Sergej Medvedev (scrittore)

scrittore russo

Sergej Aleksandrovič Medvedev (1966 – vivente), scrittore russo.

Sergej Medvedev nel 2019

Citazioni di Sergej Medvedev modifica

  Citazioni in ordine temporale.

Da "In Russia domina la cultura della violenza"

Intervista di Marta Allevato, agi.it, 8 aprile 2022.

[Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022]

  • [Su Vladimir Putin] Non si fermerà, dopo l'Ucraina non è escluso vada a cercare nei Paesi baltici altri presunti fascisti.
  • La Russia [...] assomiglia in questo alla Repubblica di Weimar, prova questo sentimento di offesa nei confronti del mondo esterno e su questo Putin ha creato una "politica storica", che ha alla base la necessità di far tornare in qualche forma l'Unione Sovietica, con la spartizione delle aree d'influenza tra le grandi potenze e si è convinto che questo non sia possibile senza la distruzione dell'indipendenza, della statalità dell'Ucraina, suo principale progetto negli ultimi anni.
  • [...] la società russa [poggia] sulla violenza e l'umiliazione della persona. La violenza non ha praticamente alcuna restrizione giuridica e culturale, è l'argomento finale di un Paese che si è rapidamente arcaizzato. È la norma in diversi settori: nelle famiglie, a scuola nei rapporti uomo-donna; la polizia, le carceri e l'Fsb si reggono sulla tortura, le prove nei tribunali sono costruite.
  • [...] quella vista a Bucha e a Mariupol è una vera e propria orgia di violenza; come spiegare il sadismo del nostro esercito, i saccheggi? La maggior parte dei soldati viene da realtà piuttosto povere, da regioni dove non ci sono strade asfaltate e bagni in casa. Arrivano in quelle che possono considerarsi delle cittadine borghesi e scoprono che gli ucraini conducono una vita benestante rispetto a loro e fanno razzia di quello che non hanno.
  • I russi stanno chiudendo gli occhi. Come vivevano gli abitanti di Dachau? Non sapevano che ai confini della città c'era un lager? Sì, ma guardavano da un'altra parte. I russi credono alla propaganda perché è psicologicamente più confortevole. Credono che siano gli ucraini stessi a inscenare i massacri, che sia l'esercito di Kiev a sparare sui civili per accusare i russi.
  • Putin conta sulla "politica del placare l'aggressore": diamo a Putin la Crimea si calmerà, diamogli il Donbass si calmerà. L'Europa si trova per la seconda volta in 80 anni nella stessa posizione di quanto pensava "diamo a Hitler i Sudeti si calmerà, diamogli l'Austria si calmera". Mi auguro non percorra la stessa strada di allora.

Da Il rovescio del cappotto

huffingtonpost.it, 27 giugno 2022.

[Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022]

  • [...] non serve essere Fedor Dostoevskij, Jurij Mamleev o Vladimir Sorokin per poter penetrare gli antri oscuri dell’anima russa. Basta seguire i resoconti delle violenze poliziesche e carcerarie, dei crimini dell’esercito, per capire che quanto è accaduto a Buča, Irpin, nelle altre città e negli altri villaggi occupati dai russi non è un eccesso, né un qualcosa di patologico, si tratta bensì di una sorta di norma, di prassi abituali degli apparati russi della violenza.
  • A Buča non operavano chissà quali mostri (si vociferava di unità speciali della Guardia Nazionale – la Rosgvardija –, di sottoreparti ceceni e sì che anche loro sono coinvolti in feroci massacri), ma unità ordinarie dell’esercito russo che, nonostante tutte le riforme di Anatolij Serdjukov e la poderosa operazione di marketing, continua a utilizzare la brutalità come unico mezzo per comandare.
  • [...] le forze armate della Russia, a differenza degli eserciti occidentali, non hanno sviluppato una cultura istituzionale che possa contribuire a minimizzare le perdite tra la popolazione civile: l’esercito russo non ha alcun freno che possa scongiurare una violenza ingiustificata e senza controllo.
  • Negli ultimi anni, grazie alla diffusione di telefoni e tablet nei luoghi di reclusione e all’accessibilità dei social network, si sono riversati sugli utenti terabyte di testimonianze scioccanti di torture, sevizie e violenze che da decenni vengono perpetrate nelle prigioni russe e che sono ormai diventate la norma nei rapporti tra l’amministrazione e i detenuti e dei detenuti tra di loro.
  • La violenza è penetrata nella carne e nel sangue della società russa, è diventata la matrice di una collettività costruita su gerarchie e sottomissioni, sulla sottrazione e la distribuzione delle risorse in cui la forza bruta è ben al di sopra della morale e il potere vince sul diritto. Tale ordine è consacrato dal comportamento della classe dirigente che dà alla plebaglia le sue automobiline con i lampeggianti, che esce impunita dai tribunali, che viene immortalata nei discorsi del presidente Putin, il quale insegna che «i deboli si picchiano» e «bisogna farlo per primi», strappando così gli applausi della folla.
  • [...] secondo la celebre espressione di Dostoevskij, la Russia si è «denudata», il cappotto è stato rovesciato ed è apparsa in bella vista la pochezza intrinseca sotto forma di un «esercito invasore»; il mondo ha visto la Russia in tutta la sua cattiveria insensata, crassa ignoranza, tendenza generale a rubare, brutalità, violenza e disprezzo della dignità individuale e della vita umana, che si tratti di civili ucraini o dei propri stessi soldati. Quelle caratteristiche ormai abituali dentro il paese, come un marchio di fabbrica, tutt’a un tratto sono diventate visibili: sono venuti fuori tutti i buchi, gli strappi, le cuciture storte, il tessuto mezzo marcio del cappotto russo, e ormai non è un crollo della reputazione, ma della civiltà stessa. Viene minata alla base la finzione su cui si è retta la Russia negli ultimi secoli: la forma esterna del paese, manifestatasi in questa guerra vergognosa, corrisponde ora al suo contenuto interno; la Russia si è presentata al mondo nel suo vero aspetto. Il male senza fondo scoperto a Buča e Mariupol’ può far inorridire, ma non deve meravigliare: tutta la Russia è la nostra Buča.

Da "In Russia potere fascista"/"Putin ha creato uno Stato Leviatano"

ilsussidiario.net, 17 febbraio 2023.

[Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022]

  • È un potere imperiale, totalitario, mafioso... E mi piace usare anche la formula del “biopotere” di Michel Foucault, perché mira a controllare ciò che ha a che fare con il corpo degli abitanti, come abbiamo visto con la messa al bando delle persone LGBT, il divieto delle adozioni straniere, poi lo “spettacolare” aumento delle violenze corporali da parte dello Stato contro i cittadini: torture, stupri dei prigionieri con i manganelli, l’uso della forza bruta da parte della polizia contro i manifestanti...
  • Stiamo assistendo all’emergere di un potere fascista. Ovviamente non un fascismo come quello che abbiamo avuto a metà del 20° secolo, perché non è legato a un’ideologia, a differenza dello stalinismo o del nazismo. È il fascismo postmoderno. In Russia, tutto è sempre preso in prestito. Se guardiamo alle pratiche dell’esercito russo in Ucraina e ad alcuni articoli scritti da ideologi putiniani, non si tratta di conquistare territori nel Donbass o di salvare le popolazioni di lingua russa. Si tratta di distruggere l’Ucraina come nazione, come lingua, come entità politica. Insomma, è una negazione della sua esistenza e da questo punto di vista è una sorta di nazismo generato dall’idea imperiale russa.
  • Certo, non abbiamo le parate naziste né le leggi razziali di Norimberga, né la concentrazione campi. Non è affatto la stessa cosa, ovviamente. Ma abbiamo un’ideologia della distruzione della nazione ucraina, una distruzione delle città e della popolazione, dei campi di filtraggio. Arrestiamo persone che portano il tridente simbolo dell’Ucraina, uccidiamo insegnanti che insegnano la lingua ucraina, li costringiamo a riscrivere libri di testo di storia.
  • Tutto quello che aveva cercato di creare, tutta questa borghesia delle città degli ultimi trent’anni, questi 20 milioni che si erano uniti alla civiltà globale, è finito. La guerra di Putin è una manifestazione di questo fallimento. La Russia di Putin non ha creato una società civile, la democrazia non ha messo radici lì. Invece, ha ricreato un enorme Stato Leviatano, che ha schiacciato tutti i germogli della democrazia.

