mi impedisce di dichiarare oggi con altrettanta forza che gli va riconosciuto cavallerescamente "l'onore delle armi". Un grande leader, un vero rivoluzionario non confondibile con i nuovi dirigenti libici portati al potere dalle baionette della Nato e dalle multinazionali del petrolio. Onore, quindi, al "templare di Allah". (Mario Borghezio)
  • Il nostro caro amico Gheddafi. Parlava sempre di solidarietà, ma non ci ha mai dato un penny. (Abū Māzen)
  • Lo ricorderemo sempre come un grande combattente, un rivoluzionario e un martire. (Hugo Chávez)
  • Mi auguro che la stampa italiana sia meno dura e meno grossière nei confronti del presidente Gheddafi, che non è abituato a una stampa libera. (Habib Bourghiba)
  • Quell'uomo è un pazzo. Un pericolo per la pace. (Sandro Pertini)
  • Sulla Libia è stata messa in piedi una campagna di bugie. Non ho intenzione di condannare Gheddafi. Sarei un vigliacco a condannare una persona che mi è stata amica. (Hugo Chávez)
  • Evidentemente il col. Mu'ammar Gheddafi è entrato nella lista dei dittatori squilibrati la cui accettabilità è al termine ed è impensabile che emergerebbe dall'attuale confronto con il controllo su qualche parte del paese. Altrettanto ovviamente, dovremo andare a Tripoli per rimuoverlo. Ma non lo faremo alla retroguardia di qualche esercito vittorioso di insorti. In Afghanistan abbiamo potuto rivolgere un appello a combattenti fieri e temprati sotto la forma di un'Alleanza del Nord. In Iraq, le milizie curde peshmerga avevano liberato da Saddam Hussein parti sostanziali del paese sotto la protezione della nostra "no-fly-zone." Ma i cosiddetti ribelli libici non si limitano a sparare in aria mettersi in posa per le cineprese. Fuggono, litigano fra di loro, e non sono cementati da nessuna tradizione storica di resistenza o di comune esperienza. Sono marmaglia, in altri termini, e il momento opportuno per inviare addestratori e "consiglieri" sarebbe dopo che Gheddafi è sparito, quando sarà effettivamente utile e necessario offrire strutture e consiglio ad un esercito libico ricostituito. Nel frattempo, è ridicolo ed imbarazzante essere la loro aviazione.
  • Il collasso del sistema di Gheddafi è inevitabilmente assoluto e completo. Esso è simbolizzato in modo preciso dalle statue abbattute e dai manifesti strappati e fatti a pezzi, che raffiguravano Il Leader in varie uniformi e insegne che nel corso degli anni aveva disegnato personalmente. L'effetto sub-Mussolini; la combinazione di Ruritania e del Gulag, un certo stile di neofascista pacchiano e kitsch sarà praticamente tutto ciò che resta da studiare. Quanto al resto un ininterrotta tendenza di annientamento culturale e di cancellazione di qualsiasi concetto di istituzioni indipendenti e autonome. Ho cercato di evidenziarlo nelle primissime settimane del crollo: un paese immensamente ricco con una popolazione molto piccola, e guarda i loro denti! I loro vestiti! Questa povertà e mediocrità patetiche, se messe di nuovo a confronto con il petto agghindato di Gheddafi e la serie di palazzi, si sono adesso combinate con il ricordo dell'impotenza e della complicità forzata, per generare un autentico sentimento di rivolta e di furia (cosa che è sicuramente salutare) insieme ad un'attanagliante sensazione di aver sprecato anni e di avere trovato troppo tardi il coraggio (cosa che può risultare non propizia) alla costruzione del paese.
