Resistenza italiana

insieme dei movimenti politici e militari che in Italia si opposero ai nazi-fascisti

Citazioni sulla Resistenza italiana.

Combattenti del CLN a Milano il 26 aprile 1945

Citazioni

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  • Allora era la guerra, la guerra contro chi aveva voluto la guerra, contro chi non meritava altro che la guerra. Oggi è la pace, la pace voluta da un popolo che ha contribuito a conquistarsela, da un popolo che chiede lavoro e serenità. (Paolo Emilio Taviani)
  • Avevo un paesaggio. Ma per poterlo rappresentare occorreva che esso diventasse secondario rispetto a qualcos'altro: a delle persone, a delle storie. La Resistenza rappresentò la fusione tra paesaggio e persone. (Italo Calvino)
  • Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire. (Sandro Pertini)
  • È indubbio che senza il PCI non ci sarebbe stata nessuna guerra partigiana. E la Resistenza si sarebbe rivelata un'impresa modesta. Ma con il PCI la guerra di liberazione è diventata anche una guerra rivoluzionaria, per la conquista del potere in Italia. (Giampaolo Pansa)
  • Fuori, nei pascoli montani, fra rupi e bucaneve, veglia paterna l'indomita famiglia partigiana. (Carlo Perasso)
  • Gli anni e i decenni passeranno: i giorni duri e sublimi che noi viviamo oggi appariranno lontani, ma generazioni intere si educheranno all'amore per il loro paese, all'amore per la libertà, allo spirito di devozione illimitata per la causa della redenzione umana sull'esempio dei mirabili garibaldini che scrivono oggi, col loro sangue rosso, le più belle pagine della storia italiana. (Giovanni Pesce)
  • Gli iscritti al Partito Comunista a Torino, durante la Resistenza, dovevano resistere alle torture per 8 ore. [I fascisti] Ti toglievano gli occhi coi cucchiaini, ti strappavano le unghie con le pinze. E tu dovevi stare zitto per 8 ore, poi dopo potevi confessare e fare i nomi dei tuoi compagni, perché la direttiva del Partito consentiva a questi di sapere che in 8 ore dovevano scappare. E quegli uomini e quelle donne sono morti per quest'idea. E cos'è la politica oggi? Ma si rivoltano nella tomba, lo capite. (Marco Rizzo)
  • [Riguardo al raccontare la Resistenza italiana attraverso il cinema e la letteratura] Ho avuto offerte di fare film sull'argomento della resistenza, e io stranamente mi sono sempre tirato indietro. Non me la sentivo, perché finché questa esperienza stava nella mia memoria, andava tutto bene. Ho persino scritto dei racconti pubblicati. Ma scrivere racconti è un'altra cosa: è un gioco proprio con la tua memoria, che rimane intatta, disponibile, sempre. Tramutare questo in un film non me lo sono mai sentito, perché mi sembrava quasi di demolire la memoria, demolire me stesso, rendendo oggettivo - come fa il cinema - persone, situazioni. Per cui non l'ho mai fatto. (Giulio Questi)
  • [Nel 1975] Il cammino verso una autentica giustizia sociale è stato meno rapido e sicuro di quanto avevano sperato gli eroi della Resistenza. La direzione di marcia, però, non va mutata. (Giovanni Spagnolli)
  • In Italia c'è oggi qualcuno che dice che il mito della Resistenza era una bugia comunista. È vero che i comunisti hanno sfruttato la Resistenza come una proprietà personale, dal momento che vi ebbero un ruolo primario; ma io ricordo partigiani con fazzoletti di diversi colori. (Umberto Eco)
  • L'azione armata della Resistenza non fu fine a se stessa; si tradusse, malgrado tutte le difficoltà, nell'instaurazione della Repubblica italiana e nella promulgazione della carta fondamentale del nuovo Stato: la Costituzione. Punto di partenza e non d'arrivo. Qualunque siano le vicende che il futuro riserba all'Italia è certo che la strada dell'avvenire passa per la Resistenza, è certo che le forze popolari hanno messo nel paese quelle radici profonde che erano mancate nel primo Risorgimento, è certo che mai più un qualsiasi tentativo di dominazione straniera o interna potrà strappare al popolo italiano la patria così faticosamente conquistata. N'è prova lo stesso fatto che, a tanti anni di distanza, la lotta di liberazione si sottrae a qualsiasi facile schema celebrativo, rifiuta d'essere «imbalsamata», ma conserva intatta la sua carica polemica e il suo messaggio di speranza. (Roberto Battaglia)
