William Somerset Maugham

scrittore e commediografo britannico

William Somerset Maugham (1874 – 1965), scrittore e commediografo britannico.

William Somerset Maugham nel 1934

Citazioni di William Somerset Maugham modifica

  • Gli abiti dell'uomo ben vestito sono quelli che meno danno nell'occhio.[1]
  • Il divario tra quel che un uomo professa e quel che fa è uno degli spettacoli più divertenti offerti dalla vita.[2]
  • Il Tao. Alcuni di noi cercano la Via nell'oppio e altri in Dio, alcuni nel whisky e altri nell'amore. È sempre la stessa Via e non porta da nessuna parte.[3]
  • La gente mi ha sempre interessato, ma non mi è mai piaciuta.[4]
  • La grande tragedia della vita non è che gli uomini muoiano, ma che cessino di amare.[5]
  • La grandezza è rara. Negli ultimi cinquant'anni ho visto quasi tutte le attrici che si sono fatte un nome. Ne ho viste molte eminentemente dotate, molte eccellenti in un ambito loro proprio, molte ricche di fascino, bellezza e intelligenza; ma a una soltanto potrei, senza esitazione, attribuire grandezza: Eleonora Duse.[6]
  • Lei sa che gli aborigeni della Tasmania, i quali non conoscevano l'adulterio, sono ormai una popolazione estinta.[7][8]
  • Nella vita le cose capitano a casaccio, e così devono capitare in un romanzo; esse non conducono ad alcuna crisi risolutiva – che è un oltraggio alla legge delle probabilità – continuano ad accadere e basta.[9]
  • Non si può creare un personaggio basandosi sulla semplice osservazione: se vogliamo che prenda vita dev'essere almeno in qualche misura una rappresentazione di noi stessi.[10]
  • Quello che i mariti di solito pretendono come un diritto io ero disposto a riceverlo come un favore.[3]
  • Sin dai tempi più antichi i vecchi hanno predicato ai giovani che sono più saggi di loro, e prima che i giovani scoprissero di che colossale idiozia si trattava erano già vecchi a loro volta, e faceva loro comodo continuare l'impostura.[11]
  • Una cosa strana della vita è che se non si accetta che il meglio, molto spesso lo si ottiene.[12]

La resa dei conti modifica

  • La commedia si rivolge all'animo collettivo del pubblico, e quello si stanca; mentre la farsa si rivolge a un organo più robusto, la sua pancia collettiva. (39)[8]
  • La perfezione ha un grave difetto: ha la tendenza ad essere noiosa.
  • Nel momento in cui un attore ha finalmente imparato come recitare qualsiasi parte, è spesso troppo vecchio per recitarne se non alcune.[8]

La tentazione di Adamo e altri racconti modifica

Incipit modifica

Il capitano Bredon era piuttosto un buon diavolo. Quando Angus Munro, direttore del Museo di Kuala Solor, gli parlò del suo nuovo assistente, Neil Mac Adam, che doveva arrivare a Singapore e scendere al Van Dyke Hôtel, e lo pregò di stare attento che il giovanotto non si cacciasse in qualche pasticcio, egli promise che avrebbe fatto del suo meglio. Il capitano Bredon comandava il Sultan Ahmed, e andava sempre al Van Dyke quando si trovava a Singapore: era sposato con una giapponese che aveva camera fissa là: Come, dopo un giro di due settimane lungo le coste del Borneo, tornò a Singapore, l'olandese che dirigeva l'albergo gli disse che Neil era arrivato da due giorni. il capitano lo trovò seduto nel polveroso giardinetto dell'albergo, intento a leggere alcuni vecchi numeri dello Straits Times.

Citazioni modifica

  • Darya si sentiva adesso molto più sicura di sé. E gli diede un'occhiata ardita.
    «Non ho nessuna attrazione per te? Molti uomini mi hanno desiderata. E tu devi aver avuto dozzine di donne in Iscozia assai meno ben fatte di me.»
    E guardava, così dicendo, la sua formosa, sensuale persona, in placido orgoglio.
    «Io non ho mai posseduto una donna» disse Neil con gravità.
    «Cosa?»
    Essa scattò in piedi per lo stupore. Egli alzò le spalle. Non aveva modo di farle capire il disgusto che provava per quel genere di cose, e il disprezzo in cui teneva i fortuiti amori dei suoi compagni di Edimburgo. Trovava una mistica gioia nella sua castità. L'amore era sacro, per lui. L'atto sessuale lo riempiva d'orrore. Solo la necessità della procreazione e il sacramento del matrimonio lo giustificavano ai suoi occhi.
    Gli gettò le braccia al collo e lo teneva. E gli copriva il viso di baci. Egli si dibatteva. Volgeva la faccia. E con la mano cercava di proteggersi la bocca. D'improvviso essa gli affondò i denti nella carne. Il dolore fu così vivo che, senza volerlo, egli le diede un pugno.
    «Demonio» le gridò in faccia.
    Il colpo violento aveva obbligato Darya a lasciare la preda. Egli si esaminò la mano. Vide che il morso era profondo e che sanguinava. Gli occhi di lei, intanto, mandavano fiamme. Era in tutta la sua vitalità, la donna, come una belva. (da La tentazione di Adamo)
  • Chiunque fondi le proprie convinzioni sull'evidenza delle cose non può non negarla. (da La tentazione di Adamo, p. 20)
  • Il gran vantaggio di un governo democratico è che il merito, sostenuto dalle amicizie influenti, ha quasi la certezza di trovare la sua giusta ricompensa. (da L'occasione perduta, p. 86)
  • Gli ignoranti non possono non odiare, e temere insieme, coloro che si occupano delle cose ch'essi non capiscono. (da L'occasione perduta, p. 111)

