Valerio Caprara

critico cinematografico italiano (1946-)

Valerio Caprara (1946 – vivente), critico cinematografico e docente italiano.

Citazioni di Valerio Caprara modifica

  • All'ultima Mostra di Venezia suscitò l'applauso più vibrante, ma la giuria lo ignorò perché Hayao Miyazaki era già titolare di un Leone d'oro alla carriera. «Ponyo sulla scogliera» rappresenta comunque una svolta nell'opera del maestro dell'animazione giapponese: la tecnica resta quella artigianale del disegno a mano, ma la vicenda assume un carattere più infantile e favolistico rispetto ai capolavori precedenti («La città incantata», «Il castello errante di Howl»).[1]
  • Con In memoria di me Saverio Costanzo [...] sfida la routine e s'addentra negli ardui territori del cinema spiritualistico alla Dreyer, Tarkovskji, Bresson, Cavalier o, magari, alla Groning, il giovane autore del recente Il grande silenzio. [...] il film esplora i travagli interiori di Andrea (Christo Jivkov), un giovane bello, intelligente e disinvolto che sente di pretendere dalla vita qualcosa di più di ciò che i coetanei identificano come successo [...]. A suo agio nel set davvero esclusivo della chiesa ed ex monastero dell'isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, il regista [...] abusa degli austeri piani fissi, eppure è in grado di «spostare» continuamente i novizi Andrea, Zanna (Filippo Timi) e Panella (Fausto Russo Alesi) dagli spazi claustrofobici del vasto corridoio, della sala di refezione o di quella riservata agli esercizi spirituali alle vertiginose anse mentali che li trascinano laddove (forse) neppure gli onnipresenti padri superiori riescono a estendere il loro ossessivo controllo.[2]
  • [Su Il sogno di Francesco] Il ritmo del film soggiace alla pretensione e la connessa solennità finisce con lo scivolare in una serie di stereotipi artificiosi e respingenti. Purtroppo anche il protagonismo di Germano immette un'ulteriore nota incongrua nella piattezza didascalica del contesto.[3]
  • Il sacrificio del cervo sacro, visto e discusso al festival di Cannes del 2017, conferma la difficoltà d'inserire Yorgos Lanthimos in una nicchia stabile del cinema europeo d'autore. Riprendendo con più mezzi e un cast di lusso le cerimonie distruttive tanto apprezzate in The Lobster, il suo primo film girato in inglese, il regista greco s'ispira alla tragedia di Euripide Ifigenia in Aulide per costruire un'aggiornata quanto cupa parabola sui segreti e le bugie che corrodono come un cancro lo standard della famiglia borghese e, in particolare, sul rapporto sacrificale sovente istituito tra le colpe dei padri e l'espiazione dei figli.[4]
  • [In Ponyo sulla scogliera] La delicatezza del tocco è fuori discussione, i personaggi sono deliziosi, la colonna sonora vanta ispirazioni colte (anche se esagera con le vezzose canzoncine) e non mancano le stoccate ambientaliste. Il buon Miyazaki tiene a trasmettere agli adulti il suo senso anti-fondamentalistico della "giapponesità" e a rivendicare una visionarietà svincolata dai canoni occidentali, correndo peraltro il pericolo di essere percepito solo dai bambini.[1]
  • Non male l'esordio alla regia di Falcone, già sceneggiatore di alcune ordinarie commedie romanocentriche in stile Bruno-Brizzi-Martano. «Se Dio vuole» non arriva a invertire la rotta, pero si fa vedere in relax, segna qualche guizzo extra stereotipi e soprattutto impone la raggiunta maturità dei protagonisti Giallini e Gassman. [...] si fronteggiano nell'intero corso del film proprio come facevano negli hit popolari anni 70/80 i vari Celentano, Montesano e Pozzetto e il coro dei comprimari è ben affiatato e risponde allo stesso gusto un po' vintage. Per capire quanto G&G siano cresciuti e rispondano con eleganza e maturità alle svolte di un copione non proprio monumentale, basta non limitarsi a valutare come pronunciano bene le battute, ma cercare di apprezzare in surplus la tempistica e la scioltezza con cui si spostano nell'inquadratura e accompagnano la sequenza. L'epilogo che addolcisce il vago sentore anticlericale non è il massimo, ma «Se Dio vuole» resta tramandato da un gusto meno cialtronesco di quello attualmente in auge.[5]
  • Provo un estremo fastidio quando si parla di napoletanità. Essa esiste quando non la si individua, non la si isola in provetta e non la si esalta. È la storia impareggiabile di questa città. È la storia anche dei misteri, della morbosità, delle contraddizioni, della violenza, delle irrisioni. Quando la napoletanità diventa tronfia ed arrogante, un surrogato della retorica di regime, sia di sinistra, di destra che di centro, mi appare in tutta la sua miseria ed indeterminatezza culturale. Non mi piace quando viene sistematizzata, ma quando viene inseguita, quando ti contraddice, ti prende alle spalle per una sensazione, una verità carnale, di clima o di paesaggio. Oggi, con l'avvenuta trasmigrazione delle menti e dei corpi, è difficile vagheggiarla come si faceva una volta. Tanto vale trovarla nel rischio di vivere, di pensare e di cercare a Napoli questa grande emozione.[6]
  • [Napoli] Una romantica rovina da ripensare continuamente. Una splendida festa di sole, di mare e di morte. Immagine, quella della mia città, che fugge via, si avviluppa, si trasforma, si strazia, s'imbelletta, provoca ed eccita incarnandosi in figurazioni anarchiche, aggressive, imprevedibili, irridenti.[7]

Note modifica

  1. a b Da Miyazaki e la pesciolina che volle farsi umana, Il Mattino, 21 marzo 2009.
  2. Da Il Mattino, 12 febbraio 2007; citato in In memoria di me, cinematografo.it.
  3. Da Il Mattino, 6 ottobre 2016; citato in Il sogno di Francesco, cinematografo.it.
  4. Da Il Mattino, 28 giugno 2018; citato in Il sacrificio del cervo sacro - Rassegna stampa, mymovies.it.
  5. Da Il Mattino, 16 aprile 2015; citato in Se Dio vuole, cinematografo.it.
  6. In Napoli. Voci per una città, a cura di Enzo Marzano e Antonella Ciancio, Adriano Gallina Editore, Napoli, 1994, p. 107.
  7. Citato in Giuliana Gargiulo, Napoli è, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1997, p. 26. ISBN 88-7188-168-0

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