  • L'idea che dopotutto la Resistenza abbia avuto poco o nessun peso, in termini strettamente militari, è da relegare nell'armamentario dei luoghi comuni, apparentemente così veri e invece imprecisi e faziosi. (Alessandro Barbero)
  • L'ispirazione fondamentale della Resistenza è stata la conquista della libertà. Libertà per tutti e di tutti. (Mariano Rumor)
  • La Costituzione è un buon documento; ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso la Resistenza continua. (Sandro Pertini)
  • La guerra partigiana ha dato agli italiani una viva coscienza soggettiva di non essere inferiori agli altri popoli, li ha salvati da un aggravarsi di quel complesso di inferiorità, che può poi tramutarsi di colpo nel suo opposto, e far luogo a episodi di nazionalismo frenetico, ad eccessi di violenza orgogliosa e folle. (Aldo Garosci)
  • La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline. (Pier Paolo Pasolini)
  • La Resistenza è stata bellissima. Anche se io non l'ho fatta, perché all'epoca militavo nei Gruppi Universitari Fascisti. (Giorgio Napolitano)
  • La Resistenza è stata una battaglia di libertà che ha coinvolto tutti, anche chi non era antifascista, chi non si era schierato contro il fascismo ma voleva ugualmente la libertà. (Marcello Flores)
  • La Resistenza era stata un fatto straordinario. Aveva realizzato una unità veramente eccezionale che andava dagli ufficiali badogliani agli operai comunisti. (Nilde Iotti)
  • La Resistenza, non bisogna mai dimenticarlo, non si può ridurre alla sola azione armata, non è solo una storia militare, ma è stata una lunga catena di solidarietà tra uomini e donne che in modi diversi hanno dato il loro fondamentale contributo. Certo ci sono state le avanguardie armate come noi gappisti, ma senza l'aiuto della gente non saremmo durati a lungo. (Mario Fiorentini)
  • La Resistenza non è soltanto un episodio militare della storia recente d'Italia, anche se ormai questa interpretazione restrittiva farebbe comodo a molti. La Resistenza non è soltanto un episodio politico, un momento di transizione tra la caduta della monarchia e del fascismo e l'avvento di uno Stato democratico e repubblicano. E neppure la si può considerare alla stregua di un «bel gesto», di un fatto di redenzione culturale e civile necessario per far uscire l'Italia dalla barbarie e rimetterla in linea con i paesi progrediti. La Resistenza fu tutte queste cose e altre ancora. Ma fu anzitutto, come già s'è detto, guerra di popolo. (Sebastiano Vassalli)
  • L'esperienza resistenziale è stata a lungo culturalmente minoritaria in Italia, oggetto di denigrazione tra gli anni Quaranta e Cinquanta da parte dell'opinione moderata: e in quegli anni - a differenza degli azionisti e dei comunisti - sia la cultura cattolica che quella liberale rinunciarono a difenderla. (Paolo Pezzino)
  • Libertà e giustizia, per generale riconoscimento, sono stati i massimi ideali della Resistenza. (Giovanni Spagnolli)
  • [Riguardo alla lotta partigiana a Firenze] Non avevamo coraggio. La verità è che eravamo incoscienti. (Vittore Branca)
  • Non è ora – dopo 70 anni – di affrontare una semplice verità? Eccola: la Resistenza in Italia era completamente irrilevante dal punto di vista militare. In ogni caso, nell'estate del 1944 non esisteva una Resistenza in Italia. Dopo, invece – dall'autunno del 1944 in poi – che cosa di concreto ha portato questa Resistenza? Peggio. Secondo la storiografia la Resistenza lottava per la patria, la libertà e la democrazia. Non è vero. I suoi elementi comunisti (quelli dominanti) lottavano per l'Unione sovietica, la dittatura e il comunismo.(Nicholas Burgess Farrell)
