Phenomena
film del 1985 diretto da Dario Argento
Phenomena
Titolo originale |
Phenomena |
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Lingua originale | italiano, inglese e tedesco |
Paese | Italia, Svizzera |
Anno | 1985 |
Genere | Horror |
Regia | Dario Argento |
Soggetto | Dario Argento, Franco Ferrini |
Sceneggiatura | Dario Argento, Franco Ferrini |
Produttore | Dario Argento |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Note | |
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Phenomena, film horror/thriller del 1985 diretto da Dario Argento.
Frasi
modifica- Gli insetti non mi fanno mai male, perché io li amo. (Jennifer Corvino)
- Nell'antica Grecia la farfalla veniva chiamata psiche, e aveva due significati, sia farfalla che anima. Perché questa associazione tra un insetto e l'anima umana? Forse perché sono tanti e incomprensibili i misteri di entrambi. (John McGregor)
- La percezione extrasensoriale, i poteri paranormali, che sono così rari negli esseri umani, sono la norma per gli insetti. Moltissime specie comunicano tra di loro a distanze immense con segnali telepatici. Questi animali piccolissimi hanno un'enorme potenza. (John McGregor)
- No, tu non sei il diavolo. Qui l'unico mostro è l'assassino. Ma io posso capire quello che provi. So che cosa significa essere diverso, e tutto quello che devi sopportare: l'ironia, la pietà, repulsione, fastidio. La gente riesce quasi a farti sentire in colpa per quello che sei. (John McGregor)
Dialoghi
modifica- John McGregor: Gli insetti mangiatori di cadaveri si dividono in otto gruppi, otto diversi gruppi di insetti che si susseguono l'uno all'altro, e ognuno si insedia in un momento preciso con dei tempi specifici.
Kurt: Non prima e non dopo.
John McGregor: Esatto. Noi li chiamiamo gli otto squadroni della morte. Il primo è quello della mosca vulgaris, che deposita le sue larve nel cadavere in putrefazione. Così comincia il ciclo. Ogni squadrone soggiorna quindici giorni. Quindici giorni, moltiplicato per otto, cioè, per il numero degli squadroni, fa—
Kurt: Quattro mesi.
John McGregor: Nel caso di questa testa, il ciclo non solo appare completo, ma è stato ripetuto due volte. E quindi siamo a—
Kurt: Otto mesi! Adesso capisco. Dal calcolo della presenza e dello sviluppo degli insetti o delle larve, è possibile dedurre la data precisa della morte.
John McGregor: O di un delitto.
- Frau Brückner: Conosceva già questa parte del paese?
Jennifer Corvino: No, è la prima volta che vado in Europa.
Frau Brückner: È un posto molto particolare. La genta lo chiama la Transilvania della Svizzera.
Jennifer Corvino: Perché?
Frau Brückner: Non lo so. La chiamano tutti così.
- Sophie: Quella stronza si è fregata il poster di Paul Corvino!
Jennifer Corvino: Sì, ma non fa niente. Ne ho molti altri in valigia e, domani mattina, li appendo tutti e ci tappezzo la stanza.
Sophie: Io ho visto tutti i suoi film. Anzi, l'ultimo l'ho visto tre volte.
Jennifer Corvino: Beata te! A me l'avrà fatto vedere almeno una quindicina di volte. Vuole sapere sempre che ne penso.
Sophie: Come? Lo conosci? Di persona?
Jennifer Corvino: Sì, certo che lo conosco.
Sophie: E ci sei andata anche a letto?
Jennifer Corvino: Paul Corvino è mio padre.
Sophie: Oh, scusa.
Jennifer Corvino: Figurati.
Sophie: Tua madre vive in India, ha un albergo e si è risposata. Tuo padre invece no. E quando si sono lasciati eri molto piccola.
Jennifer Corvino: Avevo otto anni.
Sophie: Otto? Nonono, ne avevi sette.
Jennifer Corvino: Com'è che sai tutte queste cose su Paul Corvino?
