Andrea Scanzi

giornalista, conduttore televisivo e scrittore italiano (1974-)

Andrea Scanzi (1974 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Andrea Scanzi

Citazioni di Andrea Scanzi modifica

  • A Cruciani non frega nulla della politica: da buon ex radicale è un trasformista dichiarato che pilucca di qua e di là in base al proprio tornaconto. Una sorta di Capezzone, però bravo e consapevole. Cruciani ha un unico obiettivo: portare chi parla con lui a dire una frase che, subito dopo averla pronunciata, l'ospite non ridirebbe mai. Neanche sotto tortura. Ma non è facile, perché se Salvini non aspetta altro, molti altri sono più guardinghi e timorosi. Addirittura politicamente corretti, che è per Cruciani la colpa più grave. Qualcosa di inaccettabile e anzi empio. Se gli racconti che hai appena sgozzato tre cani si esalta ("Ecco, questo è interessante"), ma se ti azzardi a dire "Non bisogna essere islamofobi" lui sbotta subito ("Che palle", "Che banalità", "Come sei noioso"). Cruciani è sadico, va di fretta e non ama le convenzioni: la sola frase "Ciao Giuseppe" lo esaspera.[1]
  • A proposito, diffidate anche da chi ascolta i Red Hot. Sono persone che nascondono qualcosa, come gli astemi e le mani di Silvan. I Red Hot sono tutto o niente, né rock né pop, cerchiobottisti: insidiosissimi, perché melliflui e finto rivoluzionari.[2]
  • Anche Edberg era "tacchino freddo", ma Edberg aveva ben altre frecce: non era un dittatore efferato; ha avuto avversari veri [...]; aveva un gioco molto più romantico; non era asettico, bensì mostruosamente fragile.[3]
  • Dopo Tavecchio e Viperetta credevate di avere visto tutto. Forse però non conoscevate Eziolino Capoluogo Capuano [...]. Le polemiche sulla sua (inesistente) omofobia sono forzate, ma il personaggio semanticamente merita. [...] Scoprite ogni sua gemma su Youtube: la vostra vita non sarà più la stessa.[4]
  • E Dottor House ha codificato l'antipatia come tratto positivamente distintivo: il protagonista è amato in quanto burbero. Proprio House è la serie più didascalica, tra quelle quasi-cattive. Al punto da essere spesso andata in testacoda, tra svolte narrative improbabili, citazioni stanche di Qualcuno volò sul nido del cuculo e financo ammicchi al musical.[5]
  • [Ultime parole famose, 20 giugno 2015] Finalmente il tennis ci regalerà un ricambio drastico. Perché ciò si realizzi appieno, manca però ancora un anno o poco più. Ovvero la fine del 2016 e buona parte del 2017. Periodo durante il quale Djokovic vincerà tutto. O quasi.[6]
  • Gasquet è ancora quello di sempre. Servizio discreto, dritto dal movimento smisuratamente ampio (ma in grado di incenerire) e rovescio a una mano divino: lo preferisco anche a quello di Wawrinka, Kohlschreiber e Youzhny. Anche il gioco di volo, a cui ricorre troppo poco, è tra i migliori del circuito. Gasquet gioca sempre sul filo dell'implosione mentale: finché si sente sopra una nuvola è una meraviglia: può riuscirgli tutto. Basta però un inciampo e la magia svanisce.[7]
  • Gasquet è uno dei pochi tennisti che merita quasi sempre la visione. Chi ama solo i vincenti gli imputa di aver vinto troppo poco. Chi ama i circensi, coloro ovvero che io chiamo da sempre "orteghiani" per quel loro feticismo nei confronti del tennista che indovina due colpi a partita, gli rinfaccia di essere diventato troppo attendista e poco spettacolare. Sia come sia, per quanto mi riguarda il "disastro" accadde a Montecarlo 2005. Gasquet aveva solo 19 anni, ma lo si conosceva già. Purtroppo per lui, da bambino i francesi lo avevano maldestramente definito "il Mozart del tennis", dando per scontato che avrebbe vinto tutto e responsabilizzando troppo un ragazzo smisuratamente fragile. Fraintesero la bellezza dei suoi gesti, soprattutto di quel rovescio a una mano, per prova inconfutabile del suo essere Campione. Si immaginarono un nuovo McEnroe, quando era invece un nuovo Leconte. Erano i quarti di finale di Montecarlo e quel Federer non perdeva mai. Gasquet, giocando uno degli incontri più belli a cui abbia mai insistito, lo sconfisse 6-7 6-2 7-6. Bellezza pura. Da allora, io come milioni di appassionati, l'ho seguito con affetto. Affetto, ma anche rabbia. Le sconfitte, spesso con la stessa trama (inizio da leone e finale da coglione), sono state così tante che da qualche anno gli preferisco altri [...].[7]
  • Gianni era un talento puro. I suoi racconti dal tour de France resteranno vette rare, e non solo quelli. Aveva cuore, talento, ego, spigoli, genio e generosità. Molti lo definiranno una volta di più "l'unico erede di Brera", che peraltro adorava e aveva ben conosciuto, ma per me Mura era Mura: aveva il suo stile, la sua originalità, la sua musica, la sua utopia. Per chi ha amato la letteratura sportiva, e per chi ha creduto anche in tempi non sospetti che lo sport potesse essere epica, Gianni è stato un amico, un faro, un punto di riferimento. Un compagno di strada e di sogni. Oggi questo paese perde un grande uomo e un irripetibile scriva. Sono molto triste.[8]
  • Ho amato McEnroe, Edberg, Cash, Korda, Rafter. Ma Federer non ne è erede. Al massimo è continuazione asettica del dittatore lungolinguato Sampras. Federer piace a chi si accontenta della retorica, delle apparenti buone maniere, dell'approccio finto bipartisan. Piace a chi cita i grandi scrittori (DFW) senza averli letti. Piace a chi ama il progressive, i vini supertuscans. È fortissimo, Federer. E geniale, oltremodo. Chi lo nega? Ma è anche algido, privo di carisma, infantilmente ancorato al feticcio dei record. Non gioca per divertire: gioca per mostrare che ce l'ha più lungo. Il suo non è gesto bianco: è onanismo.[3]
  • Il concetto, fascista e meschino, che per dieci anni ha messo in scacco la comunicazione tennistica: la Obbligatorietà di tifare Federer. Per decreto regio, lo si doveva tifare. Perché? Perché Roger (sempre da pronunciare come un'orazione: "R-o-g-e-r") è classico, è marziale, è corretto (quando vince), non sposa le veline (è un pregio?), va a rete (seeeeh: 8 anni fa, forse), piaceva a David Foster Wallace ed è contrario all'occhio di falco (è contrario alla moviola per motivi asimoviani: in quanto robot, non accetta che in campo ce ne sia un altro. È gelosia tra microchip, non fatto etico).[3]
 