  • Seguitiamo a chiamare Resistenza il movimento di liberazione in Italia, ma non dimentichiamo mai che non è stata una resistenza, ma è stato un attacco, una iniziativa, una innovazione ideale, non un tentativo di conservare qualche cosa. Il dato fondamentale non è la lotta contro lo straniero, è la lotta contro il fascismo, e il tedesco è combattuto quasi unicamente perché incarnazione ultima del fascismo suo alleato e complice. (Enzo Enriques Agnoletti)
  • Se si guarda alla sorte dell'Italia dopo la sconfitta militare da parte della coalizione antinazista e la si confronta con quella della Germania, non può esser dubbio per nessuno che ben diversa sarebbe stata la sorte internazionale dell'Italia e una qualunque possibilità di ripresa democratica, senza la guerra partigiana. Oggi il governo italiano discute sul prezzo del «biglietto di ritorno», ma questo prezzo è stato, per ammissione delle stesse potenze, in buona parte saldato nella guerra partigiana. (Aldo Garosci)
  • Signor Presidente [Luigi Einaudi], Lei che tanto bene conosce la storia del Piemonte, ricorderà la fiera risposta data da Vittorio Amedeo II agli emissari di Luigi XIV i quali gli spiegavano come le condizioni del suo esercito gli togliessero ogni possibilità di resistere alle potenti armate d'oltralpe: «Batterò col piede la terra, e n'usciran soldati d'ogni banda». Ebbene, l'8 settembre, e in seguito, a Cuneo e intorno a Cuneo avvenne proprio così: i soldati, cioè i partigiani uscivano da ogni parte, perché qualcuno aveva battuto col piede la terra; ma non era stato un sovrano, re o principe che fosse, bensì una forza più alta e maestosa, quella che si chiama la coscienza civile, la vocazione nazionale, il senso dei valori supremi, quella essenziale virtù insomma, che, magari sotterranea ed invisibile per lungo volgere di anni, erompe nei momenti decisivi, e spinge un popolo a non mancare nell'ora del dovere storico. (Dante Livio Bianco)
  • Simili a giganti incandescenti, cirri maestosi si ergono diritti nella seta del cielo, segnando la porte del Paradiso.
    L'arte sublime del creato invita l'uomo al simposio divino, ma noi combattenti del quarto reparto non possiamo obbedire al solenne richiamo. (Carlo Perasso)
  • Tu non sai le colline | dove si è sparso il sangue. | Tutti quanti fuggimmo
    tutti quanti gettammo
    l'arma e il nome.
    (Cesare Pavese)
  • Un giorno, all'improvviso, mi hanno detto che non potevo più andare a scuola. C'erano i bombardamenti, io frequentavo il secondo anno dell'istituto magistrale e, da un momento all'altro, non ho potuto più rivedere nessuno. Mio padre mi diceva di restare a casa e di continuare a studiare perché uscire era pericoloso. Ma io, a 16 anni, volevo contribuire a cambiare il mondo in cui vivevo, non pensavo ad altro, con le scuole chiuse e il rumore delle bombe in sottofondo. Avevamo impressa sulla pelle l'avversione per quella violenza e le angherie che stavamo subendo, i rastrellamenti, i saccheggi, gli incendi, le uccisioni pubbliche. La nostra coscienza era alimentata da queste sensazioni, ed era normale essere sfacciatamente antifascisti. (Teresa Vergalli)
  • Attraverso la somma dei sacrifici e dei dolori sopportati, col grandioso apporto dato alla causa della libertà, con i risultati militari ottenuti, il movimento partigiano è riuscito ad assumere un significato morale di valore altissimo. Ha riscattato dinnanzi al mondo, insieme a coloro che nei campi di Germania tennero fede alla loro patria, la dignità del popolo italiano; ha dimostrato ben altrimenti, che generiche e facili affermazioni verbali, la sua volontà di essere un popolo libero degno di essere riammesso nella vita delle libere nazioni.
