Mario Monicelli

regista, sceneggiatore e scrittore italiano (1915-2010)

Mario Monicelli (1915 – 2010), regista e sceneggiatore italiano.

Mario Monicelli

Citazioni di Mario Monicelli modifica

  • Chi ride, ruba alla morte.[1]
  • Come finisce non lo so. [...] Io spero che finisca in una specie di... quello che in Italia non c'è mai stato: una bella botta. Una bella rivoluzione. Rivoluzione che non c'è mai stata, in Italia. C'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania. Dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto: sono 300 anni che è schiavo di tutti.[2]
  • Dovremmo ricordarci che senza Stalin ora saremmo tutti nazisti. Invece Benigni, in una delle sue genuflessioni alla Chiesa e all'America, ha fatto liberare Auschwitz da un carro armato americano. Roberto! Auschwitz è stata liberata dall'Armata Rossa.[3]
  • È stato l'attore più grande ma è soprattutto stato uno straordinario autore, l'artefice del suo personaggio con cui ha attraversato più di 50 anni di storia italiana. Da regista dico che era straordinariamente facile lavorare con Sordi proprio perché era un grandissimo; bastavano poche occhiate e ci si capiva sul tono da dare alla sua interpretazione e quindi al film. È stato un comico capace di contraddire tutte le regole del comico.[4]
  • [Su Philippe Noiret] È stato un attore di grande qualità che veniva dalla vecchia scuola e dal teatro. Ed è anche stato un grande amico dell'Italia. In tanti film italiani interpretò i nostri personaggi con grande disinvoltura e verità. [...] Ancora mi ricordo quando lo chiamai per Amici miei per fargli interpretare un caporedatore della Nazione, un toscanaccio che lui riuscì a rendere credibile.[5]
  • Gli italiani sono fatti così: vogliono che qualcuno pensi per loro. Se va bene va bene, se va male poi l'impiccano a testa sotto.[2]
  • Gli uomini vestiti da soldati sono sempre a proprio agio, non c'è bisogno di ingaggiare degli attori professionisti per questo. Così come le donne: se le vesti da puttane, va sempre bene.[6]
  • Il Neorealismo nel suo filone impegnato conteneva una serietà che non era quella del popolo italiano. Era una cosa finta che nasceva dai reduci della rivista Cinema. C'era De Santis che si impegnava... C'erano i luchinisti che si impegnavano molto, facendo anche delle cose egregie. Ma l'Italia non era così. Né erano così i contadini e gli operai che loro mettevano in scena. Non ci si riconosceva nessuno, se non una piccolissima cerchia di malati del cinema.[7]
  • La commedia all'italiana è finita, quando i registi hanno smesso di prendere l'autobus.[8]
  • La speranza di cui parlate è una trappola, è una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che "Dio...", "state buoni, state zitti, pregate, ché avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa, nell'aldilà; intanto perciò, adesso, state buoni, sarà nell'aldità". Così dice quello: "state buoni, tornate a casa, sì, siete dei precari ma intanto fra due o tre mesi vi riassiumiamo ancora, vi daremo il posto, eccetera; sì, sì, state buoni". Vanno a casa e stanno tutti buoni. "Abbiate speranza"! Mai avere la speranza: la speranza è una trappola. È una cosa infame inventata da chi comanda.[2]
  • Le grandi domande esistenziali non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l'angoscia.[9]
  • Mai avere speranza: la speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda.[2]
  • Non avevo mai girato documentari e in un certo senso non ho girato nemmeno questo. C'erano con me un operatore, un fonico... e il vero autore dei documentari è sempre il montatore: in questo caso Valentina Romano.[10]
  • [Su Vittorio Gassman] Poi arrivò la sua depressione. Mi resi conto quanto ne fosse già segnato assistendo, qualche anno fa, a una sua interpretazione di Otello. Un Otello straordinariamente insolito, malinconico, ripiegato su se stesso, consapevole del tempo che passa. Ho sempre pensato che l'immagine forte, autorevole, positiva, sempre capeggiante che Vittorio offriva di sé, fosse un artificio edificato in nome della sua enorme insicurezza. Era come se vivesse nel timore che la terra gli mancasse sotto i piedi da un momento all'altro. Strafaceva per nascondersi. Quella depressione cupa, violenta, divorante, gli era nata dentro dal contrasto col personaggio che s'era costruito. Era il prezzo della sua verità.[11]
  • Senza questi elementi, fame, morte, malattia e miseria noi non potremmo far ridere in Italia.[12]
  • Siamo senza speranza. L'aveva già spiegato Pasolini: la speranza è una trappola, usata dal potente politico e religioso per ingabbiare i poveretti, con promesse di futuro benessere o di paradisiaci aldilà. Non c'è alcuna speranza di riscatto per il Paese. Il vero problema non è tanto la classe politica, che è una minoranza, ma questa generazione, che manda giù tutto senza protesta, cullandosi sulle promesse. È tutta una generazione che va cambiata, anzi rigenerata con urgenza.[13]
  • Solo gli stronzi muoiono.[14]
  • [Su Totò e Peppino De Filippo] Venivano dalla tradizione centenaria del teatro dell'arte. Andavano a soggetto, avevano una traccia, due o tre battute fondamentali e su quello ricamavano per le mezz'ore. Erano talmente affiatati che bisognava calmarli, altrimenti andavano avanti all'infinito. Totò era così non soltanto con Peppino, ma anche con Aldo Fabrizi, con Nino Taranto.[15]
  • Voi, i giovani d'oggi, al contrario di noi, siete soli, disincantati, disinteressati a tutto. Sì, siete dei mammoni, proprio dei gran mammoni, se è questo che volete sapere.[16]

