Susanna Tamaro

scrittrice italiana (1957-)
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Susanna Tamaro (1957 – vivente), scrittrice italiana.

Susanna Tamaro nel 1995

Citazioni di Susanna Tamaro modifica

  • A me non me ne importa niente, sai che cosa ho provato quando è arrivata la notizia? [La morte della figlia] È orrendo, mi vergogno a dirlo, sono stata contenta, contenta per lei, intendo, non per me. Sono un mostro? Si diventa così, la vita è questa, si pianta, si guarda la pianta crescere, si attende che venga sradicata.[1]
  • Allora io devo dire che a livello personale provo un assoluto orrore verso l'allevamento intensivo, cioè io non dormo la notte quando penso agli allevamenti intensivi e li trovo una cosa veramente che mi fa male dentro. Questo dolore degli animali è qualcosa che si espande per l'universo e avvolge tutti noi.[2]
  • I messaggi scritti sulle banconote non sono molto diversi da quelli lanciati nelle bottiglie. Una volta che lasciano le tue mani se ne vanno misteriosamente in giro per il mondo sperando di essere intercettate da qualcuno capace di apprezzare il messaggio. [...] È la mia piccola ribellione poetica, un modo di portare un po' di stupore e poesia nella nostra vita, dove le azioni di ognuno di noi sembrano dettate da un algoritmo.[3]
  • Il cammino d'un uomo è comprensione dell'amore. Una cosa fragilissima, altro che mettersi sotto un ombrello.[4]
  • Il grande crimine di questi tempi – crimine che ci porta dalla stupidità al sadismo, dritti verso il baratro dell'apocalisse – è il crimine dell'industria alimentare della carne. In un sistema capitalistico avanzato come il nostro, ogni cosa deve rendere a fronte del minor costo possibile, così mucche, polli, tacchini, maiali, conigli sono diventati soltanto macchine da profitto, ammassati gli uni agli altri, senza luce, senza aria, senza potersi muovere. Già negli anni Ottanta mia nonna non mangiava carne. "Non posso" diceva, "è carne di martire". Effettivamente, come altro si potrebbe definire la carne di quei corpi devastati dalla sofferenza? E non era ancora, credo, intervenuta la genetica, che ha permesso di modificare gli animali per accrescerne il rendimento, trasformandoli in malati cronici [...].[2]
  • In un mondo dominato dal delirio onnipotente della tecnologia, le catastrofi naturali ci parlano, ci ricordano che siamo esseri insignificanti, formiche che passeggiano sul dorso di un gigante. La morte è sotto i nostri piedi, può colpire ovunque, si muove invisibile, esplode potente, non conosce distinzione di Paesi e di popoli, non separa il giusto dall'ingiusto, il malato dal sano, il bambino dall' anziano, passa con la sua falce e distrugge ogni vita con selvaggia cecità.[5]
  • In una società profondamente cinica come la nostra, che allo stesso tempo è nemica della vita e rimuove la morte, queste tragedie fanno scattare impreviste gare di solidarietà. Quegli uomini così lontani dal nostro mondo, per cultura, tradizioni e stili di vita, uomini che sembrano appartenere quasi ad altre epoche storiche, diventano improvvisamente persone da soccorrere. E questo sentimento ci rende consapevoli di qualcosa di misterioso che ci unisce tutti e che si chiama natura umana. È questa natura che ci permette di soffrire per le persone che soffrono, è questa stessa natura che ci rende felici quando possiamo alleviare la sofferenza altrui. L'uomo è un essere che si realizza pienamente nella relazione. L'anoressica povertà relazionale del nostro mondo ipertecnologico viene così scossa dalla nudità, dalla fragilità, a cui, seppur inconfessabilmente, sentiamo di far parte. È la consapevolezza della fragilità ciò che permette di costruire relazioni veramente umane, società veramente civili.[5]
  • L'amore è attenzione.[6]
  • L'amore per l'uomo non esclude quello per gli animali, e viceversa, perché l'amore non è mai fonte di separazione né di giudizio. Chi ama, ama e basta. Chi ama e separa, non ha mai iniziato a farlo.[2]
  • La fede non è passività. Apre alla vita. È lucidità, stupore, camminare e partecipare alla comprensione della vita. Se non mi stupisco, non capisco il mondo. Non parlo di Dio, ma d'intuire qualcosa che mi sfugge, di curiosità, perché tutti nasciamo e abbiamo davanti a noi la morte. E io sono molto curiosa di sapere: c'è troppa realtà, perché intorno ci sia soltanto questa realtà.[4]
  • La terra ha un fiato. Con noi sopra respira il suo respiro quieto.[7]
