Elena Tregubova

giornalista russa

Elena Viktorovna Tregubova (1973 – vivente), giornalista russa.

Citazioni di Elena Tregubova modifica

  Citazioni in ordine temporale.

Автор "Кремлевского диггера": "хочу писать про любовь"

bbc.co.uk, 14 ottobre 2004.

  • Finora Putin ha cercato di creare una sorta di "cocktail Molotov" tra la stagnazione dell'economia e la dittatura nella politica interna. Dopo la dichiarazione di una guerra antiterroristica totale, la situazione è cambiata così tanto e continua a cambiare a passi da gigante che sono generalmente convinto che la Russia nella sua forma attuale non sarà in grado di sopravvivere per i prossimi 10 anni.
До сих пор Путин пытался создать некий "коктейль Молотова" из застоя в экономике и диктатуры во внутренней политике. После объявления тотальной антитеррористической войны ситуация настолько изменилась и продолжает меняться не по дням, а по часам, что я вообще убеждена, что Россия в сегодняшнем виде не сможет просуществовать ближайшие 10 лет.
  • La mia previsione è che il Paese si disintegrerà nel prossimo futuro. Il compito principale delle autorità è comprendere che la storia non può essere violentata e portare avanti questo processo nel modo più civile e senza vittime umane.
Мой прогноз, что страна в ближайшем будущем распадется. Главная задача властей - понять, что нельзя изнасиловать историю, и провести этот процесс максимально цивилизованно и без человеческих жертв.
  • Almeno, prima o poi la Cecenia non farà più parte della Russia, questo è assolutamente certo. Non notare processi evidenti né le necessità evidenti significa condannare il Paese a un bagno di sangue.
По крайней мере, что Чечня не будет рано или поздно в составе России - это абсолютно точно. Не замечать очевидных процессов и очевидной необходимости - значит обрекать страну на кровавую баню.
  • Anche sotto Hitler molte persone sedevano nei ristoranti e l'economia era abbastanza sviluppata. C'erano personaggi della cultura ai quali le autorità permettevano qualcosa. Ma in questo contesto, gli ebrei furono repressi. Oggi in Russia il nazismo viene praticato contro le cosiddette "persone di nazionalità caucasica". Allo stesso tempo, non classificano nemmeno tutti i "neri"- il Caucaso, l'Asia centrale - con lo stesso pennello. Le persone con la pelle scura e i capelli neri ricci vengono poste nella posizione di subumani. Mi vergogno di vivere in un paese del genere!
При Гитлере тоже очень многие люди сидели в ресторанах, и была довольно развитая экономика. Были деятели культуры, которым власть что-то позволяла. Но на фоне этого репрессировали евреев. Сегодня в России практикуется нацизм в отношении так называемых "лиц кавказской национальности". При этом даже не разбирают - Кавказ, Средняя Азия - всех "черных" под одну гребенку. Людей со смуглой кожей и кудрявыми черными волосами поставили в положение недочеловеков. Мне стыдно жить в такой стране!
  • L'anno scorso, quando ho pubblicato il mio primo libro, sono stata accusata di aver esagerato parlando di totalitarismo e di fine della libertà di parola. Oggi mi sembra che quel libro sia troppo morbido. Nel secondo libro affermo che il Paese, purtroppo, si sta avviando verso uno stato fascista. Ancora una volta mi dicono che questa è un'esagerazione. È meglio notarlo prima. Allora sarà troppo tardi.
В прошлом году, когда я выпустила первую книгу, меня обвиняли в том, что я сгущаю краски, говоря о тоталитаризме и конце свободы слова. Сегодня мне кажется, что та книжка слишком мягкая. Во второй книге я констатирую, что страна, к сожалению, движется по пути к фашистскому государству. Мне опять говорят, что это преувеличение. Лучше заметить это раньше. Потом будет поздно.
  • In tutti questi anni la Russia si è comportata nei confronti dei paesi della Csi come una madre dispotica, Kabanicha, che si è costantemente tirata indietro e ha umiliato suo figlio, che stava cercando di diventare indipendente. Ci è riuscita in molte occasioni.
Россия все эти годы вела себя по отношению к странам СНГ как деспотичная мать, Кабаниха, которая все время одергивала и унижала своего сынка, пытавшегося стать самостоятельным. Ей это удавалось во многих случаях.
  • La questione è che la Russia non ha le risorse né la forza per sostenere le sue ambizioni imperiali utilizzando metodi economici. La Russia può solo combattere, apertamente o provocando. A lungo termine, ciò non potrà che portare alla completa perdita dell'influenza russa.
Вопрос в том, что у России нет ресурсов и сил обеспечивать свои имперские амбиции экономическими методами. Россия может только воевать - открыто или с помощью провокаций. В перспективе это может привести только к полной утрате российского влияния.
  • La Russia vuole tenere la Georgia con il "gancio" dell'Abcasia e tirarla costantemente in modo che sia difficile liberarsi. Vuole impedire alla Georgia di avvicinarsi al mondo civilizzato.
Россия хочет держать Грузию за абхазский "крючок" и постоянно поддергивать, чтобы было трудно сорваться. Она хочет не дать Грузии двигаться по направлению к цивилизованному миру.
  • Forse i paesi baltici sono gli unici nello spazio post-sovietico che sono riusciti a liberarsi completamente dalla sindrome coloniale e a civilizzare la propria struttura interna. Tutti gli altri paesi della Csi stanno appena iniziando a muoversi in questa direzione. Auguro loro sinceramente buona fortuna in questo.
Пожалуй, страны Балтии единственные на постсоветском пространстве, кому удалось полностью освободиться от синдрома колонии и цивилизовать свое внутреннее устройство. Все остальные страны СНГ только начинают двигаться в этом направлении. Я искренне желала бы им удачи в этом.
  • [«Quale dei politici che conosci ti piacerebbe vedere come prossimo presidente della Russia?»] L'unico che mi piace proprio per la mancanza di evidenti ambizioni politiche è Garri Kasparov. Di coloro la cui voce si è fatta sentire dopo Beslan, è stato l'unico che ha reagito in modo adeguato e dignitoso.
[«Кого из известных Вам политиков Вы хотели бы видеть следующим президентом России?»] Единственный, кто приятен мне именно из-за отсутствия явных политических амбиций - это Гарри Каспаров. Из тех, чей голос был слышен после Беслана, он один отреагировал адекватно и порядочно. И бескорыстно, потому что он не собирается становиться президентом или возглавлять партию.
  • [Su Vladimir Putin] Il popolo non ha scelto nulla! Gli hanno messo tutto in bocca con l'aiuto della propaganda totale televisiva.
Да ничего народ не выбирал! Ему вложили все в рот с помощью тотальной пропаганды на телевидении.
  • Ho sempre considerato il lavoro del giornalista politico un pesante dovere sociale. È come il mestiere dell'orafo: il nome dice "oro", ma in realtà la persona pulisce i liquami. Un lavoro piuttosto sgradevole: comunicare con uomini sgradevoli e poco interessanti come fonte di informazioni.
Я всегда считала работу политического журналиста тяжкой общественной повинностью. Это как профессия золотаря: в названии звучит "золото", а на самом деле человек вычищает нечистоты. Довольно противная работа: общаться с неприятными и неинтересными тебе мужчинами как с источником информации.
  • C'era stata la proposta di scrivere una sceneggiatura per Hollywood basata su I mutanti del Cremlino. Ci penso.
Было предложение написать для Голливуда сценарий по мотивам "Баек кремлевского диггера". Я думаю над этим.
  • Volevo dire ai miei colleghi: bravi, perché una volta eravamo tanto bravi! Ricordate, quando iniziò la perestrojka, i giornalisti erano la professione più rispettata, erano eroi. Dove è finito tutto? Vale davvero la pena perdere una missione incredibilmente importante per le ville a Soto Grande o Rubljovka?
Мне хотелось сказать моим коллегам: елки-палки, ведь мы были такими хорошими когда-то! Вспомните, когда начиналась перестройка, журналисты были самой уважаемой профессией, были героями. Куда все это делось? Неужели виллы в Сото-Гранде или на Рублевке стоят того, чтобы потерять невероятно важную миссию?

Ve la do io la Russia di Putin

Intervista di Francesca Sforza, La Stampa, 13 ottobre 2005.

  • [...] all'inizio dell'anno scorso è esplosa una bomba sotto la mia porta, mentre stavo uscendo di casa per prendere un taxi. Era in corso la campagna elettorale, volevano solo farmi paura e dare un segnale a tutti i giornalisti, se mi avessero voluta morta adesso non sarei qui. In un primo momento la polizia si è persino rifiutata di aprire un procedimento, ma visto che dell'incidente avevano parlato tutti i giornali sono stati costretti. Gli stessi poliziotti mi hanno detto di aver ricevuto pressioni "dall'alto". Questo è il mio paese.
  • [«La censura colpisce tutti?»] Direi soprattutto la tv, che attualmente non conta un solo soggetto libero rispetto ai voleri di Putin. [...] Ma anche con la stampa ci sono problemi. Ricordo una volta in cui Putin, davanti a un uditorio completamente imbambolato in una regione del Nord della Russia, si lasciò andare ad alcune esternazioni sul sesso. Disse qualcosa come "il sesso è una perversione da combattere con ogni mezzo". Neanche mezz'ora dopo, tutti i giornalisti del pool avevano ricevuto l'ordine di cancellare quella frase. Non ne è rimasta alcuna traccia, tranne che nel mio libro.
  • La storia della Russia è segnata dalle congiure di palazzo, era così ai tempi degli zar ed è così ancora oggi. Cambiano solo i personaggi: ci sono gli ipocriti come Sergei Yastrzhembsky, l'ex adetto stampa di Eltsin, i finti puri come Berezovski, un tempo vicino a Putin e oggi suo acerrimo nemico, gli uomini di ghiaccio come l'oligarca Voloshin, che fuma una sigaretta dietro l'altra e ipnotizza i suoi interlocutori con quella sua mania bizantina per la precisione. E poi i frustrati, come il capo di gabinetto Surkov, che in realtà vorrebbe fare lo scrittore.
  • Vedo che il mondo è sempre più disposto a chiudere un occhio sulla cosiddetta democrazia russa, e io cerco di dimostrare che nel mio paese mancano gli ingredienti più importanti per fare una vera democrazia. Gli anni delle riforme di Eltsin sono finiti, adesso si può parlare piuttosto di crollo delle riforme liberali in Russia.
  • [Su Garri Kasparov] Non ha paura di niente, è un uomo pulito, e il potere lo sa, tanto che gli hanno fatto capire chi comanda quando lo hanno trattenuto per due ore al controllo passaporti dell'aeroporto. Era un modo per dirgli che non vale niente, anche se tutto il mondo conosce la sua faccia. Spero solo che non gli facciano fare una brutta fine.
  • [Su Vladimir Putin] Quando dice che non vuole essere rieletto lo fa solo per vanità, per farsi pregare.