Andrea Scanzi
  • Il problema di Tavecchio è Tavecchio; lui, in un paese normale, non sarebbe mai divenuto quello che è diventato. Sarebbe bastato ascoltare le dichiarazioni su Optì Poba o sul calcio femminile:[9] è un personaggio la cui pochezza e disponibilità racconta tutte le problematiche nel mondo del calcio. Se in un paese straordinario e calciofilo, come il nostro, eleggi come capo di tutto uno come Tavecchio, vuol dire che hai tantissimi problemi.[10]
  • [Carlo Sibilia] incarna il problema della classe dirigente dei 5 Stelle, dove trovi quelli bravi e quelli imbarazzanti. [...] Sibilia nel Direttorio di un partito accreditato al 30% fa ridere: a uno così non darei in mano neanche un condominio a Vitiano, figurati la seconda forza politica nazionale. Sibilia, al massimo, va bene al circo come troll complottista. È il Gasparri grillino.[11]
  • Io accetto, eccome, che Federer piaccia. È lapalissiano che l'anti-federastismo sia un gioco. Ma non accetto l'obbligo regio di tifarlo. E nemmeno il postulato tonto secondo cui il tennis è "solo" Federer. Roger (anzi: R-o-g-e-r) è un secchione di talento, uno yuppie di successo col complesso edipico della moglie matrona. Federer è il Martone del tennis. E io preferisco gli sfigati. Di talento, di cuore. Ma sfigati.[3]
  • La stessa Boris, (fuori)serie in apparenza ironica e in realtà serissima, rappresenta con rara genialità lo squallore della tivù: registi sciatti, attori cani, stagisti schiavi e direttori della fotografia che si rilassano tirando coca.[5]
  • Ma i colpevoli, negli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi, non sono (solo) i poliziotti che lo hanno pestato. E non sono neanche (solo) i medici che lo hanno lasciato morire di inedia, "perché il ragazzo rifiuta le cure". Il decesso in carcere di Cucchi, nelle prime ore del 22 ottobre 2009, è il numero 148. Al 31 dicembre dello stesso anno, quindi dopo poco più di due mesi, quella cifra è già salita a 176. Non vi sembra una cifra - e una crescita - spaventosamente enorme? Quella cifra è figlia anche dei veri colpevoli: noi. Tutti noi. Nei suoi ultimi sette giorni, Stefano viene a contatto con 140 persone. Centoquaranta. Carabinieri, giudici, agenti di polizia penitenziaria, medici, infermieri, prigionieri. Pochi o forse nessuno capiscono che quel ragazzo, di per sé destino a scomparsa con un suo codice per il quale anche esser pestato rientrava in una sorta di logica tra "buoni" e "cattivi", stia morendo. O forse lo capiscono, ma se ne fregano. Nessuno fa nulla per aiutarlo sul serio. Chi fa finta di niente, chi si volta dall'altra parte. Nonostante gli occhi pesti, i lividi, i dolori e le ecchimosi. O forse proprio per quelli. Stefano Cucchi è morto per le botte e per la dimenticanza. Era un essere umano "prescindibile" per il sistema. Sacrificabile e dunque facilmente dimenticabile. Se non è stato poi dimenticato, è solo per la battaglia di una famiglia eroica (come lo sono sempre le famiglie di chi è ammazzato senza colpe, dalla madre di Federico Aldrovandi alla famiglia di Denis Bergamini).[12]
  • Non credo affatto che il movimento sia vicino a Trump. Anzi, penso che il M5S sia ciò per cui oggi non abbiamo Trump [...]. Il M5S nei suoi aspetti concreti, giuridici, parlamentari e politici, è molto più vicino alla sinistra, al punto che sull'immigrazione e sulla famiglia vota spesso in modo simile al Pd [...]. Per questa ragione, Grillo dovrebbe chiarire le sue idee su quello che è il suo movimento.[13]
  • Per questo il più convincente [al Concerto del Primo Maggio 2012] è stato Caparezza, un pazzo di talento che declina la protesta in salsa obliquamente allegra.[14]
  • Quando guardo Renzi, è come se vedessi un cocktail in cui ci sono shakerati un terzo di Berlusconi, un terzo del peggior Craxi e un terzo di Jerry Calà. Ecco, quando vedo un presidente del Consiglio così, un po' di paura onestamente mi viene.[15]
  • Salvini li conosce tutti i conduttori e gli dà del tu. Una cosa che io non sopporto di lui, ma proprio dialetticamente, è la lista della spesa, detesto le sue ripetizioni. Salvini è uno che ripete le stesse cose in continuazione [...] Una lista della spesa insopportabile, aggiornati Matteo Salvini, fallo un piccolo corso di dizione, ma anche di dialettica, perché non si può parlare sempre con lo stesso meccanismo dialettico e sempre con gli stessi odiosi stratagemmi populisti.[16]
  • Si possono individuare due Gasquet: quello iniziale, estemporaneo e bellissimo, che aveva però un'autonomia limitata. E quello più attendista e pragmatico, benché comunque dotato di accelerazioni inaudite: il primo è durato fino al 2008, l'altro è nato dalla squalifica per doping. Oddio, "doping": il famoso "bacio alla cocaina". Al tempo – era il 2009 – tutti dissero che Gasquet non sarebbe tornato mai più al top: troppo fragile psicologicamente. In quel periodo Gasquet veniva anche preso malamente in giro per una sua presunta omosessualità.[7]
  • Sulla mia pelle è quello che deve essere: un film che ti devasta. È insostenibile dall'inizio alla fine, fa un male che non guarisce - non può guarire - e dice e mostra tutto quel che c'è da dire e mostrare. Non celebra e tutto sommato neanche dà giudizi. Chi lo ha criticato ritenendolo "un'agiografia" è un idiota conclamato, non meno di quei decerebrati neuronali che hanno insultato Ilaria Cucchi colpevole "d'aver costruito una carriera sulla morte del fratello" (sì, al mondo c'è anche gente così. E purtroppo coi social tocca pure leggerla). Non mi interessa, qui, fare una recensione (a chi interessa: è il classico tre stelle su quattro di Mereghetti). Alessandro Borghi è di una bravura sconcertante, e lo era già in Suburra (e non solo in Suburra). Jasmine Trinca è condannata da sempre a essere intensa e perfetta. Max Tortora fa quello che deve fare (e lo fa benissimo). E il regista Alessio Cremonini rifugge buoni sentimenti e retorica com'è giusto che sia. Cento minuti intollerabili, che neanche so se consigliarvi (al cinema o su Netflix) perché non è un film per tutti [...]. Diffidate da chi, alla fine, vorrà darvi una sintesi rassicurante e auto-assolutoria tipo: "Grazie a questo film impareremo dai nostri errori". Figuriamoci. Non impariamo mai niente e lo dimostrano le polemiche che da quasi nove anni circondano questo ragazzo, insultato e deturpato da una giustizia talora alla cazzo e da un paese che non sa più ragionare ma solo tifare [...]. Per quella famiglia e per quel senso di colpa che ci arriva sempre tardi, quando la disgrazia è già avvenuta e a quel punto non resta che il gusto per la lacrima. A volte sincera e a volte no. E in ogni caso tardiva. Un senso di colpa che, ovviamente, non ci insegna mai nulla. E che anzi a lungo andare ci fa venire la voglia perversa di sentirci in qualche modo assolti: "Ho pianto, mi sono commosso, quindi nel mio piccolo ho espiato". Sulla mia pelle ci ricorda l'esatto contrario: siamo colpevoli. Tutti. Colpevoli di perdurante aridità. Colpevoli di abitudine all'insensibilità. Colpevoli di pensare - e una parte di noi lo pensa - che in fondo Stefano se la sia andata a cercare e la sua fine faccia parte delle regole del gioco. Regole di merda, e dunque fatte di una materia che conosciamo bene. Forse perché spesso ci somiglia.[12]
  • Tutti dicono bugie, ma in politica devi saperle dire. I grillini non sanno ancora dirle. Oltretutto, reputandosi migliori degli altri, si sono autocondannati a non sbagliare mai.[11]