Sophie: L'ho letto su Ciné-Revue.
Jennifer Corvino: Oh. Beh, era la vigilia di Natale, e stavamo scartando i regali tutti e tre quando suona il telefono e la mamma va a rispondere. E sento che dice, "Okay, vengo subito!". Era il suo amante. Immediatamente è uscita e non è tornata più. Mi ricordo che papà aveva avuto dodici regali quell'anno, e che disse che la mamma gli aveva fatto il tredicesimo, quello che porta sfortuna. Questa non c'era su Ciné-Revue, vero?
- Sophie: Tu di solito che cosa pensi la sera prima di addormentarti?
Jennifer Corvino: A mio padre.
Sophie: Capirai! Io invece se penso a tuo padre è proprio la volta che non dormo più.
- John McGregor: Mi raccomando, se ti dovesse ricapitare di camminare nel sonno, devi dirti, "Io sono sonnambula. Devo svegliarmi. Io sono sonnambula. Io devo svegliarmi".
Jennifer Corvino: "Io sono sonnambula e devo svegliarmi. Sono sonnambula...". Non sarà necessario. Era tantissimo che non mi succedeva. Dev'essere stato il viaggio. Magari il cambiamento d'aria, oppure questo vento.
John McGregor: Il vento? Già. Il Föhn. È un vento particolare, tipico di questa parte del paese. Nasce sulle Alpi. Col suo tepore alza la temperatura e provoca le valanghe. Favorisce la fioritura e anche lo schiudersi delle larve. A molti fa venire il mal di testa. Quando è molto forte, dicono che faccia addirittura impazzire. È una regione molto strana questa. La Transilvania della Svizzera.
- Preside: Quello che tu hai fatto stanotte è stato molto grave. Che un allieva uscisse dal collegio in piena notte non era mai successo.
Jennifer Corvino: Ma insomma, come ve lo devo dire che non sono uscita dal collegio di mio volontà? Io sono sonnambula. Mi succede a volte.
Preside: Già, ma non è normale. E noi abbiamo il dovere di saperne di più.
Jennifer Corvino: Ma io so già tutto quello che c'è da sapere. Mi hanno visitato i migliori psichiatri. La mia non è una malattia.
Dottore EEG: Ma può essere sintomo di un afflizione molto più grave. A quanto dici, non ricordi nulla. Qui non si tratta solo di parlare nel sonno o andare a rubare dal frigo. Può essere la svia di una seconda personalità che tenta di emergere. Talvolta si tratta di un primo passo che, in certi casi, può condurre verso la schizofrenia.
- Preside: [Sul Davideis di Abraham Cowley] Allora, sentiamo. Che cosa vuol dire il poeta con questi versi? Nessuno lo sa? Vuoi spiegarcelo tu?
Elizabeth: Io?
Preside: Sì, tu.
Elizabeth: Io credo che il poeta vuol dire più o meno la stessa cosa di una canzone dei Bee Gees.
Preside: Ma che sciocchezze dici! Il poeta che ha scritto questi versi si chiama Abraham Cowley, ed è morto nel 1667. E quindi dobbiamo escludere che abbia conosciuto i Bee Gees. [...] Sophie, vuoi dircelo tu?
Sophie: Io?
Preside: Sì. Alzati in piedi!
Jennifer Corvino: [Sottovoce] Il poeta, col suo stile oracolare...
Sophie: Il poeta, col suo stile auricolare...
Jennifer Corvino: [Sottovoce] Oracolare!
Sophie: Stile oracolare...
Jennifer Corvino: [Sottovoce] Ci vuol far capire che corriamo il pericolo di perdere il senso e il culto del passato.
Sophie: Ci vuol far capire che corriamo il pericolo di perdere il senso e il culto del passato.
Preside: E sentiamo, secondo te, questo pericolo esiste?
Jennifer Corvino: [Sottovoce] Che mi frega del passato?
Sophie: Che mi frega del passato?