A War Made in Russia modifica

Citazioni modifica

  • Le relazioni tra lo Stato e la popolazione in Russia non si sono mai basate su modelli civili o repubblicani, ma su modelli coloniali e di sfruttamento. Le persone erano considerate risorse naturali per raggiungere gli obiettivi strategici dello Stato. In molti modi, la colonizzazione della Siberia e dell'Estremo Oriente fu effettuata con strumenti militari e di polizia, anzi con metodi penali, un po' come la colonizzazione dell'Australia da parte dell'Impero britannico. Lo Stato costruì fortezze e prigioni nelle terre conquistate, popolando questi enormi territori ghiacciati con soldati, esuli e detenuti. Di conseguenza, il territorio della Russia finì per essere considerato per molti versi l'incarnazione della repressione e dei penitenziari. Per secoli la Siberia non è stata solo una frontiera, ma una metafora della paura dello Stato, un luogo di esilio. Intere generazioni di nemici dello Stato scomparvero nelle distese ghiacciate della Siberia, così come interi popoli. L'area divenne un luogo di esclusione, punizione e oblio.
Relations between the state and the population in Russia were never based on civil or republican models, but on colonial and exploitative ones. People were regarded as natural resources for achieving the state's strategic goals. In many ways, the colonization of Siberia and the Far East was brought about by military and policing tools, indeed by penal methods, rather like the colonization of Australia by the British Empire. The state built fortresses and prisons in the conquered lands, populating these huge frozen territories with soldiers, exiles and convicts. As a result, the territory of Russia came to be regarded in many ways as the embodiment of repression and penitentiaries. For centuries, Siberia has been not just a frontier, but a metaphor for fear of the state, a place of exile. Complete generations of enemies of the state vanished in the frozen wastes of Siberia, as did whole peoples. The area became a place of exclusion, punishment and oblivion. (p. 6)
  • Nello smantellamento delle strutture del dominio imperiale, [Boris El'cin e Michail Gorbačëv] non sono riusciti a toccare l'apparato della violenza interna, in particolare il Kgb – o, come si è ribattezzato in tempi moderni, l'Fsb. Ha mantenuto le sue funzioni precedenti, la sua influenza e il suo modo di pensare, e si è insinuato organicamente nella nuova struttura del mercato della Russia post-sovietica come uno dei principali imprenditori della violenza.
In dismantling the structures of imperial domination, they failed to touch the apparatus of internal violence, notably the KGB – or, as it has re-named itself in modern times, the FSB. It has maintained its previous functions, its leverage and its way of thinking, and it has wormed its way organically into the new market structure of the post-Soviet Russia as one of the main entrepeneurs of violence. (p. 7)
  • Putin ha restituito alla Russia uno dei suoi principali archetipi: la guerra. È salito al potere come "il presidente della guerra" e non ha abbandonato l'argomento per nemmeno un solo anno del suo governo. La sua improvvisa nomina a primo ministro, il 9 agosto 1999, coincise con l'attacco a sorpresa al Daghestan da parte dei combattenti ceceni due giorni prima. Poi ci fu una serie di misteriose esplosioni in condomini a Mosca, Volgodonsk e Bujnaksk, nel sud della Russia, nel settembre 1999, che uccisero oltre 300 persone e ne ferirono altre 1.700. Un'altra esplosione è stata evitata in un condominio a Rjazan', ma questa è stata poi descritta come "solo un'operazione dell'Fsb". I terroristi ceceni furono accusati degli attacchi, ma ci sono teorie che suggeriscono che dietro gli attacchi ci fossero l'Fsb e Putin personalmente, e che Putin volesse aumentare la sua reputazione come protettore della nazione in vista delle elezioni presidenziali del 2000, così come rafforzare il ruolo dell'Fsb e giustificare una nuova guerra in Cecenia.
Putin has given back to Russia one of its main archetypes: war. He came to power as "the war president" and has not left the subject alone even for a single year of his rule. His sudden appointment to the post of prime minister on 9 August 1999 coincided with the surprise attack on Dagestan by Chechen fighters two days earlier. Then there was a series of mysterious explosions in blocks of flats in Moscow, Volgodonsk and Buynaksk in the south of Russia in September 1999, which killed over 300 people and wounded a further 1,700. Another explosion was prevented in a block of flats in Ryazan, but this was then described as "just an FSB exercise". Chechen terrorists were blamed for the attacks, but there are theories that suggest that the FSB and Putin personally were behind the attacks, and that Putin wanted to raise his ratings as a protector of the nation ahead of the presidential election in 2000, as well as strengthening the role of the FSB and justifying a new war in Chechnya. (p. 10)
  • [...] il cambiamento principale avvenuto in Russia negli ultimi quindici anni è che la guerra è diventata il linguaggio della vita quotidiana, proprio come i rituali militaristici sono diventati parte della propaganda di stato e della routine quotidiana. Da un lato, il culto della Seconda guerra mondiale e la religione della "Vittoria" si sono costantemente radicati nella coscienza delle persone e sono diventati l'ideologia statale non ufficiale. D'altra parte, il militarismo si è insinuato in ogni aspetto della vita, nelle celebrazioni pubbliche e nei festival rock, nelle scuole e nei cinema. Ovunque si sono svolte mostre di tecnologia militare e di armi leggere, i bambini sono stati vestiti con uniformi militari e gli è stato insegnato come assemblare e smontare i fucili automatici; anche i bambini sono stati messi in passeggini che sono stati trasformati in carri armati. Nel 2008, sono ricominciate le parate militari in Russia, cosa che non accadeva dai tempi dell'Unione Sovietica, e da allora ogni anno veicoli militari sempre più pesanti sono apparsi sulle strade cittadine, facendo a pezzi l'asfalto e le infrastrutture della città; è stato anche messo in mostra il missile balistico nucleare Topol-M. I presentatori televisivi hanno sbavato parlando di attacchi nucleari su Londra e Washington, minacciando di trasformarli in "polvere radioattiva", e nei suoi discorsi annuali al parlamento Putin ha mostrato film animati sui missili nucleari ipersonici russi che possono volare in tutto il mondo. Per quanto riguarda la propaganda di guerra, la Russia si è trasformata in una sorta di Corea del Nord.
[...] the main change that has happened in Russia over the past fifteen years is that war has become the language of everyday life, just as militaristic rituals have become a part of state propaganda and daily routine. On one hand, the cult of the Second World War and the religion of "the Victory" have been endlessly implanted into people's consciousness, and they have become the unofficial state ideology. On the other hand, militarism has crept into every aspect of life, in public celebrations and rock festivals, in schools and cinemas. Everywhere there have been exhibitions of military technology and small arms, children have been dressed up in army uniforms and have been taught how to assemble and strip down automatic rifles; even babies have been put in strollers that have been done up to look like tanks. In 2008, military parades began again in Russia, which had not happened since Soviet times, and each year since then ever heavier military vehicles have appeared on city streets, tearing up the asphalt and the city's infrastructure; even the ballistic nuclear missile, Topol-M, has been rolled out. Television presenters have positively drooled while talking about nuclear strikes on London and Washington, threatening to turn them into "radioactive dust", and in his annual addresses to parliament Putin has shown animated films about Russian hypersonic nuclear missiles that can fly right around the globe. As far as the propaganda of war is concerned, Russia has turned into a North Korea of sorts. (pp. 12-13)
  • [Sulla pandemia di COVID-19 in Russia] Le autorità russe persero la battaglia contro la pandemia. Nonostante l'esistenza di un elaborato sistema di difesa contro le epidemie (eredità dell'epoca sovietica), e nonostante la Russia sia stata uno dei primi paesi al mondo a inventare un vaccino efficace, lo Sputnik-V, non sono stati in grado di organizzare il programma di vaccinazione con sufficiente rapidità o per fornire un'adeguata assistenza medica fuori Mosca. Di conseguenza, la Russia ha registrato uno dei tassi di mortalità in eccesso più alti al mondo (più di un milione nel 2020-1). A differenza dei paesi sviluppati, il governo russo e le autorità regionali non sono riusciti a fornire alla popolazione alcun sostegno materiale significativo, il che ha reso inutili la quarantena e i blocchi e, allo stesso tempo, ha fatto crollare il settore privato dell'economia. L'indifferenza dello Stato nei confronti della salute della popolazione si è riflessa nell'indifferenza delle persone nei confronti della propria salute e sicurezza: i livelli di negazione del Covid e la dimensione del movimento anti-vaccinazione in Russia erano tra i più grandi al mondo. Il Covid ha insegnato alle autorità russe una lezione fondamentale: quando c'è una totale mancanza di fiducia tra la popolazione, un'atomizzazione della società e un fallimento delle istituzioni, si può ignorare la popolazione e aggrapparsi alle illusioni della "normalità" e della "stabilità sociale" – il popolo è sottomesso, inerte, fatalista e pronto a qualsiasi sacrificio.
The Russian authorities lost the battle with the pandemic. Despite the existence of an elaborate system for defence against an epidemic (a legacy of Soviet times), and even though Russia was one of the first countries in the world to come up with an effective vaccine, Sputnik-V, they were unable to organize the vaccination programme quickly enough, or to provide suitable medical help outside Moscow. As a result, Russia registered one of the highest exces death rates in the world (more than a million in 2020-1). Unlike the developed countries, the Russian government and regional authorities failed to provide the population with any significant material support, which effectively made quarantine and lockdowns futile, and at the same time brought down the private sector of the economy. The state's indifference to the health of the population was reflected in people's indifference to their own health and safety: the levels of Covid denial and the size of the anti-vaccination movement in Russia were among the biggest in the world. Covid taught the Russian authorities a vital lesson: when there is total lack of trust among the population, atomization of society and a failure of institutions, you can ignore the population and just hold on to the illusions of "normalcy" and "social stability" – the people are submissive, inert, fatalistic and prepared for any sacrifices. (pp. 18-19)