"Schweigen heißt Mittäterschaft"

(DE) Lettera aperta ad Angela Merkel sull'omicidio di Anna Politkovskaja, Zeit.de, 12 ottobre 2006.

  • È stata la critica più coerente e incorruttibile di Putin e del suo regime politico.
Sie war die konsequenteste und unbestechlichste Kritikerin Putins und seines politischen Regimes.
  • Non so, signora Merkel, cosa le abbia detto Putin in privato riguardo a questo omicidio durante l'incontro personale. Penso che abbia cercato di ritrarre l'omicidio della Politkovskaja come una coincidenza.
    Ma come può essere una coincidenza quando Putin ha sistematicamente distrutto la libertà di stampa e l'opposizione fin dal primo giorno della sua presidenza?
Ich weiß nicht, Frau Merkel, was Ihnen Putin bei dem persönlichen Treffen unter vier Augen zu diesem Mord gesagt hat. Ich denke, dass er den Mord an Politkowskaja als Zufall darzustellen versucht hat.
Doch wie kann hier von Zufall die Rede sein, wenn Putin vom ersten Tag seiner Präsidentschaft an die freie Presse und Opposition planmäßig vernichtet hat?
  • Viviamo nel 21° secolo. E non nella prima metà del 20° secolo, quando Stalin e Hitler salirono al potere senza ostacoli. Viviamo (o almeno fingiamo di farlo) in un mondo nuovo e aperto, in una nuova Europa unita che aspira al ruolo di comunità di nazioni in cui prevale la legge e si difendono le libertà civili. Tali gravi violazioni dei diritti umani da parte del presidente di un paese "europeo" non possono essere considerate una "questione interna".
Wir leben im 21. Jahrhundert. Und nicht in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts, als Stalin und Hitler ungehindert an die Macht kamen. Wir leben (oder zumindest tun wir so) in einer neuen, offenen Welt, in einem neuen, geeinigten Europa, das die Rolle einer Nationengemeinschaft anstrebt, wo das Recht vorherrscht und bürgerliche Freiheiten verteidigt werden. Solch grobe Verletzungen der Menschenrechte durch den Präsidenten eines » europäischen« Landes können nicht als »innere Angelegenheit« betrachtet werden.
  • Crede davvero, signora Merkel, che il gas o il petrolio russo siano un compenso sufficiente per chiudere un occhio sulla distruzione fisica dell'opposizione e della stampa libera in Russia? In questa situazione il silenzio significa complicità.
Glauben Sie wirklich, Frau Merkel, dass das russische Gas oder das russische Erdöl eine ausreichende Bezahlung dafür sind, dass man die Augen vor der physischen Vernichtung der Opposition und der freien Presse in Russland verschließt? Schweigen bedeutet in dieser Situation Mittäterschaft.

Yelena Tregubova: Why I fled Putin's Russia. And why the West must appease him no longer

(EN) Lettera aperta al G8, independent.co.uk, 7 giugno 2007.

  • È ormai chiaro che l'escalation di aggressioni da parte del Cremlino è il risultato diretto della politica di pacificazione perseguita dai leader occidentali che, durante i sette anni di governo di Putin, hanno chiuso un occhio davanti al linciaggio dell'opposizione, della stampa, delle ONG e tutte le istituzioni democratiche in Russia.
It is now clear that the escalation of aggression by Kremlin is the direct result of the policy of appeasement pursued by Western leaders who, during the seven years of Putin’s rule, have turned a blind eye to his lynching of the opposition, the press, NGOs and all democratic institutions in Russia.
  • Non c'è nessun esempio nella storia di un dittatore che, prima o poi, non sia diventato un pericolo per i suoi vicini, sia per quelli confinanti che per quelli lontani.
There has been no single example in history of a dictator who, sooner or later, did not become a danger to both his close and distant neighbours.
  • L'obiettivo non è la "rinascita della Russia" o la "rinascita dell'orgoglio nazionale dei russi", come cercano di presentarlo Putin e la propaganda del Cremlino. È una vendetta su vasta scala da parte dei servizi segreti e del regime autoritario con tutti i loro vecchi metodi e trucchi.
The goal is not the "revival of Russia" or the "revival of the national pride of the Russians", as Putin and the Kremlin's propaganda are trying to present it. It is a full-scale revenge by the secret services and the authoritarian regime with all their old methods and tricks.
  • [...] il Cremlino sta minacciando l'Occidente con il lancio di missili. La differenza fondamentale tra quest'epoca e l'era sovietica sta nel fatto che allora si sapeva esattamente da quale parte delle barricate si stava, quando si forniva sostegno morale agli oppositori della dittatura. Ma oggigiorno, a causa della situazione favorevole sui mercati del petrolio e del gas, Putin ha le risorse per comprare la vostra indulgenza e il vostro silenzio.
[...] the Kremlin is threatening the West, by missile-rattling. The critical difference between this and the Soviet era lies in the fact that then you knew exactly which side of the barricades you stood on, when you provided moral support to the opponents of dictatorship. But nowadays due to the favourable situation in oil and gas markets, Putin has the resources to buy your indulgence and silence.
  • Al Cremlino non importa niente delle tue parole. L'unica cosa di cui gli importa sono i tuoi soldi.
The Kremlin doesn't give a damn about your words. The only thing it does give a damn about is your money.
  • Putin dovrebbe trovarsi di fronte a una scelta difficile: o il Cremlino ripristina le libertà democratiche, oppure la Russia verrà espulsa dal G8 e da altri club internazionali.
Putin should be faced with a stark choice: either the Kremlin restores democratic freedoms, or Russia will be expelled from the G8 and other international clubs.

"Journalism is my only weapon"

(EN) Intervista di David Hearst, theguardian.com, 26 giugno 2007.

  • Non ho armi nucleari, non ho un'organizzazione come il Kgb alle mie spalle. Il giornalismo è la mia unica arma.
I don't have nuclear weapons, I don't have an organisation like the KGB behind me. Journalism is my only weapon.
  • A chi potrei andare a sporgere denuncia? Dove potrei chiedere protezione? Alla polizia? Gli stessi che hanno indagato sull'ultimo attentato alla mia vita nel 2004?
Who could I go to complain to? Where could I go for protection? To the police? The same guys who investigated the last attempt on my life in 2004?
  • Il piano di Putin è dire all'Occidente che se vuole impedire che in Russia si svolga una rivoluzione di velluto versando sangue, lo farà. A quelli di noi fuori dalla Russia, sta dicendo: "se pensate di essere liberi di criticare la Russia dalla sicurezza dell’Europa occidentale, non lo siete. Possiamo colpirvi dovunque siate e in un modo contro il quale non potrete farci nulla".
Putin's plan is to tell the west that if he needs to prevent a velvet revolution taking place in Russia by spilling blood, he will do so. To those of us outside Russia, he is saying: "if you think you are free to criticise Russia from the safety of western Europe, you are not. We can strike you wherever you are, and in a way that you will be able to do nothing about".

Gespräch mit der Journalistin Elena Tregubova

(DE) Intervista di Maik Söhler, Amnesty journal, settembre 2007, pp. 22-24.

  • [...] mi sento più sicuro qui [in Londra] che in Russia, se non altro perché ho più fiducia nella polizia inglese che in quella russa. Come forse saprai, il mio condominio a Mosca, dove sono stato bombardato, ha una stazione di polizia al piano terra.
    Tuttavia qualcuno è riuscito a piazzare un ordigno esplosivo con la forza di una bomba a mano sulla mia porta in pieno giorno e a farlo esplodere con una detonazione a distanza.
[...] fühle ich mich hier sicherer als in Russland, und sei es nur, weil ich größeres Vertrauen zur englischen Polizei habe als zur russischen. Wie Sie vielleicht wissen, befindet sich in meinem Wohnhaus in Moskau, in dem seinerzeit ein Bombenanschlag auf mich verübt wurde, im Erdgeschoss eine Polizeidienststelle.
Trotzdem konnte dort jemand am hellichten Tag einen Sprengsatz mit der Kraft einer Handgranate an meiner Tür montieren und ihn mit einer Fernzündung zur Detonation bringen.
  • [...] ho sentito dall'investigatore della polizia criminale che sapeva chi c'era dietro l'aggressione, ma non me lo ha voluto dire. Dopo di ciò, non ho mai sentito parlare dei risultati delle indagini. Ecco perché lo scorso autunno, quando all'improvviso sono stato costantemente seguito in Germania dopo la pubblicazione del mio libro, mi è stato chiaro fin dall'inizio che non aveva alcun senso chiedere aiuto alla polizia russa. È uno strumento del Cremlino.
Vom Ermittler der Kriminalpolizei bekam ich [...] zu hören, er wisse zwar, wer hinter dem Anschlag steckte, würde es mir aber nicht sagen. Danach habe ich nie mehr von Ermittlungsergebnissen gehört. Deshalb war mir im Herbst letzten Jahres, als ich nach dem Erscheinen meines Buches in Deutschland auf einmal permanent beschattet wurde, von vornherein klar, dass es überhaupt keinen Sinn hat, die russische Polizei um Hilfe zu bitten. Sie ist ein Werkzeug des Kreml.
  • Quando guardo il mio paese sulla mappa, a volte mi dispero. Perché questa enorme Russia, così ricca di risorse naturali, vuole fare da spauracchio per il mondo intero da oltre un secolo? Perché i leader di oggi – come i leader comunisti di un tempo – vedono ancora una volta la grandezza della Russia nel brandire missili e nel distruggere fisicamente chiunque non sia d’accordo?
Wenn ich mein Land auf der Karte anschaue, könnte ich manchmal verzweifeln. Warum nur will dieses riesige, an natürlichen Ressourcen so reiche Russland seit über einem Jahrhundert das Schreckgespenst für die ganze Welt spielen? Warum sehen die heutigen Führer - wie früher die kommunistischen - Russlands Größe einmal mehr darin, dass es mit Raketen herumfuchtelt und alle, die anderer Meinung sind, physisch vernichtet?
  • In una dittatura le discussioni politiche non hanno senso. Qualsiasi serio concorrente di Putin che emergesse dalle fila dell’opposizione verrebbe eliminato immediatamente. È anche chiaro che nel caso di una rivoluzione "arancione" o "di velluto", in cui il popolo scendesse in piazza e chiedesse elezioni oneste, il Cremlino agirebbe violentemente contro di essa.
In einer Diktatur sind politische Diskussionen sinnlos. Jeder ernsthafte, aus den Reihen der Opposition hervorgehende Konkurrent Putins würde sofort ausgeschaltet. Ebenso klar ist, dass der Kreml im Fall einer "orangen" oder "samtenen" Revolution, bei der das Volk auf die Straße ginge und ehrliche Wahlen forderte, gewaltsam dagegen vorgehen würde.
  • Le tendenze dittatoriali del regime potrebbero essere rapidamente messe fine. Basterebbe negare l'ingresso alla cerchia di Putin e agli oligarchi del petrolio e del gas che provengono dai servizi segreti e non fare più affari con le compagnie energetiche che sono sotto la “protezione” di Putin. Si tratterebbe di sanzioni economiche concrete. Il linguaggio del denaro è l’unico che Putin capisce.
Den diktatorischen Anwandlungen des Regimes könnte man schnell ein Ende machen. Es würde genügen, dem Putin-Kreis und den aus den Geheimdiensten stammenden Öl- und Gas-Oligarchen die Einreise zu verweigern und keine Geschäfte mehr mit den unter Putins "Schutz" stehenden Energieunternehmen zu machen. Das wären konkrete ökonomische Sanktionen. Die Sprache des Geldes ist die einzige, die Putin versteht.
  • Sfortunatamente, i governanti dei paesi occidentali continuano a interpretare i vicini codardi e corrotti che guardano con calma mentre il vicino picchia sua moglie e i suoi figli. Quando una delle vittime scappa e chiede ai vicini di chiamare la polizia, questi rispondono freddamente che non faranno nulla contro di lui. Dopotutto, è un uomo ricco.
Leider spielen die Regierenden der westlichen Länder immer noch die feigen und korrupten Nachbarn, die seelenruhig zuschauen, wie der Nachbar Frau und Kinder schlägt. Wenn eines der Opfer mal entkommt und die Nachbarn bittet, die Polizei zu rufen, antworten sie eiskalt, dass sie nichts gegen ihn unternehmen werden. Schließlich ist er ein reicher Mann.
  • Non credo alla cecità dei responsabili in Occidente. Non sono nati solo ieri. Quando Gerhard Schröder definisce il suo amico Putin un "democratico impeccabile" e poco tempo dopo, grazie al patrocinio di Putin, ottiene un posto con uno stipendio a sette cifre nel gruppo Gazprom, allora dietro non c'è cecità, ma piuttosto un concreto interesse egoistico.
Ich glaube nicht an die Blindheit der Verantwortlichen im Westen. Sie sind nicht erst seit gestern auf der Welt. Wenn Gerhard Schröder seinen Freund Putin einen "lupenreinen Demokraten" nennt und wenig später dank Putins Protektion einen Posten mit siebenstelligem Gehalt im Gazprom-Konzern bekommt, dann steckt dahinter nicht Blindheit, sondern ein konkretes egoistisches Interesse.