  • Quando ero piccola e giocavo con i bambini ero felice, erano più semplici. Le femmine mi escludevano, mi bullizzavano. Io piangevo tutta la notte, distruggevo le bambole, mi buttavo per terra, urlavo per ore. Ho preso psicofarmaci fin da quando ero piccolissima. Moltissime ragazze con la sindrome di Asperger hanno la disforia di genere. È proprio un sintomo tipico. Non capiamo l'emotività, abbiamo bisogno di messaggi chiari. Il cervello delle femmine autistiche è molto simile a quello maschile, così ti viene quasi naturale identificarti con loro. Però i medici anziché capire che queste ragazze sono autistiche le diagnosticano come disforiche oppure come borderline.[8]
  • Siamo qui, nell'oscurità, sospesi tra la poesia delle lucciole e il fuoco divampante delle stelle.[9]
  • Un Paese che affida gli umori della sua vita civile al giustizialismo dei media è un Paese che ha preso una china molto pericolosa, un Paese profondamente ipocrita che ci costringe a firmare tonnellate di ridicoli moduli per tutelare la nostra privacy, ma che in realtà ci controlla in ogni nostro passo.[10]
Virtù della Clausura, Corriere della Sera, 19 aprile 2007
  • Il mondo ci vuole proiettati nel futuro, ma si può essere certi solo dell'istante presente. Ritiro e silenzio sono vie d'ingresso all'interiorità.
  • Si può entrare in dialogo diretto con lo spirito attraverso il silenzio. La vita spirituale è vita piena.
  • Silenzio, distacco dal mondo, interiorità, sono essenziali anche oggi nella mia vita di scrittrice e di artista marziale. Ripetere, pulire, andare a fondo, raggiungere il gesto vero unificano le due estensioni del mio essere. Le arti marziali e il monachesimo hanno la stessa radice: entrambi sviluppano l'esigenza di silenzio, ritiro e spiritualità, solo in forme diverse.
Il pianto degli agnelli e il dolore del mondo, Corriere della Sera.it, 28 marzo 2010
  • Il periodo che precede la Pasqua è il periodo in cui la vita si muove nuovamente verso la sua pienezza e, con questa sua forza oggi così poco compresa, spinge anche noi a rinnovarci, ad abbracciare con una nuova visione lo scorrere incerto della vita. Anche molti animali partecipano a questo rinnovamento.
  • Chi non ha mai visto gli agnellini giocare, non avrà mai un'immagine chiara della gioia che può pervadere la vita. Si inseguono in gruppi, sterzano, cambiano direzione, saltellano sulle zampe anteriori e posteriori, se c'è un punto più alto nel pascolo, una roccia, un tronco abbattuto, un fontanile, fanno a gara a saltarvi sopra e questo per loro è il massimo divertimento, e poi di nuovo riprendono a rincorrersi, ogni tanto si affrontano e si caricano a testate, simulando l'età adulta. Poi le madri li richiamano, e allora è tutto un correre, un raggiungere con misteriosa abilità, tra la folla del gregge, la propria genitrice, uno spingere con testa, un vibrare di codine soddisfatte. Sul pascolo scende allora il tenero silenzio della poppata.
  • Ma in una società come la nostra, totalmente profana, in cui nulla è più sacro e gli unici timori concessi sono legati alla materia, la catena di morte del macello non è che una realtà tra le altre. Le urla degli agnelli sono un rumore di fondo, uno dei mille rumori che frastornano i nostri giorni. E forse non sapere ascoltare questo lamento è il non saper ascoltare tutti i lamenti — i lamenti delle vittime delle guerre, dei malati, dei bambini torturati, uccisi, delle persone seviziate, abbandonate, dei perseguitati, di tutte quelle voci che invano gridano verso il cielo.
  • Il modello femminile si è inesorabilmente conformato a quello maschile. Siamo conformi perché l'immagine che i media propongono di noi – a cui una buona parte delle donne consapevoli cercano strenuamente di resistere – è quello di una femmina puro oggetto di piacere e di seduzione. Siamo conformi perché l'aver liberato la sessualità dalla procreazione ci ha reso altrettanto libere dei maschi. Possiamo realizzarci, avere diverse storie secondo l'estro e l'umore, senza che questo coinvolga l'affettività, così come avviene nei maschi per i quali avere un'avventura non è che uno sfogo della loro esuberanza. Abbiamo imparato a gestire la nostra fertilità, facendo scivolare la maternità in coda alle priorità della nostra vita, salvo poi farla diventare un'imperiosa necessità quando ci rendiamo conto che l'orologio del tempo ha accelerato i suoi battiti. In qualche modo è avvenuta una sorta di pornografizzazione della società. Tutto sembra girare intorno al sesso – ad un sesso esibito, parlato, vissuto, consumato, condiviso. [...] Sembra che il sesso sia l'unico grande pensiero dei nostri giorni e il piacere il pifferaio magico a cui tutti corriamo dietro estasiati.