Schiavo d'amore modifica

Incipit modifica

L'alba spuntò grigia e cupa. Le nuvole incombevano, e c'era nell'aria una crudità che preannunciava la neve. Una bambinaia entrò nella stanza in cui un bimbo dormiva e tirò le tende. Diede macchinalmente un'occhiata alla casa di fronte, una casa rivestita di stucco con un porticato; quindi si avvicinò al letto del bimbo.
– Svégliati, Filippo – disse.
Tirò giù le coperte, lo prese in braccio e lo portò al piano inferiore. Il bimbo era ancora mezzo addormentato.
– La mamma ti vuole.
Aperse l'uscio di una stanza e portò il bimbo presso un letto nel quale giaceva una donna. Era la madre. Ella tese le braccia e il piccino si accoccolò accanto a lei. Non chiese perché lo avevano svegliato. La donna lo baciò sugli occhi e con le mani fragili sentì il calore del corpicino attraverso la camicia da notte di flanella. Lo strinse a sé.
– Dormi, tesoro? – gli chiese.
La sua voce era così fioca che sembrava venire da una grande lontananza. Il bimbo non rispose ma sorrise. Era felice nel gran letto caldo, fra quelle braccia tenere e affettuose. Cercò di farsi ancor più piccino e diede alla mamma un bacio sonnacchioso. Un attimo dopo aveva rinchiuso gli occhi e dormiva di nuovo profondamente. Il dottore si avvicinò al letto.

Citazioni modifica

  • Filippo si chiese disperatamente perché bisognava vivere. Tutto sembrava vacuo e vano. Per esempio, anche la vita di Cronshaw non era servita a nulla: morto e dimenticato, il suo libro si trovava sulle bancarelle dei libri usati. Era vissuto soltanto per dare a un giornalista ambizioso l'occasione di scrivere un articolo su una rivista.
    E Filippo tornò a chiedersi:
    – A che scopo tutto questo?
    Lo sforzo era sproporzionato al risultato. Le brillanti speranze della giovinezza si risolvevano nella più amara delusione. Sofferenze, malattie e infelicità pesavano con gravezza nel piatto della bilancia. Qual era il significato di tutto ciò? Ripensò alla propria vita, alle proprie speranze, alle limitazioni impostegli dalla sua deformità, alla mancanza di affetti nella sua giovinezza. Gli sembrava di aver sempre agito per il meglio, senza nessun risultato. Altri uomini che valevano quanto lui erano riusciti. Ed altri, molto migliori, avevano naufragato. Forse si trattava di fortuna. La pioggia cadeva nello stesso modo sul giusto e sul malvagio;[13] e per nessuno non esisteva un perché.
  • Filippo ricordò quel re orientale, il quale, volendo conoscere la storia dell'uomo, si vide portare da un saggio cinquecento volumi: troppo occupato dagli affari di Stato, lo pregò di fargliene un riassunto. Dopo vent'anni il saggio tornò e la sua storia era condensata in cinquanta volumi; ma il re, troppo vecchio ormai per leggere tante pagine, lo pregò ancora una volta di riassumerle. Passarono altri vent'anni e il saggio, decrepito e canuto, raccolse in un solo volume le cognizioni che il re aveva cercate, ma il re era sul letto di morte e non aveva più il tempo di leggere neanche quello. E allora il saggio gli riassunse la storia dell'uomo in una riga: è nato, ha sofferto ed è morto.
  • La vita non aveva alcun significato, l'uomo non aveva alcuna importanza. Filippo esultò come aveva esultato nella sua giovinezza quando si era liberato dal fardello della religione; gli sembrava ora di essere alleviato dall'ultima responsabilità e di sentirsi per la prima volta veramente libero. La sua nullità si trasformava in forza, ed improvvisamente egli si sentiva uguale al destino spietato che si era accanito contro di lui; se la vita non aveva significato, il mondo non aveva più crudeltà. L'insuccesso non aveva alcuna importanza e il successo non significava nulla. Così piccolo nella massa formicolante di esseri umani che per breve tempo occupavano la superficie della terra, si sentiva onnipotente perché aveva strappato al caos il segreto della sua inesistenza. I pensieri si soverchiavano tumultuosamente l'un l'altro nel suo cervello; ed egli respirò a lungo con gioconda soddisfazione. Aveva voglia di cantare e di saltare; da molti mesi non si sentiva così felice.
    – Oh, vita! – gridò dentro di sé. – Oh, vita, dov'è il tuo aculeo?
  • La gente ha sempre bisogno di mangiare, di bere e di divertirsi. Perciò si va a colpo sicuro quando si impiega il proprio denaro in ciò che il pubblico ritiene indispensabile.
  • La gente ti chiede una critica, ma in realtà vuole solo una lode.
  • L'uomo che muore per il suo paese muore perché questo gli piace, così come un altro mangia cetriolini sottaceto perché gli piacciono. Se gli uomini potessero preferire il dolore al piacere, la razza umana sarebbe spenta da un pezzo.
  • Il vantaggio di vivere all'estero è che, venendo a contatto con le maniere e i costumi di un altro popolo, questi si possono osservare dal di fuori e vedere che non sono così essenziali come li ritengono gli abitanti del paese. Ciò che per uno appare evidente, per lo straniero è assurdo.
  • Segui le tue inclinazioni ma facendo attenzione al poliziotto in fondo alla strada.

Vacanze di Natale modifica

Incipit modifica

Come Charley Mason aveva da viaggiare tutto il giorno, sua madre insisteva perché facesse una buona colazione: ma egli era troppo eccitato e non poteva mangiare. Era la vigilia di Natale, e stava per andare a Parigi.
Suo padre non aveva bisogno di recarsi in ufficio e lo accompagnò in macchina alla stazione Victoria. Fermati per alcuni minuti ai Grosvenor Gardens da un ingorgo del traffico, Charley impallidì per il timore di perdere il treno. Suo padre diede in una risata repressa.
«C'è ancora tempo.»
Ma fu un sollievo arrivare.
«Bene, arrivederci, giovanotto» suo padre gli disse.
«Divertiti e non cacciarti in pasticci inutili.»
Il battello entrò nel porto e lo spettacolo delle alte, grigie case sporche di Calais lo riempì di esultanza. Era una giornata grigia e il vento soffiava gelato. Andò attraverso il molo come se camminasse per l'aria. La "Freccia d'Oro", possente, imponente, lussuosa, che stava lì ad aspettarlo, non era un treno come tutti gli altri ma un simbolo romantico.