  • C'è una campagna di denigrazione della Resistenza: diretta dall'alto, coltivata dal cortigiano. Il loro gioco preferito è quello dei morti, l'uso dei morti: abolire la festa del 25 aprile e sostituirla con una che metta sullo stesso piano partigiani e combattenti di Salò [...].
  • Come aveva intuito Vittorio Foa, la politica partigiana era la politica delle larghe alleanze democratiche già sperimentata nella guerra di Spagna. In sostanza un riformismo socialdemocratico che per la prima volta annullava le millenarie divisioni di classe facendo rientrare tra i cittadini di pieno diritto gli operai e i contadini.
  • Facciamo comprendere a questi ridicoli vociferatori, che ogni tanto risognano, come nel macabro festino di Arcinazzo, di ritrovarsi a cantare le loro sconce canzoni di violenza, facciamo comprendere a questi miserabili superstiti che domani, se occorresse, se occorrerà, tutti quanti coloro che si sentirono fratelli nella Resistenza, democristiani e comunisti, liberali e socialisti, contadini e operai e studiosi e sacerdoti, tutti quanti si troverebbero, si troveranno ancora insieme, tutti uniti contro il mostro, tutti uniti in difesa della civiltà indivisibile. Tra noi lo sappiamo bene; ma è bene che tutti lo sappiano in Italia e fuori d'Italia.
  • I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell'adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all'improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!».
  • Il carattere che distingue la Resistenza da tutte le altre guerre, anche da quelle fatte da volontari, anche dall'epoca garibaldina, è stato quello di essere più che un movimento militare, un movimento civile.
  • Il compito degli uomini della Resistenza non è finito. Bisogna che essa sia ancora in piedi.
  • Il dramma della Resistenza e del nostro Paese è stato questo: che la Resistenza, dopo aver trionfato in guerra, come epopea partigiana, è stata soffocata e bandita dalle vecchie forze conservatrici appena essa si è affacciata alla vita politica del tempo di pace, ov'essa era chiamata a dar vita a una nuova classe politica che riempisse il vuoto lasciato dalla catastrofe. I morti della Resistenza vollero essere, credettero di essere, le avanguardie di una nuova classe dirigente, pulita ed onesta, fatta di popolo, destinata a prendere il posto di tutti i profittatori e di tutti i corruttori. Quei morti furono la testimonianza e la promessa di un autogoverno popolare in formazione: ma, finita la guerra, i vecchi vivi risalirono sulle poltrone e la voce dei giovani morti fu ricoperta da quelle vecchie querele. [...] Eppure, amici, questa è stata la sorte singolare dell'Italia dopo il breve esperimento del governo Pani: che essa è tornata ad essere governata dalla classe dirigente prefascista; governata dai fantasmi.
  • Oggi le persone benpensanti, questa classe intelligente così sprovvista di intelligenza, cambiano discorso infastidite quando sentono parlar di antifascismo. [...] Finita e dimenticata la resistenza, tornano di moda gli «scrittori della desistenza»: e tra poco reclameranno a buon diritto cattedre ed accademie.
    Sono questi i segni dell'antica malattia. E nei migliori, di fronte a questo rigurgito, rinasce il disgusto: la sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi, di lasciare la politica ai politicanti. Questo il pericoloso stato d'animo che ognuno di noi deve sorvegliare e combattere, prima che negli altri, in se stesso: se io mi sorprendo a dubitare che i morti siano morti invano, che gli ideali per cui son morti fossero stolte illusioni, io porto con questo dubbio il mio contributo alla rinascita del fascismo.