Preside: Silenzio! Silenzio! E allora dimentichiamo anche l'antica Grecia? E Shakespeare? E Mozart? E Goethe? E Beethoven? E Richard Wagner?
Alunna: E Richard Gere!
- John McGregor: È perfettamente normale che gli insetti abbiano delle qualità telepatiche.
Jennifer Corvino: Già, per gli insetti è normale. Ma io sono normale?
- Infermiera: Ma è una pazza per caso?
Preside: Beh, certamente non è normale. È diabolica.
Infermiera: Diabolica?
Preside: Sì. Sappiamo che nella Bibbia il Demonio viene chiamato con il nome di Belzebù, che significa il Signore delle mosche. Eccola là! La Signora della mosche.
- John McGregor: Ecco che cosa c'era all'interno del guanto. Sono larve di una mosca, la Grande Sarcofoga, un nome minaccioso degno dell'attività dell'insetto che lo porta. Si nutre esclusivamente di cadaveri o di resti umani.
Jennifer Connelly: La Grande Sarcofoga. Che strano nome.
John McGregor: È il distruttore, il divoratore supremo, un insetto eccezionale. È capace di fiutare la presenza d'un cadavere da enormi distanze. Ha un'adattazione sensoriale straordinaria, unica al mondo.
Jennifer Connelly: Ma come mai erano nel guanto dell'assassino?
John McGregor: Forse perché quando uccide trafuga i corpi delle sue vittime e poi vive a contatto fisico con i cadaveri. Li conserva. È un necrofilo.
- Direttore del manicomio: La maggior parte degli internati sono costretti all'immobilità. Si metta l'anima in pace, Ispettore. La persona che sta cercando non c'è tra i nostri pazienti. Nessuno è mai fuggito da qui dentro.
Ispettore Rudolf Geiger: Sì, è vero. Però io sto seguendo una pista esattamente opposta. Adesso le spiego: non si tratterebbe proprio di qualcuno che è uscito da qui, dal vostro ospedale, ma di qualcuno che è entrato.
Direttore del manicomio: Sì, mi ricordo. Un fatto inspiegabile. È accaduto una quindicina di anni fa qui nei piani sotterranei, dove possiamo accedere soltanto noi del personale. In questo posto più si scende più... insomma, è un po' come l'Inferno.
Ispettore Rudolf Geiger: L'ultimo cerchio, quello senza il centro.
- Jennifer Corvino: Ma perché gli specchi sono coperti?
Frau Brückner: Ti ho detto che non vivo sola qui. Ho un figlio piccolo che è molto malato. È per lui che devo coprire gli specchi. Non vuole vedere la sua immagine. È la mia grande preoccupazione. Ha sconvolto completamente la mia vita. Certe volte mi rende come pazza.
Jennifer Corvino: Mi dispiace.
Frau Brückner: Sono cose che possono accadere nella vita di una donna. Ma non turbarti. Non lo vedrai.
Jennifer Corvino: Ma guarda che io—
Frau Brückner: No! È meglio che tu non lo veda. Lui è sempre rinchiuso in camera con i suoi pensieri folli.