Citazioni modifica

  • Charley sapeva che cosa significhi essere innamorati. Sapeva che chi è innamorato si sente pieno di amicizia verso tutti gli uomini, che farebbe qualunque cosa al mondo per la ragazza amata, che non può sopportare l'idea di procurarle un dispiacere, né può fare a meno di domandarsi che cosa lei veda in lui, poiché, naturalmente, lei è meravigliosa, grande, e lui è appena degno di tenerle la candela. Charley pensava che anche Robert Berger doveva essersi sentito così. Non vi era dubbio che egli amasse Lydia con passione… Ma se l'amore lo colmava d'un senso di santità, era strano che potesse commettere dei sordidi delitti.
    Dovevano esserci due uomini in lui.
    Charley era perplesso e non era strano, poiché, dopo tutto, egli aveva soltanto ventitré anni e molti uomini tanto più vecchi ed esperti di lui non sono riusciti a capire come un mascalzone possa amare di amore puro e disinteressato al pari di un santo.
    E Lydia, si chiese ancora Charley, avrebbe mai potuto amare suo marito nel modo in cui lo amava s'egli fosse stato un uomo del tutto indegno?
    La natura umana richiede comprensione disse a se stesso, sottovoce.
  • Chi può ottenere il dominio sugli altri se non ottiene il dominio su se stesso?
  • La generale idiozia dell'umanità è tale che si possono muovere gli uomini a furia di parole.

La luna e sei soldi modifica

Incipit modifica

Confesso che quando conobbi Charles Strickland non vidi in lui, dapprima, nulla di straordinario. Eppure oggi è raro trovare chi neghi la sua grandezza. Non parlo della grandezza cui giunge il politico fortunato o il soldato vittorioso: quella è una qualità legata, più che all'uomo, alla sua posizione, e un mutamento di circostanze la riduce a proporzioni assai modeste. Il capo di governo uscito di carica è visto molto spesso come uno che ha fatto solo delle gran chiacchiere, e il generale senza esercito non è che uno sbiadito eroe di provincia.

Citazioni modifica

  • La sconvenienza è l'anima dell'arguzia. (4)
L'improprietà è l'anima dell'umorismo.[8]
  • Non rammento chi raccomandava agli uomini, per il bene dell'anima, di fare ogni giorno due cose a loro sgradite: costui era un saggio, ed è questo un precetto che io ho sempre seguito scrupolosamente; infatti, ogni giorno mi sono alzato e sono andato a letto. (2)
  • Una donna può perdonare un uomo per la sofferenza che le causa, [...] ma non gli perdonerà mai i sacrifici che fa per amor suo. (41)

Il filo del rasoio modifica

Incipit modifica

Non ho mai cominciato un romanzo con maggiore apprensione. Lo chiamo un romanzo, badate, solo perché non saprei che altro nome dargli. Ho pochi fatti da raccontare e non richiudo né con una morte né con un matrimonio. La morte mette fine ad ogni cosa, è l'epilogo logico di un racconto, ma anche il matrimonio lo termina con molta opportunità e i raffinati fanno male a sogghignare di ciò che convenzionalmente viene definito un "lieto fine". L'istinto sano delle persone comuni le convince invece che, avvenuto il matrimonio, non c'è in fondo altro da dire. Quando maschio e femmina, dopo tutte le avventure che vi piace immaginare, sono finalmente uniti, essi, hanno compiuto la loro funzione biologica e l'interesse si concentra sulla generazione futura. Io invece lascio in asso il lettore.