Yelena Tregubova: Free at last from President Putin's fearsome grip

independent.co.uk, 3 aprile 2008.

  • Sarebbe stato così facile per la Gran Bretagna evitare ulteriori problemi con Vladimir Putin e prendere la decisione pragmatica di lavarsi le mani di un giornalista problematica. In questo mondo di realpolitik, una decisione del genere non sorprenderebbe. Ma la Gran Bretagna non lo ha fatto e ha deciso invece di difendere i diritti umani.
It would have been so easy for Britain to avoid any more problems with Vladimir Putin and make the pragmatic decision to wash its hands of a troublesome journalist. In this world of realpolitik, such a decision would come as no surprise. But Britain did not – instead it decided to stand up for human rights.
  • Lungi dal promuovere la democrazia in Russia, l'accondiscendenza nei confronti del regime di Putin ha portato a una situazione in cui un uomo potrebbe essere ucciso con materiale radioattivo nel centro di Londra da un agente dello Stato russo.
Far from fostering democracy in Russia, appeasement of Putin's regime has led to a situation in which a man could be killed with radioactive material in the centre of London by an agent of the Russian state.
  • Se solo avessimo resistito prima a Mosca. Se così fosse, sono sicuro che un’altra giornalista dissidente, Anna Politkovskaja, sarebbe ancora viva oggi. La Russia avrebbe potuto sviluppare almeno una stazione televisiva indipendente, o un giornale in grado di sfidare il Cremlino senza temere per il suo staff.
If only we had stood up to Moscow earlier. If we had, I am positive that another dissident journalist, Anna Politkovskaya, would still be alive today. Russia might have developed at least one independent television station, or a newspaper that could challenge the Kremlin without fearing for its staff.
  • Alcuni visitatori vengono spesso fuorviati riguardo allo stato della Russia perché vedono solo Mosca, una città internazionale come Londra o Tokyo. Ma una visita a una qualsiasi città di provincia dimostra che la stragrande maggioranza del paese è povera. Chiunque pensi che la situazione in Russia migliorerà quando Dmitrij Medvedev salirà al potere si inganna. I russi sono pieni di battute su come lui sia semplicemente un servo di Putin.
Some visitors are often misled about the state of Russia because they only see Moscow, an international city like London or Tokyo. But a visit to any provincial town proves that the vast majority of the country is impoverished. Anyone who thinks conditions in Russia will improve when Dmitry Medvedev comes to power is fooling themselves. Russians are full of jokes about how he is just a servant to Putin.
  • [...] non importa chi sarà il prossimo a sedere sulla sedia del presidente: la vera fonte del potere nella dittatura russa sono i servizi segreti. Hanno influenza sul paese e sulle fonti della sua ricchezza. Fino a quando non si affronterà la diffusa corruzione in Russia a tutti i livelli, il Paese non potrà fare alcun progresso. Nulla cambierà.
[...] it does not matter who is next to sit in the president's chair – the real source of power in Russia's dictatorship is the secret service. They hold sway over the country and the sources of its wealth. Until the widespread corruption within Russia at every level is addressed, the country cannot make any progress. Nothing will change.
  • La concessione dell'asilo politico a me non deve essere la fine della coraggiosa posizione di questo paese nei confronti di Putin: deve essere l'inizio di un cambiamento concertato nella politica nei rapporti con lui. L'accondiscendenza non ha funzionato. Costa vite reali a persone reali in Russia. È tempo di difendere i diritti umani per i quali il Cremlino ha dimostrato tanto disprezzo.
Granting political asylum to me must not be the end of this country's brave stance against Putin – it must be the beginning of a concerted change in policy in dealing with him. Appeasement has not worked. It costs real lives of real people in Russia. It is time to champion the human rights for which the Kremlin has demonstrated such disdain.

Russia: Ex-Kremlin Journalist Talks From U.K. Asylum

(EN) Intervista di Chloe Arnold, rferl.org, 8 aprile 2008.

  • Penso che finché sarà al potere l'attuale regime, quello creato da Putin, a capo dei servizi segreti, non potrò tornare in Russia. [...] La porta è chiusa per me, perché correrei un pericolo mortale.
I think that while the current regime is in power -- the one created by Putin, as the head of the secret services -- I won't be able to return to Russia. [...] The door is closed for me, because I would be in mortal danger.
  • Ho ricevuto informazioni che sarei stato in pericolo mortale se fossi tornato in patria. [...] Naturalmente sapevo che c'era una differenza tra coraggio e suicidio. Non sono un kamikaze.
I got information I would be in mortal danger if I returned to my homeland. [...] Of course, I knew that there was a difference between bravery and suicide. I'm not a kamikaze.
  • [...] francamente non pensavo che quando è stato pubblicato il mio libro queste brutte vicende sarebbero arrivate a tanto. Chi avrebbe mai pensato che le persone avrebbero fatto di tutto per vendicarsi?
[...] frankly, I didn't think that when my book was published these nasty goings-on would go so far. Who would have thought that people would go to such lengths for revenge?
  • Probabilmente non è molto etico per me, seduta così lontano, in un paese europeo civilizzato, dove i diritti umani sono garantiti, dove la libertà di parola e la libertà di stampa sono date per scontate: non sarebbe etico per me criticare quei miei colleghi ancora nella mia terra natale. [...] Ma francamente, penso che quello che sta succedendo lì assomigli meno al giornalismo che a una sorta di harem.
It's probably not very ethical for me, sitting so far away, in a civilized European country, where human rights are guaranteed, where freedom of speech and freedom of the press are taken for granted -- it wouldn't be ethical for me to criticize those colleagues of mine still in my homeland. [...] But frankly, I think that what's going on there is less like journalism than some sort of harem.
  • Proprio come quando iniziarono le riforme di El'cin, abbiamo costruito il giornalismo con le nostre mani, abbiamo iniziato un nuovo stile, abbiamo provato a studiare il giornalismo occidentale, così la prossima generazione dovrà fare la stessa cosa tra 10, 15 anni, quando l'attuale il regime non ci sarà.
Just as when Yeltsin's reforms began, we built journalism with our own hands, we started a new style, we tried to study western journalism -- so the next generation will have to do the same thing in 10, 15 years' time, when the current regime has gone.
  • Penso solo che sia molto triste che la storia delle riforme in Russia, il tentativo di liberalizzazione, sia tutto finito. Questa grande opportunità storica è andata perduta. [...] La Russia è tornata ad essere una colonia di ex agenti del Kgb, che hanno cambiato solo il nome: una colonia ricca di carburante per un piccolo gruppo di commercianti di petrolio e gas che non donano nulla delle loro ricchezze a chiunque viva fuori dalla capitale.
I just think it's very sad that the history of reform in Russia, the attempt at liberalization -- it's all over. This great historical opportunity has been lost. [...] Russia has gone back to being a colony for former KGB agents, who've changed in name only -- a fuel-rich colony for a small group of oil and gas merchants who give nothing of their riches to anyone living outside the capital.

Yelena Tregubova: The principles of the Gulag are still with us

independent.co.uk, 5 agosto 2008.

  • [...] Solženicyn simboleggiava il pentimento russo per tutti gli oltraggi mostruosi e disumani perpetrati contro l'intero paese nell'arco di 70 anni dall'organizzazione criminale Kgb. Solženicyn era "la voce che grida nel deserto".
[...] Solzhenitsyn symbolised Russian repentance for all the monstrous and inhuman outrages perpetrated against the whole country over 70 years by the criminal organisation, the KGB. Solzhenitsyn was "the voice crying in the wilderness".
  • Quando El'cin lanciò le sue riforme democratiche e Solženicyn ottenne il diritto di tornare in patria, i principali intellettuali russi si aspettavano un "processo di Norimberga" contro il Kgb.
    Ma la "Nuova Norimberga" non è mai avvenuta. L'organizzazione e i suoi dipendenti, che per 70 anni hanno perseguitato i loro concittadini, non solo sono rimasti impuniti, ma sono diventati gradualmente di nuovo così forti da poter organizzare una vendetta su vasta scala con la benedizione di Vladimir Putin.
When Yeltsin launched his democratic reforms and Solzhenitsyn was given the right to return to his homeland, leading intellectuals in Russia expected a "Nuremberg trial" of the KGB.
But the "New Nuremberg" never happened. The organisation and its employees, who for 70 years persecuted their fellow citizens, not only went unpunished, but gradually became so strong again, that they were able to organize a full-scale revenge with the blessing of Vladimir Putin.
  • Tutti i grandi scrittori della storia russa, come Tolstoj o Dostoevskij, sono sempre stati visti in Russia come qualcosa di più di un semplice uomo di lettere: erano profeti, oracoli, martiri e leader. Solženicyn era un uomo di quel genere.
Every great writer in the Russian history, like Tolstoy or Dostoyevsky, was always seen in Russia as more than just a man of letters - they were prophet, oracle, martyr, and leader. Solzhenitsyn was such a man.
  • Il suo nome vivrà per sempre come esempio del fatto che una sola persona può fare la differenza, se continua a dire la verità. Nel caso di Solženicyn, una sola persona è riuscita a superare la potenza del sistema criminale più disumano.
His name will live forever as an example of the fact that a single person can make a difference, if he keeps on telling the truth. In the case of Solzhenitsyn, a single person was able to overcome the might of the most inhumane criminal system.