Da Ops, sto quasi diventando vegano

AndreaScanzi.it, 24 maggio 2014

  • Il vegetariano ha un grande difetto alimentare: se non sta attento, si rimpinza di formaggi e si ritrova in un amen sovrappeso e con colesterolo e trigliceridi a mille. È per questo che ho cominciato a comprare prodotti per vegetariani e vegani. Li si trova anche all'ipermercato, ormai. Dalla cotoletta di soia surgelata ai burger di miglio, di soia, di farro, di spinaci. Fino alle (mini)cotolette alla milanese di seitan o al tofu classico o aromatizzato, passando per il seitan fresco o alla piastra. I carnivori, che hanno sempre questo atteggiamento da bulli quando si trovano davanti un vegano, sono convinti che queste pietanze facciano schifo e rispondono col sempiterno "fatti una fiorentina": al contrario, sono prodotti quasi sempre buonissimi. Ho capito perché i vegani stanno bene: perché mangiano sano, sì, ma pure perché mangiano bene.
  • [Seitan] Ricco di glutine e dunque non per celiaci. L'alta concentrazione di glutine è anche il suo limite, perché l'organismo umano non possiede gli enzimi necessari alla scissione del glutine e una dose alta di seitan può quindi – a lungo andare – rivelarsi controproducente [...]. Il seitan si può fare da soli, ma ci vogliono tre giorni di ferie.
  • Formaggi di soia. Quasi sempre deludenti. Dei prodotti per vegani, sono quelli che mi convincono di meno. Chi vuole, comunque, può provare il Cheddar vegano o il parmigiano vegan da grattugiare.
  • Lupini. Medaglioni di lupini, salame di lupini, arrosto di lupini. Perfino la maionese di lupini. Davvero buonissimi.
  • [Tempeh] In qualche modo simile al tofu, ma leggermente più saporito, si presenta con i semi di soia chiaramente visibili nel prodotto e quasi miniaturizzati uno accanto all'altro. [...] È discreto ma non indimenticabile.
  • La galassia vegana è variegata e sconfinata. In rete si trova di tutto. È un bel cercare e un bel mangiare, sano e leggero ma senza soffrire (io no, almeno). Purtroppo la stragrande maggioranza dei ristoranti non è minimamente attrezzata [...].