Explicit
modificaEra un mostro, ma era mio figlio. Tu lo hai... Hai...! Perché non ti ho ammazzata prima? Ho già ucciso quel poliziotto, quel tuo amico professore per proteggere mia creatura. E adesso? Adesso ucciderò te per vendicarlo. Perché non chiami i tuoi insetti? Avanti, chiamali. Chiamali! (Frau Brückner)
Citazioni su Phenomena
modifica- Anche se assomiglia un po' troppo a Suspiria, è uno dei migliori Argento di quel periodo, al quale si perdona l'abuso di heavy metal nella colonna sonora. (Il Mereghetti)
- Con Phenomena è stata la prima volta che abbiamo deciso di inserire la voce di un soprano in un contesto rock. In Opera questa presenza è più delicata. In Phenomena e Opera ho seguito una certa continuità stilistica. (Claudio Simonetti)
- È una favola nera, sicuramente più sbilanciata sul lato del fantastico, però anche lì ci sono i boschi, l’acqua, gli assalti degli animali. All'epoca Dario disse che si ispirava ai dipinti di Caspar David Friedrich, artista tedesco che ritrae la natura e la figura umana in una concezione prettamente romantica. (Franco Ferrini)
- Il programmatico disinteresse per la logica narrativa esplode nel delirio truculento dell'ultima mezz'ora con 4 o 5 finali infilati l'uno nell'altro, ulteriore dimostrazione di un narcisismo esibizionistico quasi disperato. (il Morandini)
- Ottimo e puro Argento, in grado di convertire difetti in pregi, facendo giocare a proprio vantaggio le potenziali incongruenze narrative, trasformate, grazie a una sbalorditiva capacità di girare sequenze suggestive, in una potente narrazione onirica che arricchisce una trama lineare, ma non banale, ricca di spunti interessanti e curiosi, come il rapporto tra Jennifer e gli insetti. (Dizionario dei film horror)
- Ricordo il lungo procedimento per realizzare il calco in gesso della mia testa. Avevo la testa chiusa, solo due fori e le cannucce nel naso per respirare. Era fastidiosissimo. Poi per la famosa scena degli insetti sono stati utilizzati 40 milioni di insetti allevati e mi hanno spalmato del glucosio in faccia. (Davide Marotta)
- Da Phenomena si può uscire vagamente disgustati ma non inquieti, l'orrore che abbiamo appena gustato non si ritaglia un posticino nell'inconscio ma scivola via veloce, lasciando nello spettatore un senso di estraneità.
- Phenomena è un film alquanto schizofrenico che gioca tutte le sue carte nello sfrenato finale a ripetizione: trenta minuti di orrore martellante che purtroppo gira a vuoto, probabilmente perché il disvelamento del doppio assassino giunge troppo improvviso e gratuito. Meglio la prima parte, più sfumata e figurativamente elegante, piena di fruscii premonitori (il famoso phön che gonfia le foreste) e di tenere disquisizioni sulle qualità segrete degli insetti. Era quella la strada da seguire. Più magia e meno frattaglie.
- Sette miliardi di budget, 40 milioni di insetti, tre gigantesche ventole a turbina per ricreare il vento, 450 diversi effetti speciali, una super-gru capace di portare la macchina da presa a 30 metri d'altezza, luci a fibre ottiche, costumi firmati Armani, eccetera eccetera: non c'è che dire, stavolta Dario Argento – novello Signore delle mosche – ha fatto le cose in grande. Forse troppo.
- Che ho voluto raccontare? Ancora non lo so. Lo so sempre quattro, cinque mesi dopo l'uscita. Così, a sensazione, a pelle, in Phenomena ci trovo tante cose mie. Tanto mio cinema. Ma anche tante storie private. Tanti personaggi che ho conosciuto, che ho amato, che mi hanno amato, cui ho fatto del bene, che mi hanno fatto del male, che ho aiutato, che mi hanno tradito, che conosco, che non conoscerò mai. [...] E mi viene in mente un'idea che certo non era cosciente, ma che dà una strana chiave di lettura per il film. Paul Cordino, il personaggio che si nomina tanto nel film ma che non si vede mai, e se fossi io? Quest'idea mi turba, la stessa storia del film ora mi sembra diversa.
- Desideravo raccontare una storia dove ci fosse il rispetto per gli insetti. Tutti rispettano i mammiferi, ma di questi piccoli animali a nessuno gliene frega. Volevo dimostrare l'intelligenza e le straordinarie facoltà — superiori a quelle dell'uomo — di questi piccoli esserini che il cinema ha spesso raffigurato come mostri che mordono e assalgono le persone. Una volta sentii allo zoo un bambino che diceva alla madre: "Il leone è cattivo". La madre, giustamente, gli rispose: "Il leone non è cattivo, è feroce". Gli animali dimostrano l'aggressività quando sono molestati. È la loro natura... non sono cattivi. Gli uomini sono cattivi.