  • Il piacere è il democratico tiranno dei nostri giorni. Sembra che l'uomo debba esistere e realizzarsi unicamente dalla cintura in giù, come se improvvisamente sul mondo si fosse sparsa una polverina magica, capace di trasformare gli esseri umani in un esercito di mandrilli in libertà. Ma in una tale visione dell'attività sessuale è racchiusa una estrema povertà. Il livellamento obbligatorio – per cui o fai sesso o non esisti – mistifica quella che è una delle componenti più importanti dell'uomo, quella erotica. Ognuno di noi ha una diversa propensione all'eros, per alcuni è una forma di energia straordinaria, per altri più moderata, mentre per altri ancora è ininfluente nell'equilibrio della loro vita. L'eros è sempre un elemento della complessità della persona, e non solo cambia da individuo a individuo, ma può cambiare, nello stesso individuo, nel corso della sua vita. Tanto il piacere è una banderuola a cui affannosamente corriamo dietro, altrettanto l'eros è una realtà che ci precede, ci compenetra e dà un orizzonte ai nostri giorni.
  • Senza spirito materno, ogni forza è perduta, perché è vero che le donne hanno una forza straordinaria, ma questa forza discende direttamente dalla capacità di accogliere e far crescere la vita. [...] È la forza la caratteristica dello spirito materno, la forza di questo amore capace di abbattere ogni ostacolo, di andare sempre avanti, senza scavalcare, senza aver fretta, ma accompagnando. Questo amore – da cui nasce ogni altro amore – è l'amore materno, perché la maternità non è un'ennesima tecnica da applicare al nostro corpo ma qualcosa che ci trascende, che ci lega misteriosamente all'essenza del nostro esistere.
  • La centralità della nostra vita di donne è lo spirito della maternità. Ripartire da lì. La maternità. Questa maternità, però, va intesa in senso nuovo, ben al di là della mera capacità fisica di procreare. Si può infatti non aver generato ed essere colme di maternità, come si può essere madri biologiche ed esserne totalmente prive. Questa società così fredda, così necrofila, così impaurita, così cinica – e allo stesso tempo così travolta dalle sbornie del sentimentalismo – ha paura dello spirito femminile perché questo spirito, che è concreto, attivo, la spingerebbe in una direzione opposta. Tornare alla nostra vera natura vuol dire rimettere al centro dei nostri giorni una forza armata di dolcezza. Vuol dire collaborare, invece di competere, saper accogliere e accudire tutto ciò che è piccolo e bisognoso di protezione, tutto ciò che è fragile. Sapere che il grande sforzo – quello che giustamente assorbe ogni nostra energia – è quello della crescita, perché costantemente cambiare, costantemente crescere è il senso di ogni essere umano e di ogni nuova vita che viene al mondo.
Valeria Chianese, Susanna Tamaro: «Napoli ci insegna cos'è la modernità», Avvenire, 29 gennaio 2011
  • Siamo tutti futuri napoletani.
  • [La crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania] È un grave problema, certo. Però quella spazzatura è soprattutto una metafora della modernità: quello che abbiamo dentro è là fuori. Non coltiviamo giardini perché in noi non c'è più pace, non c'è più bellezza. La spazzatura è lo specchio di una cultura che consuma, di una cultura crudele, agitata, cinica che produce spazzatura interiore, che si trasforma in tonnellate di spazzatura reale. La spazzatura l'abbiamo innanzitutto dentro di noi ed è dentro di noi che dovremmo fare pulizia. Dove si semina bellezza nasce qualcosa ed è triste che oggi non si abbia bisogno dell'arte e del potere sanificante della cultura.
  • La televisione ha fatto danni enormi, ha distrutto la sanità mentale di un popolo e la stessa società educante. I genitori sono tali per caso, tutto è regolato dalla provvisorietà e in questa organizzazione subentrano i media [...]. Penso all'infanzia, una volta tutelata e ora sottoposta non alla cultura del '900, ma ad una cultura primitiva, esposta di continuo alla violenza e alla stimolazione sessuale.
  • La condizione della donna oggi non è paragonabile neppure a quella negli anni '50 tanto è stata retrocessa: chiusa in un recinto, in un modello agghiacciante proposto anche alle bambine, mandate in giro come piccole cocotte. Una situazione che mi fa rabbia ancora di più perché le armi per combattere sono poche e non si fanno parlare le voci contrarie.
  • [I mass media] Credo che l'intenzione sia di distruggere gli uomini alimentando una povertà interiore con la ferma volontà di abbassare il livello: continuare a rotolarsi tra i rifiuti perché è così che si mantiene il controllo del popolo e quindi il potere. La televisione o altro media ci fanno schiavi dell'audience e di quelli che pagano per la pubblicità, perseguendo un solo sogno: l'avvento totale dell'uomo consumatore. È un vuoto senza più radici.