Dal blog Monty Brogan, Lastampa.it modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • L'unico rischio di Romanzo Criminalelibro, film, serie – è quello di dare una dignità letteraria a personaggi che tutto erano fuorché eroi.[17]
  • La serie [Romanzo criminale], prodotta appunto da Sky e Cattleya, è stata la vera sorpresa televisiva del 2008. Forse la migliore serie mai prodotta in Italia. Una sorta di Goodfellas all'amatriciana, che piacerebbe a Martin Scorsese. Su questo sono concordi pubblico (400mila spettatori a puntata) e critica.[17]
  • [Su Fabrice Santoro] Non è sempre stato Mago. A inizio carriera (molto, molto tempo fa) era un pallettaro anonimo. Poi si è messo improvvisamente a giocare a un gioco tutto suo, da quadrumane, dritto e rovescio a due mani e ricami continui. Intortatore sublime, creatore di colpi impensabili.[18]
  • [Su Tsonga] Dritto che è maglio, servizio che è devastazione, gioco di volo e copertura come ce ne sono (oggi) pochi. Ganci e uppercut come se piovesse. Ha una mano, parafrasando Mario Brega, che può essere piuma o ferro. Fluttua come una farfalla e punge come un'ape (anche se a volte fluttua come un pachiderma e punge come un calabrone). Ogni suo match è spettacolo nello spettacolo. E quella somiglianza impressionante con The Greatest lo rende ancora più irrinunciabile.[19]
 