  • Il putinismo, infatti, è una sorta di retro-politica. Dopo aver fallito con i suoi piani iniziali di modernizzare la Russia e di perseguire una politica di riavvicinamento con l'Occidente nel periodo dal 2000 al 2003, Putin ha iniziato a guardare al passato come fonte della sua legittimità, come forza di mobilitazione e consolidamento della popolazione. [...] Nel caso russo, il passato si concentra sulla Seconda guerra mondiale e sulla Vittoria del 1945, che sono diventati il ​​mito fondamentale e una nuova religione per la nazione. In esso c'è posto per il culto degli antenati: le persone regolarmente organizzano pellegrinaggi sotto il nome di "reggimento eterno", durante i quali portano i ritratti degli eroi della Seconda guerra mondiale al posto delle icone; si rivolgono a loro nei momenti difficili e studiano le loro biografie. [...] Il culto della Vittoria ha visto la nascita di un movimento popolare chiamato ironicamente "mania della vittoria": i genitori vestono i loro figli con tuniche di guerra, agghindano passeggini e biciclette per farli sembrare carri armati giocattolo, insegnano loro a cantare canzoni militari e li vestono come soldati dell'Armata Rossa.
    In questo senso, la guerra della Russia in Ucraina non è altro che una gigantesca ricostruzione storica. [...] La Russia ha creato un cosplay della Grande Guerra Patriottica: l'idea iniziale della guerra era assurdamente annunciata come "la denazificazione dell'Ucraina", in cui la Russia interpretava il ruolo dell'Unione Sovietica al tempo della Seconda guerra mondiale e all'Ucraina fu assegnato il ruolo della Germania fascista; la simbolica "guerra della memoria" si trasformò in una guerra reale, cinetica.
Putinism, in fact, is a sort of retro-politics. Having failed with his initial plans to modernize Russia and pursue a policy of rapproachment with the West in the period from 2000 to 2003, Putin started to turn to the past as the source of his legitimacy, as a force for the mobilization and consolidation of the population. [...] In the Russian case, the past is focused on the Second World War and the Victory of 1945, which have become the fundamental myth and a new religion for the nation. There is a place in it for the cult of the ancestors – people regularly hold pilgrimages under the name of "eternal regiment", at which they carry portraits of Second World War heroes in place of icons; they turn to them in difficult times and study their biographies. [...] The cult of Victory has seen the emergence of a popular movement ironically called "Victory Frenzy": parents dress their children in wartime tunics, do up their strollers and bicycles to resemble toy tanks, teach them to sing military songs and make them look like Red Army soldiers.
In this sense, Russia's war in Ukraine is nothing more than a gigantic historical reconstruction. [...] Russia created a cosplay of the Great Patriotic War: the initial idea of the war was absurdly announced as "the denazification of Ukraine", in which Russia played the role of the Soviet Union at the time of the Second World War, and Ukraine was given the role of fascist Germany; the symbolic "war of memory" was turned into a real, kinetic, war.
(pp. 21-22)
  • La Russia è diventata il principale esportatore mondiale di guerra. In retrospettiva, questo sembra essere stato l'obiettivo strategico di Putin fin dall'inizio. Se il defunto Michail Gorbačëv è riuscito a neutralizzare la minaccia sovietica e ha ricevuto "il dividendo della pace", Putin ha rilanciato "la minaccia russa" e cerca il dividendo della guerra. Secondo lui, partendo da una posizione di debolezza, la Russia dovrebbe aumentare continuamente i rischi per tutti coloro che la circondano. [...] Poiché non è in grado di garantire pace e stabilità, la Russia del 21° secolo ha iniziato a specializzarsi nella produzione del rischio come un modo per promuovere i propri interessi, elevare il proprio status globale e intimidire i potenziali rivali. Nel 2020, la Russia aveva perso la sua potenza economica e diplomatica e, come hanno dimostrato i primi mesi della guerra con l'Ucraina, anche la sua potenza militare – nonché qualsiasi attrattiva del suo modello sociale, del suo potenziale scientifico e innovativo, dei suoi risultati nello Spazio e, dopo lo scandalo del doping a Soči, le sue prodezze sportive. Gli unici elementi rimasti del "soft power" russo erano la paura e la capacità di allentare la tensione.
Russia has become the world's main exporter of war. In retrospect, this seems to have been Putin's strategic goal all along. If the late Mikhail Gorbachev succeeded in neutralizing the Soviet threat and received "the peace dividend", Putin has revived "the Russian threat" and is seeking the war dividend. He believes that, playing from a position of weakness, Russia should endlessly raise the risks for all those around it. [...] As it is unable to guarantee peace and stability, 21st-century Russia has begun to specialize in the production of risk as a way of promoting its interests, raising its global status and intimidating prospective rivals. By 2020, Russia had ultimately lost its economic and its diplomatic might and, as the first months of the war with Ukraine showed, its military power, too – as well as any attractiveness of its social model, its scientific and innovative potential, its achievements in Space, and, after the doping scandal in Sochi, its sporting prowess. The only elements of Russia's "soft power" that remained were fear and the ability to spead tension. (pp. 25-26)
  • [...] fin dall'inizio della guerra, che la Russia annunciò come una crociata per la "denazificazione dell'Ucraina", la Russia stessa mostrò segni di fascismo, dalla lettera "Z", una mezza svastica fatta a casa – che veniva usata per contrassegnare la tecnologia militare russa impiegata nell'invasione e divenuta simbolo del nuovo regime, esposta su magliette, manifesti e facciate di edifici – all'idea dei "legami" (skrepij), l'insieme dei valori tradizionali che corrisponde esattamente alla parola italiana "fascio", ovvero il fascio littorio dell'antica Roma: un'asta con un'ascia, legata con un nastro, da cui deriva la parola "fascismo". La vista delle colonne corazzate russe che attraversano i campi dell'Ucraina, dando fuoco alle città e uccidendo civili, è un flashback delle riprese del tempo di guerra del 1941-43, quando i carri armati della Wehrmacht calpestarono l'Ucraina esattamente nello stesso modo. [...] Tuttavia, nonostante tutto ciò, al fascismo russo manca un elemento chiave: la capacità di mobilitare la società. [...] Il problema è che il fascismo classico del XX secolo era il prodotto di una società industrializzata di massa, mentre il putinismo è uscito da una società post-sovietica, post-industriale e post-di massa, basata sulla smobilitazione e sull'atomizzazione. La depoliticizzazione della popolazione e l'incapacità di portare avanti un'azione collettiva è uno dei principali risultati del ventennio di governo di Putin. Questa è una società costruita secondo le leggi dello spettacolo e della performance, e il suo istinto principale è la stabilità e il comfort, non un desiderio ardente o "passionarietà" (come la chiamava l'etnografo russo Lev Gumilev). Simboli e slogan fascisti restano sospesi nell'aria. La maggior parte della popolazione è disposta a sostenere la guerra simbolicamente o in modo dichiarativo, ma non è pronta ad andare a morire per il bene della grandezza imperiale della Russia.
[...] from the very start of the war that Russia announced as a crusade for the "denazification of Ukraine", Russia itself showed signs of fascism, from the home-grown semi-swastika, the letter "Z" – which was used to mark Russian military technology employed in the invasion and that has become a symbol of the new regime, displayed on T-shirts, posters and the facades of buildings – to the idea of the "bonds" (skrepy), the gathering of traditional values that exactly matches the Italian word, il fascio, the ancient Roman lictor's bundle, the fasces: a rod with an axe, tied up with a ribbon, from which we derive the word "fascism". The sight of Russian armoured columns traversing the fields of Ukraine, setting fire to towns and killing civilians is a flashback to wartime footage of 1941-3, when Wehrmacht tanks trampled Ukraine in exactly the same way. [...] However, despite all this, one key element of fascism is missing from its Russian breed: the ability to mobilize society. [...] The problem is that the classic fascism of the twentieth century was a product of a mass industrialized society, while Putinism has come out of a post-Soviet, post-industrial and post-mass society, based on demobilization and atomization. The depoliticization of the population and the inability to carry out collective action is one of the main results of the twenty years of Putin's rule. This is a society built according to the laws of show and performance, and its principal instinct is for stability and comfort, not a burning desire or "passionarity" (as the Russian ethnographer Lev Gumilev called it). Fascist symbols and slogans are left hanging in the air. The bulk of the population are prepared to support the war symbolically or in a declaratory manner, but they are not ready to go and die for the sake of Russia's imperial greatness. (pp. 27-29)
  • Fin dai primi giorni della guerra fu coniato il soprannome dispregiativo "rascismo": una versione autoctona del fascismo, in cui il culto dello Stato, il risentimento post-imperiale, la secolare abitudine alla violenza, la politica aggressiva della memoria e il culto dei morti si uniscono. Questo regime e questa guerra sono un prodotto della decadente modernità russa: lo stato di polizia unitario, un'economia coloniale, una società paternalistica, lo sciovinismo e il militarismo delle grandi potenze hanno tutti messo radici. La guerra testimonia l'arcaicità del Paese, la sua incapacità di modernizzarsi negli ultimi trent'anni e la sua sconfitta definitiva nell'incontro con il XXI secolo. È questa sconfitta storica del progetto statale russo che ha dato origine all'invidia, al risentimento, al sogno di vendetta sulla civiltà moderna (un'idea che risale all'"uomo del sottosuolo" di Dostoevskij), e al "percorso speciale" della cultura russa – tutta la complicata patologia psichiatrica che è al centro del putinismo, del "rascismo" e della guerra in Ucraina.
From the very first days of the war, the derogative nickname "Russism" was coined: a home-grown version of fascism, in which the cult of the state, post-imperial resentment, the centuries-old habit of violence and the aggressive policy of memory, and the cult of the dead, all come together. This regime and this war are a product of the decaying Russian Modernity: the unitary police state, a colonial economy, a paternalistic society, great-power chauvinism and militarism have all taken root. The war testifies to how archaic the country is, to its failure to modernize over the past thirty years, and to its final defeat in the encounter with the twenty-first century. It is this historic defeat of the Russian state project that has given rise to envy, resentment, the dream of revenge on modern civilization (an idea that goes back to Dostoevsky's "underground man"), and the "special path" of Russian culture – the whole complicated psychiatric pathology that lies at the heart of Putinism, "Russism" and the war in Ukraine. (p. 31)