Da Viva o morta la "commedia all'italiana"

Intervista di Laura Gabbiano, Stampa Sera, 28 dicembre 1982.

  • I copioni validi dovrebbero essere i registi stessi a proporli.
  • La commedia all'italiana è legata alla realtà, e finché ci saranno i toni amari, pungenti, sarcastici sarà commedia e non barzelletta.
  • La commedia non l'hanno inventata i Germi, i Risi, i Monicelli o i Salce, risale al Trecento di Boccaccio, alla Mandragola, è la nostra tradizione: è un modo di ridere che non sanno fare i francesi, gli inglesi o gli americani.
  • Il riso è segno di maturità mentre il dramma è segno di infantilismo.
  • I pessimisti che non hanno niente da dire fanno bene a tacere.

Mario Monicelli – Cinquant'anni di cinema modifica

  • Lavoro moltissimo sulle facce anche se uso pochissimo i primi piani.
  • È dal 1934 che lavoro nel cinema. Da troppo tempo perché non sia viziato. Sono un regista accentratore, che sceglie i soggetti, li scrive, cura la sceneggiatura, sceglie gli attori, ecc.
  • Quando pensavo di avere qualcosa da dire sulla mia generazione, su me stesso e i miei tempi, ho scritto dei testi originali. Adesso con la vecchiaia, faccio film tratti da romanzi.
  • Tutti i miei film sono percorsi da un sentimento di sconfitta, sono tutti film comici che finiscono con un fallimento dei protagonisti.
  • Mi sono sempre accostato al mondo degli emarginati con intendimenti che definirei alla Dickens.
  • Anche un film di fantascienza può essere neorealista.
  • Il cinema non produce arte, crea al massimo cultura.
  • Benché io sia un fanatico di Antonioni, mi sarebbe impossibile fare un film, per esempio, sull'alienazione o sull'incomunicabilità.
  • L'umorista è uno che vede nelle vicende quotidiane, nei grandi momenti storici e sociali, il lato buffo, il lato contrastante, e lo mette in evidenza.
  • Con Totò forse abbiamo sbagliato tutto! Lui era un genio, non solo un grandissimo attore. E noi lo abbiamo ridotto, contenuto, obbligato a trasformarsi in un uomo comune tarpandogli le ali.
  • Guardie e ladri aveva già in sé gli elementi della commedia all'italiana.
  • Lo spettatore ha visto [attraverso la commedia] che c'erano dei tabù da abbattere, come quello dell'onore, del divorzio, ecc., prevenzioni e pregiudizi che dovevano per forza cadere.
  • Oggi con i giovani torna la commedia all'italiana perché essi non hanno memoria, non hanno rispetto, di quei nomi non gliene importa niente. E fanno bene.
  • Io ho una collocazione che è di sinistra, socialista, unitaria, democratica, anticonformista.
  • In Guardie e ladri il fatto che un ladruncolo ed una povera guardia si ritrovassero ad avere gli stessi problemi, scandalizzò talmente che fui convocato dalla direzione generale della cinematografia.
  • Un bilancio della mia vita non l'ho mai fatto; e neppure della giornata. Anche perché non ricordo nulla, il passato lo cancello continuamente.