"Я про Путина все понимала"

(RU) Intervista di Irina Denisova, svoboda.org, 26 settembre 2015.

  • [Su Boris Nemcov] So che sarebbe con noi adesso. Lui... mentre ero a Mosca, veniva sempre ai miei compleanni, non importa quanto fossi disonorata o no lì. Era davvero un amico molto, molto leale.
Я знаю, что он был бы с нами сейчас. Он... пока я была в Москве, он приходил всегда на мои дни рождения, не важно, в какой я там была опале, не опале. Он был действительно очень-очень верным другом.
  • Voglio tornare al mio primo amore, ovvero la letteratura. Perché ho iniziato a fare giornalismo perché era un periodo turbolento. Volevo davvero, davvero, influenzare in qualche modo la situazione e dare un piccolo contributo. Ebbene, il mio amato Proust, devo dire, ha cominciato a scrivere anche più tardi della mia età. Quindi... ho tutto davanti, spero.
Хочу вернуться к своей первой любви, а именно – к литературе. Потому что журналистикой я стала заниматься, так как было бурное время. Мне очень-очень хотелось как-то влиять на ситуацию и немножко внести свой вклад. Ну что ж, мой любимый Пруст, надо сказать, начал писать еще позже моего возраста. Так что… у меня все впереди, я надеюсь.
  • Mi sembra di aver capito tutto di Putin. Quando pubblicai sia il primo che il secondo libro, anche i miei colleghi mi dissero che esageravo troppo, che facevo previsioni fosche. "Bene, stai un po' esagerando, beh, che tipo di dittatura c'è? Cosa dici, è divertente, Putin ama i soldi, che tipo di dittatura c'è? Tuttavia, tutte le mie previsioni, sfortunatamente, si sono avverate.
Мне кажется, я про Путина все понимала. Когда я выпустила и первую, и вторую книги, мне даже коллеги говорили, что я слишком сгущаю краски, что строю мрачные прогнозы. "Ну, ты немножко преувеличиваешь все это, ну, какая там диктатура? Что ты, смешно, Путин любит деньги, какая там диктатура? Тем не менее, все мои прогнозы сбылись, к сожалению.
  • Non sono stata sorpresa da nulla in termini di politici, non sono stata sorpresa da nulla in termini di Putin, ex ufficiale del Kgb. Ma qualcos'altro mi colpisce. I miei amici, che nel 2011 parteciparono a manifestazioni di protesta e chiedevano un cambio di potere, oggi dicono che la Crimea è nostra e che Putin è grande. E non so cosa fare al riguardo.
Я ничему не удивилась в смысле политиков, я ничему не удивилась в смысле этого бывшего гэбэшника Путина. Но меня поражает другое. Мои знакомые, которые еще в 2011 году ходили на протестные демонстрации и которые требовали сменяемости власти, сегодня говорят, что Крым наш и что Путин молодец. И я не знаю, что с этим делать.
  • Mi sono resa conto che non posso dedicare il resto della mia vita a denunciare una persona di nome Putin, che per me è un personaggio piuttosto poco interessante. Beh, non posso! Mi sono arresa, non concedo interviste a nessuno quando alcuni ragazzi della Bbc mi assillano. Non ce la faccio più!
Я поняла, что я не могу всю оставшуюся жизнь посвятить тому, чтобы обличать довольно неинтересного мне как персонажа человека по фамилии Путин. Ну, не могу я! Я завязала, никому не даю интервью, когда ко мне тут какие-то бибисишники пристают. Не могу больше!

I mutanti del Cremlino modifica

Incipit modifica

Non avrei mai pensato che I mutanti del Cremlino avrebbe celebrato i funerali della breve ma luminosa epoca delle riforme liberali in Russia. Così però è successo, e la pubblicazione di questo libro nel mio Paese è diventata la migliore verifica del funzionamento del Cremlino e di tutto il sistema politico di Putin.
Tutto quello che ho fatto è stato dire a Putin e ai suoi amici la verità su quello che sono. Per questo, prima mi hanno licenziata dal mio posto al giornale, togliendomi la possibilità di lavorare come giornalista nel mio Paese e poi hanno anche cercato di farmi saltare in aria.