Citazioni modifica

  • Il mio protagonista non è un uomo famoso; potrebbe anche non diventarlo mai. Forse, quando finalmente la sua vita giungerà al termine, egli non lascerà, del suo soggiorno sulla terra, traccia maggiore di quella che lascia sulla superficie dell'acqua una pietra gettata in un fiume. (Maugham: cap. I, 1)
  • [...] quando uno non riesce in nessun'altra cosa, di solito si mette a scrivere. (Maugham: cap. I, 7)
  • Uno cerca d'infischiarsene dell'opinione pubblica, ma non è facile. Quando ci è ostile, l'opinione pubblica provoca fatalmente in noi un antagonismo che turba. (Larry: cap. I, 10)
  • Non puoi immaginare che felicità sia leggere l'Odissea nell'originale. Si ha l'impressione che basti sollevarsi sulla punta dei piedi e allungare la mano per toccare le stelle. (Larry a Isabel: cap. II, 4)
  • Mi sono messo a leggere Spinoza da un paio di mesi circa. Non capirò forse tutto, ma mi dà una grande esaltazione. È come atterrare con un aeroplano su un grande altipiano in montagna. Solitudine, un'aria così pura che sale al cervello come il vino; un completo benessere... (Larry: cap. II, 4)
  • Disgraziatamente è impossibile fare quello che si giudica giusto senza rendere infelice qualcuno. (Larry: cap. II, 4)
  • Ci sono persone stranamente congegnate. Criminali, per esempio, che lavorano come negri a dei piani che li portano in prigione e che, appena usciti, ricominciano da capo per approdare nuovamente in prigione. Se dedicassero la stessa perseveranza, la stessa intelligenza, lo stesso spirito di risorsa, ad attività oneste, guadagnerebbero senza dubbio molto denaro e raggiungerebbero posizioni importanti. Ma sono fatti così: amano il delitto. (Maugham: cap. II, 7)
  • La maggior parte delle persone, quando sono innamorate, inventano ogni sorta di ragioni per convincersi che è ragionevole fare ciò che vogliono! Questa è forse la spiegazione di tanti matrimoni disastrosi. Costoro si possono paragonare a quelli che affidano i loro affari a un ladro notorio che sia per caso un loro amico intimo, rifiutandosi di credere che il ladro è prima di tutto un ladro e poi un amico, e convinti che, anche se disonesto con gli altri, non lo sarà con loro. (Maugham: cap. III, 1)
  • So che niente è più facile che sopportare con forza d'animo le sventure altrui [...].[14] (Maugham: cap. III, 5)
  • Meditare è un lavoro molto faticoso; dopo due o tre ore si è esausti come dopo aver guidato un'automobile per ottocento chilometri, e si desidera solo riposare. (Larry: cap. IV, 4)
  • Una madre non può che nuocere ai suoi figli se fa di loro l'unico scopo della sua vita. (Isabel: cap. IV, 6)
  • L'amore, se non è passione, non è amore, ma qualcosa d'altro; e la passione si nutre non di appagamento ma di ostacoli. (Maugham: cap. IV, 6)
  • La passione non calcola mai il prezzo. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione rifiuta di conoscere, ha detto Pascal.[15] Se la mia interpretazione è giusta, voleva dire che un cuore, infiammato dalla passione, inventa ragioni che sembrano non solo plausibili ma definitive per dimostrare come si possa rinunziare al mondo per l'amore. La passione ci convince che è giusto sacrificare l'onore e che la vergogna è un prezzo basso. La passione distrugge. Distrusse Antonio e Cleopatra, Tristano ed Isotta, Parnell e Kitty O' Shea. E se non distrugge, muore. Può darsi allora che uno si trovi di fronte alla convinzione disperata di aver distrutto i migliori anni della propria vita, di essersi disonorato, di aver sopportato le pene spaventose della gelosia, ingoiato le più amare mortificazioni, prodigato tutta la propria tenerezza, versato infine tutte le ricchezze della propria anima su una nullità, su un essere sciocco, su una specie di attaccapanni dei propri sogni che non valeva un centesimo bucato. (Maugham: cap. IV, 6)
  • Negli affari l'astuzia qualche volta riesce, ma in arte l'onestà è non solo la migliore, ma l'unica politica. (Achille a Suzanne: cap. IV, 8)
  • Sai, una volta mi feci una fama di umorista col semplice sistema di dire la verità. La maggior parte delle persone erano così stupefatte che pensavano che scherzassi. (Maugham a Isabel: cap. IV, 9)
  • È sempre difficile discorrere con un ubriaco; inutile negarlo, chi non ha bevuto si trova in uno stato d'inferiorità. (Maugham: cap. V, 2)
  • «Ricorda come Gesù fu condotto del deserto e vi rimase quaranta giorni digiunando? Poi, quando fu affamato, il demonio gli si avvicinò e gli disse: "Se sei figlio di Dio, ordina che questi sassi siano trasformati in pani". Ma Gesù resisté alla tentazione. Il demonio allora lo collocò su una guglia del tempio: "Se sei figlio di Dio, buttati giù". Gli angeli infatti vegliavano su di lui e l'avrebbero sorretto. Ma Gesù seguitò a resistere. Il demonio lo condusse su un'alta montagna, gli mostrò tutti i regni del mondo e gli disse che glieli avrebbe dati se si fosse prosternato ai suoi piedi per adorarlo. Ma Gesù disse: "Va' via di qui, Satana". Così finisce la storia secondo il semplice e buon Matteo. Ma c'è un seguito. Il diavolo, che era molto astuto, tornò da Gesù e gli disse: "Se accetterai la vergogna e il disonore, le frustate, una corona di spine e la morte sulla croce salverai la razza umana, giacché l'amore più grande che un uomo possa provare è quello che gli fa sacrificare la vita per i suoi amici". Gesù cadde. E il diavolo rise fino a farsi scoppiare i fianchi: prevedeva il male che gli uomini avrebbero commesso in nome del loro Redentore.»
    Isabel mi guardava indignata.
    «Dove mai l'ha scovata questa storia?»
    «In nessun posto. L'ho inventata lí per lí.»
    «È un'idiozia, una bestemmia.»
    «Volevo solo farle capire che il sacrificio di sé è una passione così prepotente da fare impallidire, al confronto, perfino la fame e la lussuria. Avvolge e conduce alla distruzione le sue vittime nella più alta affermazione della loro personalità. L'oggetto non conta: può essere degno o indegno. Nessun vino è tanto inebriante, nessun amore così rovente, nessun vizio così attraente. Mentre si sacrifica, un uomo è per un momento più grande di Dio, giacché, infinito e onnipotente com'è, come può Dio sacrificarsi? Nel migliore dei casi può solo sacrificare l'unico suo figlio.» (Maugham a Isabel: cap. V, 4)
  • Ero certo che riflettendo alle guerre crudeli provocate dal cristianesimo, alle persecuzioni, alle torture che i cristiani hanno inflitto ai cristiani; alla mancanza di carità, all'ipocrisia e all'intolleranza, il diavolo dovesse contemplare con compiacenza la chiusura del bilancio. E ricordando come il cristianesimo abbia imposto all'umanità l'amaro fardello del senso del peccato, che ha oscurato la bellezza delle notti stellate e gettato un'ombra maligna sui fuggevoli piaceri di un mondo fatto per la gioia, deve certo mormorare sogghignando: rendete grazie al diavolo. (Maugham: cap. V, 4)
  • «Una lacrima di zubrovka non farà male a Monsieur. Tutti sanno che è indicatissima per i reni. Ne abbiamo ricevuto proprio in questi giorni una cassetta dalla Polonia.»
    «Davvero? È molto difficile procurarsene, oggi. Fammi vedere la bottiglia.»
    Il sommelier [...] si allontanò per andare a prendere la bottiglia e Elliott ci disse che la zubrovka è una specie di vodka polacca, sotto ogni aspetto superiore a quella russa. [...] Il cameriere riempì un bicchiere di un liquore verde pallido e Isabel lo annusò.