  • Immaginate quattro decenni in cui la partecipazione obbligatoria a un simile rituale – baciare i piedi del tuo padrone e gridare in coro le sue lodi – era un'attività culturale rilevante. Gheddafi era così dipendente da questa messinscena sadomasochistica che, insieme ai suoi orribili figli, la continuò fino agli ultimi minuti. Così, ovviamente, fece anche Saddam Hussein. Così, mentre parliamo, fa Bashar Assad. Nello stato da incubo così amato da tali reggenti fantasiosi, non basta la mera acquiescenza o sottomissione. Devi diventare qualcuno che partecipa pienamente alla sua stessa oppressione, e trovare in te stesso la forza di adorare la collettivizzazione dell'entusiasmo obbligatorio.
  • La grande vulnerabilità degli stati retti da un solo uomo – la loro intrinseca fragilità e la nostra grande speranza – è precisamente questa caratteristica che li definisce. Per terrificanti che fossero Milošević e Saddam e per quanto impressionanti molti considerassero le loro forze di sicurezza d'élite, hanno dimostrato di essere, sotto forte pressione, ciò che Mao Tse-tung era solito chiamare "tigri di carta". Un solo individuo delirante doveva crollare, o essere abbattuto, ed era finita. E in confronto ai due già nominati, Gheddafi è praticamente una nullità. Ti è capitato di vedere il suo recente La corsa più pazza d'America per le strade, mentre gesticolava istericamente dal retro di un pick-up? Poteva essere molte cose, fuorché impressionante o spaventoso.
  • Certo, Gheddafi è stato un dittatore sanguinario. Ha fatto torturare e massacrare migliaia di cittadini. E moltissimi sono quelli che ha fatto scomparire. Era un malato mentale, reso folle dal potere, privo di scrupoli. Il suo potere era tale da permettergli anche di fare dello spirito, imponendo le sue manie di divo folcloristico. Un personaggio odioso, che ha durevolmente infangato l'immagine degli arabi e dei musulmani finanziando il terrorismo un po' dovunque nel mondo. Un criminale, senza alcun dubbio. Ma il modo in cui è stato messo a morte è inaccettabile: non un arresto ma un'esecuzione, con la violenza che caratterizzava le sue concezioni e il suo modo di governare.
  • Entro certi limiti si può dire che i punti comuni ai ventuno Stati che lo compongono siano pochissimi. Certo, c'è la lingua, ma è la lingua classica, letteraria, quella del Corano e non quella dei popoli. Il popolo di ogni paese arabo ha il suo proprio dialetto. Come comunicare? Per parlarsi, bisogna essere degli intellettuali. Tuttavia un elemento costante nell'atteggiamento degli arabi c'è: hanno voglia di formare un unico paese, una sola entità politica e culturale. Il capo di Stato libico lo ha capito. Ne ha addirittura fatto il suo chiodo fisso, la sua ossessione: unire gli Arabi. Che lo vogliano o no.
  • Se Gheddafi ha ordinato di sparare e di uccidere è perché sa di essere condannato, sa che presto o tardi dovrà lasciare il potere e il Paese, anche se il figlio ha promesso di dotarlo di una Costituzione. Ha deciso che non se ne andrà prima di aver annientato quanti più libici possibile. È un uomo tragico: si "difende" come se a essere attaccata fosse stata la sua casa. Perché la Libia è la sua casa, la sua tenda, un suo bene personale. Non capisce come si osi pretendere ciò che lui considera un bene proprio. Quindi uccide. Non ha alcun senso del diritto né di ciò che è legittimo o meno. Ha vissuto tutta la sua vita al margine di ogni legge internazionale. Tutto ciò che è giuridico non lo riguarda. Si ritiene al di sopra della legge e schiaccia con le armi pesanti i manifestanti che chiedono di vivere con dignità, in libertà e in democrazia, valori che non fanno parte del suo universo. Nel Libro verde ha inventato un nuovo modo di regnare e di sottomettere il popolo convincendolo di avere il destino nelle proprie mani. Una menzogna, una vergogna.
