Josip Broz Tito

presidente e dittatore della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
(Reindirizzamento da Tito (storia moderna))

Josip Broz Tito (1892 – 1980), rivoluzionario jugoslavo.

Tito nel 1961

Citazioni di Josip Broz Tito

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  • [Sul Movimento dei paesi non allineati] Fin dall'inizio ci siamo costantemente opposti alla politica dei blocchi e alla dominazione straniera, a tutte le forme di egemonia politica ed economica e ci siamo pronunciati a favore del diritto di ciascun paese alla libertà, all'indipendenza e allo sviluppo autonomo. (da un discorso all'Avana, 5 settembre 1979)[1]
  • La pace durerà cent'anni, ma dobbiamo esser pronti a entrare in guerra domani.[2]
  • Popoli di Iugoslavia!
    Serbi, croati, macedoni, montenegrini, musulmani!
    Il giorno lungamente atteso cui aspiravate è arrivato!... Il potere che voleva rendervi schiavi è stato sconfitto. I fascisti tedeschi e italiani vi hanno messo gli uni contro gli altri in modo che vi distruggeste da voi stessi in una lotta intestina. Ma i vostri figli e le vostre figlie migliori, ispirati dall'amore del loro paese e delle nazioni che lo compongono, hanno frustrato questi piani diabolici del nemico. Anziché discordia e ostilità reciproca, voi siete oggi uniti in una nuova e più felici Iugoslavia... (da un discorso il 9 maggio 1945)[3]
  • Studiamo e prendiamo ad esempio il sistema Sovietico, ma stiamo sviluppando il socialismo nel nostro paese in forme in qualche modo differenti. (Dalla lettera ai comandanti J.V. Stalin e V.M. Molotov, 13 aprile 1948)[4]
  • [A Stalin] Smettila di mandare persone ad uccidermi. Ne abbiamo già catturati cinque, di cui uno con una bomba e uno con un fucile. Se non la smetti di mandarmi sicari, ne manderò io uno a Mosca e non avrò bisogno di mandarne un secondo. (Messaggio trovato fra gli effetti personali di Stalin)[5]

Discorso introduttivo alla XXI Seduta della presidenza della Lega dei comunisti di Jugoslavia

da Discorso introduttivo alla XXI Seduta della presidenza della Lega dei comunisti di Jugoslavia (dicembre 1971), Associazionestalin.it

  • Mi colpisce [...] il fatto che si fa riferimento a me, alle mie parole, ma si dimentica soltanto di dire quali sono queste parole. Ci si limita a dire: le parole di Tito. Già ieri ho formulato le mie riserve e ho detto che non approvo una simile politica. Ripeto oggi qui, che io non approvo simile politica. E non l'approverei se essa apparisse anche in altre Re­pubbliche. Io non voglio e non posso farlo. Io debbo vegliare sugli interessi di tutto intero il nostro paese, così come sui principi della Lega dei comunisti di Jugoslavia. Questa volta anche l'opi­nione pubblica deve sapere che tutto ciò non ha il mio appoggio. Il mio compito è tutt'altro che facile, ma debbo dirlo. Se qualcuno si culla nell'il­lusione di potersi richiamare a me, voglio perso­nalmente disilluderlo.
  • Se qualcosa risulta non vero, lo si dica e ci si spieghi subito. La sola cosa da non fare è tacere. Anzi, bisogna parlare chiara­mente, perché senza tali spiegazioni, senza la par­tecipazione concreta di tutti al dibattito non si possono prendere buone decisioni. Se le si pren­dono in altro modo, saranno zoppicanti. Perché co­loro che mantengono il silenzio per starsene, per cosi dire, in pace con Dio, spesso votano senza essere d'accordo.
  • Se non c'è autocritica, nessuno di noi, me compreso, può rivendicare il diritto di godere una piena e com­pleta fiducia. Non è sufficiente fare una critica come una specie di confessione, e poi ricominciare a peccare.
  • Oggi all'estero si dice una quantità di cose. La Jugoslavia rischia di perdere il suo prestigio nel mondo. Noi non dobbiamo permetterlo.