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Incipit modifica

Forse il primo segno è stato il taglio dell'albero.
Non mi avevi detto niente, non erano cose che riguardavano i bambini, così una mattina d'inverno, mentre io in classe ascoltavo con profondo senso di estraneità le virtù del minimo comune multiplo, la sega aggrediva il candore argentato della sua corteccia; mentre trascinavo i piedi nel corridoio della ricreazione, schegge della sua vita cadevano come neve sulla testa delle formiche.

Citazioni modifica

  • E dopo il bagliore del fulmine, il buio della notte profonda, la quiete non quieta del troppo: troppo vedere, troppo soffrire, troppo sapere. Non quiete del sonno, ma della breve morte: quando il dolore è eccessivo, bisogna morire un po' per andare avanti.
  • È poi davvero solo nostra questa vita?
  • Più legami abbiamo, più viviamo nel panico, le persone muoiono o ci lasciano, le cose si perdono, si rompono, vengono rubate e a un tratto ci troviamo completamente nudi. Nudi e disperati. Naturalmente siamo sempre stati nudi, ma abbiamo finto di non saperlo, di non vederlo.
  • Il passato non si può più modificare e il futuro non ci appartiene di diritto. Ciò che esiste davvero è il presente. Solo l'attimo ha importanza.
  • È il ricordo che costituisce l'essere umano, che lo situa nella storia – nella sua personale e in quella più grande del mondo che gli sta intorno – e le parole sono le tracce che lasciamo dietro di noi.
  • Gli eventi e gli incontri non sono zavorre o vicoli di cui non si conosce l'uscita, ma piuttosto specchi – piccoli, grandi, convessi, concavi, ondulati, deformanti, scheggianti, oscurati – capaci comunque, con il loro riflesso, di farci conoscere una parte ancora ignota di noi stessi.
  • "Vedi" ha detto allora "la filosofia e il sole si assomigliano, entrambi devono cacciare la notte – la notte fisica e la notte della mente – quella che fa vivere l'uomo annegato in un oceano di superstizione".
  • Quando si lacera, il cuore che rumore fa? Il tonfo di una spugna inzuppata o il sibilo di un fuoco pirotecnico bagnato dalla pioggia?
  • Nelle cavità profonde, il fiume continuava a scorrere ed era quell'acqua la vera sorgente di vita, capace di dissetare, notrire, fecondare, far crescere e unire tra loro gli esseri umani in ogni luogo della terra. Perché è l'amare e l'esser amato, non la rivoluzione, l'aspirazione più profonda di ogni creatura che viene al mondo.
  • Quel viaggio non era una fuga ma un andare incontro, affrontare qualcosa che non conoscevo ma che mi riguardava nel profondo.
  • Per mettersi in viaggio c'è bisogno della nostalgia di qualcosa.
  • Nessun essere umano desidera venire al mondo. Un bel giorno senza esser stati interpellati ci troviamo buttati sul palcoscenico, alcuni di noi ottengono la parte del protagonista, altri sono semplici comparse, altri ancora escono di scena prima della fine dell'atto o preferiscono scendere e godersi lo spettacolo dalla platea-ridere, piangere o annoiarsi, secondo il programma del giorno.
  • Perché per amare qualcosa, bisogna prima conoscerla. Può la complessità di un essere umano giungere a conoscere la complessità di un altro essere umano?
  • Ognuno di noi tiene in mano un filo e quel filo ci conduce alla nostra stella. Ognuno di noi ha una stella in cielo e il nostro destino è imparare a seguirla. Il nostro karma è scritto nella sua scia, se molliamo il filo è tutto perduto, si formano grovigli.
  • Perché nessuno ci suggerisce i punti in cui fare attenzione? Qua il ghiaccio è più fino, là ha più spessore, procedere, deviare, arretrare, fermarsi, evitare. Perché dobbiamo sempre portarci dietro il peso dei gesti non fatti, delle frasi non dette? Quel bacio che non ho dato, quella solitudine che non ho abbracciato. Perché fin dalla nascita viviamo immersi in questa straordinaria ottusità? Tutto ci sembra eterno e la nostra volontà regna caparbia su quello staterello piccolo e confuso che si chiama io, lo omaggiamo come un grande sovrano. Basterebbe aprire gli occhi un solo secondo per rendersi conto che in realtà si tratta di un principe da operetta, volubile, lezioso, incapace di dominare e dominarsi, incapace di vedere un mondo al di fuori dai propri confini, che altro poi non sono che le quinte – mutevoli e ristrette – di un palcoscenico.