    Dopo la breve epopea della resistenza eroica, sono ora cominciati, per chi non vuole che il mondo si sprofondi nella palude, i lunghi decenni penosi ed ingloriosi della resistenza in prosa. Ognuno di noi può, colla sua oscura resistenza individuale, portare un contributo alla salvezza del mondo: oppure, colla sua sconfortata desistenza, esser complice di una ricaduta che, questa volta, non potrebbe non esser mortale.
  • Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno, come certe piante subacquee che in tutti i laghi di una regione alpina affiorano nello stesso giorno alla superficie per guardare il cielo primaverile, come le rondini di un continente che lo stesso giorno s'accorgono che è giunta l'ora di mettersi in viaggio. Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.
  • Quel miracoloso soprassalto dello spirito che si è prodotto, quando ogni speranza pareva perduta, in tutti i popoli europei agonizzanti sotto il giogo della tirannia interna ed esterna, ha ormai ed avrà nella storia del mondo un nome: «resistenza». Sotto la morsa del dolore o sotto lo scudiscio della vergogna, gli immemori, gli indifferenti, i rassegnati hanno ritrovata dentro di sé, insospettata, una lucida chiaroveggenza: si sono accorti della coscienza, si sono ricordati della libertà. Prima che schifo della fazione interna, prima che insurrezione armata contro lo straniero, questo improvviso sussulto morale è stato la ribellione di ciascuno contro la propria cieca e dissennata assenza: sete di verità e di presenza, ritorno alla ragione, all'intelligenza, al senso di responsabilità. La resistenza è stata, nei migliori, riacquisto della fede nell'uomo e in quei valori razionali e morali coi quali l'uomo si è reso capace, nei millenni, di dominare la stolta crudeltà della belva che sta in agguato dentro di lui.
    Si è scoperto così che il fascismo non era un flagello piombato dal cielo sulla moltitudine innocente, ma una tabe spirituale lungamente maturata nell'interno di tutta una società, diventata incapace, come un organismo esausto che non riesce più a reagire contro la virulenza dell'infezione, di indignarsi e di insorgere contro la bestiale follia dei pochi. Questo generale abbassamento dei valori spirituali da cui son nate in quest'ultimo ventennio tutte le sciagure d'Europa, merita di avere anch'esso il suo nome clinico, che lo isoli e lo collochi nella storia, come il necessario opposto dialettico della resistenza: "Desistenza". Di questa malattia profonda di cui tutti siamo stati infetti, il fascismo non è stato che un sintomo acuto: e la Resistenza è stata la crisi benefica che ci ha guariti, col ferro e col fuoco, da questo universale deperimento dello spirito.
  • Quando si dice che la guerra partigiana si distingue da tutte le altre guerre perché fu una guerra fatta interamente da volontari, si dice giusto, ma non si dice tutto. Essa fu qualcosa di più: un'adunata spontanea e collettiva: un movimento di popolo, una iniziativa di popolo. [...]
    L'8 settembre, quando cominciò spontaneo e non ordinato da qualcuno questo accorrere di uomini liberi verso la montagna, avvenne qualcosa di misterioso che a ripensarlo oggi sembra un miracolo di cui si stenta a trovare una spiegazione umana. Nessuno aveva ordinato l'adunata: questi uomini accorsero da tutte le parti e si cercarono e si adunarono da sé. [...] Quella chiamata fu anonima, non venne dal di fuori: era la chiamata di una voce diffusa come l'aria che si respirava, che si svegliava da sé in ogni cuore, nei più generosi e nei più pigri, un'ispirazione che sussurrava dentro: «Se sei un uomo, se hai dignità d'uomo, questa è l'ora!».