Andrea Scanzi
  • [Su Tsonga] Il Muhammad Ali del tennis. Il Salvatore. Cassius Jo. Nell'era buonista dell'Atp, nel presepe del politicamente corretto, Egli è gioia e beatitudine. La quintessenza del carisma, della passionalità. Inarrivabile quando entra in trance agonistica e trascina sontuosamente la folla. Con lui si torna a Kinshasa, si torna Re.[19]
  • [Su Andy Roddick] Totalmente sprovvisto di grazia, senza un briciolo di talento, ha vinto (troppo) per mancanza di avversari sfruttando, come Lleyton Hewitt, l'interregno Sampras/Federer. Da tempo staziona stancamente nella top ten, per il colpevole lassismo degli avversari. Un tennista-clavatore, senza la prima di servizio faticherebbe a stare nei primi 50. A rete commette sciagure, tatticamente è dadaista (ma non sa cosa vuol dire dadaista). Uno scempio estetico prolungato, inenarrabile. Inaccettabile. E non lo aiuta quel cappellino perennemente gocciolante (mai vista una visiera sudare così). Malissimo.[20]
  • Ah, quanto è stato lungo, mellifluo e – in buona sostanza – palloso il suo quinquennio (o giù di lì) dittatoriale. Neanche un piano sequenza di mezz'ora di Abbas Kiarostami avrebbe devastato così in profondità gli zebedei di tutti coloro che non si chiamano Mirka Vavrinec e non appartengono alla tribù fondamentalista dei Federasti Piangenti. Dalla fine del 2003 alla metà del 2008, fatto salvo Nadal e un Safin occasionale, giornali e tivù erano un coro unanime di peana politicamente corretti: Quanto è bello Federer, quanto è bravo, quanto è garbato, quanto è imbattibile. "Il più grande di sempre", bla bla bla. L'opposizione era negata, gli avversari non esistevano.[21]
  • Federer è (senz'altro) un tennista straordinario. Lo ricorderemo in eterno. La speranza (vana) è che la polvere gli restituisca umanità e lo liberi da cotanto inseguito torpore. È però un peccato che tale talento, tale grazia, tale anelito alla perfezione sia stato donato a un frigorifero. Re Frigidaire. Il primo Federer era stupendo, iconoclasta, folle. Quel Federer pre-robotico ha abiurato se stesso in nome del Dominio. Da Gilles Villeneuve a Michael Schumacher. Che tristezza. Federer è un robot capace di accendere la folla come un battipanni di vimini (di plastica no, sarebbe troppo poco cool). Un Churchill col carisma di Quiesling. La sua dittatura è stata un terrificante soliloquio egoriferito, politicamente corretto, protetto dall'intoccabilità come neanche il Papa. Neanche il gibboso e linguapenzoluto Sampras era così caratterialmente amorfo. La sua kryptonite si chiama Nadal.[21]
  • L'atletismo ai massimi livelli. Costantemente capace di migliorarsi, in grado di stupire (Wimbledon) e ristupire (Australian Open). Ha liberato il tennis dalla affliggente Dittatura Catacombale del Vegano, e questo basta per benedirlo. Poi, certo, non è il bene maggiore ma il male minore. Lo spettacolo è un'altra cosa, come il talento puro. Nadal è la straordinarietà della grinta, il recupero impossibile, la resistenza inumana: da qui, e da alcune sue frequentazioni non immacolate, la strisciante accusa di doping. Però non è neanche giusto definirlo mano quadra: nel tempo ha migliorato rovescio, servizio e persino gioco di volo, grazie a quella umiltà che Federer mai ha avuto.[21]
  • [Su Novak Đoković] Mira al potere, anela alla dittatura, baratterebbe qualsiasi cosa per lo Scettro, ma tiene alle buone maniere. Non vuole solo la botte piena, ma pure la moglie ubriaca. Il plauso di pubblico e critica. E allora fa burlesche imitazioni (dei colleghi), racconta barzellette (come Berlusconi), continua a canticchiare quel motivetto celentaniano che fa "Eppure son simpatico". Col risultato di non essere né carne né pesce. Né buono, né cattivo. Solo antipatico. E soporifero: non un tennista ma un Meccano. La filosofia di Djokovic è il chiagnefottismo. È l'uomo dei capelli a spazzola tenuti insieme dal Vinavil, dei ritiri e del medical time out. Se perde è colpa di infortuni imprecisati, di dolori impalpabili, del buco nell'ozono o della crisi finanziaria. È sotto di un set? Tac, chiama il medico, un quarto d'ora di pausa e l'altro perde il ritmo.[21]
  • Il Duce Serbo è il male maggiore, ma toccherà sopportarlo a lungo, perché non è solo forte: è sadico. Cannibalmente attratto dal trionfo plebiscitario. Federer, al di là delle iperboli, delle metafore politiche e del carisma obitoriale, gioca sontuosamente (non sempre, spesso sì) a tennis. È un bel vedere, per quanto somigliante a un disco di David Gilmour o un libro di Alessandro Baricco. Djokovic, no: il suo tennis è una palla sovrumana. Piace a chi vuole vincere e a chi stravede per la tattica. Piace a chi concepisce il tennis come una branchia della geometria e dell'architettura. Bravi, bene 8 +, ma se è così meglio avvicinarsi a Renzo Piano. Djokovic è il nuovo Lendl, e già questo basterebbe a detestarlo.[21]
  • [Su Andy Murray] Era a inizio carriera, un bambino alle prime armi, ma c'era in lui quello che appare adesso manifesto: le capacità geometriche, la buona mano, la dote non comune di trascinare il pubblico. Il suo limite era il fisico, dopo due set era cotto. Oggi no, oggi – dopo una cura di sushi e spinaci Braccio style- è il quarto del mondo. Il suo primo Slam è solo questione di mesi. A volte gioca ricordando Mecir, a volte si fa pavido rammentando il peggior Wilander. Ma ha carattere. Anche troppo: personaggio vero, amato e odiato. È lui, non Djokovic, quello che più merita il ruolo del Cattivo. Perché non insegue, a differenza del situazionista del medical time out Djokovic, il plauso unanime. Lui ama dispiacere, riuscendoci alla grande. Murray è respingente in tutto quello che fa e mostra: nella pettinatura da comparsa di Dario Argento, nei denti aguzzi da Vampiro. In quelle urla virulente. Nelle espressioni mefistofeliche.[21]
  • Lendl, nella sua personificazione del Male, anzi del Maligno, in quella sua liturgia di tic bestiali (le ciglia spulciate, l'orrido detergersi nella segatura) e look orrorifico (quei polsini più lunghi del Tamigi) aveva un merito. Uno solo: rappresentava benissimo il ruolo del Cattivo. Non aveva pregi e non pretendeva di averne. Era l'uomo da odiare, l'anti McEnroe, l'anti-Bellezza. E il mondo (quello salvo, almeno) gioiva nel vederlo umiliato a Wimbledon, più ancora irriso dal servizio "da sotto" di Chang.[21]
  • È una serie straordinaria, uno dei molti capolavori di David Lynch. Il primo caso, riuscito, di serie tv ambiziosa e di qualità. Invecchiato benissimo. In realtà la scoperta dell'omicida di Laura non è che la punta dell'iceberg. È come se Lynch avesse riversato dentro la serie tutti i suoi sogni/incubi, come del resto sempre ha fatto in ogni sua opera, fino al caso estremo Inland Empire. I segreti di Twin Peaks (questo il vero titolo della serie, che in un primo momento doveva chiamarsi Passaggio a Nord-Ovest), è come un canto per l'adolescenza perduta e il tempo che fu. Un'elegia misteriosa e lunare, zeppa di riferimenti allegorici e situazioni oniriche, incentrata sulle vicende di un piccolo paese americano al confine con il Canada (le riprese vere furono effettuate a Snoqualmie e North Bend, a nord-ovest dello stato di Washington).[22]
  • Twin Peaks è un trip. A mostrare i segni del tempo sono cose marginali: il doppiaggio (spesso pure sbagliato), il look (agghiacciante), le pettinature da fine anni Ottanta. Ma non la storia, la fascinazione. Il vivo senso di terrore che scaturisce dagli incubi di Dale Cooper, dalle urla di Laura, dalle tende rosse della Loggia Nera. Dagli unti capelli grigi di Bob. È una serie anche leggera, bucolica a tratti, spensierata (ad esempio la liaison tra Lucy e Andy), ma Lynch concede pochissimo. E infatti il finale è apocalittico: nessuna speranza, l'eroe verrà posseduto e tutti o quasi moriranno.[22]
  • La beatificazione postuma, nonché acritica, è una italianissima maniera per sdoganare artisti sottovalutati in vita. È certo il caso di Gaetano: troppo ironico e troppo poco «schierato», nel marasma politicizzato dei Settanta. La sua morte (nel 1981) ne ha complicato l'analisi artistica. E non hanno aiutato, se non nel riverbero del ricordo, certe fiction ben poco filologiche. Gaetano era una supernova. Ha brillato tre anni, dal '76 di Mio fratello è figlio unico al '78 di Nuntereggae più. Il successo sanremese di Gianna lo spiazzò, non ebbe il tempo di venirne a capo.[23]
  • Live & Rarities, la raccolta di Rino Gaetano autorizzata dalla famiglia, dice soprattutto due cose: che Rino era un gigante (e questo si sapeva) e che è più vivo lui da morto che molti suoi colleghi da vivi (e questo non avremmo voluto saperlo).[23]
  • Riascoltati oggi, perfino gli «scarti» di [Rino] Gaetano raccontano il presente più della maggior parte dei suoi colleghi vivi. Anche nelle sue tracce figlie di un Dio minore, c'è quel mix di lunarietà e ironia disillusa.[23]
  • Federer, se non altro, era espressione di gran Tennis. Proprio per questo, Federer è doppiamente colpevole. Poteva essere un trascinatore, un iconoclasta, un ribelle indimenticabile. Ha preferito essere un impiegato di talento, un contabile di se stesso. Uno Schumacher con racchetta. Imperdonabile.[24]
  • [Su Patrick Rafter] Bello e possibile. Così sfortunato da non vincere mai Wimbledon per colpa di Federer 1 (Sampras) e della favola di Goran. L'ultimo volleatore vincente.[25]
  • Che meraviglia. Nessuno è mai stato, né sarà mai, bello come il gioco di Stefan Edberg. Perfino il suo calvario anticipato, derivante da guai fisici, servizio imploso e cambi di telaio/superfici, ebbe un che di eroico: di epico. Non avrai altro Dio all'infuori di Stefan.[25]
  • [Su Stefan Edberg] La bellezza, l'estetica, la purezza. Il serve and volley ai massimi livelli. La volèe di rovescio era accecante, così come il rovescio.[25]
  • [Su Pat Cash] Quella fascetta a scacchi, quella scalata sulle tribune di Wimbledon. Quel suo modo, tra il playboy e l'ombroso, di sbertucciare il malefico Lendl nella sacra finale erbivora. Serve and volley paradigmatico. Era ancora un tempo in cui gli australiani giocavano così e non come Hewitt. Era buontempo.[25]
  • Tra i miei rimpianti anagrafici, oltre a non avere avuto il tempo di vedere De André con la Pfm, Gaber in Polli di allevamento e i Led Zeppelin che si trippavano copiosamente in Galles, c'è quello di aver potuto godere soltanto degli scampoli finali di SuperBrat. L'Era del Moccioso l'ho solo studiata nei libri di testo (Tommasi). Il giorno in cui perse a Parigi con Lendl, terrificante Duce Sadico, fu un giorno tragico. L'11 settembre del tennis. McEnroe è stato uno dei più grandi geni del Novecento. Quello era tennis.[25]
  • Ero edberghiano e Becker, al tempo, mi appariva come il Nemico. Coscia grosse, mezzo albino, esibizionista: quante volte non ho certo pianto per sue sconfitte. Anche – soprattutto – quando scontò la pena con Michael Stich, l'Ariano odioso e bellissimo. Oggi sono passati gli anni, Becker è uno stanco giocatore di poker, nella vita ha sbagliato quasi tutto e mi accorgo di quanto farebbe bene al circuito.[26]
  • [Su Brad Gilbert] Ha scritto un libro intitolato Winning Ugly, che più o meno vuol dire Come vincere da carogne. Credo che possa bastare. Ha fatto della scorrettezza un'arte. Era un McEnroe col talento di Bottazzi. Ha mantenuto l'atteggiamento borioso-dittatoriale anche da allenatore.[26]
  • [Su Novak Đoković] Il Lendl di oggi, senza però il coraggio di essere pienamente cattivo. In campo è scorretto, simula infortuni, boccheggia come se vivesse in continua apnea. Poi fa un punto decisivo ed esulta belluinamente, come neanche un ustascia. Cattivissimo. Ma fuori dal campo, no: si presenta come simpatico, imitatore di colleghi, raccontatore di barzellette.[26]
  • Ogni arte ha bisogno del Male, ogni teatro insegue il Cattivo. Eccolo, al suo massimo "splendore": Ivan Lendl. Il Tiranno cecoslovacco è stato il Memento Mori del tennis. La quintessenza della cattiveria, del sadismo. Dell'antipatia. Brutto come una scena tagliata di Pino Quartullo (ammesso che ne esistano), soleva farsi il bagno nella segatura e spulciarsi scimmiescamente le sopracciglia prima di servire. Indossava polsini ascellari, il volto era scavato dall'odio, lo sguardo quello di un collezionista di bulbi.[26]
  • [Su Mats Wilander] Pallettaro, pallettaro, pallettaro. Lento, soporifero, meditabondo. Tic tac, tic tac, tic tac. Ronf. Un Borg senza Borg. Uccise Leconte a suon di prime palle. Devastò l'estetica lungo tutto l'arco della sua carriera. Sembrava imperturbabile. Poi la vita gli chiese pegno, andò tutto in cortocircuito (come per Borg) e addio.[26]
  • [Su Tommy Haas] Di lui si dice che è antipatico, "ariano" e quant'altro: menate. Rovescio e gioco di volo sono d'altissima scuola e, con un minimo di salute in più, sarebbe stato uno dei giocatori più tifati e benedetti degli ultimi dieci anni. Purtroppo è stato falcidiato da infortuni, a cui va aggiunta una testa poco lucida e non di rado masochistica.[27]
  • Dopo aver vinto Melbourne 05, il paonazzo Marat ha smesso di giocare, fatti salvi due risvegli estemporanei (Halle 06 e Wimbledon 08). Non sono mai stato un safiniano smodato, trovando alla lunga noiosa questa sua volontà di buttare via tutto tra il fantozziano e lo psicotico. Da mesi (anni) siamo ormai oltre il patetico. Ieri è riuscito a perdere persino con Levine. Safin ha detto che smetterà a fine anno: potrebbe farlo anche prima.[28]
  • È stato uno Stich contemporaneo. Egualmente stilizzato, ariano, definitivo. I movimenti disegnati, i fraseggi del corpo a scolpire capolavori. Il suo è un tennis erotico, sensuale, conturbante. per Bellezza abbacinante, non totemica ma michelangiolesca. Qualcosa di Magistrale. E questo è, quando può e vuole, Tommy Haas L'Ariano: magistrale. Un trattato di Estetica applicata al tennis. C'è, nella sua maniera di scardinare l'ottusità avversaria, una marzialità irresistibile. Vederlo giocare, da un mese a questa parte, come ai bei tempi, è qualcosa che ha a che fare con la Beatitudine.[29]
  • [Su Tommy Haas] Uno che non ha mai avuto abbastanza applausi, men che meno fortuna. Rotto, sfibrato, incazzoso. Pure antipatico. Nei forum più surreali, qualche esperto di ramino l'ha definito "Il peggior numero 2 nella storia del tennis". Quante se ne sono lette, sentite, viste. Blasfemie inaccettabili.[29]
  • Quanto a Federer, lodi e peana. Definitivamente schumacheriano, totalitario e imperturbabile nel correre da solo. Quindicesimo slam, record su record e tanti altri vassalli da spennare. Direte: ma lui che colpa ha? Nessuna, al di là di quella stitica frigidità passionale. Non è certo colpa sua se è troppo più forte degli altri, né – più ancora – se gli altri si accontentano di esserci. Preferendo, al morso, un imprecisato quanto sterile abbaiare. Senza mai smettere di scodinzolare al Padrone.[30]
  • Leggo adesso di un Djokovic involuto da due anni, bruttino e insipiente: l'idea di un peggioramento presuppone però un'antecedente epoca dell'oro, durante la quale Djokovic sciorinava spettacolo e praticava un tennis champagne. Quando, di grazia? Sa dirmi qualcuno quando mai il gioco del Fingitore Fiorelliano è andato oltre un'idea soporifera di Meccano? Quando, per dirla coi filosofi presocratrici, Djokovic è stato meno palloso di adesso? Rispondiamo con certezza iconoclasta: mai. Djokovic è (sempre stato) il più brutto tennista dei Fab Four, noioso e ripetitivo, tignoso e allegramente chiagnefottista.[31]
  • [Su Jürgen Melzer] Uomo dal braccio che non fa sconti e dalla testa troppo spesso in ferie, l'Austriaco è tra i pochi in pieno controllo della situazione a rete. Egli ricama col suo mancino estremo, cesellando stop volley e altri incanti ancestrali.[31]
  • Se mi chiedessero di fare il nome del tennista più sottovalutato del tennis attuale, non avrei dubbi: Ivan Ljubičić.[32]
  • Francesca Schiavone non è una tennista facile. È la sua fortuna e sfortuna. Fortuna, perché gioca un tennis quasi del tutto diverso dalle colleghe. Sfortuna, perché ha carattere poco smussato, non brilla in eleganza, fa poco per apparire simpatica (riuscendoci) e in campo sciorina una carrellata di smorfie scarsamente avvenenti.[33]
 