Citazioni su Josip Broz Tito

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  • Con la scomparsa del presidente Tito l'umanità perde un combattente che tenacemente si è battuto per i principi di libertà e giustizia. Il popolo jugoslavo perde il suo capo prestigioso ma lo sentirà sempre alla sua testa per sviluppare la sua originale esperienza rivoluzionaria e per difendere con fermezza la propria indipendenza ed unità, senza dover ricorrere ad aiuti stranieri. [...] È l'ultimo dei grandi della seconda guerra mondiale che scompare dopo essere stato il primo nella lotta per la conquista e la difesa dell'indipendenza del proprio popolo. Egli ha vinto tutte le battaglie cui ha partecipato da protagonista; ha perduto solo l'ultima contro la morte. Io mi sento profondamente amareggiato perché con Tito perdo un amico che consideravo compagno di lotta e di fede. Con questo animo verrò ad inchinarmi dinanzi alla sua salma. (Sandro Pertini)
  • Dopo le riforme fallite degli anni Settanta, i quattro mesi della sua agonia all'inizio del 1980 furono la metafora del male che avrebbe distrutto negli anni seguenti il suo Stato. Ma nessuno potrà mai scrivere la storia del Novecento senza ricordare che Tito combatté due guerre, una contro Hitler, l'altra contro Stalin; e le vinse entrambe. (Sergio Romano)
  • Durante la seconda guerra mondiale Churchill tradì i cetnici e re Pietro scegliendo di appoggiare Tito. Per mezzo secolo l'occidente ha aiutato Tito, e nessuno si era chiesto se noi volessimo libertà e democrazia e perché fossimo incarcerati. Oggi che siamo più liberi ci accusano di bolscevismo. (Vojislav Šešelj)
  • È difficile oggi, a più di vent'anni dalla morte, fare l'elogio di Tito. Il dio a cui si convertì è fallito.
    Le sue numerose riforme economiche non hanno sortito altro effetto fuor che quello di rallentare lo sviluppo del paese. Lo Stato che egli ha creato alla fine della seconda guerra mondiale si è drammaticamente disciolto. Il ricordo delle sue vittime (fra cui molti italiani) oscura quello dei suoi trionfi internazionali. [...] Come spiegare al lettore che il suo funerale fu onorato dalla presenza di tre re, ventuno capi di Stato (fra cui il presidente dell'Unione Sovietica) e sedici primi ministri? Come spiegare al lettore italiano, in particolare, che il governo di Roma, per coltivare l'amicizia, gli perdonò le foibe, il colpo di mano su Trieste nella primavera del 1945 e l'esodo degli istriani fra il 1945 e il 1947? Come spiegare che Tito rimane, nonostante i vizi e gli errori, uno dei grandi protagonisti del ventesimo secolo? (Sergio Romano)
  • Grazie al suo carisma, le sei repubbliche erano rimaste unite per ben trentacinque anni. Tito aveva tenuto sotto controllo le velleità nazionaliste dei popoli che componevano la federazione jugoslava. (Yugoslavia - Morte di una nazione)
  • Non era facile unificare le etnie e modernizzare un Paese come la Jugoslavia, e bisogna ammettere che il maresciallo Tito ha realizzato un'opera straordinaria. Dio voglia che i suoi successori si dimostrino altrettanto capaci. (Mohammad Reza Pahlavi)
  • Se ripenso a Tito, cui si deve uno degli slogan più squallidi – "La pace durerà cent'anni, ma dobbiamo esser pronti a entrare in guerra domani" –, mi viene da identificarlo con il protagonista di quel racconto di Cechov che, a forza di pensare a cose ordinarie in modo ordinario, finisce per non esistere più. (Emir Kusturica)
  • Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito.[6][7]
  • Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani: solo il generale è riuscito a tenere tutti insieme. Ero piccolo quando c’era lui, ma una cosa ricordo: del blocco dei Paesi dell’Est la Jugoslavia era il migliore. I miei erano gente umile, operai, ma non ci mancava niente. Andavano a fare spese a Trieste delle volte. Con Tito esistevano valori, famiglia, un’idea di patria e popolo. Quando è morto la gente è andata per mesi sulla sua tomba. Con lui la Jugoslavia era il paese più bello del mondo, insieme all’Italia che io amo e che oggi si sta rovinando. (Siniša Mihajlović)