  • Abbiamo il dovere di tenere viva la memoria di una generazione che ha avuto il coraggio di fare una scelta anche molto sofferta e dolorosa, non presa certamente a cuor leggero. Giovani ragazze e ragazzi che poco più che ventenni, molto spesso adolescenti, hanno avuto il coraggio di imbracciare le armi – perché la Resistenza ha avuto sì un grande valore politico, ma è stata soprattutto un fatto militare – entrare in clandestinità e restituire la libertà al Paese che aveva dato i natali al fascismo nel 1922. Abbiamo il dovere di respingere la retorica antiresistenziale che si è diffusa in questi ultimi anni, che dipinge i partigiani come dei guerriglieri assetati di sangue che non si rendevano conto delle ritorsioni che potevano essere scatenate nei confronti dei civili. Contrapponendo a questa retorica la verità: perché in realtà quei ragazzi questo dilemma, questo dramma interiore lo sentivano moltissimo. A un certo punto fare la Resistenza ha significato soprattutto assumersi questa responsabilità e lottare nonostante tutto.
  • Donne comuni senza armi, madri di famiglia hanno dato cibo e medicinali ai soldati, ai renitenti, nascosto antifascisti e partigiani. Una rete anonima fondamentale. Saranno il bersaglio strategico di quella che i tedeschi chiamano la guerra ai civili: sole, i mariti al fronte, pronte a correre nei rifugi, in fila per il pane e la farina. Sono loro che assalteranno i forni, rovesceranno la farina bianca, quella buona, destinata ai tedeschi. Falcidiate per questo [...]. [«Un punto di non ritorno»] Affrontano una guerra che è una guerra di sterminio totale ai civili, che le espone a forme di violenza inaudita e la cosa importante e che si ribellano al fatto che per secoli in guerra il corpo delle donne era stato bottino e preda degli eserciti. Lanciano il messaggio: "noi non siamo più spettatrici, prendiamo le armi, rivendichiamo il diritto di lottare per la nostra libertà presente e futura". Rianimeranno poi la politica del dopo guerra. La società italiana l'hanno svecchiata le donne che hanno fatto la guerra, che immaginavano già prima un mondo migliore.
  • La violenza in Italia non la inaugura certamente la Resistenza. La Resistenza risponde, anche con la violenza, a una violenza che è mille volte maggiore scatenata contro le popolazioni civili. Se vogliamo andare indietro nel tempo e capire da dove ha origine l'idea che il nemico si debba abbattere, estirpare dal corpo della nazione dobbiamo ritornare alle piazze interventiste del 1915, quando per decidere se entrare in guerra o no gli italiani si sparavano addosso e poi ancora alle masse che vengono sobillate all'uso della violenza da parte di abili agitatori come Benito Mussolini o Gabriele D'Annunzio. E ancora alla violenza dello squadrismo, che poi finisce con la presa del potere da parte di Mussolini, al quale il potere viene regalato da una classe dirigente liberale incapace di risolvere il problema della violenza nelle piazze e assuefatta dalla psicosi della paura rivoluzionaria, cioè dal terrore della rivoluzione bolscevica in Italia.
  • Se c'è qualcosa di rivoluzionario nella Resistenza è proprio incarnato dalla scelta antifascista che fecero le donne, le ragazze che tra il '43 e il '45 decidono di aderire a formazioni partigiane, animate da un moto rivoluzionario di libertà che è anche una guerra privata. Non combattere solo l'occupante. Si vuole andare a combattere contro le discriminazioni di genere e tutto quel che la società patriarcale gerarchica fascista aveva imposto alle nuove generazioni, dove l'uomo poteva comandare su moglie e figli.
  • [«L'Italia di oggi?»] Vive nella rappresentazione caricaturale di un derby tra fascisti e comunisti, quando alla Resistenza parteciparono invece uomini e donne di ogni tendenza politica e sociale. E alla disobbedienza ai tedeschi si unirono anche decine di migliaia di militari italiani internati in Germania dopo l'8 settembre. I fatti sono chiari, non vanno travisati.
  • Dietro alla bandiera della Resistenza marciano oggi nuove possenti forze, giovani generazioni che aspirano a conquistare il loro avvenire. Portiamo avanti, portiamo al successo le bandiere della Resistenza.