Cara Mathilda. Lettere a un'amica modifica

  • Bisogna diventare cercatori di speranza... bisogna diventare diffusori di gioia, coltivarla in noi ed espanderla all'esterno.
  • C'è una povertà in questo tipo di vita, una povertà diversa da quella materiale di una volta. Una povertà interiore che, più che far paura, umilia. Umilia la grande ricchezza, la grande potenzialità che c'è in ognuno di noi.
  • Cercare la speranza e farla crescere, coltivarla in noi stessi e in chi ci sta vicino, non arrendersi a ciò che adesso la società ci impone, alla sua volgarità, alla sua violenza, ma vedere tra queste cose dei segnali di cambiamento, custodirli e alimentarli come nell'antica Roma le Vestali custodivano il fuoco. Senza sonno né distrazione.
  • Distruggere è sempre la via più breve, per uccidere basta premere un grilletto, per non uccidere bisogna fare l'enorme sforzo di provare a capirsi.
  • I libri servono a capire e a capirsi, e a creare un universo comune anche in persone lontanissime.
  • Io sono convinta che la scrittura non serva per farsi vedere ma per vedere.
  • L'amicizia è uno dei sentimenti più belli da vivere perché dà ricchezza, emozioni, complicità e perché è assolutamente gratuita. Ad un tratto ci si vede, ci si sceglie, si costruisce una sorta di intimità; si può camminare accanto e crescere insieme pur percorrendo strade differenti, pur essendo distanti, come noi due, centinaia di migliaia di chilometri.
  • L'odio, la violenza, una volta innescati, vanno comunque avanti, si propagano sottoterra, lontano dagli sguardi, come le radici di certe piante infestanti.
  • La bontà è un cammino estremamente severo e, nella sua severità, conosce l'urgenza della discrezione. E della forza. Perché la bontà, come l'amore, richiede forza, la grande e immensa forza dello Spirito.
  • La solitudine è il più straordinario mezzo per entrare in intimità con noi stessi. E, paradossalmente, la solitudine è anche il miglior mezzo per imparare a comunicare. Solo conoscendomi, cioè conoscendo la mia interiorità, posso parlare all'interiorità dell'altro.
  • La vita non è un belvedere panoramico ma un cammino, e questo cammino presenta spesso dei punti in salita. Davanti all'improvviso inerpicarsi del sentiero si possono fare due cose, come nelle gite. Si può dire: non ce la faccio più e tornare indietro; oppure ci si riposa un po' e si va avanti.
  • Leggere, in fondo, non vuol dire altro che creare un piccolo giardino all'interno della nostra memoria. Ogni bel libro porta qualche elemento, un'aiuola, un viale, una panchina sulla quale riposarsi quando si è stanchi. Anno dopo anno, lettura dopo lettura, il giardino si trasforma in parco e, in questo parco, può capitare di trovarci qualcun altro.
  • Leggere non è un dovere, né un amaro calice da bere fino in fondo con la speranza di chissà quali benefici. Leggere vuol dire crearsi un proprio piccolo tesoro personale di ricordi e di emozioni, un tesoro che non sarà uguale a quello di nessun altro e che tuttavia potremo mettere in comune con altri.
  • Quanto è radicato, quanto è profondo e folle l'odio dell'uomo per l'uomo: per una idea, per un confine è capace di seminare la morte tra le generazioni future.
  • Scandalizzare i bambini vuol dire presentare loro un mondo senza alcuna luce, né gioia, né poesia. Vuol dire spegnere in loro la speranza, la capacità di immaginare un sentire diverso.
  • Scrivere è uno dei sistemi più semplici e più profondi per fare chiarezza dentro di sé e per tramandare la memoria delle nostre esistenze.
  • Si giunge all'idea del matrimonio sulle ali inebrianti dell'innamoramento. A questo segue il dovere della rappresentazione sociale: il vestito, la cerimonia, le bomboniere, il ricevimento, la casa, il viaggio di nozze. E così uno o due anni volano via, con gli anni vola anche l'innamoramento e allora subentra negli sposi l'idea di aver preso una fregatura.
  • Una lunga amicizia porta gli stessi identici segni di una tazza annerita dal tempo; ci sono incrinature e ombre negli oggetti quotidiani così come ci sono momenti di incrinatura e ombra nelle amicizie. Per non gettare via una tazza, come per costruire una amicizia, ci vogliono due sentimento ormai inusuali ma importantissimi come la pazienza e la fedeltà. La pazienza per il suo ruolo somiglia ad un mattone, la fedeltà ad una radice. La pazienza è l'antidoto alla fretta, la fedeltà quello al consumo. Se penso a loro come ad una immagine fisica penso a dei piccoli mattoni oppure a delle radici. Con i mattoni si costruisce, grazie alle radici si cresce.

Ogni angelo è tremendo modifica

  • In fondo a ogni vita scorre una segreta saggezza che permette di far arrivare le cose giuste al momento giusto. Nella concretezza dei giorni che passano, è difficile accorgersi di questa legge così discreta ma quando, arrivati a una certa età, ci si volge indietro e si contempla lo svolgersi degli eventi, è più facile vedere quel filo misterioso che, apparendo e scomparendo con regolarità, ha legato tra loro i nostri giorni.
  • Tra le poche cose lasciatemi in eredità da lei, comunque, c'è una piccola stampa che stava sopra il suo letto e che ora è sul mio. Rappresenta uno scheletro appoggiato con un gomito su un sarcofago come fosse sdraiato su un divano. Sotto, in greco, c'è scritto: "Conosci te stesso." Bisogna essere spietatamente crudeli per obbedire a questo imperativo.