Andrea Scanzi nel 2012
  • Credo che ad avermi fregato sia stato Muhammad Ali. L'idea che, oltre al grande sportivo, potesse esistere al contempo un grande uomo. Non sempre condivisibile, ma coraggioso e pienamente inserito nel suo presente. Purtroppo lo sport non è più quello degli Ali e dei Gigi Meroni. Lo dimostra la letteratura sportiva: un libro su Gilles Villeneuve o Ayrton Senna puoi scriverlo, uno su Michael Schumacher o Roger Federer (sinonimi) no. Perché, a parte i numeri, aridi numeri, non c'è nulla.[34]
  • Alcuni hanno gridato nuovamente al capolavoro, altri parlato di delusione. La seconda stagione è stata meno avvincente della prima, ma il livello è rimasto sostanzialmente alto al punto da confermare Romanzo Criminale come miglior serie italiana.[35]
  • [Su Novak Đoković] Non sono mai stato un suo tifoso: me ne darete atto. Non mi piace né il suo gioco, né quel fare fiorello-paraculeggiante di chi fa il simpatico furbino in favor di telecamera. Situazionista e chiagnefottista, da sempre e per sempre. Però, però. Però quanto avremmo avuto bisogno di gente con questa tigna, questa arroganza, questa tempra, quando Federer e Nadal si spartivano il bottino tra sorrisi melliflui e faide stolte tra fanboys evasi dall'asilo.[36]
  • Poi lo vidi a Melbourne 2008. Oh, amici miei, se non l'avete visto o non lo ricordate nella semifinale con Nadal, vuol dire che avete sempre fatto l'amore solo su Second Life e ad occhi chiusi. Vuol dire che non sapete niente di tennis. Tsonga, quel giorno, fu folgore e tuono, incendiò e devastò, visse e generò redenzione. Uno scintillio di bellezza, di carisma, di veemenza agonistica, come non se ne vedevano da decenni.[37]