  • Sotto Tito t'insegnavano a studiare, per migliorarti, magari per diventare un medico, un dottore e guadagnare bene per vivere bene, com’era giusto. Oggi lo sapete quanto prende un primario in Serbia? 300 euro al mese e non arriva a sfamare i suoi figli. I bimbi vedono che soldi, donne, benessere li hanno solo i mafiosi: è chiaro che il punto di riferimento diventa quello. C’è emergenza educativa in Serbia. L’educazione dobbiamo far rinascere. (Siniša Mihajlović)
  • Tito è stato uno dei dittatori più «morbidi» del Ventesimo secolo (prima di lui c'è solo Franco) e con lui la nazione non ha fatto che fiorire, ma questa costruzione artificiale non considerava i conflitti insiti nelle popolazioni. (Boris Nikolaevič El'cin)
  • Tito era uomo della Mitteleuropa. Figlio naturale di un aristocratico, adorava le operette viennesi. Aveva sposato una morlaccona piacente, Jovanka. Lo incontrai a Brioni, l'isola dove viveva tra giraffe, struzzi, elefanti. (Enzo Bettiza)
  • Tra le due guerre mondiali, la Serbia domina la Iugoslavia. Tito vuole inarginarne il predominio. Conferisce ampie autonomie a due province della Serbia: il Kosovo e la Voivodina. Dunque, nelle istituzioni federali, due possibili voti anti serbi. (Yugoslavia - Morte di una nazione)
  • Alla vigilia della sua morte, possedeva castelli, palazzi, ville, padiglioni di caccia pieni di oggetti di ogni genere donatigli da coloro che volevano o dovevano fargli un favore. Quando viaggiava nel paese - e accade spesso - preferiva dormire nelle sue proprietà. Però, diversamente dal suo amico rumeno Ceausescu, non fu nepotista, non creò una dinastia e non si preoccupò di ciò che sarebbe stato di quelle ricchezze dopo la sua morte. Come per molti uomini di affari di successo, il lavoro fu più importante delle relazioni umane. Gli infermieri che lo assistettero durante la sua ultima malattia a Lubiana riferirono che, a parte le visite ufficiali dei parenti e dei fedeli, fu molto solo.
  • Fascino e astuzia hanno permesso a Tito di presentarsi per oltre trent'anni agli occidentali come un amico tormentato ma deciso, e i suoi seguaci e successori sono stati abili nel sostenere e arricchire la tesi secondo cui sarebbero spiacenti ma comunque costretti a tornare all'ovile sovietico se l'occidente non desse loro ciò di cui hanno bisogno.
  • Il giudizio generale su Tito, suggerito in Jugoslavia dal partito comunista in quarant'anni di monopolio dei mass media e ampiamente diffuso e condiviso all'estero, è che colui che dominò tanto a lungo quel paese fu, pur con colpe ed errori, un grande patriota e un politico visionario. Un esame attento della sua vita smentisce completamente tali valutazioni. Infatti, Tito, come patriota nacque tardi. Egli si identificò con la Jugoslavia solo dopo i 42 anni. Nel 1914, quando scoppiò la prima guerra mondiale, l'idea jugoslavia era già ampiamente diffusa nei Balcani, e Tito aveva ventidue anni. Egli fece allora la sua prima esperienza di guerra come sottufficiale di quell'esercito austro-ungarico che invase la Serbia e, probabilmente, coloro che avrebbero potuto diventare suoi compatrioti furono tra i primi che uccise.
  • Normalmente, quasi tutti i politici di successo dicono una cosa e ne fanno un'altra, ma anche in questo Tito si distinse tra i contemporanei per le sue virtù ciarlatanesche.
  • Tito non permise mai che il suo credo marxista interferisse con il suo desiderio di impressionare non solo i suoi compatriotti, ma anche i rappresentanti esteri. Ma il proletariato, avendo vinto la guerra di classe permise a Tito, suo rappresentante di diritto, di godere e di adornarsi dei paludamenti del potere propri di un re ereditario o di un barone.
  • Credo sia stato uno dei quattro grandi personaggi del comunismo mondiale, con Lenin, Stalin e Mao. Tra i suoi meriti, certo, c'è quello di aver saputo tenere insieme un paese che, già prima del comunismo, era in via di disfacimento. E poi si possono ricordare tra le cose positive la guerra anti-fascista e l'industrializzazione del paese, compiuta in pochi anni, sia pure spesso con brutalità. L'altro suo grande merito fu lo strappo con l'Urss. Oggi è forse sottovalutato, eppure fu l'inizio della caduta del comunismo. Ma oggi Tito è attaccato da tutti: gli sloveni lo hanno rimosso, i serbi lo considerano un nemico del loro nazionalismo, i croati un nemico per il loro anti-comunismo. Anche se lo definiscono 'un grande croato'...