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In fondo era soltanto il Natale dell'anno scorso, le mie ultime vacanze trascorse dagli zii. Faceva freddo e il paese era sprofondato nella nebbia. Lì la vita era noiosa come sempre, non telefonava nessuno, nessuno veniva a trovarmi. Lo zio si addormentava davanti ai balletti della televisione, la zia faceva grandi coperte all'uncinetto. Nella penombra, l'albero di plastica lampeggiava come un semaforo rotto.
Anche a mezzogiorno la nebbia avvolgeva la casa come un sudario. Ogni mezz'ora mi affacciavo alla finestra per vedere se era spuntato il sole. Non si vedeva mai niente. Di notte sognavo di avere braccia lunghissime, talmente lunghe da arrivare fino al cielo. Arrivavo lassù e afferravo le nuvole, le spostavo una dopo l'altra come fossero i tendoni del cinema. C'è il sole o non c'è? mi domandavo con rabbia. Alla fine lo trovavo, il suo raggio luminoso mi colpiva in mezzo alla fronte. Colpiva me e nessun altro perché ero stata io a cercarlo, l'avevo stanato con le mie braccia smisurate, con la mia volontà.

Citazioni modifica

  • A cinquantacinque anni non ci si può illudere che la vita sia soltanto davanti, che si possa godere di essa come se si fosse appena nati. C'è stato un prima, ed è quel prima a indicare la direzione dei giorni a venire.
  • Anche la spazzatura è così. Un giorno il sacchetto sta a casa, nell'angolo sotto il lavello e il giorno dopo non c'è più. Viene un grande camion e lo divora. Quando il camion è passato, resta soltanto una forte puzza nell'aria. La morte non doveva essere qualcosa di molto diverso, andava in giro e divorava le persone come i sacchetti lasciando dietro di sé una nuvola di cattivo odore.
  • L'amore vince tutto, avevo spesso sentito ripetere. L'amore è più forte della morte. E invece non è vero, perché l'amore, anche se esiste, è fragile. È così fragile da essere pressoché invisibile. Ed essere invisibile e non esistere è quasi la stessa cosa.
  • Nel riquadro dell'abbaino erano apparse nubi gonfie e biancastre. Correvano veloci e in pochi minuti hanno coperto la luna e le stelle. Domani piove, ho pensato, e a un tratto ho capito. L'amore è darsi in pasto all'altro senza possibilità di difendersi.

Va' dove ti porta il cuore modifica

 
Schema dei personaggi di Va' dove ti porta il cuore

Incipit modifica

Opicina, 16 novembre 1992

Sei partita da due mesi e da due mesi, a parte una cartolina nella quale mi comunicavi di essere ancora viva, non ho tue notizie. Questa mattina, in giardino, mi sono fermata a lungo davanti alla tua rosa. Nonostante sia autunno inoltrato, spicca con il suo color porpora, solitaria e arrogante, sul resto della vegetazione ormai spenta. Ti ricordi quando l'abbiamo piantata? Avevi dieci anni e da poco avevi letto Il Piccolo Principe. Te l'avevo regalato io come premio per la tua promozione. Eri rimasta incantata dalla storia.