    «Oh, che buon odore!»
    «Non è vero?» gridò Elliott. «Sono le erbe che ci mettono dentro e che le dànno il suo sapore delicato. [...]»
    «Ha un sapore divino», disse Isabel. «È come il latte materno. Non ho mai assaggiato niente di più buono. [...] Devi assaggiarlo anche tu, Gray; ha un odore di fieno fresco e di fiori primaverili, di timo e di lavanda. È così dolce al palato, così confortante, che si ha l'impressione di ascoltare una musica sotto la luna.» (cap. V, 5)
  • L'arte trionfa quando riesce a usare come strumenti le convinzioni, piegandole al proprio fine. (Maugham: cap. VI, 3)
  • «Non potevo credere, sebbene ne avessi il desiderio, in un Dio che non era migliore di un comune uomo come si deve. I monaci mi dicevano che Dio aveva creato il mondo per la sua gloria. Ma a me non sembrava uno scopo molto nobile. Beethoven creò forse le sue sinfonie per la propria gloria? Non credo. Le creò, piuttosto, perché la musica che aveva nell'anima cercava un mezzo d'espressione, e non si curò d'altro, poi, che di renderle quanto più perfette poteva.
    «Quando i monaci ripetevano il Pater noster mi domandavo come potessero continuare a chiedere con fiducia al loro Padre celeste il pane quotidiano. I figli chiedono forse al loro padre terreno di sostenerli? Si aspettano che egli li mantenga e non provano riconoscenza per lui. Non sarebbe nemmeno giusto che ne provassero. Un uomo che metta al mondo dei figli quando non può o non vuole provvedere a loro, merita solo biasimo. Mi sembra che se un Creatore onnipotente non era disposto a provvedere alle necessità materiali e spirituali delle proprie creature, avrebbe fatto meglio a non crearle.»
    «Caro Larry», dissi, «lei ha fatto bene a non nascere nel medioevo. L'avrebbero certamente bruciato vivo.»
    Sorrise.
    «Lei ha molto successo come autore», proseguì. «Le piace sentirsi lodare?»
    «M'imbarazza soltanto.»
    «Lo sospettavo. Ebbene, mi sembrava che anche a Dio non dovesse piacere. Nell'aviazione non stimavamo molto quelli che riuscivano a strappare incarichi comodi ai loro superiori, lisciandoli. Poteva mai Dio stimare chi cercava di strappargli la salvezza con basse adulazioni? Secondo me, la forma di culto che doveva essergli più gradita era che ognuno si comportasse meglio che poteva, secondo i propri lumi.» (cap. VI, 3)
  • Ha mai riflettuto che la trasmigrazione è insieme una spiegazione e una giustificazione dei mali del mondo? Se i mali che soffriamo sono il risultato di peccati commessi nelle nostre vite anteriori, possiamo sopportarli con rassegnazione e sperare che, se ci sforziamo di condurre una vita virtuosa, le nostre vite future saranno meno infelici. Ma in fondo è facile sopportare i propri mali, basta un po' di forza d'animo; i mali insopportabili sono quelli, spesso apparentemente ingiusti, che toccano agli altri. Se uno può persuadersi che sono un risultato fatale del passato ne avrà pietà, cercherà di alleviarli, com'è suo dovere, ma non avrà più motivo d'indignarsene. (Larry a Maugham: cap. VI, 6)
  • Che cos'è l'individualità, se non l'espressione del nostro egoismo? E finché l'anima non ha scosso da sé l'ultima traccia di egoismo non può confondersi con l'Assoluto. (Larry: cap. VI, 6)
  • Secondo me, il bisogno di adorare è solo la sopravvivenza di un vecchio ricordo di divinità crudeli che bisognava propiziarsi. Io credo che Dio è in me: non saprei concepirlo altrove. Se è così, chi o cosa dovrei adorare: me stesso, forse? Gli uomini hanno livelli diversi di sviluppo spirituale, e l'immaginazione indiana, per esempio, ha creato le manifestazioni dell'Assoluto note coi nomi di Brama, Visnú, Siva e cento altre. L'Assoluto è in Isvara, il creatore e il regolatore del mondo, ed è anche nell'umile feticcio davanti al quale il contadino, nei campi bruciati dal sole, colloca l'offerta di un fiore. La funzione delle numerose divinità dell'India è solo di aiutare a capire l'unità dell'io individuale con l'io supremo. (Larry: cap. VI, 6)
  • I fondatori di religioni che subordinano la salvezza alla condizione che si creda in loro mi sono sempre sembrati patetici. È come se per credere in se stessi avessero bisogno della fede degli altri. Mi ricordano quelle vecchie divinità pagane che languivano e s'indebolivano se non erano sostenute dai sacrifici dei devoti. Advaita non chiede che si accetti alcunché a occhi chiusi; esige solo un desiderio appassionato di conoscere la Realtà; dichiara che Dio si può sentire con la stessa certezza della gioia o del dolore. E ci sono oggi in India uomini – ne conosco a centinaia – che hanno la certezza di aver sentito Dio. Quest'idea che si potesse raggiungere la realtà attraverso la conoscenza mi appagò prodigiosamente. In epoche più vicine a noi, i savi dell'India, considerando le infermità umane, hanno ammesso che la salvezza si può raggiungere attraverso l'amore e le opere, ma non hanno mai negato che la via più nobile, anche se la più ardua, sia quella della conoscenza, giacché il suo strumento è la facoltà più preziosa dell'uomo: la sua ragione. (Larry: cap. VI, 6)
  • È un errore pensare che gli indiani considerino il mondo un'illusione; non è così; essi affermano solo che il mondo non è reale nello stesso senso dell'Assoluto. (Larry: cap. VI, 8)
  • Non mi sentivo chiamato a lasciare il mondo e a ritirarmi in un convento, ma a vivere nel mondo ed amare le cose del mondo, non per esse stesse, per l'Infinito che è in loro. Se in quei momenti di estasi fossi realmente stato tutt'uno con l'Assoluto e se ciò che dicevano era vero, niente poteva toccarmi, e, uscito dal karma della mia vita presente, non sarei più tornato in questo mondo. Quel pensiero mi sconcertò. Desideravo vivere di nuovo e poi di nuovo ancora. Ero pronto ad accettare qualunque genere di vita, anche se piena di dolori e sofferenze; sentivo che solo una serie infinita di vite poteva soddisfare la mia avidità, il mio vigore e la mia curiosità. (Larry: cap. VI, 8)
  • I filistei, sa, hanno abbandonato da tempo la ruota e il palo per sopprimere le opinioni che temono: hanno scoperto un mezzo di distruzione molto più efficace: la canzonatura. (Maugham a Larry: cap. VI, 8)
  • [...] presi il libro di Larry e mi misi a guardare il sommario. [...] Mi ero aspettato qualcosa di molto diverso. Il libro conteneva una raccolta di saggi, lunghi all'incirca come quelli di Lytton Strachey, nel suo volume Eminent Victorians, su un certo numero di personaggi famosi. La scelta di Larry mi sorprese. C'era un saggio su Silla, il dittatore romano, che, conquistato il potere assoluto, vi rinunziò per tornare alla vita privata; un altro su Akbara, il conquistatore mongolo che si guadagnò un impero, un altro su Rubens, uno su Goethe e in fine uno sul Lord Chesterfield delle Lettere. Ognuno di quei saggi presupponeva una enorme quantità di letture. Non ero più sorpreso che Larry avesse avuto bisogno di tanto tempo per scrivere il suo libro; non capivo, d'altra parte, perché avesse giudicato utile dedicarvi tanto tempo né perché avesse scelto di studiare proprio quei determinati uomini. Poi mi colpì il fatto che ognuno di essi, a modo suo, aveva fatto un capolavoro della sua vita e pensai che era questo che aveva interessato Larry: aveva voluto vedere in che cosa veramente consista una vita riuscita. (Maugham: cap. VII, 3)