Citazioni modifica

  • Sono pronta a scommettere che oggi della reale situazione della Russia sapete molto meno che ai tempi della "cortina di ferro". Prima, all'epoca dell'Unione Sovietica, per lo meno sapevate molto bene che là, oltre la cortina di ferro, c'era l'"impero del male", una dittatura.
    Oggi invece, al contrario, vi mostrano solo una bella scenografia, con al centro un sorridente Bush che stringe la mano al suo migliore amico, Vladimir Putin. (pp. 13-14)
  • Scegliendo tempestivamente la parte dell'"antiterrorista" scatenato, Putin ha comprato dai leader occidentali l'indulgenza che lo autorizza ad annullare la libertà di parola nel suo Paese, a proseguire la sanguinosa guerra cecena, a svuotare le riforme liberali introdotte da Eltsin, a liquidare tutti gli istituti democratici, a trasformare il parlamento in un utensile tascabile da estrarre quando serve una votazione, e a utilizzare apertamente la procura e i servizi speciali per espropriare gli oligarchi dissidenti e ridistribuirne la proprietà tra i businessmen politicamente fedeli al Cremlino. (p. 14)
  • Molti personaggi più o meno noti, esclusi dalla "verticale del potere" dopo l'avvento di Putin, in un raro attimo di sincerità mi hanno confessato di soffrire di crisi di astinenza tremende, causate da quella gravissima forma di tossicodipendenza che dà l'abitudine al potere. E ci sono ardenti riformatori, che all'epoca di Eltsin ci avevano impressionato con la forza e l'autonomia delle loro personalità, che oggi rinnegano gli antichi principi in cambio di una nuova dose: essere comunque ammessi, a qualsiasi costo, nella nuova stanza dei bottoni. La stessa seduzione ha rovinato sotto i miei occhi anche molti brillanti giornalisti. (p. 15)
  • [...] quando i tuoi polmoni sono definitivamente intossicati dalle esalazioni venefiche del sottosuolo del Cremlino, a un tratto cominci a pensare che la vita vera sia solo quella. E scendere là sotto ogni giorno diventa non solo un lavoro, ma una necessità fisiologica. A un certo punto, durante un rientro "in superficie", noti che i tuoi amici umani iniziano a guardarti con un'espressione strana, un po' allarmata: «Non ti sarai già trasformata anche tu in un mutante?». E cercano di nascosto, sulla tua tenera spalla, il segno dei denti del vampiro del Cremlino. (p. 16)
  • [...] quando in Occidente rievocano con aria nostalgica la perestrojka o la glasnost di Gorby, non fanno che rinverdire un mito creato ad arte da gente felicissima di avere un nuovo leader comunista dall'aria rispettabile, capace di comportarsi come si deve sulle tribune internazionali, e in grado fisicamente di sostenere una conversazione senza agitare a ogni secondo la minaccia dei missili nucleari. In Russia, invece, la gente rideva apertamente della comica formula del "socialismo dal volto umano", perché l'uomo di solito non ha nessun bisogno di mascherarsi e di indossare un "volto umano", dato che ce l'ha già. Normalmente la maschera serve solo ai vampiri dei film dell'orrore. (pp. 26-27)
  • I materiali del samizdat venivano riprodotti o con la macchina da scrivere (su fogli sottili, così che la macchina potesse produrre più copie contemporaneamente grazie all'inserimento di una o più carte carbone; il testo risultava spesso leggibile solo con molta fatica, ma questo non impediva che passasse di mano in mano e fosse letto fino alla consunzione) o in tipografie clandestine. Quali erano i testi che venivano diffusi in questo modo? Se ve li elenco, probabilmente stenterete a credermi. Il testo più criminale era la Dichiarazione dei diritti dell'uomo (che, del resto, era stata sottoscritta anche dall'Unione Sovietica, la quale però, naturalmente, non la rispettava). E poi c'erano informazioni sulle atrocità del comunismo, e notizie sui dissidenti che venivano assassinati, o cacciati in prigione, solo per le loro opinioni politiche, o per la loro libertà interiore. (p. 27)
  • Fin dalla prima infanzia avevo sentito [dai miei genitori] varie storielle sul marasma senile del nostro segretario generale, Breznev, che l'ideologia ufficiale ci avrebbe imposto di esaltare. Un esempio. Avvisano il segretario generale: «Si è messo due scarpe diverse: una marrone e una nera. Vuole andare a cambiarsi?». E Breznev: «Ho già controllato, ma anche a casa ne ho due diverse...». (p. 28)
  • Io non ho mai considerato il potere di Eltsin o di qualche suo funzionario come un potere in qualche modo "amico". Ho sostenuto la maggior parte delle riforme eltsiniane, pur considerandole spesso incoerenti e non abbastanza radicali per portare il nostro Paese fuori dalla crisi. D'altra parte mi rendevo conto che nell'arena della politica russa non c'era in quel momento un altro concorrente minimamente serio più adatto di Eltsin a imboccare l'unica possibile via d'uscita per il nostro Paese: la liberalizzazione e l'introduzione dell'economia di mercato al posto del sistema centralizzato-amministrativo ormai in putrefazione, che era necessario spazzare via completamente. (p. 45)
  • Qualsiasi giornalista, perfino nel più democratico dei Paesi, deve essere sempre, per definizione, all'opposizione, semplicemente perché ha una funzione importantissima: esprimere gli interessi di chi il potere non lo detiene, e non ha la possibilità di esprimere pubblicamente la sua posizione. Il potere può senz'altro difendersi da solo: ha il suo apparato repressivo, l'esercito e un secondo esercito di giornalisti comprati e molti altri diffusori della propaganda ufficiale. Per questo la missione del giornalista, secondo la mia profonda convinzione, è quella di essere sempre non dalla parte degli offensori, ma dalla parte degli offesi, non dalla parte dei forti, ma dalla parte dei deboli. (p. 45)
  • [Sulla prima guerra cecena] [...] un mio collega, un "giornalista liberale", aveva cominciato tutto a un tratto a descrivere con entusiasmo nei suoi articoli i "successi" dell'esercito russo in Cecenia e ad auspicare che la piccola repubblica fosse annientata ricorrendo, se necessario, anche al napalm. Io non riuscii a trattenermi molto a lungo e lo affrontai direttamente: «Ti prego, spiegami: non riesci proprio a capire che là i civili muoiono a centinaia? Davvero te la sentiresti di sganciare quelle bombe su dei villaggi indifesi, in cui sai benissimo che morirebbero soprattutto donne e bambini?».
    Il mio collega cominciò a strillare: «Donne e bambini? Ma non sai che cosa diventano poi quei bambini? Banditi e assassini! E le donne – prostitute! Per questo sarebbe meglio anche per loro se le sganciassi, quelle bombe...».
    Attualmente, nell'era di Putin, il mio interlocutore ha trovato finalmente il suo posto e lavora, come responsabile della propaganda ideologica del Cremlino, al primo canale della televisione. (p. 47)
  • [Sulla libertà dei media in Russia] C'era [...] una differenza fondamentale [nell'amministrazione El'cin] rispetto al regime della censura attuale, introdotta da Putin: allora anche nei periodi di massima pressione da parte degli oligarchi che erano contemporaneamente anche i proprietari dei principali mass media, un giornalista che non accettasse la posizione della sua redazione (o dell'oligarca che la sponsorizzava) poteva sempre passare a un'altra, che rispecchiasse di più le sue idee. Adesso questa possibilità non esiste più, semplicemente perché non esiste più nessuna alternativa possibile. (p. 48)
  • Prima dei viaggi all'estero con Eltsin, [...] nemmeno nei miei peggiori incubi avrei mai immaginato di sedermi allo stesso tavolo con una persona che pronuncia la parola russa perspektiva (dal francese perspective) con una e di troppo: perespektiva. E invece mi sarei trovata proprio in questa situazione con Jastrzembskij, l'apparentemente occidentalizzato addetto stampa di Eltsin. (p. 57)
  • Per quanto possa sembrare strano, le mie sedute di osservazione scientifica dei mutanti cremliniani "senza cravatta" erano molto più pericolose per me che per loro. Il mio sistema nervoso, infatti, aveva delle difese molto più labili di quello dei mutanti, e più penosi mi apparivano, più psicologicamente difficile mi sembrava poi attaccarli nei miei articoli. (p. 58)
  • La cosa che mi colpì di più di Berezovskij [...] furono le dita lunghe, sottili, musicali, incredibilmente sensibili e nervose [...]. Quelle dita aristocratiche sembravano contraddire tutta l'immagine pubblica dell'uomo. (p. 65)
  • [Su Grigorij Javlinskij] Non c'era bisogno di pregarlo perché venisse alle nostre serate, solo che appena arrivava cominciava il suo eterno, infinito, narcisistico monologo. E già dopo dieci minuti della famosa aria "Javlinskij su Javlinskij con amore" cominciavamo ad addormentarci un po' tutti, cercando solo di non russare per salvare le apparenze. (pp. 65-66)
  • In sostanza il Cremlino costituiva una vera a propria "corte dello zar", i cui rapporti interni non erano regolati in base ai diversi ranghi e cariche, ma dagli intrighi dei cortigiani per ottenere il favore del sovrano. Eltsin si percepiva effettivamente come uno zar. E gli "amministratori" del Cremlino preferirono sempre governare il Paese con un metodo che potremmo definire "bizantino", cioè basato sugli intrighi. (pp. 81-82)
  • Eltsin si fidava di sua figlia e lei a sua volta si fidava di Jumasev. Per questo Jumasev fu, di fatto, per molto tempo, il funzionario più potente del Paese, anche se nessuna legge ufficiale prevedeva che alla carica di capo dell'amministrazione del Cremlino fosse legato un potere tanto smisurato. (p. 82)
  • C'erano una volta gli oligarchi. E aiutarono Eltsin a essere eletto presidente. E si aspettavano che lui li ricompensasse nutrendoli con la torta che una volta apparteneva allo Stato: che la facesse a pezzi e la distribuisse tra loro. Quella sarebbe stata la privatizzazione. Eltsin li invitò tutti a un pranzo di gala. Ma proprio lì, alla tavola di gala del Cremlino, cominciò una grande confusione. L'oligarca Gusinskij voleva con tutte le sue forze un dolce bocconcino chiamato Svjaz'invest. Peccato che proprio per quello stesso bocconcino avesse già l'acquolina in bocca anche un altro oligarca, Potanin. L'oligarca Potanin aveva degli amici molto potenti, al di là dell'oceano l'oligarca George Soros, e in patria il giovane riformatore Cubajs. Cubajs spiegò al Fornaio che negli altri Paesi le torte in genere si dividono all'asta, in modo che il boccone più ghiotto vada a chi è pronto a versare la somma più consistente nella cassa del Fornaio. Tutti gli ospiti sapevano che quello, tra loro, che aveva più soldi era proprio l'oligarca Potanin. L'oligarca Potanin si fece in quel momento anche un altro amico. Ma anche l'oligarca Gusinskij trovò un altro amico, ancora più importante: l'oligarca Berezovskij. E mentre tutti litigavano per la torta, l'astuto oligarca Beresovskij privatizzò praticamente lo stesso Fornaio.
    Nel complesso la storia finisce molto male.
    Gli ospiti-oligarchi cominciarono ad azzuffarsi, si spaccarono la faccia a vicenda e così fecero finire in mille pezzi anche il cremliniano Paese delle Meraviglie. (pp. 88-89)
  • [Su Valentin Jumašev] Mi aspettavo di trovarmi di fronte un uomo dall'aria molto dura, una specie di padrino di Cosa Nostra, capace di tenere nelle sue mani tutti i fili del governo del Paese. E invece capitai davanti a un ragazzo spaventato, che aveva evidentemente una gran voglia di nascondersi sotto il tavolo e di strillare, battendo i piedi, che lui "non giocava più". (p. 113)
  • L'assoluta nullità di Jumasev dal punto di vista politico era addirittura inquietante. Si muoveva sulla scena politica come un mago dalla bacchetta impazzita, e con un semplice tocco trasformava tutte le migliori occasioni storiche in pericolosi vicoli ciechi, e i più fedeli alleati in nemici mortali. (p. 125)
  • L'unica lezione utile che Jumasev trasse dallo sfortunato esito della sua carriera politica fu la perniciosità dell'isolamento dal mondo dell'informazione. (p. 130)
  • Il lavoro con le masse non era certamente il punto di forza di Valja. Cosa che non si può dire del suo talento per i piccoli intrighi. (pp. 131-132)
  • [...] la storia, dei giornalisti "sedotti" da Jumasev contiene per me un monito perenne: tenersi alla larga dai politici troppo potenti. È una legge fondamentale dell'igiene giornalistica, un po' come può essere quella che prescrive di usare il preservativo per evitare conseguenze indesiderate. (p. 133)