  • [Sulla pandemia di COVID-19 in Russia] In Russia, il coronavirus è stato incorporato nella politica di un regime autoritario. Quando nella prima metà del 2020 si è verificata la prima ondata di coronavirus, la diffusione della pandemia ha coinciso con la preparazione della riforma politica precedentemente pianificata che avrebbe dovuto garantire a Putin un potere illimitato e il diritto legale di governare per decenni. Inizialmente, il coronavirus sembrava rovinare i suoi piani napoleonici di riscrivere la Costituzione e cambiare il sistema politico, in particolare nel marzo 2020, quando contemporaneamente il prezzo del petrolio e il valore del rublo crollarono sotto l'influenza del lockdown globale. A quel punto, in primavera, la Russia fece alcuni tentativi per gestire l'epidemia applicando gli standard internazionali. Ci sono state quarantene parziali e lockdown, sono stati versati pagamenti una tantum alle famiglie con molti figli e sono state annunciate misure per sostenere le imprese e ridurre il debito (di cui, per inciso, pochi hanno potuto approfittare). Tuttavia, nel complesso, queste misure ammontavano a circa il 2% del Pil russo, in un momento in cui i paesi sviluppati spendevano il 20% e oltre.
In Russia, coronavirus was embedded in the politics of an authoritarian regime. When the first wave of coronavirus struck in the first half of 2020, the spread of the pandemic coincided with the preparation of the previously planned political reform that was to guarantee Putin unlimited power and the legal right to rule for decades. At first, coronavirus seemed to ruin his Napoleonic plans to rewrite the Constitution and change the political system, particularly in March 2020, when simultaneously the price of oil and the value of the rouble collapsed under the influence of the global lockdown. At that point in the spring, Russia made some attempts to manage the epidemic by applying international standards. There were partial quarantines and lockdowns, one-off payments were made to families with many children, and measures were announced to support business and reduce debt (which, incidentally, few were able to take advantage of). However, overall, these measures amounted to about 2 per cent of Russia's GDP, at a time when the developed countries were spending 20 per cent and higher. (pp. 49-50)
  • La pandemia di Covid ha mostrato ancora un altro elemento della società russa e della sua cultura politica: il disprezzo per la vita e la sicurezza umana. Fatta eccezione per un breve periodo di rigido lockdown nella primavera del 2020, la maggior parte della popolazione ha mostrato una notevole mancanza di rispetto per l'uso delle mascherine, le quarantene e il distanziamento sociale; inoltre, la Russia ha visto un numero record di negazionisti di Covid e di antivaccinisti. L'argomentazione popolare a questo proposito suonava darwiniana: "Se stai per ammalarti, ti ammalerai; se stai per morire, morirai". È apparso un nuovo cinico accordo sociale che sembrava accontentare tutti: le autorità hanno dato l'impressione di combattere il Covid, e la popolazione ha dato l'impressione di seguire le regole della sanità pubblica; tutta la Russia indossava una maschera sotto il mento in un atteggiamento di "Va cagare!". [...] Questa avversione per le mascherine ha rivelato anche l'estremo disprezzo che i russi hanno per la propria vita e la propria salute. Si tratta di una società paternalistica e dipendente, dove per secoli lo Stato ha rimosso la responsabilità dall'individuo, e tuttavia dove la vita era esposta a molteplici rischi, dal clima rigido alle guerre, dalla criminalità dilagante all'oppressione da parte dello Stato. Di conseguenza, l'individuo ha sviluppato un atteggiamento disprezzante nei confronti della vita, sia della propria che di quella degli altri. Ciò spiega i miti che sono sorti sull'audacia e sul coraggio dei russi; ma è anche fonte di incoscienza, di mancanza di rispetto per le regole e di abitudini suicide tra la popolazione.
The Covid pandemic has shown yet another element of Russian society and its political culture: a disregard for human life and safety. Except for a short period of strict lockdown in the spring of 2020, the majority of the population has shown a remarkable disrespect for wearing masks, quarantines and social distancing; moreover, Russia has seen some record numbers of Covid-dissidents and anti-vaxxers. The popular argument for this sounded Darwinian: "If you're going to fall ill, you'll fall ill; if you're going to die, you'll die". A new cynical social agreement appeared that seemed to suit everyone: the authorities gave the impression that they were fighting Covid, and the population gave the impression that they were following public health rules; the whole of Russia was wearing a mask under its chin in the "Get Lost!" style. [...] This dislike of masks has also revealed the extreme disregard that Russians have for their lives and their health. This is a paternalistic, dependent society, where for centuries the state has removed responsibility from the individual, and yet where life was exposed to multiple risks, from a harsh climate to wars, from rampant crime to oppression by the state. As a result, the individual has developed a disdainful attitude to life, both their own and that of others. This accounts for the myths that have arisen about Russian daring and Russian courage; but it is also the source of recklessness, a disrespect for rules, and the suicidal drinking habits among the population. (pp. 50-51)
  • È tipico che il presidente veda la causa del deficit demografico nel crollo di due imperi, e non nei crimini del bolscevismo: non nella morte delle vittime del "Terrore Rosso" e della Guerra Civile del 1918-22, né nelle tre ondate di carestia del 1921-2, 1932-3 e 1946-7 (in cui morirono fino a 13 milioni di persone); non nella collettivizzazione degli anni trenta, né nella deportazione di interi popoli negli anni quaranta; secondo Putin, non aveva nulla a che fare con il "Grande Terrore" del 1937-38, o con le repressioni del dopoguerra... Anche se si è scettici sulla cifra di 66,7 milioni di persone eliminate dallo Stato (senza contare la guerra) avanzata da Aleksandr Solženicyn, stiamo comunque parlando di decine di milioni di persone. Erano tutte vittime della politica statale, sulla quale però il presidente Putin preferisce tacere. Per lui la tragedia non sta nel terrore dello stato, ma nel crollo dello stato e nella perdita del territorio.
It is typical that the president sees the reason for the shortfall in the population as being the collapse of two empires, and not the crimes of Bolshevism: not the deaths of the victims of the "Red Terror" and the Civil War of 1918-22, nor the three waves of famine in 1921-2, 1932-3 and 1946-7 (in which up to 13 million people perished); not because of the collectivization of the 1930s, nor the deportation of whole peoples in the 1940s; it was not (in Putin's view) anything o do with the "Great Terror" of 1937-8, or the post-War repressions... Even if one is sceptical of the figure of 66.7 million people eliminated by the state (not counting the War) put forward by Alexander Solzhenitsyn, we are nevertheless talking about tens of millions of people. All of them were the victims of state policy – about which, however, President Putin chooses to remain silent. For him, the tragedy lies not in the state's terror, but in the collapse of statehood and the loss of territory. (p. 56)
  • [...] perché la Russia ha bisogno di una popolazione di mezzo miliardo? E dove vivranno? Nelle città fantasma dell'estremo nord, diventate un completo disastro socio-economico? In Estremo Oriente? Nessuno vuole andare a vivere lì (nonostante lo Stato abbia promesso un ettaro di terra gratis a ogni nuovo arrivato) e le persone lasciano la zona in massa. Nei territori meno fertili e non della terra nera della Russia centrale? Ma lì è in atto un esodo simile, che la sta trasformando in una terra di villaggi morti e piccole città morenti. Riusciranno le infrastrutture delle città russe, le risorse idriche e gli impianti di riciclaggio a far fronte a questa nuova popolazione? In che misura la sanità russa è pronta a questo afflusso, quando nella pandemia di Covid i suoi fallimenti erano sotto gli occhi di tutti? [...] Lo scopo della politica non dovrebbe essere quello di aumentare il tasso di natalità e la dimensione della popolazione, ma di abbassare i tassi di mortalità, aumentare la longevità e la qualità della vita, migliorare l'assistenza sanitaria e il benessere sociale...
[...] why does Russia need a population of half a billion, and where are they going to live? In the ghost towns of the Far North, that have become a complete socio-economic disaster? In the Far East? No one wants to go and live there (despite the state promising a free hectare of land to any new arrival) and people are leaving the area in droves. In the less fertile, non-black earth territories in Central Russia? But there is a similar exodus taking place there, which is turning it into a land of dead villages and dying small towns. Can the infrastructure of Russian towns, the water resources, the recycling plants, cope with these new poeple? To what extent is Russian healthcare ready for this influx, when in the Covid pandemic its failings were there for all to see? [...] The aim of politics should not be to increase the birth rate and the size of the population, but to lower mortality rates, increase the longevity and the quality of life, improve healthcare and social welfare... (pp. 61-62)
  • Sotto Ramzan Kadyrov, la stessa Cecenia è stata trasformata da tempo in un khanato medievale, basato su esecuzioni, torture e terrore. Nel marzo 2021, il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Russia, in cui descriveva venti tipi di violazioni dei diritti umani – coprendo solo quelle principali – commesse dalle autorità locali in Cecenia. Hanno denunciato esecuzioni illegali di massa, comprese quelle di gay; rapimenti violenti di persone; e torture perpetrate da membri delle forze dell'ordine nelle carceri segrete della Repubblica cecena. Il rapporto includeva anche omicidi compiuti oltre i confini della Cecenia e della Federazione Russa che si pensava fossero collegati alla gente di Kadyrov. [...] Tutte queste azioni barbare che hanno luogo sul territorio della Cecenia e oltre avvengono senza alcuna reazione da parte delle autorità federali. Anche l'assassinio politico più importante del 27 febbraio 2015, avvenuto al Cremlino, del principale politico dell'opposizione Boris Nemcov, le cui origini risalgono alla massima leadership cecena, non è stato completamente indagato.
Under Ramzan Kadyrov, Chechnya itself was long ago turned into a medieval khanate, based on executions, torture and terror. In March 2021, the US State Department issued a report on human rights violations in Russia, in which they described twenty kinds of human rights violations – covering just the major ones – carried out by the local authorities in Chechnya. They reported mass illegal executions, including those of gays; violent abductions of people; and tortures carried out by members of law enforcement bodies in secret prisons in the Chechen Republic. The report also included murders carried out beyond the boundaries of Chechnya and the Russian Federation that were thought to be linked to Kadyrov's people. [...] All of these barbaric actions that take place on the territory of Chechnya and beyond pass without any reaction from the federal authorities. Even the most notable political assassination in the Kremlin of the leading opposition politician Boris Nemtsov, on 27 February 2015 – the roots of which led to the highest leadership in Chechnya – was not fully investigated. (pp. 64-65)
