Michela Ponzani

storica, scrittrice e conduttrice televisiva italiana

Michela Ponzani (1978 – vivente), storica, conduttrice televisiva e saggista italiana.

Michela Ponzani (2024)

Citazioni di Michela Ponzani

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [...] nel tempo la narrazione "bonaria" del fascismo che in fondo avrebbe [...] fatto anche cose giuste, al pari del nazionalsocialismo tedesco, ha creato quella che a me appare come una "zona grigia", nel Paese, nella stampa. Basti pensare ai tanti articoli di Indro Montanelli in proposito, a giornalisti revisionisti come Giampaolo Pansa... negli anni la vulgata neofascista accreditava gli uomini della Repubblica sociale come "salvatori", riabilitando ex fascisti e collaborazionisti della Rsi, autori di stragi e crimini contro civili perché "costretti ad obbedire ad ordini superiori". [...] Alla fine i partigiani venivano dipinti come pericolosi fuorilegge, espressione della violenza della guerra.[1]
  • [«Per lei cosa vuol dire oggi essere antifascisti?»] Vuol dire avere una memoria collettiva della Storia e non una memoria "condivisa", altrimenti, come è sempre successo fino ad ora, ogni anno, in prossimità del 25 aprile, si risveglia una polemica da "derby" di calcio, una non appartenenza, in fondo indifferenza di fronte ai principi della nostra democrazia.[1]
  • [...] per raccontare la storia in Tv ci vuole competenza. E in un paese in cui tutti si autoproclamano storici, lo storico può essere solo un professionista della ricerca. Qualcuno che ha conseguito un dottorato, che ha ricevuto una valutazione critica da altri accademici, come l'abilitazione scientifica nazionale. In assenza di questi criteri non sei uno storico, al massimo sei un appassionato.[2]
  • [«L'Italia di oggi?»] Vive nella rappresentazione caricaturale di un derby tra fascisti e comunisti, quando alla Resistenza parteciparono invece uomini e donne di ogni tendenza politica e sociale. E alla disobbedienza ai tedeschi si unirono anche decine di migliaia di militari italiani internati in Germania dopo l'8 settembre. I fatti sono chiari, non vanno travisati.[3]
  • Falso che il Movimento sociale italiano abbia traghettato il fascismo nella democrazia. È invece l'Italia repubblicana nata dal 25 aprile ad aver accolto i vinti della guerra senza pesi né vincoli [...][3]
  • [...] se c'è qualcosa di rivoluzionario nella Resistenza è proprio incarnato dalla scelta antifascista che fecero le donne, le ragazze che tra il '43 e il '45 decidono di aderire a formazioni partigiane, animate da un moto rivoluzionario di libertà che è anche una guerra privata. Non combattere solo l'occupante. Si vuole andare a combattere contro le discriminazioni di genere e tutto quel che la società patriarcale gerarchica fascista aveva imposto alle nuove generazioni, dove l'uomo poteva comandare su moglie e figli.[4]
  • Donne comuni senza armi, madri di famiglia hanno dato cibo e medicinali ai soldati, ai renitenti, nascosto antifascisti e partigiani. Una rete anonima fondamentale. Saranno il bersaglio strategico di quella che i tedeschi chiamano la guerra ai civili: sole, i mariti al fronte, pronte a correre nei rifugi, in fila per il pane e la farina. Sono loro che assalteranno i forni, rovesceranno la farina bianca, quella buona, destinata ai tedeschi. Falcidiate per questo [...]. [«Un punto di non ritorno»] Affrontano una guerra che è una guerra di sterminio totale ai civili, che le espone a forme di violenza inaudita e la cosa importante e che si ribellano al fatto che per secoli in guerra il corpo delle donne era stato bottino e preda degli eserciti. Lanciano il messaggio: "noi non siamo più spettatrici, prendiamo le armi, rivendichiamo il diritto di lottare per la nostra libertà presente e futura". Rianimeranno poi la politica del dopo guerra. La società italiana l'hanno svecchiata le donne che hanno fatto la guerra, che immaginavano già prima un mondo migliore.[4]
  • [...] la cultura dello stupro non è arrivata con i barconi carichi di immigrati, ma è tutto frutto della nostra mentalità patriarcale. Che la donna sia un essere irrazionale, incostante, di indole leggera, decisamente passionale e dunque bisognoso della tutela maschile, è scritto nei nostri classici.[5]
  • Ci sono uomini che oggi sostengono tutto sia cambiato per le donne. E che il nuovo diritto di famiglia del 1975 abbia segnato la fine del patriarcato. [...] Peccato che le donne abbiano dovuto attendere il 1981 per veder abolito l’istituto del matrimonio riparatore che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale se lo stupratore (anche nel caso di una minorenne) sposava la sua vittima.[5]

Cinzia Sciuto, micromega.net, 24 aprile 2023.