  • A «Izvestija» trovai tetri corridoi senza fine, progettai apposta perché gli eventuali invasori ci si perdessero e morissero di fame, e un immenso studio "per gli osservatori" – freddo, grigio e tutt'altro che accogliente, anche se molto prestigioso, affacciato sulla via principale di Mosca, la Tverskaja. Si aveva l'impressione che i redattori di «Izvestija» non si vedessero l'un l'altro da anni: gli uffici erano corredati d attrezzature addirittura preistoriche come la pneumoposta. Per la maggioranza assoluta dei comuni mortali che non hanno mai visto niente del genere in vita loro, spiegherò che si tratta di una piccola canna di caduta, simile a quella della spazzatura, che ogni tanto si mette a ululare e rimbombare un po' come se al piano di sopra ci avessero cacciato dentro un gatto. (p. 147)
  • [Sulla guerra del Kosovo] Dagli schermi televisivi i nostri dirigenti (soprattutto Primakov e i suoi ministri comunisti, insieme all'inaffondabile ministro degli esteri Igor Ivanov) senza il minimo imbarazzo giuravano eterna amicizia al fascista Milosevic, reduce dalle operazioni di pulizia etnica che aveva organizzato nel suo Paese. E i vertici dell'esercito russo dichiararono di non escludere la fornitura di armi ai serbi. Tutta questa propaganda di tono molto aggressivo veniva riversata sui telespettatori per giornate intere, un notiziario dopo l'altro. [...] La stampa russa silenziava senza vergogna le notizie delle operazioni di pulizia etnica condotte dall'esercito serbo al comando di Milosevic. E tutto questo non avveniva nelle ere preistoriche della "cortina di ferro", ma nel nostro tempo, quando, per scrivere un resoconto obiettivo, bastava andare in Internet e leggere le agenzie di stampa straniere o gli interventi delle agenzie umanitarie internazionali, dove trovavi costantemente notizie di ritrovamenti di fosse comuni piene di albanesi fucilati. Se poi i nostri esperti di politica estera amavano tanto proprio l'agenzia «Tanjug», magari potevano dedicarle una parte dell'articolo, ma non raccontare il conflitto sempre e soltanto dalla stessa parte! (pp. 152-153)
  • Credo di poter legittimamente rivendicare, almeno tra i giornalisti russi, il ruolo di "scopritrice" di Putin. Nel maggio del 1997 mi recai nell'ex sede del Comitato Centrale del Partito Comunista, in piazza Staraja, per conoscere il nuovo capo della Direzione generale di controllo del presidente (GKU, una delle sezioni dell'amministrazione del Cremlino), Vladimir Putin. [...] La prima parte della conferenza stampa era riservata alle solite noiose domande di rito e alle ancor più noiose ripostine e devo dire che non cercai nemmeno di seguirla, anche se mi ritrovai a osservare attentamente l'ometto grigio, colpita da un contrasto inquietante: la ritmica contrazione nervosa dei muscoli degli zigomi nel contesto di un colloquio assolutamente di routine. Era evidente in lui una forte concentrazione interiore: forse temeva una domanda sgradevole, o, al contrario, attendeva con grande tensione che quella domanda arrivasse. I suoi occhi invece erano non solo incolori e inespressivi, ma addirittura in qualche modo assenti. Era addirittura impossibile capire da che parte stesse guardando, il suo sguardo sembrava dissolversi nell'aria, spalmandosi il viso di ognuno dei presenti. Nel complesso riusciva a dare ai presenti l'impressione di non essere davvero lì, fondendosi perfettamente con i colori del suo ufficio. (pp. 156-157)
  • [Su Evgenij Maksimovič Primakov] Certamente aveva dato un giro di vite ai rapporti con la stampa del governo filocomunista. Poi aveva dato un giro di vite alla televisione, per potersi ammirare con la massima soddisfazione. E poi aveva promesso, attraverso la sua procura, di far saltare la testa di Berezovskij. Adesso però nel Paese non c'erano altre viti da stringere, né teste da far saltare, e a parte questo lui, ormai era chiaro, non sapeva fare assolutamente nulla. (p. 167)
  • Per quanto riguarda poi i fascisti e gli estremisti russi, il presidente Putin non solo non li ha liquidati, ma si è rivelato degno erede della procura di Skuratov e di Primakov [...]. Gli agenti dei servizi speciali proteggono tuttora i vivai dei giovani fascisti, e non li combattono come prescrive invece la legge. Gruppi organizzati di skinhead terrorizzano la città di Mosca, per non parlare della provincia. A Mosca i pensionati dove vivono gli studenti africani vengono impunemente incendiati e i ragazzi di colore vengono picchiati e uccisi per le strade. E i miei amici armeni, azeri e ebrei mi confessano di aver paura a mandare da soli i loro figli nel metrò o nei sottopassi della nostra città, perché i fascisti solo negli ultimi due anni hanno ucciso diversi adolescenti di pelle scura e ne hanno picchiate alcune decine.
    Perché meravigliarsi se adesso le autorità approvano apertamente le operazioni di "pulizia etnica" nella capitale russa? Nel periodo della campagna anticecena del Cremlino, una settimana prima delle ultime elezioni, a Mosca la polizia, per ordine delle autorità, ha "ripulito" la città da tutte le «persone di nazionalità caucasica» (sia l'amministrazione statale sia la polizia usano questa particolare categoria di nazionalità) che ha trovato in giro. Come mi ha raccontato un "caucasico" assolutamente per bene, proprietario di un caffè, qualche giorno prima delle elezioni è stato fermato per strada da una pattuglia della polizia, che gli ha intimato di esibire la registracija (a Mosca non vale il diritto dei cittadini a muoversi liberamente e a vivere dove preferiscono – se provieni da un'altra città, anche se hai la cittadinanza russa, per risiedere a Mosca devi ottenere una speciale registracija, la cui concessione è una buona occasione, per la polizia, di intascare qualche bustarella in più e di allontanare qualche "negro" dalla capitale). Dunque, questo caucasico viene fermato per strada, nel centro di Mosca, dalla polizia che gli chiede: «Hai la registracija per risiedere a Mosca?».
    Lui risponde la verità: «Sì» e mostra la carta, perfettamente in regola.
    A quel punto il poliziotto gliela strappa di mano, la straccia e gli dice: «Adesso non ce l'hai più. Lascia la città nel giro di 24 ore e non farti più vedere nei dintorni finché non sono finite le elezioni». (p. 174)
  • Una dote di Putin che mi aveva sinceramente impressionata era stata la sua abilità di comunicatore. Anche se avevo facilmente riconosciuto le classiche modalità di relazione di stampo professionale, tipiche dei servizi, devo dire che Putin le interpretava nel migliore dei modi. Non so come – se con la mimica, con l'intonazione, con lo sguardo – ma nel procedere della conversazione riuscì a darmi l'impressione di parlare con una persona con la mia stessa formazione e i miei stessi interessi. Anche se non c'era alcun motivo logico per presupporlo, e anzi, la realtà dei fatti indicava che era una persona del tutto opposto a me. (pp. 182-183)
  • Mi resi conto che era semplicemente un geniale "riflettore", che rimandava come uno specchio l'immagine del suo interlocutore, in modo da indurlo a credere di essere come lui, "uno dei nostri". In seguito dovetti notare più volte questo suo fenomenale talento, soprattutto in occasione degli incontri con i capi degli Stati occidentali di cui voleva assicurarsi il favore. Ci sono certe fotografie ufficiali che documentano bene il suo approccio: invece del presidente russo e di quello americano, per esempio, vediamo, sorridenti, seduti uno di fronte all'altro, due Bush. O, invece del cancelliere tedesco e del presidente russo, ecco due Schroeder. Almeno per qualche momento Putin riesce a copiare con spaventosa precisione la mimica, il modo di guardare, ma addirittura la forma delle guance, il doppiomento e certi tratti del viso dei suoi interlocutori e a imitare le loro espressioni. Per di più lo fa con tale abilità che quelli non se ne accorgono in modo cosciente, ma ne subiscono evidentemente gli effetti. (p. 183)
  • Devo ammettere che non avevo nessun particolare desiderio di entrare in rapporto con Berezovskij. Nei confronti di quell'uomo provavo in quel momento una decisa antipatia, per esprimermi nel modo più delicato possibile. Non solo perché lo ritenevo uno dei principali responsabili degli ultimi cataclismi che avevano scosso il nostro Stato, ma anche per motivi puramente estetici: non sopportavo il suo antiquato stile politico, tutto bizantinismi e manovre di corridoio, che adesso era diventato lo stile del Cremlino. (p. 238)
  • Per tutto il tempo della prigionia di Babickij, tutti i giornalisti che stimavo ebbero molto chiara l'idea che se ogni giorno, in ogni articolo, non avessero gridato in faccia al Cremlino la loro richiesta di rivedere Babickij vivo, l'avrebbero semplicemente fatto sparire per sempre. (p. 256)
  • Dopo l'arrivo al potere di Putin, l'iniziativa in favore di Babickij è stata la prima e l'ultima azione comune dei giornalisti russi a difesa dei diritti più fondamentali. (p. 260)
  • Nel "pool del Cremlino" giravano gli aneddoti più vari sui tentativi di Putin di accarezzare i bambini.
    Sembra che nell'ospedale infantile di Petrozavodsk, Putin, invece di consolare un piccolo con le stampelle perché era finito sotto una macchina, gli abbia detto: «Be', così imparerai a rispettare le regole!».
    Non stupisce che poi la bambina che Putin aveva intenzione di baciare, si sia sottratta al suo abbraccio, balbettando tra le lacrime: «Paura...».
    Questi episodi i giornalisti non potevano evidentemente descriverli ai loro lettori, pena l'immediata perdita dell'accredito. (p. 268)
  • [...] la campagna elettorale di Putin non aveva neppure bisogno di essere particolarmente convincente. Doveva semplicemente fissare nella mente degli elettori, giorno dopo giorno, con l'aiuto della televisione di stato, un'unica idea: «Questo è Putin, ed è giù al potere. E ci resterà, indipendentemente dal fatto che lo votiate o no». (p. 268)
  • Durante l'incontro con l'intelligencija locale il candidato alla presidenza Vladimir Putin proclama che il sesso è una forma di perversione.
    Le cose andarono così: rispondendo alla domanda di un intellettuale siberiano che gli chiedeva la sua opinione sulla censura televisiva, Putin dichiarò che «la società deve rifiutare tutto quello che è legato al sesso, alla violenza e alle altre forme di perversione».
    Quella sera, mentre mi accingevo a scrivere il servizio, mi telefonò in camera la mia collega Malkina: «Senti, Elena, è meglio che non la citi quella dichiarazione di Putin sul sesso. Altrimenti gli fai proprio fare la figura dell'idiota».
    «Perché la cosa ti preoccupa tanto? Adesso lavoriamo per l'ufficio-stampa del presidente, io e te?»
    «Be', capisci, ha chiesto di non scriverlo...» ha balbettato la Malkina.
    «A me non ha chiesto niente nessuno» ho tagliato corto.
    Un minuto dopo il telefono ha suonato di nuovo. Questa volta era il capo del protocollo del presidente: «Elena, mi scusi se la disturbo, ma la Malkina mi ha suggerito di consigliare a tutti i giornalisti di non citare le parole di Vladimir Vladimirovic... quelle sul sesso... Non farebbero una buona impressione...». (p. 270)
  • [Su Anatolij Borisovič Čubajs] Una figura altrettanto carismatica e leggendaria, per la Russia, di quello che può essere per gli Stati Uniti Bill Gates. (p. 291)
  • I mutanti del Cremlino non arrossiscono mai. La maggior parte, anzi, è del tutto priva delle normali emozioni e sentimenti umani. Se sei un mutante, insomma, sei organicamente incapace di agitarti e tanto più di arrossire per il fallimento delle tue riforme. Per questo, in quanto esperta cacciatrice di quelle creature, sospettai subito in Cubajs qualcosa di poco chiaro. [...] Cubajs era anche lui un mutante. Ma di un tipo particolare, non ancora molto studiato: «Il mutante dal volto umano». (pp. 291-292)
  • [...] il Cremlino continuava a bloccare tutti i suoi progetti, apparentemente per il puro gusto di farlo. O meglio, giusto per fargli perdere quell'aria di superiorità da riformista all'occidentale che voleva introdurre il mercato nella vecchia Russia. Continuava a essere di casa al Cremlino, ma a mano a mano che il potere di Putin si rafforzava, le sue opinioni erano sempre meno ascoltate. (p. 295)