  • [Nel 2005] Io non sono mai stato convinto che la guerra fosse il sistema migliore per arrivare a rendere democratico un paese e a farlo uscire da una dittatura anche sanguinosa. [...] Ho tentato di trovare altre vie e altre soluzioni anche attraverso un'attività congiunta con il leader africano Gheddafi. Non ci siamo riusciti e c'è stata l'operazione militare. [...] Io ritenevo che si sarebbe dovuta evitare un'azione militare.
  • Colgo questa occasione per dare un pubblico riconoscimento al vostro Leader per l'opera che ha saputo svolgere in questi anni portando il vostro popolo alla piena dignità e facendo del vostro Paese un protagonista della politica internazionale e, con la sua moderazione, incitare alla moderazione tutti i popoli.
    Ho approfittato di questa occasione per ripetere a lui la preghiera che continui ad essere promotore di una unione più forte tra tutti i Paesi dell'Africa. Oggi tutti i popoli dell'Africa guardano alla Libia, guardano al vostro Leader, e sanno bene che soltanto uniti potranno migliorare nel benessere e contare nel mondo alla pari con l'Europa e con gli altri continenti. (30 agosto 2008)
  • In questi quindici anni io ho avuto modo di incontrare più volte Gheddafi e di legarmi a lui da una vera e profonda amicizia: al leader riconosco una grande saggezza. (11 giugno 2009)
  • Gheddafi è una persona intelligentissima, altrimenti non sarebbe al potere da 40 anni. (12 giugno 2009)
  • Io sono legato da amicizia vera con il presidente egiziano Mubarak, con il presidente libico Gheddafi e con il presidente della Tunisia Ben Ali». (23 dicembre 2010)
  • [Con riferimenti a eventuali contatti telefonici, nel frangente delle sommosse popolari del febbraio 2011] No, non lo ho sentito. La situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno. (19 febbraio 2011)
  • [Valutandone il comportamento futuro, in occasione della rivolta libica, di fronte alla pressioni internazionali] Dal momento in cui qualcuno ha avanzato la proposta di sottoporre Gheddafi al tribunale internazionale, credo in Gheddafi si sia radicata l'idea di restare al potere (11 marzo 2011)
  • [Sull'onda delle notizie sulla sua morte] Sic transit gloria mundi. (20 ottobre 2011)
  • Gheddafi conosceva le lingue occidentali e in particolare l'inglese, lui conosceva tutto, ma il pattriottismo gli impediva di usare una lingua diversa dall'arabo.
  • L'Africa Nera restava per il colonnello un impero da conquistare agitando i nobili intenti, una colonia da convertire in un'altra crociata all'inverso. Voleva recuperarla all'Islam, indurre all'abitura anche le nazioni che di Maometto non volevan saperne, e a tal scopo aizzava le minoranze mussulmane, provocava colpi di stato o rivolte nel Niger, nel Mali, nel Senegal, nel Gambia, nel Camerun, nel Ghana, nell'Alto Volta, in Nigeria. Quasi ciò non bastasse, teneva a Tripoli i capi di quelle minoranze e col pretesto di dargli ospitalità li trattava come ostaggi da ricattare.
  • Ma com'era successo che Muammar Gheddafi avesse poi fagocitato il comando della cosiddetta rivoluzione, ne fosse diventato il profeta e il messia? Ecco la domanda che mi tormentava mentre mi recavo da lui. Ed era la stessa domanda che m'aveva tormentato ogni volta in cui m'ero trovata dinanzi a un presuntuoso impostore, a un babbeo vestito da dittatore, da profeta, da messia: ma come ha fatto a riuscirsi questo cretino? Non sa neanche parlare, neanche incuter paura: è un poveraccio qualsiasi, senza cervello e senza carisma. In più è buffo. Come ha fatto, mioddio, come?
  • A rendere il personaggio inquietante è proprio la sua convinzione d'essere un predestinato.
  • Da quando ha preso il potere, i libici non sono più considerati «schiavi degli schiavi». Appaiono trasformati. Ci sono sempre i ricchi e i poveri in questo paese aspro e immenso, ma ogni complesso d'inferiorità sembra definitivamente scomparso, i libici si sentono tutti imazighen, «uomini liberi»: non più schiavi, ma protagonisti.