  • Sotto molti aspetti la Bielorussia è come la Cecenia, in quanto vi è stata instaurata una dittatura personale estremamente crudele, che terrorizza la popolazione e viola ampiamente i diritti umani. Nel corso dei quasi trent'anni di governo di Lukašėnka dal 1994, molti dei suoi oppositori – e anche dei suoi ex alleati – sono semplicemente scomparsi, come Viktar Hančar e Anatoly Krasovski, Jury Zacharenka e Jury Korban, e molti altri. Si ritiene che in Bielorussia vi siano oltre 1.000 prigionieri politici, tra cui quasi tutti i leader dell'opposizione e chiunque abbia sfidato Lukašėnka alle elezioni (come Viktar Babaryka, Maryja Kalesnikava e Sjarhej Cichanoŭskij). In Bielorussia vige la pena di morte: dal 1990 sono state uccise oltre 400 persone. Dopo le proteste del 2020, decine di migliaia di persone sono passate attraverso le famigerate camere investigative di Žodzina e Akrescina e molte di loro sono state torturate.
In many ways, Belarus is like Chechnya, in that an exceedingly cruel personal dictatorship has been established there, which terrorizes the population and extensively violates human rights. Over the course of the almost thirty years of Lukashenko's rule since 1994, many of his opponents – and even his former allies – have simply disappeared, such as Viktor Gonchar and Anatoly Krasovsky, Yury Zakharenko and Yury Korban, and many others. There are believed to be over 1,000 political prisoners in Belarus, including nearly all the opposition leaders and anyone who has challenged Lukashenko in elections (such as Viktor Babariko, Maria Kolesnikova and Sergei Tikhanovsky). The death penalty is used in Belarus: since 1990, over 400 people have been shot. After the protests in 2020, tens of thousands of people went through the notorious investigation chambers at Zhodino and Okrestina, and many of them were tortured. (p. 66)
  • Nelle autoproclamate "repubbliche popolari" di Donec'k e Luhans'k, la proprietà viene semplicemente confiscata; le persone scompaiono; le detenzioni illegali e la tortura sono ampiamente praticate nei terrificanti scantinati della polizia e degli organi di sicurezza dello Stato; gli uomini vengono catturati per strada e mandati al fronte. In Crimea, che la Russia considera suo territorio, è in vigore un regime giuridico speciale. Centinaia di prigionieri politici sono stati sequestrati, giornalisti e attivisti vengono sorvegliati, tutti gli ucraini rimasti vengono perseguitati e i tartari di Crimea subiscono una repressione che mostra sintomi di pulizia etnica. La Russia, infatti, ha istituito un cordone anti-sanitario, una cintura di regimi senza legge lungo il suo confine meridionale, dalla Cecenia e le repubbliche non riconosciute del Caucaso (Abcasia e Ossezia del Sud), attraverso Donec'k, Luhans'k e Crimea alla Bielorussia.
In the self-proclaimed "people's republics" of Donetsk and Luhansk, property is simply taken; people disappear; illegal detentions and torture are widely practised in the terrifying cellars of the police and the state security bodies; men are captured on the street and sent to the front. In Crimea, which Russia considers to be its own territory, a special legal regime has been enforced. Hundreds of political prisoners have been seized, journalists and activists are followed, any Ukrainians who remain there are persecuted, and Crimean Tatars suffer repressions that show symptoms of ethnic cleansing. In fact, Russia has established a cordon anti-sanitaire, a belt of lawless regimes along its southern boundary, from Chechnya and the non-recognized republics of the Caucasus (Abkhazia and South Ossetia), through Donetsk, Luhansk and Crimea to Belarus. (p. 66)
  • Poiché la Russia non è in grado di garantire pace, cooperazione e stabilità, ha iniziato a specializzarsi nella produzione di tensione come strumento per promuovere se stessa, elevare il proprio status globale e spaventare gli eventuali oppositori. Il problema del paese è che, negli anni 2020, aveva esaurito quasi tutti gli attributi tradizionali del suo soft power. Le forme classiche delle esportazioni culturali russe risalenti alla seconda metà del XIX e XX secolo, che comprendevano la triade sovietica di arte, sport e scienza, sono state erose negli ultimi decenni. E anche se capolavori eterni come i romanzi di Lev Tolstoj o le sinfonie di Čajkovskij rimangono i biglietti da visita della cultura russa, la cultura contemporanea è scarsamente rappresentata sulla scena mondiale. Se prendiamo figure chiave di fama internazionale, come il regista Andrej Zvjagincev, lo scrittore Vladimir Sorokin, il regista d'opera Vladimir Černjakov o il direttore d'orchestra Vladimir Jurovskij, risulta che ora vivono e lavorano tutti fuori dalla Russia. [...] Negli oltre trent'anni trascorsi dal crollo dell'Urss, la Russia ha perso gran parte del suo potenziale scientifico e ora si trova al quarantasettesimo posto nel Global Innovation Index. Nel corso di questi tre decenni, solo tre russi hanno vinto il premio Nobel; inoltre, due di questi riguardavano scoperte fatte in epoca sovietica. Ora non ci sono premi Nobel per la scienza che vivono in Russia.
Because Russia is incapable of guaranteeing peace, cooperation and stability, it has begun to specialize in the production of tension as a way of promoting itself, raising its global status and scaring off any opponents. The country's problem is that, by the 2020s, it had exhausted nearly all the traditional attributes of its soft power. The classical forms of Russian cultural exports that hail back to the second half of the nineteenth and twentieth centuries, which included the Soviet triad of art, sport and science, have been eroded over the past decades. And even though the eternal masterpieces such as the novels of Leo Tolstoy or Tchaikovsky's symphonies remain the calling cards of Russian culture, contemporary culture is poorly represented on the world stage. If we take key figures of international renown, such as the film director Andrei Zvyagintsev, the writer Vladimir Sorokin, the opera director Vladimir Chernyakov or the conductor Vladimir Yurovsky, it turns out that they all now live and work outside Russia. [...] In the more than thirty years that have passed since the collapse of the USSR, Russia has lost much of its scientific potential and now lies in forty-seventh place in the Global Innovation Index. Over the course of these three decades, just three Russians have won Nobel Prizes; what's more, two of those were for discoveries made in Soviet times. There are now no Nobel laureates for science living in Russia. (pp. 70-71)
  • Nel tentativo di creare tensione in tutto il mondo, la Russia sta inviando i suoi agenti del caos. Gli avvelenatori dell'Fsb e dell'intelligence militare, il Gru, hanno effettuato gli attacchi contro Aleksandr Litvinenko, Sergej e Julija Skripal' in Gran Bretagna. I mercenari della compagnia militare privata russa Wagner hanno causato disordini in Siria, Libia e Repubblica Centrafricana e ora combattono in Ucraina. Nel 2014 le spie russe hanno fatto saltare in aria un deposito di armi nel villaggio ceco di Vrbětice e nel 2016 hanno tentato un colpo di stato in Montenegro. Gli hacker delle forze informatiche del Cremlino hanno attaccato infrastrutture critiche e i server del Partito Democratico negli USA, e sponsor segreti hanno finanziato gli ultra - il Rassemblement National di destra in Francia e l'Alternative für Deutschland (AfD) in Germania. Poi ci sono i corrispondenti del canale televisivo statale Russia Today (RT), che diffondono notizie false sul coronavirus in Europa; e gli hooligan portati da Mosca soprattutto per provocare disordini ai Campionati europei di calcio di Marsiglia nel 2016... Nel novembre 2021, il Ministero della Difesa russo ha portato il caos russo nello Spazio. Distruggendo inespertamente un vecchio satellite russo mentre sperimentavano un'arma anti-satellite, i militari hanno creato una nuvola di 1.500 schegge ad altezza orbitale, che ha rappresentato una tale minaccia per tutti i voli spaziali pilotati che la Stazione Spaziale Internazionale ha alterato la sua traiettoria e preparato l'equipaggio per evacuazione.
    All'inizio del 2022, quando la Russia ha iniziato a potenziare le sue forze militari al confine con l'Ucraina, preparandosi per una guerra totale, la produzione di caos e rischio è stata portata a un nuovo livello. Sono passate solo poche settimane prima che "l'esportazione della tensione" di cui parlava Putin alla fine del 2021 diventasse l'esportazione della morte.
In an attempt to create tension around the world, Russia is sending out its agents of chaos. Poisoners from the FSB and military intelligence, the GRU, carried out the attacks on Alexander Litvinenko and Sergei and Yuliya Skripal in Britain. Mercenaries from the Russian private military company Wagner caused disturbances in Syria, Libya and the Central African Republic, and are now fighting in Ukraine. Russian spies blew up an arms depot in the Czech village of Vrbětice in 2014 and attempted a coup in Montenegro in 2016. Hackers from the Kremlin's cyber forces attacked critical infrastructure and the servers of the Democratic Party in the USA, and secret sponsors financed the ultra-right Rassemblement National in France, and the Alternative für Deutschland (AfD) in Germany. Then there are the correspondents of the state TV channel Russia Today (RT), spreading fake news about coronavirus in Europe; and the football hooligans brought in from Moscow especially to provoke trouble hooligans brought in from Moscow especially to provoke trouble at the European Football Championships in Marseille in 2016... In November 2021, the Russian Ministry of Defence carried Russian chaos into Space. By inexpertly destroying an old Russian satellite whilst experimenting with an anti-satellite weapon, the military created a cloud of 1,500 shards at orbital height, which presented such a threat to all piloted spaceflight that the International Space Station altered its trajectory and prepared the crew for evacuation.
At the start of 2022, when Russia began to ramp up its groups of forces on the border with Ukraine, preparing for an all-out war, the production of chaos and risk was taken to a new level. Just a few weeks passed before the "export of tension" that Putin spoke about at the end of 2021 became the export of death.
(p. 74)
  • [...] il Kalašnikov è la risposta della Russia al mondo globale. Un quarto di secolo fa, la Russia cercò di unirsi a quel mondo. Ha aperto i suoi confini, ha acquisito conoscenze, si è integrato nelle istituzioni globali, accarezzando anche l'idea di aderire all'Unione Europea o alla NATO. Ma nel primo decennio di questo secolo, il movimento in questa direzione è cessato e nel 2014, con l'annessione della Crimea e l'occupazione del Donbass, ha virato decisamente nella direzione opposta. Il Paese non è riuscito a far fronte alla complessità del mondo moderno, lasciandosi alle spalle il parco tecnologico di Skolkovo, con le sue pretese di essere una Silicon Valley russa, e la Scuola Superiore di Economia, una moderna università che voleva entrare nella lista delle le 100 migliori università del mondo, i progetti per lo smartphone russo e per l'auto elettrica russa. La Russia ha abbandonato tutto questo ed è tornata al modello di base dei secoli passati: mobilitazione, guerra – e il fucile Kalašnikov.
[...] the Kalashnikov is Russia's answer to the global world. A quarter of a century ago, Russia tried to join that world. It opened its borders, it acquired knowledge, it was integrated into global institutions, even toying with the idea of joining the European Union or NATO. But in the first decade of this century, movement in this direction ceased, and in 2014, with the annexation of Crimea and the occupation of the Donbas, it turned decisively in the opposite direction. The country could not cope with the complexity of the modern world, leaving behind the Skolkovo techno-park, with its pretensions to be a Russian Silicone Valley, as well as the Higher School of Economics, a modern university that wanted to enter the list of the top 100 universities in the world, and the plans for the Russian smartphone and for the Russian electric car. Russia waved goodbye to all this and returned to its basic pattern of centuries past: mobilization, war – and the Kalashnikov rifle. (pp. 86-87)