  • I re sono uomini come tutti gli altri: rari sono, anche tra loro, quelli che hanno una natura da capi e da autocrati. Insieme alla corona, i sovrani ereditano anche un'etichetta, tradizioni e limiti, con la conseguenza che non sono numerosi tra loro quelli che mostrano tendenze a governare in maniera davvero regale, da monarca assoluto. E, per quanto riguarda la signoria assoluta, molti re potrebbero invidiare Tito, e più di un sovrano l'ha anche fatto. Se ne suo stile e nelle sue maniere qualcosa non sembrava regale, andava attribuito alla sua origine sociale e alla sua scarsa istruzione. Tito non fondò una dinastia perché era un uomo politico abile e dotato: i comunisti non l'avrebbero approvato, il popolo avrebbe addirittura voltato le spalle a questo suo nuovo re.
    E del resto, una corona non era più necessaria: Tito era comunque un signore assoluto, e proprio in quanto tale era fatto oggetto di onori e deteneva un potere, quali i re odierni neppure si sognano.
  • In quanto comunista, Tito era ateo; ma non lo era come qualsiasi altro comunista. Voglio dire che il suo ateismo non è mai stato militante, che in lui non assumeva l'espressione di una convinzione meditata e implacabile, che mai appariva bellicoso, mobilitatorio. L'ateismo era per lui una faccia dell'ideologia, e quando capitava che Tito lo traducesse in pratica non si spingeva al di là di una regolamentazione dei rapporti con la Chiesa tale per cui lo stato conservasse il predominio o per lo meno non ne venisse minacciato e leso. Tito non credeva in nessun Dio, in nessun messia.
  • Josip Broz Tito era una figura in cui non trovavano espressione talenti particolari, eccezion fatta per quello della politica.
    Ma quest'affermazione, per quanto esatta, potrebbe creare confusione e indurre a conclusioni errate, in mancanza di un'analisi più diffusa e concreta.
    In primo luogo, Tito era dotato di un'intelligenza straordinariamente acuta e rapida e di una capacità di concentrazione assai forte e selettiva. La stessa caratteristica ho avuto modo di rilevare in Stalin, il cui intelletto era però più prudente, anche se non più lento, e la capacità di concentrazione ancor più vivace e omogenea.
  • La cultura di Tito era limitata, né del resto avrebbe potuto essere altrimenti, dati i suoi scarsi studi scolastici: aveva frequentato le elementari, poi era andato a fare l'apprendista fabbro. Tuttavia, sapeva assai di più di quanto poteva aver appreso da così ridotti studi; tra i comunisti che ho conosciuto, e molti di essi erano assai intelligenti, Tito, dopo la prigionia, lavoro clandestino e rivoluzioni, spiccava per l'abbondanza delle conoscenze e soprattutto per la rapidità e l'acutezza mentali. Afferrava subito il punto centrale dei problemi, sebbene mancasse di nozioni in molti campi, soprattutto letteratura, arte e filosofia.
  • Quale fosse l'entità delle sue conoscenze in campo militare, è certo che non possedeva il talento di un comandante di eserciti, né del resto poteva averlo, a causa sia del temperamento impetuoso e nervoso, sia dell'eccessiva preoccupazione per la sua sicurezza personale. Troppo spesso emanava ordini contraditori, mutava direttive, spostava grandi unità in pieno contrasto con l'andamento dei combattimenti, irretendosi in problemi irrilevanti. Le tre massime, decisive battaglie, nel corso delle quali esercitò personalmente il comando, rivelano chiaramente deficienze ed errori che un comandante più deciso ed esperto avrebbe senz'altro evitato.
  • Se fosse vissuto in tempi di pace e di scarsa ideologia, sarebbe diventato un sindacalista o un imprenditore, un padre autoritario, un marito dispotico.
  • Se si sottoponesse Tito a un'analisi dottrinale in chiave comunista, egli si rivelerebbe (più per il suo stile di vita regale che per l'autocratismo) uno dei governanti più contraddittori e meno comunisti. Ciononostante - e a vero dire proprio per questo - è stato uno dei leaders di maggior successo. E non basta: il suo ricordo, sebbene non sia certo colorato di rosa agli occhi di molti di molti comunisti, non susciterà l'orrore e le maledizioni che accompagnano il nome di Stalin.