La giostra modifica

Incipit modifica

Per tutta la vita la signorina Elizabeth Dwarris aveva messo a dura prova il suo prossimo. Donna facoltosa, tiranneggiava un ampio stuolo di cugini indigeni, utilizzando il suo bilancio patrimoniale come gli scorpioni di Roboamo per castigarli severamente; e, come molte altre pie creature, rendeva a ciascuno la vita eccessivamente misera per il bene della sua anima. Nutrita durante la giovinezza dai precetti evangelici, insisteva sul fatto che i parenti dovessero cercare la salvezza secondo il suo modo di vedere le cose, e con lingua affilata e amare beffe faceva proprio il compito costante di persuaderli della loro estrema dignità. Organizzava le vite come le pareva, e si premurava non solo di ordinare gli usi e i costumi, ma anche i pensieri reconditi di quelli che le stavano intorno; il Giudizio Universale non poteva più far paura a chiunque avesse affrontato il suo esame minuzioso.

Citazioni modifica

  • Nessuno scrittore, per quanto violente siano le sue proteste, disdegna sul serio, se gli è chiesto, di leggere un libro ancora non pubblicato; si tratta del suo pupillo e possiede ancora quel fascino che, una volta arditamente stampato e rilegato, viene completamente distrutto. (pag. 94)
  • [...] quando il piacere ha esaurito l'uomo, questi è convinto di essere stato lui ad esaurirlo; allora ti racconta, serio e grave, che non vi è nulla che possa soddisfare il cuore umano. (pag. 128)
  • [...] più un uomo è un farabutto, più le sue amanti gli sono affezionate. Solo quando un uomo si comporta secondo la decenza e tratta le donne come fossero degli esseri umani, allora passa dei guai. (pag. 129)
  • Arrivarono a Napoli non più come una coppia di bambini spensierati, ma come una donna di mezza età, tesa dalla preoccupazione, con un giovane morente. Le condizioni di Herbert erano tradite dalla completa perdita della sua abituale esuberanza, cosicché i nuovi spettacoli che gli si presentavano non gli suscitavano nuove emozioni. Le chiese di Napoli, bianche e dorate come una sala da ballo del diciottesimo secolo, luoghi di preghiera per gente la cui fede era superstizione impertinente, raggelarono il suo cuore; le statue nei musei non erano altro che pietre inanimate; e anche il panorama, fiore all'occhiello degli scenari italiani, lo lasciava indifferente. Herbert, un tempo facile ad entusiasmarsi, ora, profondamente annoiato, restava svogliato davanti a tutto ciò che vedeva, e di Napoli scoprì solo il suo squallore e la sua brutalità malata. (pag. 145)
  • «[...] l'unico punto in cui preti e filosofi concordano è nel dire che le caratteristiche dei sensi rappresentano la parte più bassa dell'uomo e che perciò debbono essere mortificati. Essi mettono l'intelletto su un piano nettamente superiore.» (pag. 218)

Ashenden l'inglese modifica

Incipit modifica

Fu solo agli inizi di settembre che Ashenden, uno scrittore che si era trovato all'estero allo scoppio delle ostilità, riuscì a tornare in Inghilterra. Poco dopo il suo arrivo, gli capitò di partecipare a un ricevimento, nel corso del quale fu presentato a un colonnello di mezza età, di cui non afferrò bene il nome.

Citazioni modifica

  • L'artista ha bisogno di pace e di quiete. Come volete che conservi quel distacco di spirito che è indispensabile all'attività creativa, se non è possibile ottenere l'assoluta tranquillità? (p. 23)

La Signora Craddock modifica

Incipit modifica

Questo libro potrebbe anche intitolarsi: Il trionfo dell'amore.
Berta guardava dalla finestra la livida luce del giorno. Il cielo era oscuro, le nubi basse e pesanti; il viale deserto era spazzato da un vento pungente e gli olmi che lo costeggiavano si ergevano spogli, i nudi rami tremanti per l'orrore del freddo. Si era alla fine di novembre, e la giornata era lugubre e tetra. L'anno morente sembrava aver gettato su tutta la natura il terrore della morte; l'immaginazione si rifiutava di suggerire alla mente tediata visioni di sole ridente, immagini della primavera in vesti di fanciulla che arriva spargendo dal suo paniere fiori e verdi foglie.
Berta si volse e guardò sua zia, intenta a tagliare le pagine del nuovo Spectator.