  • [...] fu Žirinovskij che, in modo clownesco e grottesco, formò il programma politico di revanscismo adottato come dottrina ufficiale della Russia negli anni 2020; e divenne il padrino del fascismo russo, che raggiunse il suo massimo splendore con lo scoppio della guerra in Ucraina.
[...] it was Zhirinovsky who, in a clownish and grotesque manner, formed the political programme of revanchism that was adopted as the official doctrine of Russia in the 2020s; and he became the godfather of Russian fascism, which grew to its full height with the start of the war in Ukraine. (p. 88)
  • Žirinovskij ha legittimato i quattro elementi principali del fascismo russo, di cui il principale è l'idea di offesa, su cui si fonda il difficile complesso morale del risentimento. [...] Žirinovskij ha parlato di offesa prima che diventasse politicamente di moda. [...] Da questo sentimento di offesa nacque il secondo elemento della pagliacciata fascista di Žirinovskij: la vendetta per l'Impero. [...] Il terzo cavaliere dell'Apocalisse di Žirinovskij era l'espansionismo. [...] Infine, il quarto elemento: la xenofobia. Žirinovskij odiava tutti: dal popolo del Caucaso, che aveva promesso di recintare con filo spinato, all'Ucraina, che non considerava uno stato, che nel 1990 chiedeva alla Russia di impadronirsi di Sebastopoli; dagli immigrati agli ebrei, che accusava di fomentare l'antisemitismo. Non sopportava i liberali, il multiculturalismo o la tolleranza dell'Occidente, tutte cose che erano strane sentire da qualcuno che era un estroverso e un comico, mezzo ebreo di sangue e bisessuale – qualcuno che aveva una particolare predilezione per le giacche rosse e gialle canarino e il cui seguito era invariabilmente pieno di ragazzi belli. Avrebbe potuto essere l'oggetto ideale dell'odio per quegli stessi "tizi nei garage", e invece li aiutò a formulare le loro opinioni rifiutando tutto ciò che era nuovo, vistoso ed estraneo.
Zhirinovsky legitimized the four main elements of Russian fascism, the principal one being the idea of offence, on which the difficult moral complex of resentment is based. [...] Zhirinovsky talked about offence before it became politically fashionable. [...] Out of this feeling of being offended grew the second element of Zhirinovsky's fascist clowning: revenge for the Empire. [...] The third horseman of Zhirinovsky's Apocalypse was expansionism. [...] Finally, the fourth element: xenophobia. Zhirinovsky hated everyone: from the people of the Caucasus, which he promised to fence in with barbed wire, to Ukraine, which he did not consider to be a state, calling for Russia to seize Sevastopol way back in 1990; from immigrants to Jews, whome he accused of stirring up anti-semitism. He could not stand liberals, multiculturalism or the tolerance of the West, all of which was strange to hear from someone who was an extravert and a comedian, half-Jewish by blood, and bisexual – someone who had a particular liking for red and canary yellow jackets, and whose retinue was invariably full of handsome young men. He could have been the ideal object of hatred for those very same "blokes in garages", but instead he helped them formulate their views rejecting everything new, garish and foreign. (pp. 90-92)
  • Indubbiamente gli storici del futuro scopriranno come e quando l'Ucraina si è impadronita dell'immaginazione paranoica di Putin. È successo nel 2004, al tempo della prima rivoluzione Maidan, quando le "rivoluzioni colorate" divamparono attorno al perimetro dell’Impero? Oppure è stato durante il secondo Maidan, nel 2013? O era dovuto a qualche trauma infantile sconosciuto? O alla gelosia adulta di un marito respinto e disprezzato? Qualunque cosa fosse, il fatto è che per Putin gli ucraini sono diventati quello che gli ebrei erano per Hitler: una spina nella sua visione dell'universo. Tutti i suoi saggi pseudo-storici dell'anno precedente, tutti i suoi commenti amari, il suo ribollente disprezzo e odio per l'Ucraina, testimoniano il fatto che aveva deciso "di risolvere finalmente la questione ucraina". Nello sterminio dell'Ucraina, che sta avvenendo davanti ai nostri occhi, Putin sta seguendo gli ordini del suo padre spirituale, Žirinovskij, che lanciava facilmente bombe nucleari nei suoi discorsi incendiari.
No doubt historians of the future will work out how and when Ukraine took hold of Putin's paranoid imagination. Did it happen in 2004, at the time of the first Maidan Revolution, when "colour revolutions" flared up around the perimeter of the Empire? Or was it at the time of the second Maidan, in 2013? Or was it due to some unknown childhood trauma? Or the adult jealousy of a rejected and despised husband? Whatever it was, the fact is that, for Putin, Ukrainians became the same as the Jews were to Hitler: a thorn in his vision of the universe. All his psuedo-historical essays of the previous year, all his bitter comments, his seething contempt and hatred for Ukraine, bear witness to the fact that he had decided "finally to settle the Ukrainian question". In his extermination of Ukraine, which is taking place before our very eyes, Putin is following the behests of his spiritual father, Zhirinovsky, who easily threw nuclear bombs in his incendiary speeches. (p. 93)
  • Oggi i portavoce ufficiali della propaganda strombazzano le vecchie idee di Žirinovskij, ma ora le usano per giustificare l'uccisione degli ucraini. Le deliranti fantasie di un politico eccentrico – sulla vendetta globale, la ricostruzione dell'Urss e la distruzione dell'Ucraina – sono passate da mera finzione, figure retoriche e tecnologie politiche a essere i missili Iskander e Točka e le bombe a grappolo che oggi piovono sulle città ucraine.
Today, the official propaganda mouthpieces trumpet Zhirinovsky's old ideas, but now use them to justify the killing of Ukrainians. The raving fantasies of an eccentric politician – about global revenge, the recreation of the USSR and the destruction of Ukraine – have gone from mere fiction, rhetorical figures and political technologies to being the Iskander and Tochka missiles and the cluster bombs that today are raining down on Ukrainian cities. (p. 96)
  • Pensavamo che Žirinovskij fosse semplicemente il giullare di corte preferito dello zar; ma si è scoperto che era il suo mentore. Il corpo del leader LDPR è stato decontaminato e sepolto nel cimitero di Novodevichy; ma il virus del fascismo e l'opera di Žirinovskij continuano a vivere. In effetti, oggi viviamo nel mondo post-apocalittico sognato da Vladimir Žirinovskij.
We thought that Zhirinovsky was simply the tsar's favourite court jester; but it turned out that he was his mentor. The body of the LDPR leader was decontaminated and buried in the Novodevichy Cemetery; but the virus of fascism and Zhirinovsky's work live on. Indeed, today we are living in the post-apocalyptic world dreamt up by Vladimir Zhirinovsky. (p. 97)
  • Il 9 maggio ora riempie tutto il tempo storico della Russia; si è trasformato in un culto commemorativo e in una guida all'azione. A metà del primo decennio di questo secolo, sulle auto cominciarono ad apparire adesivi vanagloriosi con la scritta "1941-1945. Possiamo ripeterlo!", adornati con immagini oscene della falce e martello che violenta la svastica. (Vale la pena notare come è nato questo culto dello stupro nelle città ucraine di Buča e Irpin'?) Il Giorno della Vittoria è diventato l'ottica attraverso la quale la Russia vede il mondo, usandolo per mostrare tutta l'offesa che prova, tutti i suoi complessi, la sua aggressività e il suo risentimento. La festa si è trasformata in una liturgia senza fine, in un rivivere estatico del passato, che ha preso il posto dell'infelice quotidianità delle persone.
The Ninth of May now fills all historical time for Russia; it has turned into both a memorial cult and a guide to action. In the middle of the first decade of this century, vainglorious stickers started to appear on cars, bearing the words "1941-1945. We Can Repeat It!", adorned with obscene pictures of how the hammer-and-sickle is raping the swastika. (Is it worth noting how this cult of rape turned out in the Ukrainian towns of Bucha and Irpen?) Victory Day has become the optic through which Russia sees the world, using it to show all the offence it feels, all its complexes, its aggression and its resentment. The holiday has been turned into an endless liturgy, an ecstatic reliving of the past, which has taken the place of people's unhappy everyday life. (p. 100)
  • Da oggetto della memoria collettiva (comprese le memorie familiari, locali e private), da storia viva della nazione, la Vittoria si è trasformata in un indiscutibile assoluto morale, in cui non è possibile alcuna critica all'Unione Sovietica ("la Nazione Vittoriosa") o di Stalin; in cui è stato legittimato il diritto alla forza e si è formato il senso di isolamento – "siamo soli contro il mondo". L'etica si trasforma in leggi e nuove norme giuridiche vengono accettate in nome della Vittoria. Sono state introdotte tutta una serie di emendamenti che regolano la memoria storica, con divieti legislativi di "paragonare l'Unione Sovietica alla Germania nazista", di "negazione del ruolo decisivo dell'Urss nella Vittoria" e di "contestazione dei risultati della Seconda guerra mondiale"; questi sono ora considerati reati penali. In nome della Vittoria si attuano repressioni: nel 2021 Aleksej Naval'nyj è stato condannato con l'accusa inventata di "insulto ai veterani di guerra". Le iniziative di politica estera vengono portate avanti in nome della Vittoria: si pensi alle guerre diplomatiche della Russia contro la Polonia e la Repubblica Ceca, sui tentativi di Putin di attaccare i paesi dell'Europa orientale. E ora, in nome della Vittoria, la Russia ha scatenato una guerra aggressiva per l'accaparramento di terre.
From an object of collective memory (including family, local and private memories), from the living history of the nation, Victory was turned into an indisputable moral absolute, in which no criticism is possible of the Soviet Union ("the Victorious Nation") or of Stalin; in which the right of force has been legitimized, and the sense of isolation – "we stand alone against the world" – has been formed. Ethics are turned into laws, and new legal norms are accepted in the name of the Victory. A whole series of amendments have been introduced regulating historical memory, with legislative prohibitions on "likening the Soviet Union to Nazi Germany", "denial of the USSR's decisive role in the Victory" and "the contestation of the results of the Second World War"; these are now considered criminal offences. Repressions are carried out in the name of the Victory: in 2021, Alexei Navalny was sentenced on made-up charges of "insulting war veterans". Foreign policy démarches are carried out in the name of the Victory: think of Russia's diplomatic wars with Poland and the Czech Republic about essays by Putin attacking the countries of Eastern Europe. And now, in the name of the Victory, Russia has unleashed an aggressive, land-grabbing war. (pp. 102-103)