I cani lo sanno modifica

  • Gli amanti dei gatti dicono che la qualità principale dei loro prediletti sia l'indipendenza. Sono proprietari senza proprietà, che lodano il sostanziale egoismo dei loro animali. Un gatto, garantiscono, è desiderabile in quanto fiero e altero. Interessato e distaccato. Più che amare l'uomo, lo sfrutta. Lo cerca quando ne ha bisogno.
    In questo senso, il gattaro è un amante masochista. (cap. 10)
  • I cani sono Diogene di Sinope senza bisogno di botti per sentirsi stoici. E di Diogene di Sinope, peraltro e non a caso, erano ispiratori. Secondo il filosofo greco, gli umani dovevano trarre insegnamento da loro. L'uomo, già allora, era ipocrita e artificiale. Il cane, no. Mangia quel che trova, dorme dove capita, caga quando gli gira. Non si interessa di filosofia astratta ed è immerso nel suo presente senza ansietà. Al contrario degli umani, riconosce sempre l'inganno e fiuta istintivamente la verità. (cap. 11)
  • Sono stato vegetariano due volte. La prima è durata dal 2001 al 2008. La seconda è adesso e non smetterà.
    Era l'aprile del 2010. In aeroporto acquistai Niente importa di Jonathan Safran Foer. Lo lessi tutto d'un fiato.
    Safran Foer, da non vegetariano, fa una inchiesta sugli allevamenti industriali. Racconta in dettaglio come vengono ammazzati suini e bovini, tonni e polli. Si sofferma sulla vita a cui sono costrette le galline ovipare.
    Fa menzione dettagliata del sadismo umano.
    E poi racconta una delle nostre molte stranezze. Di come ci faremmo svenare per il nostro cane e di come non ci interessi nulla dell'olocausto quotidiano di animali non meno sensibili e intelligenti dei cani.
    La domanda è: perché un maiale sì e un cane no? Perché riteniamo inaccettabili i coreani, che mangiano carne canina, e reputiamo normale crescere i figli con carne equina? Come è possibile commuoversi per un agnello visto alla tivù, o un piccolo cinghiale allo zoo, salvo poi mangiare voluttuosamente entrambi?
    Lo so, tale dilemma ci porterebbe lontano. E molti di voi non condividono il mio approccio. Poche cose infastidiscono come i vegetariani convinti. Un po' perché sono pallosi e un po' perché toccano nervi scoperti: ci ricordano quanto siamo incongrui, ipocriti e sostanzialmente insensibili.
    Non ho mai cercato di fare proseliti. Non parlo mai di questa scelta etica in pubblico. Però ne vado fiero. (cap. 27)