  • Il programma della Resistenza italiana fu quello della creazione d'un regime politico e sociale nuovo: proprio per questo è stato detto che la Resistenza è stata il secondo Risorgimento.
  • L'aggressione all'Unione Sovietica e la sua entrata nel conflitto non soltanto mutò le sorti della guerra, ma cambiò completamente anche il carattere e l'ampiezza della Resistenza. L'esempio d'ardimento offerto dai giovani, dalle donne, dai vecchi dell'Unione Sovietica, dalla popolazione tutta che non piegava, che non disperava, che non dava tregua e colpiva il nemico ovunque, suscitò non soltanto l'entusiasmo e l'ammirazione dei popoli in lotta contro il fascismo, ma l'emulazione delle forze nazionali in ogni paese occupato.
  • La grande borghesia non ha alcun interesse a fare conoscere la vera storia della Resistenza in Italia perché questa suona condanna per le classi dominanti che hanno portato il paese alla rovina e si sono poi messe al servizio dello straniero.
  • La guerra partigiana assunse in Italia una così grande ampiezza proprio perché essa fu sempre, sin dal primo giorno, accompagnata, alimentata e sostenuta dalle centinaia e centinaia di scioperi, dal sabotaggio della produzione nelle fabbriche, dall'azione gappista nelle città e dalle rivolte dei contadini nei villaggi. Senza i grandi scioperi nei centri industriali, senza l'azione dei contadini e delle grandi masse popolari l'avanguardia eroica dei combattenti sarebbe rimasta isolata, i distaccamenti partigiani non si sarebbero mai trasformati in brigate e poi in divisioni, l'insurrezione nazionale non ci sarebbe stata.
  • Nessun altro partito ha dato alla guerra di liberazione nazionale un contributo di azione e di sacrificio, di forze militanti e dirigenti quanto il partito comunista. Tra l'altro perché nessun altro partito disponeva di una organizzazione e di una influenza tra la classe operaia e i lavoratori pari a quelle del nostro.
  • Protagonista principale della lotta partigiana e della Resistenza fu la nuova classe dirigente, la classe operaia, ed il contributo maggiore assieme a tutte le altre forze democratiche venne dato dall'avanguardia della classe operaia, il partito comunista. Questo dev'essere detto. Tutte le formazioni partigiane, qualunque fosse il loro colore politico, si sono appoggiate direttamente o indirettamente sulle lotte della classe operaia, dei contadini e dei lavoratori.
  • Si falsifica la storia della guerra di liberazione nazionale; si vuol far dimenticare che classe operaia, i lavoratori sono stati la forza motrice e decisiva della resistenza e della guerra partigiana; che i partiti comunisti sono stati alla testa di quella lotta, l'hanno diretta e organizzata, hanno inviato al combattimento contro lo straniero, per la libertà della patria, le loro forze migliori; si tenta di insinuare, con l'orchestrazione di insistenti campagne, che la guerra di liberazione e stata condotta in Francia dai gaullisti e in Italia dai conservatori borghesi, dai "democristiani" e si presentano i comunisti come delinquenti che hanno cercato di approfittare della lotta per scopi criminali.
  • Specialmente nell'Italia del nord l'iniziativa e la direzione dei C.L.N. e della lotta partigiana fu sempre nelle mani dei partiti antifascisti, dei partiti più avanzati ed in modo particolare del partito comunista: il che naturalmente era tutt'altro che gradito agli angloamericani per i quali la Resistenza avrebbe dovuto soltanto essere uno strumento di guerra, un'arma in più da impiegare per sconfiggere l'esercito hitleriano. Battuti i tedeschi i partiti non avrebbero più avuto nulla da fare, né da chiedere. Per gli angloamericani il dovere dei partigiani era uno solo: combattere e tacere. Non così la pensavano i partigiani ed i loro comandi i quali non si consideravano agli ordini degli «alleati», e volevano mantenere la loro indipendenza, la loro libertà d'azione.

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