Giacomo Casanova

avventuriero, scrittore, diplomatico, agente segreto italiano
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Giacomo Girolamo Casanova (1725 – 1798), avventuriero, scrittore, poeta, alchimista, diplomatico, filosofo e agente segreto italiano.

Ritratto di Giacomo Casanova

Citazioni di Giacomo Casanova

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  • Che cosa è un bacio? non è il desiderio ardente di aspirare una parte dell'essere amato?[1]
  • [Ultime parole] Gran Dio, e voi testimoni della mia morte, ho vissuto da filosofo e muoio da cristiano.
Grand Dieu, et vous témoins de ma mort, j'ai vécu en philosophe, et je meurs en chrétien.[2]

Il duello

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Un uomo nato a Venezia da poveri parenti, senza beni di fortuna e senza nessuno di que' titoli che nelle città distinguono le famiglie dalle ordinarie del popolo, ma educato, come piacque a Dio, nella guisa di quelli che sono destinati a tutt'altro fuorché a mestieri coltivati dal volgo, ebbe la disgrazia, nell'età di ventisett'anni, di incorrere nell'indignazione del governo; e, nell'età di vent'otto, ebbe la fortuna di fuggire dalle sacre mani di quella giustizia, della quale non soffriva di buona voglia il castigo. Fortunato è quel reo che può in pace soffrire la pena che meritò, aspettandone il termine con rassegnata pazienza; infelice è l'altro che, dopo aver errato, non ha il coraggio di compensare le sue colpe e cancellarle, soccombendo puntualmente alla sua condanna.

Citazioni

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  • [...] in Italia [...] non v'è alcuno che supponga una borsa piena d'oro, se prima non l'ha veduta aperta.
  • [Sui giornalisti] [...] sono però i poverini degni di compatimento, poiché gli articoli falsi, principalmente quando sono maledici, mettono in voga le loro gazzette molto più dei veri.
  • [...] corre gran pericolo a questo mondo chi intraprende il difficil mestiere di disingannar gl'ingannati.
  • [...] il lucro è una sostanza che molti preferiscono ad ogni altra superiorità.
  • [...] la malignità dell'umana natura [...] gode sempre del male avvenuto, ed è perciò portata sempre a favorire chi l'ha fatto, ridendo in sé di chi ha sofferto l'oltraggio e studiando di sminuirlo con sofistiche ragioni, sotto lo specioso pretesto del desiderio del bene della pace.
  • Lo sfidar a duello chi offese è un natural impulso di un animo, che l'educazione seppe rendere moderato e padrone di frenar la brutalità de' primi moti. Un animo barbaro, che una nobil educazione non avvezzò a reprimere i primi impulsi, rispinge offesa con offesa, e tenta, condotto dalla sua passione e da natural disio di vendetta, di privar di vita chi il vilipese, senz'esporsi al rischio di divenir esso medesimo la vittima del suo proprio diritto.
  • Il vero amico non sa far nulla che ad intera soddisfazione dell'amico, e crede mal fatto tutto ciò che a qualcun altro sembrerebbe meglio fatto in diversa guisa. Il vero amico è ammirabile negli affari, ne' quali interesse o gloria impedisce l'interamente spiegarsi. Facilissimo è il fargli vedere e capire ciò che non si vuole né mostrargli, né dirgli, ed a cagione di quella riserva non si offende, né s'impiega con meno calore di quello con cui si sarebbe impiegato, se l'amico con lui si fosse affatto spiegato, affidandosi alla di lui discrezione. Il vero amico in somma non può essere contento di sé medesimo che tanto quanto rende soddisfatto colui per il qual opera, non avendo altro interesse in ciò che fa, se non il solo dell'amico per cui s'impegna.
    Il falso amico, all'opposto, è sempre mal soddisfatto della maniera con cui è impiegato; abbonda di tacite riflessioni; si forma sempre qualche interesse personale nell'affare che gli viene appoggiato; ed ha sempre qualche segreta mira che non ardirebbe confessare. Quando fa d'uopo penetrare il senso sostanziale della cosa, l'eseguisce ad verbum, e, quando non conviene staccarsi in modo alcuno dalla parola, va ghiribizzando raffinamenti. Egli ha sempre o mal letto, o mal inteso, e con lui nessuno si è mai abbastanza spiegato.
  • Siccome dunque procede dal buon cibo la salute del corpo, non si dovrà dubitare che da esso non derivi anche la tranquillità dello spirito, che non può aver altro moto che quello che riceve dalle impressioni fisiche.
  • Il non posso è troppo di frequente sulle labbra dei mortali; per l'uomo che vuole, vi si trova assai di raro.
  • Tutte le gazzette insieme unite compongono la storia del mondo, ed i lettori d'esse, che non sanno le cose particolarmente, (e questi sono il maggior numero) si attengono, per essere informati di tutto, a quello che da esse è loro riferito: que' personaggi, che vi sono commendati, pajon loro eroi, ed hanno assai brutta idea di quelli che rappresentati vi sono ingiusti e fraudolenti, e non avendo altre a ciò contrarie notizie, quelle idee supposte da essi tratte dal vero rimangono nella loro memoria scolpite.
  • Gli uomini per natura son tali che non si possono disporre ad imparare cosa alcuna da quelli che vogliono far loro da maestri a forza: ed hanno tanta ragione quanto han torto i primi.