- È stato difficile far recitare gli insetti, ma anche la scimmia mi ha fatto impazzire, poiché volevo che la sua interpretazione non fosse buffonesca. Gli insetti sono comunque degli animali simpaticissimi, che ho rappresentato affettuosamente e loro mi hanno ripagato evitandomi pizzichi e punture.
- [Sulla scena finale] Fu l'ultima scena che girammo e, ripensandoci, fu piuttosto rischioso. Non so se lo sapete, ma gli scimpanzé sono incredibilmente forti. Ho perfino dovuto usare una controfigura per Jennifer in quella scena, perché lei e lo scimpanzé spesso non andavano d'accordo. Lo scimpanzé le afferrava il braccio e Jennifer urlava e si agitava. Anche lo scimpanzé si agitava un po', ma io ero ero fortunato. Parlavo con lo scimpanzé in italiano mentre stavo preparando la scena in cui lo scimpanzé doveva guardare attraverso le tende veneziane. Ho anche portato lo scimpanzé alla finestra con le tende veneziane e gli ho mostrato con le mani ciò che volevo facesse, e come doveva fare a pezzi le tende per poi semplicemente romperle. Lo scimpanzé mi guardò con aria molto seria. Quando abbiamo cominciato le riprese, lo posizionai e fece esattamente ciò che gli avevo mostrato. Compensò per il suo buon comportamento il giorno successivo. Stavamo girando una scena presso una foresta e lo scimpanzé fuggì. Era sparito nel nulla da tre giorni. Si dové chiamare la guardia forestale per rintracciarlo. Sapevano che alla fine lo scimpanzé avrebbe avuto fame e lo presero quando sbucò allo scoperto per mangiare.
- Ho speso più di sei miliardi. La colpa è degli insetti: ho dovuto importare ragni, scorpioni, e vedove nere dall'Africa mentre mosche, cavallette e vespe le abbiamo allevate in più parti di Roma.
- Inga e Jennifer sono molto simili perché abbandonate a se stesse. Sono due anime solitarie che si sono battute per la vita. Nel momento in cui se ne rendono conto si abbracciano teneramente.
- Mi dimenticai tutto. Paure. Amori. Amicizie. La mia vita privata. Mi sentivo come un samurai. Completamente catturato dalla disciplina di fare questo film, di vincere questa sfida, la sfida di fare un film compatto e sicuro, potente, impressionante, dei momenti favola e dei momenti pazzia.
- Mi ero fissato in una sfida paranoica: volevo realizzare in un film la più alta tecnica che il cinema italiano in questo momento potesse esprimere. Una specie di super-sfida con il cinema americano dei grandi effetti, rispondendo colpo su colpo: i migliori mezzi, la tecnologia più sofisticata, i collaboratori più bravi.
- Non volevo peccare di insensibilità e tanto meno sostenere concetti odiosi. Volevo raccontare la deformità dell'anima e non quella fisica. Mrs Bruckner era una donna cattiva perché aveva tenuto quella povera creatura di suo figlio non solo segregata in casa, ma anche incatenata al muro. La pazza è lei. Per questo ho deciso di lasciare a lei la fine peggiore, mentre il bambino si disperde semplicemente tra le acque del laghetto.
- Pensavo che ci volessero spalle grandi come quelle di Schwarzenegger per reggere tutto il peso del film. E non sospettavo che Jennifer avesse spalle così robuste. E una volontà così forte.
- Per la scena in cui Jennifer segue la mosca sarcofaga, mi sono ricordato di qualcuno che da bambino aveva ideato — per fare scherzi a scuola — un guinzaglietto di sottilissimo filo di nylon applicabile sul corpo di vespe e mosconi... senza assolutamente intaccare le ali degli insetti.