  • Con la scusa inventata di "denazificare" l'Ucraina, presa dai cliché della propaganda, la Russia ha scatenato la più grande guerra in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Ma, avendo deciso di ripetere il 1945, la Russia ha commesso un errore riguardo al suo ruolo in questa sanguinosa ricostruzione storica. Per ironia della sorte, ora non sta interpretando il ruolo dei guerrieri sovietici liberatori, ma quello degli invasori tedeschi. La storia ha chiuso il cerchio in se stessa: coloro che hanno sconfitto i nazisti ne sono diventati una patetica copia. Oggi, i veri successori dal 1941 al 1945 non sono gli occupanti russi che hanno invaso un paese vicino, ma gli ucraini, che difendono la propria Madrepatria.
Under the invented excuse of "de-nazifying" Ukraine, taken from propaganda clichés, Russia unleashed the biggest war in Europe since the Second World War. But, having decided to repeat 1945, Russia made a mistake with its role in this bloody historical reconstruction. Ironically, it is now playing the part not of the liberating Soviet warriors, but of the German invaders. History has come full circle and closed in on itself: those who defeated the Nazis have become a pathetic copy of them. Today, the true successors of 1941 to 1945 are not the Russian occupiers who have invaded a neighbouring country, but the Ukrainians, defending their own Motherland. (pp. 103-104)
  • L'attacco all'Ucraina è il fiasco dell'idea neonata del "mondo russo", russkij mir, poiché un gruppo di russofoni bombarda, tortura e spara ad altri russofoni e bruciano le chiese ortodosse, demolendo le città di lingua russa di Mariupol e Cherson. Questa non è una guerra per la Russia, ma per la restaurazione dell'Impero, una guerra di vendetta contro gli ucraini (reso più crudele perché sono considerati "uno di noi", "nostri fratelli") per aver osato pensare che potrebbero staccarsi e seguire la propria strada.
The attack on Ukraine is a fiasco of the still-born idea of "the Russian world", russky mir, as one lot of Russian speakers bomb, torture and shoot other Russian speakers; as they burn Orthodox churches and demolish the Russian-speaking cities of Mariupol and Kherson. This is not a war for Russia, but for the re-establishment of the Empire, a war of revenge on Ukrainians (it is even crueller, because they are considered "one of us", "our brothers") for daring to think that they could break away and follow their own path. (p. 108)
  • La guerra è lungi dall'essere finita. Le battaglie più dure restano ancora da affrontare; ma la Russia ha già perso. E non si tratta solo del fallimento dell'operazione militare, ma della sconfitta della civiltà russa nella sua collisione con la Modernità. La Russia ha coltivato per tanto tempo il proprio arcaismo, coltivando i famigerati "legami" e valori tradizionali, realizzando rievocazioni storiche e "Tank Biathlon" (lo show televisivo in cui i carri armati prendono il posto degli atleti), vestendo i bambini con abiti da soldato e creando un culto attorno al fucile Kalashnikov, che ha prodotto una guerra antideluviana, crudele, assurda e inefficace, dove battaglioni di carri armati trascorrono settimane e perdono migliaia di soldati combattendo per singole case e fattorie. La Russia è diventata non solo una minaccia globale, ma uno zimbello globale. Le colonne di zombie si muovono ancora lungo le strade dell'Ucraina e mietono molte vite umane, ma il loro tempo sta già scadendo. Quando spunterà l'alba, torneranno da dove sono venuti, nel mondo dei fantasmi, delle ombre e nelle profondità della storia.
The war is far from over. The hardest battles still lie ahead; but Russia has already lost. And it is not just the failure of the military operation, but a defeat of Russia's civilization in its collision with Modernity. Russia has cultivated its own archaism for so long, nurturing the notorious "bonds" and traditional values, performing historical re-enactments and "Tank Biathlons" (the TV show in which tanks take the place of athletes), dressing up children in soldiers' tunics and creating a cult around the Kalashnikov rifle, that it has produced an antedeluvian war, cruel, absurd and ineffective, where tank battalions spend weeks and lose thousands of soldiers fighting over individual houses and farmsteads. Russia has become not just a global threat, but a global laughing-stock. The columns of zombies are still moving along Ukraine's roads and taking with them many human lives, but their time is already running out. When dawn breaks, they will return from whence they came, back to the world of ghosts, shadows and the depths of history. (pp. 117-118)
  • La Z ricorda che il segno runico Wolfsangel era il distintivo tattico della quarta divisione SS che combatté a Luga, Pskov e Leningrado, e della 133a divisione Festungs della Wehrmacht. È difficile immaginare che questo fosse esattamente ciò che avevano in mente gli spin-doctor russi quando elaborarono un'immagine visiva della loro operazione di "denazificazione", ma per un'ironia diabolica il simbolo russo della guerra fu infallibilmente riconosciuto come un simbolo nazista. La semiotica del segno Z illustra il passaggio dal fascismo dei "legami tradizionali" dell'ultimo decennio a un nazismo chimicamente puro. È l'idea della superiorità della razza russa che, secondo i saggi pseudo-storici di Putin e i manifesti come l'odioso pamphlet scritto da Timofej Sergejcev, l'etnia ucraina non abbia una propria soggettività, né un diritto alla nazionalità, statualità, cultura, lingua o esistenza indipendente. Nella nuova ideologia russa, gli ucraini hanno preso il posto che i nazisti assegnarono agli ebrei, e sembra che lo scopo di questa guerra sia l'Endlösung, "la soluzione finale", della questione ucraina, che è diventata l'ossessione del presidente russo.
Z reminds one that the Wolfsangel runic sign was the tactical badge of the Fourth SS Division that fought at Luga, Pskov and Leningrad, and the 133rd Festungs Division of the Wehrmacht. It is difficult to imagine that this is exactly what the Russian spin doctors had in mind when they were working out a visual image of their "denazification" operation, but by a diabolical irony the Russian symbol of war was unfailingly recognized as being a Nazi symbol. The semiotics of the Z sign illustrate the switch from the fascism of the "traditional bonds" of the past decade to a chemically clean Nazism. It is the idea of the superiority of the Russian race over the ethnicity of the Ukrainians, which, according Putin's pseudo-historical essays, and manifestoes like the odious pamphlet written by Timofei Sergeytsev, does not have its own subjectivity, or a right to nationhood, statehood, culture, language or independent existence. In the new Russian ideology, Ukrainians have taken the place that the Jews were given by the Nazis, and it seems that the aim of this war is the Endlösung, "the final solution", of the Ukrainian question, which has become the Russian president's obsession. (pp. 126-127)
  • [...] i generali russi hanno tradizionalmente considerato il personale dell'esercito come carne da cannone. Proprio come in Cecenia molti anni fa, l'esercito è stato gettato in questa sanguinosa macchina tritacarne, con le sue colonne sparate in movimento, i suoi carri armati e i suoi mezzi corazzati inviati in mezzo alle zone urbane, dove sono semplici bersagli e i loro equipaggi vengono bruciati vivi nelle loro scatole di metallo.
[...] Russian generals have traditionally regarded army personnel as cannon fodder. Just as in Chechnya many years ago, the army has been thrown into this bloody mincing machine, with its columns shot up on the move, and its tanks and armoured personnel carriers sent into the middle of built-up areas, where they are sitting targets and their crews are burnt alive in their metal boxes. (p. 132)
  • C'è stata una mobilitazione di massa della popolazione ai margini del paese: l'Estremo Oriente, la regione del Bajkal e la sofferente Buriazia nella Siberia orientale, che è stata oggetto di una quasi completa "mobilitazione a tappeto", che ha portato gli attivisti locali per i diritti umani a parlare del "genocidio del popolo buriato". (La stessa cosa è successa con i tartari di Crimea, la minoranza nazionale repressa in Crimea, annessa alla Russia nel 2014, dove è stato richiamato il 90% degli uomini – un ordine chiaramente politico.) Eppure le aree considerate critiche per le autorità, Mosca e San Pietroburgo, hanno visto una mobilitazione molto inferiore: il piano per Mosca, con una popolazione di 15 milioni di abitanti, prevedeva di arruolare solo 16.000 persone: lo 0,1%. Allo stesso modo sono esonerati dalla leva i propagandisti dei media statali o coloro che lavorano nelle banche importanti per il sistema. Il valore delle persone è determinato da quanto sono vicine al centro del potere.
There has been mass mobilization of the population on the edges of the country: the Far East, the Baikal Region and long-suffering Buryatia in East Siberia, which was subject to an almost complete, "carpet mobilization", leading local human rights activists to talk of "the genocide of the Buryat people". (The same thing has happened with the Crimean Tatars, the repressed national minority in Crimea, annexed by Russia in 2014, where 90 per cent of men have been called up – a clearly political order.) Yet the areas considered critical for the authorities, Moscow and St Petersburg, have seen far less mobilization – the plan for Moscow, with its population of 15 million, was to draft just 16,000 people: 0.1 per cent. In the same way, the propagandists in state media or those working in the banks that are important for the system are excused the draft. People's value is determined by how close they are to the centre of power. (p. 139)
  • Kadyrov ha esentato la sua repubblica dalla giurisdizione della Costituzione russa e della legge russa; in Cecenia pratica la sharia, le esecuzioni extragiudiziali e la presa di ostaggi, e impedisce addirittura ai rappresentanti delle forze dell'ordine federali di mettere piede sul suo territorio.
Kadyrov has exempted his republic from the jurisdiction of the Russian Constitution or Russian law; in Chechnya, he practises Sharia law, extrajudicial executions and hostage-taking, and even prevents representatives from the federal law-enforcement bodies from setting foot on his territory. (pp. 147-148)
  • La storia ha chiuso il cerchio e, nel realizzare il suo sogno retrogrado, la Russia di Putin non si distingue dall'Unione Sovietica dei primi anni ottanta: un impero decrepito, gravato dalle sanzioni, che abbaia al mondo esterno, impantanato in una guerra coloniale senza speranza, che ha perso i suoi amici e alleati e le ultime briciole della sua reputazione. La Russia di oggi è una copia zombie di quell'Urss, risorta dalla tomba, quello stesso "Impero del Male", come definito da Ronald Reagan, che non può portare al mondo altro che la guerra – che è diventata la sua idea nazionale, sia il suo scopo che il suo saluto finale.
History has come full circle, and in carrying out its retro-dream, Putin's Russia is no different from the Soviet Union in the early 1980s: a decrepit Empire, with sanctions slapped on it, barking at the outside world, mired in a hopeless colonial war, and having lost its friends and allies and the last crumbs of its reputation. Today's Russia is a zombie copy of that USSR, risen from the grave, that very "Evil Empire", in Ronald Reagan's words, that can bring nothing to the world but war – which has become its national idea, both its purpose and its final farewell. (p. 158)