Lettere a un maggiordomo

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  • Secondo il corso ordinario delle cose, signor Faulkircher, niente di comune avrebbe dovuto esistere tra noi due al castello di Dux, ove io ero in qualità di bibliotecario, e voi in quella di maggiordomo: ma lo straordinario è talmente di moda, ai nostri giorni che non bisogna ignorarlo.
    Voi vi siete, a detrimento del mio onore macchiato di tre crimini; e siccome voglio che il processo vi sia fatto secondo tutte le regole giuridiche, non troverete ingiusto che io cominci a informarne il pubblico, giudice imparziale, e che voi non potrete mai sedurre, poiché non avete, per questo vino sufficiente nelle cantine del conte di Waldstein. Il pubblico deciderà se voi siete un uomo da nulla, un poltrone, e se ignorate o meno ciò che significhino le leggi dell'onore. (lettera I, p. 7)
  • [...] asino, voi amate ricoprirvi della pelle del leone per sembrare animale differente dalla vostra vera natura. Disgraziatamente per voi, le orecchie spuntano dovunque, cade la maschera e la verità vi mostra nella vostra laida turpitudine. (lettera III, pp. 19-21) [insulto]
  • ... Sì, voi siete, senza alcun dubbio, un ignorante, ma lo siete senza saperlo; poiché non siete una persona colta, e non esiste che la persona colta che sia in grado di conoscere la propria ignoranza: è su questo rapporto che vi sono superiore. Voi siete un asino che non si conosce; come tale, m'invidiate; come invidioso, mi odiate. Chiunque odî è nemico; come nemico, mi calunniate; e come calunniatore, voi meritate di avere la lingua mozzata; ora, una lingua tagliata non serve nemmeno da strofinaccio... (lettera XIX, p. 123) [insulto]

Storia della mia fuga dai Piombi

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Originale

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Après avoir fini mes études, avoir quitté à Rome l’état d'écclesiastique, avoir embrassé celui de militaire, l'avoir quitté à Corfou, entrepris le métier d'avocat, l'avoir quitté par aversion, et aprés avoir vu toute mon Italie, les deux Greces, l'Asie Mineure, Constantinople, et les plus belles villes de France, et d'Allemagne, je suis retourné à ma patrie l'année 1753 assez instruit, plein de moi-même, étourdi, aimant le plaisir, ennemi de prévoir, parlant de tout à tort, et à travers, gai, hardi, vigoureux, et me moquant au milieu d'une bande d'amis de ma clique, dont j'étois le gonfalonier de tout ce qui me paroissoit sottise soit sacrée, soit profane, appellant préjugé tout ce qui n'étoit pas connu aux sauvages, jouant gros jeu, trouvant égal le tems de la nuit à celui du jour, et ne respectant que l'honneur, dont j'avois toujours le nom sur les levres plus par hauteur que par soumission, prêt pour garantir le mien de toute tache à violer toutes les lois qui auroient pu m'empécher une satisfaction, un dédommagement, une vengeance de tout ce qui avoit l'apparence d'injure, ou de violence.

Pietro Bartalini Bigi

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Dopo aver compiuto i miei studi e abbandonato a Roma la carriera ecclesiastica, iniziata appena quella militare, poi interrotta a Corfù, e datomi all'avvocatura, che prestissimo lasciai per avversione, visitai tutta l'Italia, le due Grecie, l'Asia Minore, Costantinopoli e le più belle città della Francia e della Germania, e nel 1753 tornai nella mia Patria.
Vi giunsi fornito di una buona cultura, con una discreta stima di me stesso, sventato, avido di piaceri, nemico di ogni previdenza, persuaso di poter parlare di qualsiasi argomento in ogni senso, allegro, sfrontato, vigoroso e, in testa a una schiera di amici del mio stampo, pronto a farmi beffa di qualsiasi cosa sacra o profana che fosse, a chiamar pregiudizio tutto ciò che non fosse puramente naturale, a far della notte giorno, a rispettare solo l'onore, il cui nome avevo sempre sulle labbra più per orgoglio che per sottomissione.