- Quando ho pensato Phenomena mi immaginavo che dal 1940 al 1945 ci fosse stato un avvenimento molto grave, la guerra, e i nazisti avessero vinto. Passati trenta-quarant'anni la gente ha cancellato dalla memoria questo avvenimento così drammatico, non ne parla più. Però in realtà i nazisti hanno vinto la guerra, e la vita ha quindi tutto un altro senso, è la vita di un mondo dove ha vinto l'ordine nazista. Se il film viene guardato con attenzione, sotto questo aspetto, si scopre che chi lo ha fatto pensava a questo principio.
- Volevo che Jennifer Connelly interpretasse la figlia di Al Pacino... e per renderlo più evidente, avrei inserito anche fotografie e filmati di lui. Purtoppo, tramite il suo agente, Pacino mi fece sapere che non avrebbe accettato. Non voleva soldi, ma non gradiva che si raccontasse la storia di una figlia che non ha neppure.
- Che ci crediate o no, quello era uno di quei film in cui per una volta ci ho messo cuore e anima. I miei genitori volevano rifiutare il ruolo, ma mi sono offesa a morte e ho continuato a creare problemi finché non hanno accettato. Ho conosciuto Argento, mi è piaciuto subito e volevo andare in Italia perché era lì che si girava il film.
- Durante la lavorazione non ho mai avuto paura, cosa che invece è successa quando ho visto il film finito, per intero.
- Gli insetti non mi fanno alcuna impressione e poi quelli più strani erano in gabbia. L'unico momento di preoccupazione l'ho avuto girando una scena in barca: non so guidarla bene e la persona che era con me non sapeva nuotare.
- Lavorare con lo scimpanzé mi ha distrutto. [...] Ero una grande appassionata di primati da bambina. [...] Mi si spezzò il cuore. Mi ha morso. [...] Quello fu solo l'inizio. [...] Successivamente s'imbestialiva con me, e ogni volta che mi vedeva perdeva completamente la testa.
- Poco tempo fa, ho pensato, "Okay, cosa potrei guardare con un amica? O con Paul, per esempio". Pensai, forse, qualcosa come Phenomena, perché avevo tredici anni. All'inizio della nostra relazione, Paul voleva davvero guardarlo. Ma io non ho potuto. Dal momento in cui ha iniziato, gli passai sopra la testa cercando di coprirla, "No, no, no, spegnilo!". Non ce la facevo.
- Ancora, Argento si è dedicato come sempre alla cura della fotografia, ispirandosi questa volta ai film post-espressionisti di Fritz Lang e Leni Riefenstahl, in bianco e nero. Ma anche con uno sguardo ai giochi di ombre del Bacio della pantera di Jacques Tourneur (già citato nella scena della piscina di Suspiria). Predominano quindi i contrasti tra chiaro e scuro, senza più i fasci di luci colorate di Inferno e Suspiria.
- È un film più vicino alle fiabe di tutte le precedenti fatiche di Argento, un lungo viaggio attraverso lo specchio che sarebbe piaciuto a Lewis Carroll.
- L'idea di Phenomena nasce quasi per caso, dall'ascolto di una notizia al giornale radio di una emittente francese. Lo speaker parlava di un assassino scoperto con l'aiuto degli insetti. Da quello spunto Argento era risalito a un entomologo francese esperto in criminologia, e tra docenti universitari di entomologia e agenti di polizia aveva scoperto un singolare intreccio. Gli insetti che proliferano su un cadavere, infatti, consentono di datare con precisione un avvenimento delittuoso, anche quando risale a molti mesi prima.
- A me i film dell'orrore piacciono molto, e Dario è molto bravo. Devo però fare un discorso a parte per Phenomena, un film che in un certo senso ripudio. Non perché non sia valido, dato che io lo trovo bello, ma per il suo contenuto; io mi sento molto toccata dal problema degli handicappati, e in Phenomena si scopre alla fine che gli assassini sono un bambino deforme e la sua mamma, che uccide per difenderlo. Inoltre nel film i buoni sono ricchi e belli, mentre i cattivi sono brutti e poveri. Mi è sembrata un'opera molto reazionaria, e un notevole passo indietro di Dario, un regista che ho amato molto ma con cui non ho più intenzione di lavorare, almeno finché continuerà su questa strada.