  • [...] Cubajs era l'unico politico del Paese con cui potessi parlare normalmente in modo umano, senza concessioni all'idiozia, agli effetti della mutazione o agli interessi più o meno mafiosi dell'interlocutore. Non avevo dubbi che mi capisse perfettamente (per quanto strano possa sembrare, questa è un'impressione estremamente rara quando sia ha a che fare con i politici-mutanti russi, il cui orizzonte intellettuale normalmente è rigorosamente limitato al piccolo mondo dei loro intrighi), ed ero anche certa che mi avrebbe detto la verità (un altro fenomeno decisamente insolito per un politico), anche se magari mi avrebbe chiesto di non pubblicarla. E quando per qualche motivo non mi poteva dire la verità, invece di cominciare a mentire, Cubajs mi spiegava francamente come stavano le cose. Che per l'ambiente politico russo era semplicemente una soluzione inimmaginabile.
    E soprattutto io ero a mia volta convinta che mai Cubajs avrebbe sfruttato la nostra amicizia a fini corporativi. (p. 296)
  • Prima, all'inizio delle riforme, Eltsin aveva sempre scaricato su Cubajs la colpa di tutto quello che non funzionava nel Paese, e poi l'aveva cacciato dal governo senza dargli la possibilità di portare a termine le riforme assolutamente necessarie, per quanto certamente impopolari. Quelle stesse riforme per le quali, come un asino davanti alla carota, aveva sopportato tutte quelle umiliazioni. Non appena la situazione politica del Paese si era fatta difficile, Eltsin, pressato dal suo entourage, lo aveva eliminato come si fa con un peso inutile, e per di più indicandolo a gran voce come il responsabile di tutti i problemi della Russia. (pp. 297-298)
  • Per quanto dolce, aperto e addirittura vulnerabile in privato, in pubblico Cubajs si trasformava in un leader assoluto dotato di grande carisma naturale. In qualsiasi stato fisico o morale fosse, nel giro di un paio di minuti era come se dentro di lui si accendesse una misteriosa centrale elettrica da cui fluiva senza sforzo una grande, irresistibile energia. Ho visto con i miei occhi amministratori regionali duri ed esperti trasformati istantaneamente in timidi coniglietti da un'occhiata di Cubajs. E direttori delle centrali regionali che, sotto l'influsso dell'appassionata retorica di Cubajs, lo ascoltavano incantati, a bocca aperta, fissandolo con occhi entusiasti, evidentemente pronti, a una sua parola, a rovesciare l'amministrazione regionale, a lasciare al buio il Cremlino, o a organizzare una dimostrazione sulla Piazza Rossa per mandare a casa Putin. (p. 299)
  • Negli ultimi anni Cubajs ha avuto una grandissima, rara occasione di influenzare la situazione del nostro Paese: grazie all'autorevolezza che la sua figura di riformatore si era conquistata in Occidente, poteva tranquillamente permettersi di porre pubblicamente il presidente davanti a un ultimatum: o reintroduceva immediatamente nel Paese la libertà di informazione e cessava le persecuzioni nei confronti degli oligarchi, o lui avrebbe dato le dimissioni. Cubajs era probabilmente l'unica persona nel nostro Paese ad avere come "riserva straordinaria per i casi di emergenza" una simile colossale possibilità di influenzare.
    Le "riserve straordinarie" però, hanno una brutta caratteristica: se non si usano al momento giusto, marciscono. (p. 301)
  • Per quanto mi riguarda, ho vissuto il caso di Cubajs come una tragedia personale. Per me era un cacciatore di fantasmi che aveva tradito la sua missione, dimenticato tutte le parole d'ordine, perso l'equipaggiamento e alla fine si era identificato con i mutanti che avrebbe dovuto cacciare.
    O forse ero io che mi ero sbagliata, dopo quella lunga permanenza nelle paludi del Cremlino? Forse Cubajs non era mai stato "uno dei nostri"? (p. 302)
  • Nelle nostre conversazioni Surkov in teoria rifiutava categoricamente qualsiasi forma di tirannia e violenza. Dal punto di vista estetico, s'intende. [...] Non appena, però, le convinzioni teoriche di Surok ostacolavano in qualche modo la sua attività di lobbista, in un attimo tutto il suo estetismo andava in fumo. (p. 323)
  • [...] se si lascia perdere per un attimo quel suo sottile velo di esteriore raffinatezza, il cinismo pratico di Slava era quello tipico di tutta una generazione di ragazzi di 35-40 anni, tipo Roman Abramovic, che avevano una gran fretta di accumulare enormi quantità di denaro e che si sospettava basassero soltanto su quello la maggior parte dei loro rapporti con gli altri esseri umani. (p. 324)
  • Nel periodo in cui (naturalmente di nascosto dal Cremlino) stavo preparando il mio libro per la pubblicazione in Russia, mi incontrai di nuovo con Vladislav Surkov, signore delle pedine della Duma, di cui tutti i politici russi dicevano che volesse far scivolare il Paese «verso la ricostituzione di un sistema con un partito unico diviso in due fazioni».
    Ovviamente io iniziai a sbraitargli contro: «Slava» gli dico «avevate nostalgia di un certo tipo di Paese? Non avevi detto che ti faceva schifo l'idea di tappare, tu e Putin, la bocca di tutti?».
    Surok ammise, inaspettatamente: «Ascolta, in effetti lo sai che mi fa schifo... Incontro i direttori, mi pongono le solite domande di rito; poi chiedo loro: "C'è qualcuno che vuole farmi qualche altra domanda? V'interessa sapere qualcos'altro? Chiedete pure!". Ma tutti tacciono. Hanno paura, chissà perché...».
    «Non lo sai?! Siete stati voi, con le vostre mani, a causare tutto questo?»
    Invece di rispondere, Slava mi mostrò quel suo caravaggesco mezzo sorriso alla Bacco. (pp. 324-325)
  • Decisi di agire da critica letteraria e di giudicare lo scrittore dalle sue effettive capacità artistiche: «Ma davvero non ti ricordi, Slavka? Un tempo dicevi che in politica solo le costruzioni complesse possono essere di qualità ed effetto. E la dittatura non è di qualità e, in ultima analisi, certamente non di effetto, in quanto primitiva, unicellulare, degradante. Perché, dunque, ora hai accettato di imbarbarirti così? Non credi che a un uomo intelligente e istruito come te non si addica amministrare il Paese con simili metodi primitivi?».
    Slava si mise a ridere: «Ecco, vedi, sto diventando vecchio! Ho bisogno di un po' di tranquillità e di riposo!».
    «E per quale ragione io che sono giovane dovrei pagare per la tua vecchiaia incipiente?» risposi scherzando. «Perché, per colpa del marasma senile anticipato di voi al Cremlino, ottimi giornalisti sono costretti a lasciare la professione?!»
    Surkov si fece serio tutto d'un tratto e con l'aspetto di una Pizia (del Cremlino, s'intende) mi rivelò una terribile previsione per l'immediato futuro: «Ascolta, ricorda le mie parole: in questo momento il Paese è in "stagnazione", ma già fra alcuni anni ricorderete tutti con gratitudine questa fase che noi abbiamo creato! Perché durerà ancora circa otto anni la "stagnazione", ma poi ci sarà un tale casino che non si salverà più nessuno...». (p. 325)
  • [...] proprio grazie agli oligarchi, e a coloro che gestirono la privatizzazione (una rapina per il popolo, sono d'accordo!), in Russia è partito il mercato. Che sia buono o cattivo, poi, ahimé, è una questione puramente accademica. Come si diceva un tempo: «Chi può, faccia meglio!». (p. 333)
  • Mi giunse la notizia della catastrofe del Kursk una sera che mi trovavo a Venezia: ero seduta dalle parti di Rialto, sola, vicino al canale. Julja Berezovskaja mi chiamò al cellulare da Mosca e, singhiozzando, mi comunicò che in quello stesso istante molte persone stavano morendo soffocate sott'acqua, e che i militari e il presidente avevano, a tutti gli effetti, già rinunciato a salvarli. Mi allontanai istintivamente dalle onde nere del Canal Grande. Era impossibile guardarle senza provare terrore. (p. 335)
  • [...] [Vladimir Putin] si godeva i suoi spiedini in Soci, sulle rive del mar Nero, in compagnia della parte a lui leale del "pool del Cremlino". Oltre alla parte fissa del programma, vale a dire cibo per i giornalisti di fiducia, nella residenza presidenziale sul mare erano previsti anche altri divertimenti, come le gite in motoscafo, gli sci d'acqua e gli scooter. [...] Non c'è dunque da meravigliarsi se il presidente preferì non interrompere quella vacanza in ottima compagnia per salvare chi stava morendo dentro un sommergibile. (p. 336)
  • Putin era furibondo perché la ORT (allora controllata ancora di Berezovskij) e altri canali televisivi, non ancora sotto il pieno controllo del Cremlino, avevano criticato l'inerzia di Putin al momento della tragedia del sottomarino Kursk. Ma questa offesa non era ovviamente che un pretesto meschino per iniziare una ridistribuzione generale delle televisioni, tesa a liquidare i canali non controllati dal Cremlino. (p. 337)
  • Circondandosi soltanto di quei giornalisti che può comprare, Putin ha finito per riprodurre erroneamente in tutto il mondo le regole che esistono nella sua "fortezza" del Cremlino. In realtà, il presidente russo è semplicemente incapace di credere che nei normali Paesi civilizzati i giornalisti siano davvero indipendenti, e che pongano domande diverse da quelle scritte loro sul blocchetto dal suo responsabile dell'ufficio-stampa. (p. 344)
  • In un certo qual modo dovrei sentirmi persino lusingata di essere diventata la prima vittima della censura di Putin in Russia. In fin dei conti è la miglior prova di professionalità per un giornalista: significa che i suoi articoli hanno colpito nel segno. Cominciò, infatti, proprio da me quella catena di fatti che avrebbe in pratica portato alla totale liquidazione da part di Putin di tutti i mezzi d'informazione di massa del Paese: subito dopo il mio mancato accredito al Cremlino, sequestrarono a Gusinskij il canale televisivo non statale NTV, a Berezovskij ORT e TV-6 e infine liquidarono l'ultimo canale "semiliberale" rimasto, TV-S. Senza nominare poi questioni minori come la chiusura della rivista «Itogi» e la liquidazione di «Obscaja Gazeta». (p. 344)
  • Bisogna sapere che nei mezzi d'informazione russi esistono quattro tabù da non violare se non si vogliono scatenare le misure punitive del Cremlino: criticare Putin, criticare la guerra in Cecenia, criticare le azioni dei servizi segreti e, infine, criticare la liquidazione, da parte del Cremlino, della libertà di parola. (p. 345)
  • Una cosa mi stupisce sempre quando penso a Putin: ma è possibile che quest'uomo voglia davvero che la sua presidenza venga ricordata soltanto come un periodo di disgusto, di noia e disperazione? Un periodo di rappresaglia contro i giornalisti, di ripresa della repressione nel Paese, di omicidi ed emigrazioni per ragioni politiche? [...] Ma è possibile che tu non abbia voglia di entrare nella storia per qualcosa di buono? Nonno Eltsin la sua bella missione, anche se parzialmente, l'ha portata a termine: ha dato al Paese la possibilità di respirare un po' di libertà, anche se non per molto. Chapeau. Tu, invece, sei stato capace solo di chiuderci di nuovo l'ossigeno. Perché? A che scopo? (pp. 346-348)
  • I giornalisti occidentali mi chiedono di continuo: «Ma perché il vostro Putin è così terrorizzato dalla stampa libera?».
    Viene subito in mente la risposta più banale: Putin è il miglior frutto del KGB, per il quale un giornalista indipendente, per definizione, non era altro che la "voce del nemico". Non bisogna dimenticare, infatti, che l'uomo ora alla guida dello stato russo è entrato da giovane, per propria scelta consapevole, nel KGB, organo che a quei tempi eliminava fisicamente i dissidenti del Paese. (p. 348)
  • Il guaio principale di Putin è che lui stesso non sa ciò che vuole. Non ha nessun programma economico, nessuna strategia di riforme, e nemmeno un'idea precisa di che tipo di Paese vorrebbe per l'immediato futuro. La sua tattica politica (che per l'economia dei mezzi è anche una strategia) si limita a un'unica formula: mantenere il potere a ogni costo. (p. 355)