  • Tito era per sua natura un uomo d'azione: frasi vuote, grandi discorsi, riunioni, gli riuscivano estranei e insopportabili, se non in situazioni fuori dall'ordinario, quando fossero mezzi per l'azione politica.
  • Dopo molteplici e pazienti sforzi per ricondurre il rinnegato Tito sulla giusta via, Stalin, il Partito Bolscevico e tutti i veri partiti comunisti del mondo, ormai convinti che egli era incorreggibile, decisero all’unanimità la sua denuncia e condanna. Apparve infatti chiaramente che l’operato di Tito giovava alla causa dell’imperialismo mondiale, perciò egli era sostenuto e appoggiato dall’imperialismo americano e dagli altri Stati capitalisti.
  • Le concezioni di Tito e dei suoi compagni lasciavano intendere sin dall'inizio che questi non erano dei «marxisti duri», come la borghesia chiama i marxisti coerenti, ma dei «marxisti ragionevoli», che avrebbero strettamente collaborato con tutti gli uomini politici, vecchi e nuovi, borghesi e reazionari della Jugoslavia.
  • Nelle sue calunnie contro Stalin la banda di Nikita Krusciov fu incoraggiata e sostenuta dal rinnegato Josip Broz Tito, che si era già espresso apertamente in tal senso.
  • Secondo noi, la controrivoluzione in Ungheria fu principalmente opera dei titini. Gli imperialisti americani avevano, in primo luogo in Tito e nei rinnegati di Belgrado, la migliore arma per scalzare la democrazia popolare in Ungheria.
  • La storia è sempre più astuta dei suoi protagonisti. C'era Tito nel suo ardore di partigiano. In seguito illuminato dal gesto di volersi sottrarre al dominio sovietico. Vidi quest'uomo passo dopo passo creare quel potere che nelle dittature mostra il suo lato paranoide. Belgrado era una selva di microfoni nascosti ovunque. A un certo punto il sistema di controllo impazzì. Tutti erano spiati. Perfino Tito e sua moglie Jovanka.
  • Per l'Occidente Tito era una garanzia contro la penetrazione del socialismo reale e una fonte di inquinamento ideologico nella stessa direzione.
  • Quando Tito non sapeva a chi affidare un posto delicato, tra un serbo e un croato spesso sceglieva un macedone e non sbagliava quasi mai.
  • Se Tito avesse ceduto nel 1970 alle pressioni di Zagabria, Lubiana, Belgrado, forse avrebbe salvato qualcosa, ma forse avrebbe solo accelerato i processi in corso. Patriarca ottantenne, più simbolo che realtà, ritirato nella sua isola di Brioni, non poteva invece operare una nuova virata. E forse né lui, né altri avevano ulteriori conigli nel cilindro. È morto al momento giusto, senza dover assistere ancora in vita alla demolizione della propria opera.
  • Tito credeva fino in fondo all'amicizia fra i suoi popoli, usciti da una guerra di liberazione ma anche da una guerra civile? Sfogliando gli appunti di allora, ho l'impressione che avesse sempre risposto brevemente e con retorica sbrigativa, dando per scontata la pace conquistata con la guerra partigiana. Su altre questioni meno controverse era capace di attaccare bottoni interminabili.
    L'equilibrio tra etnie era il risultato di debolezze compensate. Per raggiungerlo, bisognava frenare la componente più forte, quella serba. Su che vulcano Tito stesse seduto si capisce oggi.
  1. Citato in Tito risponde a Castro, Avanti!, 5 settembre 1979
  2. Citato in Rivoluzionario Emir Kusturica, Corriere della Sera, 17 gennaio 2010.
  3. Citato in Keith Lowe, Il continente selvaggio: L'Europa alla fine della seconda guerra mondiale, Gius.Laterza & Figli Spa, 2015, ISBN 885812037X
  4. Citato in Time.com, 23 agosto 1948.
  5. Citato in Robert Service, Stalin: A Biography, Harvard University Press, Cambridge, 2005, p. 592.
  6. Filastrocca che esaltava Tito, riuscito a far convivere tante culture così diverse sotto la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
  7. Citato in Alessandro di Meo, Gli anni di Rosa, Lampi di stampa, 2014, p. 35. ISBN 8848815472

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