Citazioni modifica

  • Il pianto riesce a rendere spaventosa anche una bella donna. Se poi è brutta, diventerà addirittura repellente. (p. 11)
  • Una vecchia zitella può essere scusata soltanto se ha sofferto trent'anni per un uomo adesso sepolto sotto la neve o sposato ad un'altra donna. (p. 21)
  • Questo è uno dei vantaggi delle donne: dopo i venticinque anni sorvolano sui loro compleanni come su cose sconvenienti. Gli uomini invece sono così persuasi dell'intelligenza dimostrata venendo al mondo, che il loro compleanno li interessa sempre; e sono così sciocchi da pensare che interessi anche agli altri. (p. 33)
  • La bellezza [...] forma i tre quarti dell'equipaggiamento necessario per la battaglia della vita. Non potete immaginare la miserabile esistenza di una ragazza veramente insignificante. (p. 45)
  • La funzione precisa della donna è di propagare la specie. Se è saggia, sceglierà un uomo forte e robusto come padre dei suoi figli. Mi rifiuto di capire quelle donne che sposano un uomo intelligente. Cosa trovano in un tizio che sa fare degli astrusi calcoli matematici? Una donna ha bisogno di un uomo dalle braccia forti e dallo stomaco di struzzo. (p. 61)
  • Io considero il matrimonio come un'unione spirituale, nella quale il mio dovere sarà di amare, obbedire, onorare mio marito, assisterlo e confortarlo, vivendo una vita tale da non lasciarmi sorprendere impreparata dalla morte. (p. 61)
  • [...] è follia comune delle coppie felici non voler avere segreti per l'altro; ciò le porta a un mucchio di disillusioni. (p. 90)
  • Febbraio è un mese di languori, il cuore del mondo è greve, ignaro ancora dell'inquieto aprile e del vigoroso maggio. (p. 117)
  • Il desiderio di Berta, bruciandola interamente come un fuoco, l'aveva gettata nelle braccia di suo marito; l'aveva amato come amano le bestie, e gli dei. Egli era l'uomo ed ella era la donna, e il mondo era l'Eden, creato dal potere della passione. Una maggiore conoscenza portò solo un amore più grande. (p. 117-118)
  • Le donne sono come le galline, se schiamazzano non preoccupatevene. (p. 130)

Lo scheletro nell'armadio modifica

  • È molto difficile, essere un gentiluomo e uno scrittore.
  • L'ideale ha molti nomi, e bellezza è solo uno di essi.
  • L'ipocrisia è il vizio più difficoltoso e snervante che un uomo possa coltivare; richiede una vigilanza continua e una rara abnegazione. Non può, come l'adulterio o la ghiottoneria, essere praticato nei ritagli di tempo; è un lavoro a tempo pieno.
  • La bellezza è un'estasi; è semplice come la fame. In realtà sulla bellezza non c'è niente da dire. È come il profumo di una rosa: si può odorarlo e basta.

Pride and Prejudice modifica

  • [Jane Austen] Aveva una lingua tagliente e un prodigioso senso dell'umorismo. Amava ridere e amava far ridere. È chiedere troppo a un umorista aspettarsi che lui, o lei, quando pensa qualcosa di buono, lo tenga per sé. E, lo sa il cielo, è difficile essere divertenti senza essere, a volte, un poco maliziosi. Non c'è molto di eccitante nel latte della benevolenza. Jane aveva un acuto senso dell'assurdità degli altri, della loro pretenziosità, delle loro affettazioni e della loro insincerità; solo per proprio merito ella ne veniva divertita e non annoiata. Era troppo educata per dire alle persone cose che le avrebbero ferite, ma certo non vide alcun male nel divertirsi con Cassandra a loro spese. Non vedo una natura malevola nemmeno nella più pungente e arguta delle sue osservazioni; il suo umorismo si basava, come sempre dovrebbe essere, sull'osservazione meticolosa e sulla franchezza. (p. 378)
  • [Jane Austen] Possedeva un attento spirito di osservazione e un'edificante capacità sentimentale, ma era il suo senso dell'umorismo a dare acume alle sue osservazioni e una sorta di sussiegosa leggerezza ai suoi sentimenti. (p. 384)
  • Ciò che rende tale un classico non è il fatto che venga acclamato dai critici, analizzato dai professori, studiato nei corsi universitari, ma che i lettori, una generazione dopo l'altra, vi traggano piacere e giovamento spirituale. (p. 385)
  • Non ho ancora detto nulla su quello che secondo me è il più grande merito di questo incredibile romanzo [Orgoglio e pregiudizio]: è incredibilmente leggibile, più leggibile di alcuni dei più grandi e famosi romanzi. Come disse Scott, la signorina Austen è attenta alle cose comuni, i coinvolgimenti, i sentimenti e i personaggi della vita ordinaria; nulla succede davvero, eppure, non appena si arriva al fondo della pagina, la si volta con impazienza per sapere cosa succederà dopo; nulla ancora accade, eppure si volta nuovamente la pagina, con la stessa impazienza. La capacità di provocare quest'impazienza è il più grande dono che un narratore possa avere e io mi sono spesso chiesto cosa la provochi. Come mai anche quando si è letto il romanzo, più e più volte, l'interesse non cala mai? Penso che per Jane Austen ciò sia dovuto al fatto che ella era immensamente interessata ai propri personaggi e alle loro vicende, e al fatto che credeva in essi profondamente. (p. 390)

Taccuino di uno scrittore modifica

  • A una cena tra amici bisognerebbe mangiare con saggezza ma non troppo bene, e parlare bene ma non con troppa saggezza. (1896)
  • Chiunque sa dire la verità, ma sono poche le persone capaci di scrivere un epigramma. (1896)
  • Gli uomini hanno un'opinione straordinariamente sbagliata della loro posizione in natura, e questo errore è inestirpabile. (1896)
  • Il sentimentalismo è solo un sentimento che suscita fastidio. (1941)
  • Non c'è egoismo tanto insopportabile quanto quello del cristiano riguardo alla sua anima. (1901)
  • Se quaranta milioni di persone dicono una stupidaggine, essa non diventa una cosa saggia, ma il saggio sarebbe stupido se lo facesse presente. (1901)
  • Tolleranza è solo un altro modo di chiamare l'indifferenza. (1896)

Incipit di alcune opere modifica

Una inglese a Firenze modifica

La villa era in cima a un colle. Dalla terrazza, sul davanti, si godeva una meravigliosa vista di Firenze; dietro, v'era un vecchio giardino con pochi fiori ma con belle piante, siepi di bosso tagliate, sentieri erbosi e una grotta artificiale in cui l'acqua cascava da una cornucopia con suono fresco e argentino. La villa era stata costruita nel sedicesimo secolo da un nobile fiorentino, i cui discendenti, impoveriti, l'avevano poi venduta a certi inglesi. Ed erano proprio quelli che avevano invitato Mary Panton a passarvi un certo periodo.