  • Il suo sorriso disarmante da buon ragazzo incanta la gente. I giovani, le donne lo adorano, i «tristi» lo temono. Sogna una Libia puritana, ligia ai voleri di Maometto; postula un socialismo islamico che consenta a tutti di beneficiare in parti eguali dell'immensa ricchezza del petrolio.
  • Uomo dall'ampia visione, a Gheddafi il suo piccolo paese è andato sempre stretto anche perché la Jamahirija è il caos organizzato, dove vige una sorta di maoismo islamico che si traduce in una continua, molesta opposizione interna, affatto verbale ma in ogni caso disturbante.
  • Venera Nasser, il padre illuminato, ma confida in Arafat e appare deciso a sacrificare ogni risorsa della Libia per il trionfo della causa palestinese.
  • Il colonnello Muammar Gheddafi non fu soltanto il satrapo orientale, vestito di una uniforme operistica che si pavoneggiava a Roma ostentando il ritratto di Omar El Mukhtar, martire della resistenza anti-italiana, sul bavero della giacca. Prima di seppellirlo conviene ricordare che il tiranno era pur sempre un leader nazionale e che perseguì progetti diversi, quasi sempre folli, ma non privi di una loro perversa genialità.
  • La Francia lo detestava per le sue interferenze nel Ciad e per l'attentato contro un aereo francese, la Gran Bretagna per l'uccisione di una poliziotta colpita da uno sgherro libico di fronte all'ambasciata di Libia a Londra, gli Stati Uniti per il contenzioso sul golfo della Sirte e l'attentato in una discoteca di Berlino, la gran Bretagna e gli Stati Uniti insieme per l'attentato contro un aereo della Pan American nel cielo scozzese di Lockerbie, i leader arabi per le sue intollerabili irruzioni negli affari interni dei loro Paesi, la Fratellanza musulmana per il modo in cui aveva perseguito, incarcerato e ucciso gli islamisti libici, la Svizzera per le misure di rappresaglia decise dal colonnello dopo l'arresto di Hannibal in un albergo di Ginevra, la Bulgaria per la lunga detenzione di alcune infermiere accusate di un reato inesistente. Aveva anche qualche amico, tra cui alcuni Stati africani e quei Paesi che, come il Venezuela di Hugo Chavez, lo consideravano una provvidenziale spina nel fianco dell'Occidente imperialista.
  • La Libia era una creazione artificiale del colonialismo italiano, uno Stato composto da due territori (la Tripolitania e la Cirenaica) che avevano avuto storie diverse, popolato da tribù che avevano interessi contrastanti, abitato da circa due milioni di persone (tanti erano i libici quando Gheddafi conquistò il potere), sparse su un enorme territorio prevalentemente desertico. Demograficamente povera, economicamente sottosviluppata e priva di un forte passato nazionale, la Libia di Gheddafi era tuttavia, potenzialmente, un paese ricco, e tale sarebbe diventato a mano a mano che le grandi compagnie petrolifere scoprivano nuovi giacimenti di petrolio e di gas. A differenza di altri leader nazionali dei paesi emergenti, il colonnello ebbe quindi sempre a sua disposizione i mezzi finanziari necessari al perseguimento dei suoi obiettivi; ed è probabile che tanta abbondanza lo abbia sollecitato a concepire sogni smisurati e stravaganti. La storia della sua politica è anche la storia del suo denaro e del modo in cui venne impiegato.
  • Non commettiamo l'errore di pensare che il Colonnello sia stato sempre impopolare. Le sortite nazionaliste e anti-occidentali piacevano a una parte della società libica e dell'opinione pubblica africana. I laici e i musulmani moderati approvavano il rigore con cui aveva combattuto e spento i focolai dell'islamismo radicale. Le straordinarie risorse naturali del Paese hanno arricchito il clan familiare del leader e creato una larga cerchia di profittatori, ma hanno anche consentito la nascita di nuovi ceti sociali, soprattutto negli apparati della pubblica amministrazione e dell'economia statale.