  • Putin è completamente l'opposto di Eltsin. È freddo. E del tutto privo del dono della compassione. Cosa che dovrebbe significare la morte per un politico pubblico. È persino incapace di immaginare che cosa sia, la compassione: come ha fatto a non capire che non era il caso di continuare a mangiare spiedini in compagnia dei suoi fedeli giornalisti in villeggiatura mentre gli uomini del sottomarino Kursk stavano morendo, ma che doveva tornare di corsa a Mosca per dimostrare al Paese che gli era vicino? Come ha fatto a non rendersi conto che andando a trovare all'ospedale giovani soldati mutilati a causa della guerra in Cecenia, non c'era bisogno di dare consigli da Generalissimo, ma era il caso semplicemente di chiedere loro scusa per avere fomentato quella carneficina? O, nelle peggiori delle ipotesi, ringraziarli per averti salvato il culo nelle retrovie, coprendoti con il loro corpo? O, ancora, come si può in visita a un ospedale pediatrico durante la campagna elettorale, ammonire un bambino ferito in un incidente stradale: «Così non violerai più le regole?». (pp. 356-357)
  • In settembre la tragedia di Beslan, con il sequestro, a opera di guerriglieri, di un'intera scuola e la morte di centinaia di bambini, dissipò definitivamente il mito principale della propaganda del Cremlino: l'equazione Putin = stabilità. (p. 450)
  • Il presidente della Russia mentì apertamente dichiarando ai giornalisti stranieri, subito dopo la tragedia di Beslan, che essa «non era in nessun modo collegabile alla guerra in Cecenia». Nessuno meglio di Putin sa che, in Cecenia, la Russia conduce da 5 anni una guerra sanguinosa che si è ormai trasformata in un genocidio del popolo ceceno. E nessuno meglio di lui sa che questa seconda campagna cecena è partita nel 1999 all'unico scopo di portare al potere lo sconosciuto funzionario, scelto dall'entourage di Eltsin come suo successore, creandogli un'attraente immagine di "grande condottiero", grazie a una "piccola guerra vittoriosa". Che tuttavia si rivelò in realtà né "piccola" né "vittoriosa", ma, al contrario, lunga e sanguinosa. (p. 451)
  • Probabilmente vi chiederete come faccio ad affermare che Putin mente quando dichiara che la tragedia di Beslan «non è in nessun modo collegabile alla guerra in Cecenia»? In realtà molto presto si seppe, dalle registrazioni delle trattative, che una delle richieste presentate dai guerriglieri era la cessazione della guerra. Il governo però considerò indecoroso prendere in considerazione simili richieste. Anche a costo della salvezza della vita di tanti bambini. (pp. 451-452)
  • Ma perché la presenza a Beslan della Politkovskaja spaventava tanto i vertici russi da indurli a metterla fuori gioco, con l'aiuto dei servizi segreti, in modo così clamoroso? Se fossero stati davvero preoccupati della sorte degli ostaggi, avrebbero dovuto provare tutti i mezzi. La spiegazione non è tanto complicata. Come poi si è saputo, la Politkovskaja portava con sé a Beslan delle concrete proposte di pace da parte di Maschadov, uno dei capi della guerriglia cecena, dotato di effettiva autorità su quel difficile territorio, anche se non riconosciuto dal Cremlino come interlocutore rappresentativo. [...] Evidentemente Putin, venuto a conoscenza dell'iniziativa di pace di Maschadov, si è spaventato all'idea che la soluzione del sequestro e la salvezza degli ostaggi potessero avvenire grazie al capo ceceno, il che avrebbe avuto una grande risonanza in Occidente e di conseguenza avrebbe costretto il presidente russo a mettere da parte il suo orgoglio e a sedersi al tavolo della trattativa con i leader reali della guerriglia. (p. 453)
  • Una cosa è attenersi al principio «nessun accordo con i terroristi», un'altra è condurre per anni e anni una guerra crudele contro la popolazione di una repubblica separatista, alimentando così ulteriormente il terrorismo, e rifiutare una dopo l'altra con accanimento maniacale tutte le proposte di trattativa, preferendo eliminare fisicamente i capi più influenti della resistenza che, grazie alla loro autorità, avrebbero potuto farsi garanti per lo meno del tentativo di un processo di pace. (p. 454)
  • Reprimendo spietatamente i sostenitori della concessione dell'indipendenza alla Cecenia e mettendo a tacere anche chiunque osasse parlare di trattative e di cessazione della guerra, Putin ha condannato la Russia a un bagno di sangue infinito. Perché, nonostante in Cecenia siano stati illegalmente e impunemente usati i metodi più bestiali, il corrotto esercito russo evidentemente NON PUÒ vincere questa guerra. O comunque NON VUOLE farlo. Perché la guerra cecena si è già trasformata in un business, in un commercio di armi, di uomini e di petrolio e nel riciclaggio di fondi milionari che i diversi stati possono destinare ora alla "guerra" ora alla "ricostruzione post-bellica". (p. 454)
  • [...] dopo la tragedia di Beslan la procura russa è stata costretta ad ammettere che al sequestro della scuola hanno preso parte elementi già arrestati per terrorismo e poi rilasciati dagli "organi competenti" senza alcun motivo apparente. Come è possibile che una parte dei servizi segreti tenti di "combattere contro il terrorismo", mentre un'altra parte liberi dei terroristi perché possano compiere nuovi attentati? (p. 454)
  • Dopo l'attacco non è rimasto in vita NESSUN terrorista: tutti i testimoni sono stati accuratamente eliminati. Anche se è evidente che se il governo fosse stato interessato a indagare le vere circostanze dell'organizzazione dell'attentato e a individuarne i mandanti, avrebbe cercato di catturare vivo qualche terrorista che avrebbe potuto fornire informazioni utili. (p. 455)
  • [...] Putin ha già dimostrato in che modo ha intenzione di "lottare contro il terrorismo": annullando le elezioni dei governatori e nominandoli lui stesso, per poi insediare questi governatori arbitrariamente designati nella camera alta del parlamento (il Consiglio della Federazione), abolendo così anche la democrazia parlamentare. Per quanto riguarda poi la camera bassa, la Duma, anche lì Putin proibirà l'accesso ai deputati indipendenti, senza partito; in pratica la Duma sarà formato solo sulla base delle liste di partito, il che, nelle condizioni attuali della Russia, equivale al ritorno a un parlamento fantoccio di chiara memoria sovietica. In questo modo Putin abolisce tutti gli istituti democratici e liquida il federalismo, violando apertamente la costituzione eltsiniana che era stata sancita da un'elezione popolare all'inizio dell'epoca delle riforme. (pp. 456-457)
  • Lo stile dell'attuale propaganda statale russa è effettivamente sempre più retrò. Quando il vicecapo dell'amministrazione del presidente, Slava Surkov, ha rilasciato un'intervista programmatica a nome del Cremlino in cui ha definito l'opposizione democratica e tutti gli avversari di Putin "nemici del popolo", mi ha telefonato Masa Slonim, che aveva fatto in tempo a conoscere la dittatura staliniana: «Senti, Elena, non riesco a capire una cosa: Slava Surkov è giovane, avrà al massimo 40 anni. Da dove gli arriva questo lessico staliniano che credevamo ormai affondato nel passato? Che davvero al Cremlino sopravviva l'antico bacillo di una grave malattia psichica che si trasmette di generazione in generazione?!?». (p. 459)
  • [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2004] Tra i miei colleghi, né tra i miei amici e neppure tra le mie conoscenze più casuali nessuno ha votato per Putin. Tuttavia la posizione ostile dell'intelligencija non ha impedito al mio "amico" presidente di vincere di nuovo le elezioni. In condizioni di assoluto controllo del Cremlino su tutte le televisioni, di aperto utilizzo, da parte di Putin, delle risorse del governo ai fini della sua campagna elettorale, e di grossolane violazioni delle regole costituzionali che prevedono la parità dei candidati nell'accesso ai mezzi di informazione, considero queste elezioni illegali e illegittime. So benissimo come votava il mio Paese nei decenni della dittatura sovietica: come ordinava la televisione. E comunque in base a una lista compilata dal direttore di ciascuna azienda, con la minaccia della perdita del posto di lavoro. (p. 460)
  • A quanto pare non è stato per niente difficile resuscitare le gloriose tradizioni sovietiche. Qualche giorno dopo le elezioni mi ha telefonato una mia vecchia compagna di scuola per raccontarmi una storia terribile: «Mia nonna, che è sempre stata con tutto il cuore dalla parte dei democratici, mi ha appena telefonato in lacrime per confessarmi di avere votato per Putin! Contro la sua volontà! L'hanno costretta! È vecchia, ha 80 anni, e non poteva raggiungere il seggio elettorale. Così il giorno delle elezioni sono arrivati a casa sua due robusti giovanotti con l'urna portatile, si sono seduti a fianco a lei, uno da una parte e uno dall'altra, le hanno porto la scheda e le hanno chiesto: "Allora, nonnina, per chi vuoi votare?" E la mia povera nonna ha ammesso che ha avuto tanta paura che, se avesse votato "sbagliato", l'avrebbero picchiata, che ha messo la croce sul nome "Putin"...». (pp. 460-461)
  • C'era effettivamente in Eltsin una sorta di spirito di espiazione. Ma dove ha imparato, questo funzionario di partito, abituato a governare con metodi tutt'altro che democratici, una volta giunto al Cremlino (cioè con il massimo del potere nelle sue mani), a trattare i giornalisti con tanto rispetto e attenzione? Eltsin è stato attaccato dalla stampa come nessun altro presidente degli ultimi decenni, ma non ha mai pensato di chiudere un giornale, o una televisione, o di trascinare in tribunale un giornalista. (p. 464)
  • I più difficili da capire mi sembrano quelli che in questi anni in Russia hanno giocato più pesante: gli oligarchi. Perché questi ragazzi di grande talento, coraggiosi ed estremamente determinati, che hanno avuto la lestezza di spartirsi in un batter d'occhio le proprietà dello Stato e di accumulare patrimoni miliardari, non sono riusciti neppure una volta negli ultimi 10 anni a stabilire una moratoria alle loro sfrenate rapine in modo da dare al nostro Paese la possibilità di uno sviluppo civile? Perché anche dopo la "dekulakizzazione" putiniana gli oligarchi russi hanno continuato ad attenersi al principio, più ancora stupido che vile, «Ci divori pure tutti, purché io sia l'ultimo»? Perché quelli rimasti "vivi", nel senso di "in Russia", invece di cercare di salvare il Paese ormai a un millimetro dal baratro si sono abbandonati all'ebbrezza di derubare i loro più sfortunati concorrenti con l'aiuto dei servizi segreti e della procura, collaborando così al rafforzamento del potere di gente che considera il liberalismo e le libertà civili un fastidioso intralcio al loro nuovo monopolio statale-clanistico, corredato in fretta e furia dall'ideologia di un rinnovato semi-culto della personalità? (pp. 465-466)
  • Immagino che anche nel vostro Paese i funzionari dello stato possano compiere qualche abuso nei confronti dei giornalisti. C'è comunque una piccola, sostanziale, differenza: se in un qualsiasi Paese occidentale si sapesse che un politico ha introdotto una censura TOTALE, e ha fatto licenziare un giornalista per motivi politici, credo proprio che sarebbe prontamente rimosso. Del resto in un Paese democratico sarebbe impossibile introdurre una censura totale.
    Così a questo punto vorrei rivolgere una domanda a voi, signori Bush, Berlusconi, Blair, Schroeder, Chirac e a tutti gli altri statisti che annoverano Putin tra i loro amici. Anche dopo la lettura di questo libro volete continuare a fingere che non ci sia alcun problema? Che Putin sia una persona civile e per bene? E non vorrete chiedergli nemmeno una volta che fine hanno fatto la libertà di stampa e le altre libertà civili, in Russia? (p. 469)

Explicit modifica

A dire il vero, anche la carriera di giornalista politica l'ho intrapresa a suo tempo con un unico scopo, molto sentimentale: fare in modo che il mio Paese "esteriore" diventasse almeno un pochino più simile al mio Paese "interiore". È buffo che me ne renda conto solo adesso, nel momento in cui sono stata privata della possibilità di svolgere il mio lavoro nel mio Paese.
Che cosa posso farci, se non sono proprio riuscita a spiegare al mio Paese "esteriore" che poteva diventare un Paese bellissimo?
Purtroppo credo che ancora una volta il mio Paese possa sperare soltanto in un miracolo. (p. 471)

Bibliografia modifica

  • Elena Tregubova, I mutanti del Cremlino, traduzione di Maria Cristina Moroni, Edizioni Piemme Spa, Alessandria, 2005. ISBN 88-384-7522-9

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