Citazioni modifica

  • Diffida di tutto, tranne di quello che ti dice il tuo cuore.
  • Purtroppo noi non siamo esseri sospesi in bolle di sapone vaganti felici per l'aria; c'è un prima e un dopo nelle nostre vite e questo prima e dopo intrappola i nostri destini, si posa su di noi come una rete sulla preda.
  • È strano, quando ti aspetti di sentire le cose più grandi davanti a te compaiono le piccole. Sono così piccole e così ovvie che ti verrebbe da gridare: "Ma come, tutto qui?".
  • Il massimo dell'irritazione però l'hai raggiunto nel momento in cui ti ho detto che la vita non è una corsa ma un tiro al bersaglio: non è il risparmio di tempo quello che conta, bensì la capacità di trovare un centro.
  • Il processo della sua crescita somiglia un po' a quello delle perle, più grande e profonda è la ferita, più forte è la corazza che si sviluppa intorno. Poi però con il passare del tempo, come un vestito portato troppo a lungo, nei punti di maggiore uso comincia a logorarsi, fa vedere la trama, ad un tratto per un movimento brusco si strappa. In principio non ti accorgi di niente, sei convinta che la corazza ti avvolga ancora interamente, finché un giorno, all'improvviso, davanti ad una cosa stupida senza sapere perché ti ritrovi a piangere come un bambino.
  • Fare errori è naturale, andarsene senza averli compresi vanifica il senso di una vita. Le cose che ci accadono non sono mai fini a se stesse, gratuite, ogni incontro, ogni piccolo evento racchiude in sé un significato, la comprensione di se stessi nasce dalla disponibilità di accoglierli, lasciare la pelle vecchia come le lucertole al cambio di stagione.
  • In un libro indiano ho letto che il fato possiede tutto il potere mentre lo sforzo della volontà è solo un pretesto [...]. Già il giorno dopo però, poche pagine più in là, ho trovato scritto che il fato non è altro che il risultato delle azioni passate, siamo noi, con le nostre mani, a forgiare il nostro stesso destino.
  • La felicità sta alla gioia come una lampada elettrica sta al sole. La felicità ha sempre un oggetto, si è felici di qualcosa, è un sentimento la cui esistenza dipende dall'esterno. La gioia invece non ha oggetto. Ti possiede senza alcuna ragione apparente, nel suo essere somiglia al sole, brucia grazie alla combustione del suo stesso cuore. [proporzione]
  • La vita non è una corsa ma un tiro al bersaglio: non è il risparmio del tempo che conta, bensì la capacità di trovare un centro.
  • Le cose che ci accadono non sono mai fini a se stesse, gratuite, ogni incontro, ogni piccolo evento racchiude in sé un significato, la comprensione di se stessi nasce dalla disponibilità ad accoglierli, dalla capacità in qualsiasi momento di cambiare direzione.
  • Le lacrime che non escono si depositano sul cuore, con il tempo lo incrostano e lo paralizzano come il calcare incrosta e paralizza gli ingranaggi della lavatrice.
  • Le mie parole ti avranno portato in salvo? Non ho questa presunzione, forse soltanto ti avranno irritata, avranno confermato l'idea già pessima che avevi di me prima di partire. Forse potrai capirmi soltanto quando sarai più grande, potrai capirmi se avrai compiuto quel percorso misterioso che dall'intransigenza conduce alla pietà. Pietà, bada bene, non pena. Se proverai pena, scenderò come quegli spiritelli malefici e ti farò un mucchio di dispetti. Farò la stessa cosa se, invece di umile, sarai modesta, se ti ubriacherai di chiacchiere vuote invece di stare zitta. Esploderanno lampadine, i piatti voleranno giù dalle mensole, le mutande finiranno sul lampadario, dall'alba a notte fonda non ti lascerò in pace un solo istante. Invece non è vero, non farò niente. Se da qualche parte sarò, se avrò modo di vederti, sarò soltanto triste come sono triste tutte le volte che vedo una vita buttata via, una vita in cui il cammino dell'amore non è riuscito a compiersi.
  • Lottare per un'idea senza avere un'idea di sé è una delle cose più pericolose che si possano fare.
  • Ogni volta che ti sentirai smarrita, confusa, pensa agli alberi, ricordati del loro modo di crescere. Ricordati che un albero con molta chioma e poche radici viene sradicato al primo colpo di vento, mentre in un albero con molte radici e poca chioma la linfa scorre a stento. Radici e chioma devono crescere in egual misura, devi stare nelle cose e starci sopra, solo così potrai offrire ombra e riparo, solo così alla stagione giusta potrai coprirti di fiori e frutti.
  • Ogni volta in cui, crescendo, avrai voglia di cambiare le cose sbagliate in cose giuste, ricordati che la prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi, la prima e la più importante.
  • Quando la strada alle tue spalle è più lunga di quella che hai davanti, vedi una cosa che non avevi mai visto prima: la via che hai percorso non era dritta ma piena di bivi, ad ogni passo c'era una freccia che indicava una direzione diversa; da lì si dipartiva un viottolo, da là una stradina erbosa che si perdeva nei boschi. Qualcuna di queste deviazioni l'hai imboccata senza accorgertene, qualcun'altra non l'avevi neanche vista; quelle che hai trascurato non sai dove ti avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore; non lo sai ma ugualmente provi rimpianto. Potevi fare una cosa e non l'hai fatta, sei tornato indietro invece di andare avanti. Il gioco dell'oca, te lo ricordi? La vita procede pressappoco allo stesso modo. Lungo i bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle o non viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la tua esistenza, quella di chi ti sta vicino.
  • Quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta ancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va' dove lui ti porta.
  • Solo il dolore fa crescere, ma i dolore va preso di petto, chi svicola o si compiange, è destinato a perdere.
  • Trovare scappatoie quando non si vuol guardare dentro a se stessi è la cosa più facile del mondo. Una colpa esterna esiste sempre, è necessario avere molto coraggio per accettare che la colpa – o meglio, la responsabilità – appartiene a noi soltanto. Eppure te l'ho detto, questo è l'unico modo per andare avanti. Se la vita è un percorso, è un percorso che si svolge in salita.
  • Tutto quello che non si è detto in questo spazio, si dilata, si dilata e si dilata ancora. È un vuoto senza porte, senza finestre, senza vie d'uscita, ciò che resta lì sospeso, resta lì per sempre, sta sulla tua testa, intorno a te, ti avvolge e ti confonde come una nebbia spessa.
  • Orfana? Si dice così quando muore una nonna? Non ne sono proprio sicura. Forse i nonni sono considerati così accessori da non richiedere un termine che ne specifichi la perdita. Dei nonni non si è né orfani né vedovi. Per moto naturale si lasciano lungo la strada così come per distrazione, lungo la strada, si abbandonano gli ombrelli.
  • "Chi confida nel proprio cuore è uno stolto" diceva spesso Augusto citando la Bibbia. Perché mai dovrebbe essere stolto? Forse perché il cuore somiglia a una camera di combustione? Perché c'è del buio là dentro, del buio e del fuoco?
  • Il Caso. Una volta il marito della signora Morpurgo mi ha detto che in ebraico questa parola non esiste. Per indicare qualcosa di relativo alla casualità sono costretti a usare la parola azzardo che è araba. È buffo, non ti pare? È buffo ma anche rassicurante: dove c'è Dio non c'è posto per il caso, neppure per l'umile vocabolo che lo rappresenta.