Note modifica

  1. Citato in Giuseppe Cruciani, che vita dura essere per forza una Zanzara Ilfattoquotidiano.it, 18 dicembre 2015.
  2. Da I tre dell'Ave Berlusca: Spinoso, Lupi, La Russa, MicroMega, 28 ottobre 2009.
  3. a b c d Da Federer, Martone e gli sfifati, Il Fatto Quotidiano.it, 27 gennaio 2012.
  4. Da un post sulla pagina ufficiale Facebook.com, 6 novembre 2014.
  5. a b Da I neocattivi cucinano l'anfetamina, LaStampa.it, 10 marzo 2011.
  6. Citato in Wimbledon: istruzioni per l'uso, AndreaScanzi.it, 23 giugno 2016.
  7. a b c Da Roland Garros 2016, Richard Gasquet per la prima volta ai quarti: giocherà contro la sua bestia nera Andy Murray, ilFattoQuotidiano.it, 30 maggio 2016.
  8. Da un post su Facebook.com, 21 marzo 2020.
  9. Riferendosi alle dichiarazioni rilasciate da Tavecchio nel 2014, Cfr. «L'Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Optì Pobà è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così.» e «Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sulla resistenza, sul tempo, sull'espressione anche atletica e invece abbiamo riscontrato che sono molto simili.»
  10. Da Scanzi a ZC "Tavecchio presidente della FIGC scelta folle, deluso da Ventura, Suso unica nota lieta di questo Milan, Juventus non più unica favorita e occhio a Spalletti, ZonaCalcio.net, 22 novembre 2017.
  11. a b Da Il caso Roma-M5S spiegato a Roger Waters, IlFattoQuotidiano.it, 10 settembre 2016.
  12. a b Da un post sulla pagina ufficiale Facebook.com, 14 settembre 2018.
  13. Dalla trasmissione televisiva Otto e Mezzo, 30 gennaio 2017; citato in Gisella Ruccia, M5s, Scanzi: "Non è vicino a Trump, ma è ciò per cui oggi non abbiamo Trump", IlFattoQuotidiano.it, 31 gennaio 2017.
  14. Da Basta discorsi al Primo Maggio, Il Fatto Quotidiano.it, 3 maggio 2012.
  15. Dalla trasmissione televisiva Otto e mezzo, La7; citato in Scanzi: "Renzi? Un cocktail: un terzo di Berlusconi, un terzo del peggior Craxi, un terzo di Jerry Calà", ilFattoQuotidiano.it, 23 settembre 2015.
  16. Da una diretta Facebook; citato in Domenico Camodeca, Mario Massimo Perri, Giletti intervista Salvini, Andrea Scanzi: "Deliri ripetuti in continuazione", Balstingnews.com, 20 aprile 2020.
  17. a b Da Goodfellas all'amatriciana, 17 gennaio 2009.
  18. Da Australian Open Day 3: Le ultime magie di Santoro, 21 gennaio 2009.
  19. a b Da Tennis Playlist: la top ten dei tifabili, 20 febbraio 2009.
  20. Da Tennis Playlist: la Flop Ten, 20 febbraio 2009.
  21. a b c d e f g Da Tennis Playlist: I Fab Four, 22 febbraio 2009.
  22. a b Da Ripensando a Twin Peaks (i gufi non sono quello che sembrano), Lastampa.it, 14 marzo 2009.
  23. a b c Da Ancora Rino, fratello unico e immortale, 25 marzo 2009.
  24. Da E Federer perse l'ultimo microchip, 4 aprile 2009.
  25. a b c d e Da Tennis Playlist: i 10 più amati di sempre, 9 aprile 2009.
  26. a b c d e Da Tennis Playlist: i 10 meno amati di sempre, 10 aprile 2009.
  27. Da Se vince Haas, vince il Tennis, 14 giugno 2009.
  28. Da Wimbledon Day 2: La sfiga di chiamarsi Kendrick, 24 giugno 2009.
  29. a b Da Wimbledon semifinals: Haas, L'Ariano, 2 luglio 2009.
  30. Da Wimbledon finale: Un vassallo è per sempre, 5 luglio 2009.
  31. a b Da Roland Garros: Jurgen vive (Eurosport no), 3 giugno 2010.
  32. Da Ljubo, il grande sottovalutato, 21 marzo 2010.
  33. Da Roland Garros: L'impresa di Francesca, 3 giugno 2010.
  34. Da Lady Schiavone, la berlusconiana che non conosce la Costituzione, 13 luglio 2010.
  35. Da Romanzo Criminale 2: conferma o delusione?, 23 dicembre 2010.
  36. Da Roland Garros: Il dramma di Andujar (tennis is unfair), 26 maggio 2011.
  37. Da Il giorno che tornammo a sorridere (Tsonga signoreggia e soverchia), 30 giugno 2011.

Bibliografia modifica

Film modifica

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