  • [...] ci sono due questioni che determinano questa lunga durata dell'anti-antifascismo. Una prima che risale [...] al periodo della guerra [...] e riguarda [...] il rapporto che le formazioni partigiane hanno con la popolazione civile. [...] la retorica che viene costruita nel dopoguerra di un intero popolo che unito aveva lottato contro il fascismo per restituire la libertà e la democrazia al Paese non corrisponde alla realtà. [...] Nel senso che c'è una parte di popolazione civile che resta a guardare l'andamento della guerra, non fa una scelta, non prende posizione [...], si mantiene su una sorta di zona grigia rancorosa. [...] man mano che la violenza [...] della Repubblica Sociale italiana diventa sempre più feroce [...] le popolazioni civili rimangono strette in una morsa di terrore e di paura. E una parte di esse mal digerisce la presenza delle formazioni partigiane perché teme che le loro azioni mettano a rischio la loro incolumità. [...] La seconda questione [...] ha a che fare con i mancati conti con il passato e con il fatto che ci sia stata una persistenza, una continuità dello Stato con uomini d'apparato che avevano fatto carriera durante il regime, [...] che si riciclano negli anni della Repubblica e che continuano ad assolvere tranquillamente il loro ruolo. La presenza di molti magistrati che avevano fatto carriera durante il fascismo e che continuano a svolgere la loro funzione [...] fa sì che nel dopoguerra molti partigiani finiscano sotto processo non per fatti di violenza o di sangue relativi all'insurrezione, ma per fatti relativi alla guerra di liberazione nazionale, episodi che dovrebbero essere considerati fatti di guerra, ma che non vengono rubricati come tali.
  • Non vedo un rischio di ritorno del fascismo, semplicemente perché da questo Paese il fascismo non se n'è mai andato. Noi ci dimentichiamo, perché questo è un Paese smemorato, che noi abbiamo avuto un grande partito di massa che si richiamava all'eredità della Repubblica Sociale Italiana, il Movimento Sociale Italiano. Un partito che negli anni Settanta arriva a essere il quarto partito nazionale [...] e che contribuisce all'elezione di ben due Presidenti della Repubblica. Questo [...] rappresenta una sorta di anima nera, di ombra che resta sottotraccia nella nostra Repubblica e che non ha permesso di fare i conti con il passato.
  • [...] la violenza in Italia non la inaugura certamente la Resistenza. La Resistenza risponde, anche con la violenza, a una violenza che è mille volte maggiore scatenata contro le popolazioni civili. Se vogliamo andare indietro nel tempo e capire da dove ha origine l'idea che il nemico si debba abbattere, estirpare dal corpo della nazione dobbiamo ritornare alle piazze interventiste del 1915, quando per decidere se entrare in guerra o no gli italiani si sparavano addosso e poi ancora alle masse che vengono sobillate all'uso della violenza da parte di abili agitatori come Benito Mussolini o Gabriele D'Annunzio. E ancora alla violenza dello squadrismo, che poi finisce con la presa del potere da parte di Mussolini, al quale il potere viene regalato da una classe dirigente liberale incapace di risolvere il problema della violenza nelle piazze e assuefatta dalla psicosi della paura rivoluzionaria, cioè dal terrore della rivoluzione bolscevica in Italia.
  • [...] abbiamo il dovere di tenere viva la memoria di una generazione che ha avuto il coraggio di fare una scelta anche molto sofferta e dolorosa, non presa certamente a cuor leggero. Giovani ragazze e ragazzi che poco più che ventenni, molto spesso adolescenti, hanno avuto il coraggio di imbracciare le armi – perché la Resistenza ha avuto sì un grande valore politico, ma è stata soprattutto un fatto militare – entrare in clandestinità e restituire la libertà al Paese che aveva dato i natali al fascismo nel 1922. Abbiamo il dovere di respingere la retorica antiresistenziale che si è diffusa in questi ultimi anni, che dipinge i partigiani come dei guerriglieri assetati di sangue che non si rendevano conto delle ritorsioni che potevano essere scatenate nei confronti dei civili. Contrapponendo a questa retorica la verità: perché in realtà quei ragazzi questo dilemma, questo dramma interiore lo sentivano moltissimo. A un certo punto fare la Resistenza ha significato soprattutto assumersi questa responsabilità e lottare nonostante tutto.
  1. a b Dall'intervista di Federica Taddei, La storica Ponzani: "Cresce una pericolosa zona grigia di sottovalutazione del fascismo", left.it, 20 aprile 2023.
  2. Dall'intervista di Giuseppe Bosso, Michela Ponzani, raccontare la storia, telegiornaliste.com, 15 novembre 2023.
  3. a b Dall'intervista Scurati e il monologo sul 25 Aprile cancellato dalla Rai, la ricercatrice: "Storia piegata ad arte. E così i nostri ragazzi ignorano il passato", quotidiano.net, 21 aprile 2024.
  4. a b Dall'intervista di Raffaella Troili, 25 Aprile, la storica Michela Ponzani: «Nella Liberazione ricordiamo le donne che lottarono anche per i propri diritti», ilmessaggero.it, 24 aprile 2024.
  5. a b Da Il patriarcato esiste. Oggi come ieri l’Italia non è un paese per donne, editorialedomani.it, 25 novembre 2024.

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