  • Quanti uomini politici, soprattutto europei, verrebbero convocati all'Aja per rendere conto dei loro rapporti con il leader libico? La fine del regime di Gheddafi è una buona notizia. Ma se vogliamo che sia utile al futuro della Libia e più generalmente a quello dei Paesi dell'Africa del Nord, nessuna di queste domande può essere ignorata o sottovalutata. Non basta salutare la fine del tiranno, la vittoria del popolo, il trionfo della democrazia.
  • Se avesse potuto difendersi in un'aula di tribunale, Gheddafi avrebbe forse chiamato sul banco dei testimoni molti soci d'affari. Ma della sua umiliante fine politica e umana, se avesse conservato un briciolo di intelligenza, avrebbe potuto rimproverare soltanto se stesso.
  • Un processo a Gheddafi sarebbe una pietra miliare nella lunga strada verso la giustizia internazionale.
  • A lui non piace il Magreb. Ha sempre teso a spazi più ampi: all'Africa subsahariana e ancor più all'unità araba preconizzata, tentata da Nasser, suo padre spirituale. Lui ha cercato più volte di fondersi con questo o quel paese dell'Africa Settentrionale, con la speranza di estendere la sua influenza, di esportare la sua rivoluzione. Tutti i tentativi sono falliti.
  • A parte il petrolio, in larga parte in mano agli insorti di Bengasi, ha poche carte da giocare nella società internazionale.
  • Accusa gli occidentali di mirare al petrolio libico, di essere crociati assetati di denaro, ma chiede a « Francia, Italia, Gran Bretagna e America » di negoziare. Poiché non può essere accettata, la proposta assomiglia alla supplica di uno che intravede il capestro. E tuttavia si guarda bene dal prospettare quel che quei paesi pongono come condizione per eventuali trattative: vale a dire il suo definitivo abbandono del potere, la sua uscita di scena, insomma il suo esilio in qualche terra africana, dove ha seminato dollari per decenni. È l'orgoglio del capo beduino, che per quarantadue anni ha esercitato con scarsa pietà un potere assoluto? I ribelli di Bengasi sanno che trattare con Gheddafi significherebbe ammettere la sua vittoria.
  • Gli scettici sostengono che l'autore della Terza teoria universale non è cambiato. È cambiato il quadro internazionale. Lui si adegua per sopravvivere.
  • I due uomini si detestano. Arafat chiama Gheddafi principe delle chiacchiere. Gheddafi accusa Arafat di svendere a Israele la terra araba. La Palestina non è soltanto tua, è di tutti noi arabi, gli ha detto in faccia durante un banchetto ufficiale, a Tunisi, davanti agli ambasciatori occidentali, nel dicembre scorso, dopo che il capo dell'Olp aveva accettato a Ginevra l'esistenza dello Stato ebraico.
  • Il bombardamento americano dell'86 ha avuto l'effetto di un elettrochoc: più ancora delle bombe ha traumatizzato Gheddafi l'isolamento subito dal paese in quei momenti difficili. I fratelli arabi e gli amici africani gli hanno girato le spalle, l'Unione Sovietica e le altre nazioni socialiste l'hanno tenuto a debita distanza. La Libia aveva tutte le porte sbarrate: ai suoi fianchi i confini con la Tunisia e l'Egitto erano chiusi, a Sud era ancora in corso la guerra col Ciad e dal Mediterraneo erano appena arrivati i fulmini di Reagan. Cosi è cominciata la svolta pragmatica di Gheddafi. Anzitutto egli ha ammorbidito la situazione interna: ha liberato gran parte dei prigionieri politici, più quelli detenuti per delitti d'opinione che i veri oppositori del regime, ha soppresso la giustizia sommaria esercitata dai comitati rivoluzionari, ha avviato la liberalizzazione del commercio e autorizzato l'importazione di beni di consumo. Vuotando o sfoltendo le prigioni, riempiendo i negozi e aprendo le frontiere Gheddafi ha dato un po' di respiro ai libici. Ne avevano bisogno. Essi avevano rivelato di essere giunti ai limiti della sopportazione quando avevano espresso con molta parsimonia la loro solidarietà al regime dopo i bombardamenti americani. Ma è veramente cambiato Gheddafi? È rinsavito sul serio? Una cosa è certa: lo stacco tra quel che dice e quel che fa si è notevolmente allargato.