Explicit modifica

  • Non c'è modo di tornare al mondo del 2021. L'umanità è in una spirale discendente di scontri e ci troviamo già nella situazione della Terza guerra mondiale, che la vogliamo chiamare così o meno. Questo non è più come l'invasione del Kosovo da parte di Milosevic, o l'attacco di Saddam Hussein al Kuwait; è ancor meno simile alla crisi dei missili di Cuba del 1962. L'analogia più vicina che possiamo tracciare è l'Europa del 1938, quando si parlava non solo dell'"Anschluss" dell'Austria da parte di Adolf Hitler e dell'annessione dei Sudeti, ma del ridisegnare l'intero ordine mondiale. A quel tempo, la miopia e l'indecisione dell'Europa, e la politica di pacificazione dell'aggressore, portarono il mondo alla catastrofe; questa lezione deve essere imparata.
    Senza una soluzione radicale al "problema russo", la sicurezza globale non può essere garantita. Ciò richiede un coordinamento delle risorse da parte della comunità internazionale che non si vedeva dai tempi della Seconda guerra mondiale. Per troppo tempo la Russia ha sventolato davanti a sé la figura mistica del "1945" e lo slogan "Possiamo ripeterlo!", e il risultato finale è stata l'invasione dell'Ucraina. Ma, in realtà, è l'Occidente che dovrebbe ripetere il 1945. All'epoca, l'opera era solo compiuta a metà: delle due dittature sanguinarie che lanciavano una sfida all'ordine mondiale liberale, solo una fu sconfitta. Ma a causa di questa vittoria, un altro impero, non meno pericoloso, fu rafforzato. È esistito per tutto il ventesimo secolo, in parte è andato in pezzi, ma è risorto nel ventunesimo secolo e ancora una volta sta minacciando l'umanità e lanciando una sfida al mondo libero. È tempo che l'Occidente finisca il lavoro del 1945.
There is no way back to the world of 2021. Humankind is in a downward spiral of confrontation, and we are already in the situation of the Third World War, whether or not we wish to call it that. This is no longer like Milosevic's invasion of Kosovo, or Saddam Hussein's attack on Kuwait; it is even less like the Cuban Missile Crisis of 1962. The closest analogy we can draw is Europe in 1938, when the talk was about not only Adolf Hitler's Anschluss of Austria and the annexation of the Sudetenland, but the re-drawing of the whole world order. At that time, Europe's near-sightedness and indecisiveness, and the policy of appeasement of the aggressor, led the world to catastrophe; this lesson must be learnt.
Without a radical solution to "the Russian problem", global security cannot be guaranteed. This demands a coordination of resources by the international community not seen since the Second World War. For too long, Russia had been waving in front of itself the mystical figure of "1945" and the slogan, "We Can Repeat It!", and the end result of that was the invasion of Ukraine. But, in fact, it is the West that should repeat 1945. At the time, the work was only half-finished: of the two bloody dictatorships that were throwing out a challenge to the liberal world order, only one was defeated. But because of this victory, another, no less dangerous, empire was strengthened. It existed through the twentieth century, partly fell apart, but has been resurrected in the twenty-first century, and once again is threatening humanity and throwing down a challenge to the free world. It is time for the West to finish the work of 1945.

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