Pioggia modifica

Era quasi l'ora di andare a letto, e l'indomani, al risveglio, la terra sarebbe stata in vista. Il dottor Macphail accese la pipa, poi, si appoggiò al parapetto, cercò per il cielo la Croce del Sud. Era stato due anni in trincea e una ferita lo aveva tenuto a letto più del dovuto, perciò adesso era felice di passare nella tranquillità di Apia almeno dodici mesi. Già in viaggio si sentiva meglio. Quella sera si era avuta una piccola festa da ballo a bordo in onore dei passeggeri che l'indomani sarebbero sbarcati a Pago-Pago, e le aspre note del pianoforte meccanico gli martellavano ancora le orecchie. Ma grazie a Dio il ponte era ritornato tranquillo. Qualche passo più in là, in una sedia a sdraio, c'era sua moglie che conversava coi Davidson, ed egli si diresse da quella parte, piano piano. Poi si sedette e si tolse il cappello; e allora, sotto la luce, presero risalto i suoi capelli rossi che facevano corona a una macchia di calvizie dalla pelle rossiccia e forforosa. Era un uomo magro sui quarant'anni dalla faccia striminzita che rivelava una pedantesca precisione di carattere. Parlava con pacata voce sommessa dall'accento scozzese.

Il mago modifica

Arthur Burdon e il dottor Porhoët passeggiavano in silenzio. Avevano pranzato in un ristorante sul Boulevard Saint Michel, e ora facevano quattro passi per i giardini del Luxembourg. Il dottor Porhoët camminava con le spalle curve, le mani dietro la schiena. Osservava la scena con gli occhi dei tanti pittori che hanno cercato di esprimere il loro senso della bellezza attraverso il giardino più affascinante di Parigi. L'erba era disseminata di foglie secche, ma il loro languido disfarsi ben poco contribuiva a conferire un tocco di naturalezza all'artificiosità dello sfondo. Gli alberi erano circondati da cespugli ben ordinati, e i cespugli, a loro volta, da aiuole ben curate. Ma gli alberi crescevano senza alcuna spontaneità, quasi fossero consapevoli dello schema decorativo che contribuivano a formare. Era autunno, e alcuni erano già spogli. Molti fiori erano appassiti. Il giardino, in quella sua formalità, faceva pensare a una donna un po' vana, non più giovane, che con la sua eleganza datata, con cipria e belletto, cercasse di celare dietro un volto intrepido la sua disperazione. Aveva gli stessi sorrisi falsi, stentati. di imposta gaiezza, e quella penosa grazia che si sforza di mantenere il fascino che il trascorrere veloce degli anni ha reso inconsistente.

Note modifica

  1. Da Lo spirito errabondo, traduzione di Gianni Pannofino, Adelphi, 2018. ISBN 9788845980312
  2. Da Acque morte, traduzione di Franco Salvatorelli, Adelphi, 2008, p. 209.
  3. a b Da Il velo dipinto, traduzione di F. Salvatorelli, Adelphi, 2011. ISBN 9788845925733
  4. Da The Observer, 28 agosto 1949; citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013, n. 3644. ISBN 9788858654644
  5. Citato in Leo Buscaglia, Nati per Amare, Mondadori, 1995.
  6. Dalla prefazione a La diva Julia, traduzione di Franco Salvatorelli, Gruppo editoriale L'Espresso, Divisione la Repubblica, 2003. ISBN 9788496142572
  7. Da The Bread-Winner, III.
  8. a b c d Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  9. Dalla prefazione dell'autore a Ashenden l'inglese, traduzione di Fenisia Giannini, Garzanti, 1966.
  10. Da Scrivere. Corso di Scrittura creativa, Fabbri Editori, volume 3, p. 46, 1996.
  11. Citato in Focus, n. 106, p. 148.
  12. Citato in Selezione dal Reader's Digest, settembre 1997.
  13. Cfr. Gesù, Discorso della Montagna: «Siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti».
  14. Cfr. François de La Rochefoucauld: «Tutti abbiamo forza sufficiente per sopportare i mali altrui».
  15. Cfr. Blaise Pascal: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce».

Bibliografia modifica

  • William Somerset Maugham, La tentazione di Adamo e altri racconti, traduzione di Elio Vittorini, I Libri del pavone, Edizioni Mondadori, 1958.
  • William Somerset Maugham, Schiavo d'amore (Of human bondage), traduzione di Ada Salvatore, Omnibus Mondadori, 1945
  • William Somerset Maugham, Vacanze di Natale (Christmas holiday), traduzione di Elio Vittorini, Medusa Mondadori, 1942.
  • William Somerset Maugham, Una inglese a Firenze (Up at the Villa), traduzione di Jole Giannini, Longanesi, Milano 1966.
  • William Somerset Maugham, La luna e sei soldi (The Moon and Sixpence), traduzione di Franco Salvatorelli, Adelphi, Milano, 2013. ISBN 978-88-459-7065-8
  • William Somerset Maugham, Il filo del rasoio (The Razor's Edge), traduzione di Maria Martone, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1946.
  • William Somerset Maugham, Il mago (The magician), traduzione di Paola Faini, Newton Compton editori, 1995.
  • William Somerset Maugham, La giostra (The Merry Go-Round), traduzione di Walter Mauro, Newton Compton editori, 1995.
  • William Somerset Maugham, Lo scheletro nell'armadio, traduzione di Franco Salvatorelli, Adelphi, Milano, 2013.
  • William Somerset Maugham, Pioggia (Rain), traduzione di Elio Vittorini, I Libri del Pavone, Arnoldo Mondadori Editore, 1966.
  • William Somerset Maugham, La resa dei conti (The Summing Up), traduzione di Paola Faini, Il Labirinto, Lucarini Editore, Roma 1988.
  • William Somerset Maugham, Ashenden l'inglese (Ashenden), traduzione di Fenisia Giannini, Garzanti, 1966.
  • William Somerset Maugham, Lettera d'amore (Mrs. Craddock), traduzione di Luisa Morpurgo, Longanesi & C., 1949.
  • William Somerset Maugham, Pride and Prejudice, in «Atlantic», 181, 5 maggio 1948, pp. 99-104; trad. it. di Marco Fiocca in Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio, Oscar Mondadori, Milano, 2014. ISBN 978-88-04-50615-7
  • William Somerset Maugham, Taccuino di uno scrittore, traduzione di Gianni Pannofino, Adelphi, Milano, 2021. ISBN 9788845984631

Filmografia modifica

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