- Accidenti! La mano che "infieriva" sul mio volto era veramente della scimmia e il rasoio di ferro, benché non fosse affilato, mi segnò ugualmente. Subito dopo la scimmia inferocita si scaglio contro Jennifer Connelly e, con un morso, le staccò la falange di un dito!
- Phenomena riprende un episodio della mia infanzia e poi la sua realizzazione è coincisa con la fine del mio rapporto con Dario, per cui ho voluto di proposito apparire tanto brutta e cattiva.
- Una sceneggiatura così ha tutta la mia disapprovazione, va completamente contro il mio modo di vedere il mondo. Dario è vittima di un processo di involuzione, solo se torna in sé sarà possibile lavorare di nuovo insieme.
- [Sul bambino deforme] A suo tempo, qualcuno arrivò ad accusarmi di averlo copiato dal mostro di un altro film, mentre, molto più semplicemente, mi ero ispirato alle immagini che trovai sui miei libri di testo dell'Università. Ci sono ancora alcuni articoli che all'epoca furono pubblicati su L'Écran Fantastique dove io mostravo queste foto.
- Andando alla prima riunione per Phenomena, ho captato alcune esigenze e ho sfruttato ciò che sapevo. Mancavano il mostro e gli effetti ottici, così ho realizzato un filmato in stop motion e l'ho fatto vedere a Dario. L'ho conquistato. Dopo il diploma mi ero iscritto a medicina. Per l'esame di genetica avevo studiato la Sindrome di Patau, una malattia rara, così ho ideato il viso del mostro ispirandomi alle foto dei malati, ho preparato dei disegni e ho realizzato una maschera. Dopo averla vista, Dario mi ha dato carta bianca.
- Dario considera molto importante nella nascita della nostra collaborazione la famosa lucciola animata che realizzai e che portai sul set. Era molto grande per essere una lucciola, diciamo che aveva grossomodo le dimensioni di un telefonino, e feci uno scheletro animabile interno, poi all’esterno rifinii il tutto con il lattice e le resine. Era una lucciola gigantesca che poteva essere ripresa in scala. Nelle scene descritte nel copione la lucciola recita un po’ di più rispetto a quello che poi fa nel film ed io, leggendolo, cercai di realizzare un grande effetto anche se poi Dario mi fece capire che la sua intenzione era diversa.
- La piscina è una semplice piscina che contiene una specie di segatura chiamata vermiculite che galleggia e dà l’impressione di essere una semplice melma. Molte delle cose, comunque, furono realizzate in dettaglio, a parte, in piccole vaschette con la mano di alcune persone che si avvicinava in maniera abbastanza ributtante a dei dettagli anatomici che realizzai con una gomma traslucida che viene utilizzata negli stampi e che è molto oleosa e difficile da utilizzare perché non si incolla con nulla.
- Una mattina, svuotando la moka nel lavandino, avevo scoperto che il caffè immerso nell’acqua rilasciava una nuvola di granelli neri. Così ho radunato quantità industriali di caffè chiedendole nei bar del mio quartiere e le ho lavate in acqua per alcuni giorni, fino a fargli perdere ogni residuo colorante. Questa polvere granulosa, una volta versata in un acquario dallo spessore molto limitato, ripresa con una pellicola ad alto contrasto e a una certa velocità, dava per risultato un nugolo di puntini neri in movimento contro un fondo bianco. Ecco le mosche! Con le tecniche di stampatrice ottica e le sovrimpressioni su pellicola, siamo riusciti a fare delle scene che sarebbe stato impossibile girare con le vere mosche che Maurizio Garrone aveva allevato per settimane nei teatri di posa della De Paolis: quell’inquadratura in cui uno sciame passa davanti alla luna, oscurandola... Ecco, questo tipo di inventiva è venuta meno con la computer grafica, ed è un peccato.