Verso casa modifica

  • Accanto all'Io esiste anche un Tu. Questo è la preghiera.
  • Ma non è forse una vanità credersi superiori al mistero o ignorarlo?
  • Questo secolo si è proposto come il secolo della grande liberazione dell'uomo.
  • Un cielo senza Dio è pronto a popolarsi di idoli. L'idolo delle ideologie, l'idolo del potere e del possesso, l'idolo della realizzazione di sé.

Incipit di alcune opere modifica

Anima Mundi modifica

In principio era il vuoto. Poi il vuoto si è contratto, è diventato più piccolo di una capocchia di spillo. È stata una sua volontà o qualcosa l'ha costretto? Nessuno può saperlo, ciò che è troppo compresso alla fine esplode, con rabbia, con furore. Dal vuoto è nato un intollerabile bagliore, si è sparso nello spazio, non c'era più buio lassù, ma luce. Dalla luce è scaturito l'universo, schegge impazzite di energia proiettate nello spazio e nel tempo. Correndo e correndo, hanno formato le stelle e i pianeti. Il fuoco e la materia. Sarebbe potuto bastare questo, eppure non è bastato.

Papirofobia modifica

Uscendo di casa, quella mattina, Leopoldo sapeva che non sarebbe più tornato indietro. Il giorno prima era stato il suo compleanno – il suo ottavo compleanno – ed era stato un giorno tristissimo.
Aveva chiesto in regalo una cosa che desiderava da tanto tempo: delle scarpe da corsa perché, anche se viveva in città, gli piaceva moltissimo correre.

Note modifica

  1. Da Per voce sola.
  2. a b c Dall'intervento tenuto alla Giornata per la Coscienza degli Animali del 9 novembre 2010.
  3. Citato in Elvira Serra, Tamaro e quei versi scritti su una banconota. «È ribellione poetica», Corriere della Sera, Milano, 21 novembre 2020, p. 25.
  4. a b Citato in Francesco Battistini, Guardarsi dentro, con o senza fede, Corriere della sera, 28 novembre 2008, pag. 57.
  5. a b Da Quando ci appare la fragilità del mondo, Corriere della sera, 17 gennaio 2010.
  6. Da Anima Mundi.
  7. Da Per voce sola.
  8. Citato in Cristina Siciliano, Susanna Tamaro: «Da piccola mi sentivo in un corpo sbagliato e prendevo psicofarmaci. A 3 anni dissi a mio fratello di chiamarmi Carlo», Leggo.it, 8 marzo 2024
  9. Da Più fuoco, più vento.
  10. Da Campagne di odio e proposte indecenti, Corriere della sera, 26 febbraio 2010,

Bibliografia modifica

  • Susanna Tamaro, Anima Mundi, Baldini e Castoldi, 1997. ISBN 8880892207
  • Susanna Tamaro, Ascolta la mia voce, Rizzoli, 2006.
  • Susanna Tamaro, Cara Mathilda. Lettere a un'amica, Rizzoli, 2001.
  • Susanna Tamaro, Cuore di ciccia, Mondadori, 1992.
  • Susanna Tamaro, Fuori, Rizzoli, 2002.
  • Susanna Tamaro, Il castello dei sogni. Storie che parlano al cuore, Mondadori, 2002.
  • Susanna Tamaro, Il cerchio magico, Mondadori, 1994.
  • Susanna Tamaro, Il respiro quieto, Baldini e Castoldi, 1997.
  • Susanna Tamaro, La testa fra le nuvole, Marsilio, 1989.
  • Susanna Tamaro, Ogni angelo è tremendo, Bompiani, 2013.
  • Susanna Tamaro, Ogni parola è un seme, Rizzoli, 2005.
  • Susanna Tamaro, Papirofobia, Giunti Junior, 2011. ISBN 9788809768314
  • Susanna Tamaro, Per voce sola, Baldini e Castoldi, 1991.
  • Susanna Tamaro, Più fuoco, più vento, Rizzoli, 2002.
  • Susanna Tamaro, Rispondimi, Rizzoli, 2001.
  • Susanna Tamaro, Tobia e l'angelo, Mondadori, 1998.
  • Susanna Tamaro, Va' dove ti porta il cuore, BUR, 2002. ISBN 8817129496
  • Susanna Tamaro, Verso casa, Rizzoli, 1999.

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Opere modifica