Citazioni su Mario Monicelli modifica

  • Come me, Monicelli è nato a Roma per caso, e ciò esaspera la nostra rivendicazione alla toscanità. I nostri padri si conoscevano bene, facevano lo stesso mestiere, hanno vissuto la stessa epoca. I suoi fratelli, come i miei, hanno razzolato nell'ambiente letterario e affini. Saranno forse queste cose che abbiamo in comune a facilitare l'intesa fra noi. Sta di fatto che sono poche le persone al mondo con cui mi trovo così a mio agio, e con lui mi accompagnerei in qualsiasi circostanza, fino alla convivenza. [...] Non vorrei però che [...] ti facessi l'idea di un Monicelli dal carattere rassicurante, perché tra i miei amici presenti e passati Monicelli è senza dubbio il più segreto e il più pericoloso, capace di gesti clamorosi rigorosamente in contrasto con i suoi interessi, se non addirittura con i suoi sentimenti. È il re dell'understatement, che io chiamo pudore, e nessun regista-autore al mondo ne ha mai avuto tanto nel proprio lavoro. Monicelli si farebbe impiccare piuttosto che parlare di «ispirazione», di «anima», di «creatività». Non direbbe «noi artisti» neppure sotto tortura, né farebbe mai un capriccio per ottenere il dovuto da un produzione, ma lo farà per ottenere l'inutile, e tutto a suo danno. (Suso Cecchi D'Amico)
  • È morto da guerriero, come un soldato che si fa saltare su una mina. Era stanco di vivere, temeva la mancanza di indipendenza. Finché mi posso fare un tè e sono in grado di raccogliere un fazzoletto da terra, sta bene, non so quante volte ripeteva questa cosa. (Chiara Rapaccini)
  • [Sul suicidio di Mario Monicelli] Io non credo che l'abbia fatto per stanchezza, io credo che l'abbia fatto per paura. (Adriano Celentano)
  • Mario Monicelli non solo ha una cultura vastissima, ma se la ricorda pure.[17] (Francesco Rosi)
  • Mario mi diceva: guai se farete una Fondazione a mio nome, giusto per guadagnarci quattrini, una cosa volgare. (Chiara Rapaccini)
  • [Sul suicidio di Mario Monicelli] Monicelli è morto solo, perché lo abbiamo lasciato solo e perché lo hanno lasciato solo i suoi amici. [...] Non si può approfittare della disperazione di un uomo, che - è vero - aveva tra l'altro come stigma della sua vita il suicidio di suo padre, e non si può trattare di questo per fare uno spot che sia pro eutanasia. (Paola Binetti)
  • Monicelli lo ricordo piccolo e vispo, straordinariamente intelligente. Magro e asciutto, non solo dal punto di vista fisico ma anche da quello intellettuale. Aveva una grandissima cultura francese e poi lavorava in un modo per me nuovo. In Francia si è sempre molto disciplinati, in Italia si parla tanto, si scherza, abbiamo riso moltissimo e mi sentivo molto protetta. (Sabine Azéma)

Note modifica

  1. Citato in "Duellanti" n. 67, gennaio-febbraio 2011, p. 81.
  2. a b c d Dall'intervista Raiperunanotte - Mario Monicelli, 25 marzo 2010.
  3. Dall'intervista di Aldo Cazzullo La mia Italia fra guerra e cinema, Corriere della Sera, 24 dicembre 2003.
  4. Citato in La morte di Alberto Sordi: le reazioni del mondo dello spettacolo, Corriere della Sera, 25 febbraio 2003.
  5. Citato in È morto Philippe Noiret L'attore francese era da anni malato, La Stampa, 23 novembre 2006.
  6. Citato in Claudia Morgoglione, Monicelli e la tragicommedia della guerra "Ma gli italiani allora erano migliori...", Repubblica.it, 22 novembre 2006.
  7. Citato in Duellanti, n. 67, gennaio-febbraio 2011, pp. 82-83.
  8. Citato in Carlo Faricciotti, Monicelli: "muoiono soltanto gli stronzi", IlGiornaleOff.IlGiornale.it, 15 maggio 2015.
  9. Dall'intervista di Simonetta Robiony, Monicelli tutto lavoro, La Stampa, 18 marzo 1994, p. 23.
  10. Citato ne l'Unità, 31 agosto 2008.
  11. Citato in Così inventai il comico dentro di lui, la Repubblica, 30 giugno 2000.
  12. Dall'intervista di Alberto Pallotta, in Alberto Pallotta (a cura di), I soliti ignoti, Un mondo a parte, 2002.
  13. Citato in Duellanti, n. 67, gennaio-febbraio 2011, p. 85.
  14. Nella trasmissione radio Viva Radio 2, 4 dicembre 2006.
  15. Citato in Peppino De Filippo, Pappagone e non solo, a cura di Marco Giusti, Mondadori, 2003.
  16. Da Marco Iezzi, Tonia Mastrobuoni, Gioventù sprecata. Perché in Italia non si riesce a diventare grandi, Laterza, 2010. ISBN 9788842091271
  17. In occasione della festa organizzata per il novantesimo compleanno del regista.

Bibliografia modifica

  • Mario Monicelli – Cinquant'anni di cinema, a cura di Fabrizio Borghini, edizioni Master, 1985.

Filmografia modifica

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