  • Muhammar Gheddafi interpreta, nell'ultima apparizione televisiva, la sua reale tragedia come un attore consumato. Il burnus nero, il volto immobile, di una compostezza sofferta, lo sguardo fisso, socchiuso. Le mani nervose che tormentano i fogli sul tavolo, danno drammaticità all'intervento. Non alza mai la voce. Né si agita. Neppure quando proferisce minacce. Ad esempio: «Porteremo la guerra in Italia». Le espressioni, i gesti, non sono più caricaturali. Le tracce della paranoia, della delirante mania di grandezza, sembrano cancellate. È con toni dignitosi, dietro i quali credo di leggere una forte tensione, che recita per ottanta minuti un monologo ritmato da minacce da inviti alla pace, molto simili a suppliche. Il discorso è scucito, confuso nella forma, ma con un preciso filo conduttore. È il bluff della disperazione, lanciato nella notte, mentre cadono i missili della Nato su Tripoli. E le esplosioni oscurano per tre volte il teleschermo. La scena si addice all'orazione un po' cupa.
  • Nella conquista africana Gheddafi ha sperperato anche dollari e prestigio. Ha rivendicato il Ciad, ha aiutato l'Etiopia e l'Uganda, quando questi due paesi erano in preda a convulsioni rivoluzionarie o semplicemente alla violenza, ha inquietato il pacifico Niger, ha cercato di trescare con il Benin, la Repubblica Centrafricana e il Burkina Faso, ha molestato un po' tutti. Prima ha incuriosito per le sue idee e i suoi petrodollari, poi ha inquietato e spaventato, adesso non viene più preso sul serio, se non da coloro che sperano di spillargli qualche soldo. Ma lui continua imperterrito a parlare senza tener conto della mutata situazione internazionale, anche se nei fatti vi si è rapidamente adeguato.
  1. a b Citato in Gheddafi: «Ratti dagli Usa per sterminare gli africani», La Stampa, 16 novembre 1987
  2. (EN) Citato in Red Horizons: Chronicles of a Communist Spy Chief, Regnery pub, 1987, p. 110
  3. (EN) Citato in Red Horizons: Chronicles of a Communist Spy Chief, Regnery pub, 1987, p. 101.
  4. a b Citato in Gheddaffi: atto eroico, La Stampa, 20 agosto 1991.
  5. Da un discorso alle donne di Sabha, 4 ottobre 2003; citato in ilfoglio.it.
  6. Citato in Albert Sánchez Piñol, Pagliacci e mostri (Pallassos i monstres), traduzione di Patrizio Rigobon, Scheiwiller, 2009, p. 95.
  7. Citato in Angelo Del Boca, Gheddafi, una sfida dal deserto, Editori Laterza, 2010, p. 128, ISBN 978-88-420-9381-7
  8. Citato in Gheddafi: «Se il popolo non mi ama non merito di vivere», ilpost.it, 25 febbraio 2011.
  9. a b c Messaggio sulla tv di stato libica. Citato in Un giorno di guerra in Libia, ilpost.it, 20 marzo 2011.
  10. Da un discorso alla televisione libica, 30 aprile 2011; citato in Raid Nato, Gheddafi illeso ucciso figlio e tre nipoti, Repubblica.it, 1º maggio 2011.
  11. Citato in Le ultime parole di Gheddafi catturato e ucciso in una buca: «Non sparate», Il Secolo XIX.it, 20 ottobre 2011.

Bibliografia

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