Citazioni

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  • Mi sono accorto che mi trovavo in luogo ove se il falso pareva vero le realtà dovevano sembrare de' sogni: in luogo ove le percezioni rischiavano la perdita della metà de' lor privilegi, ove, finalmente, l'accesa fantasia rendeva vittima la ragione o d'una chimerica speranza o della spaventosa disperazione. E allora mi son messo in guardia per tutto quel che concerne i pericoli di tal fatta: e all'età di trent'anni, quanti ne contavo, ho, per la prima volta nella mia vita, invocato in soccorso la filosofia, della quale avevo tutti i germi nello spirito ma di cui non ancora ero riescito a far uso. La maggior parte degli uomini, io credo, muoiono senza aver mai pensato. (1911, p. 29)
  • Credo ancor oggi che quando un uomo si ficca in testa di venire a capo d'un progetto qualsiasi e non s'occupa se non di esso lo deve raggiungere malgrado tutte le difficoltà: quest'uomo diverrà Gran Visir, diverrà Papa, rovescerà una monarchia, pure che ci si metta. (1911, p. 46)
  • Un prigioniero che dorma tranquillamente non è in prigione in quel punto: uno schiavo non è schiavo, durante il sonno, un re non regna. Ciascun di costoro deve, dunque, tenere per un carnefice chi viene a privarlo della sua libertà per improvvisamente restituirlo alla sua miseria. Aggiungi che, quasi sempre, un prigioniero che dorme si crede libero, e che questa illusione già gli tien luogo di realtà. (1911, p. 70)
  • Coloro che hanno una religione vi trovano risorse che gl'increduli non ottengono [...]. (1911, p. 73)
  • Avevo letto, non so più dove, che non bisogna meditare troppo le grandi imprese, ma porle in atto senza contestare alla fortuna l'imperio ch'ella ha su tutte le umane azioni.[3] (1911, pp. 109-10)
  • Il mio unico piacere, perciò, era quello di pascermi di chimerici progetti per recuperare la libertà senza la quale non volevo più vivere. Leggevo sempre Boezio, ma Boezio non mi forniva i mezzi per uscire di là. Non facevo altro che pensare alla fuga, perché ero persuaso che ci sarei riuscito soltanto a forza di pensarci. (1993)
  • Nelle grandi imprese ci sono sempre dei particolari decisivi, che, se si vuole riuscire, si devono curare di persona. (1993)
  • La mia storia dimostrerà che siamo degli imbecilli quando cerchiamo fuori di noi le cause dei nostri guai, perché sono tutte, direttamente o indirettamente, in noi stessi. (1993)

Ho preso così la decisione di lasciare la mia patria come si abbandona una casa che ci è molto gradita, ma è divenuta inabitabile a causa di un cattivo vicino che ci infastidisce e che non si può far sloggiare.
Ora sono a Dux, dove per andare d'accordo coi vicini basta non parlare con loro. E niente mi è più facile.

Storia della mia vita

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La prima pagina del manoscritto originale, Histoire de ma vie

L'anno 1428 Don Jacob Casanova, nato a Saragozza, capitale dell'Aragona, figlio naturale di Don Francisco, rapì dal convento Donna Anna Palafox il giorno dopo la sua pronuncia dei voti. Era allora segretario del re Don Alfonso Con costei fuggì a Roma ove, dopo un anno di prigione, il papa Martino III concesse ad Anna la dispensa dai voti e la benedizione alle nozze su raccomandazione di Don Juan Casanova, maestro del Sacro Palazzo, zio Don Jacob. Tutti i nati in questo matrimonio morirono in tenera età tranne Don Juan che sposò nel 1475 Eleonora Albini da cui ebbe un figlio di nome Marco Antonio. Nel 1481 Don Juan dovette abbandonare Roma perché aveva ucciso un ufficiale del re di Napoli. Si rifugiò a Como con la moglie e il figlio; poi andò a cercar fortuna. Morì in viaggio con Cristoforo Colombo nel 1493. Marco Antonio divenne un buon poeta alla maniera di Marziale, e fu segretario del cardinale Pompeo Colonna. Una satira contro Giulio dei Medici, che possiamo leggere nella raccolta delle sue poesie, lo costrinse a lasciare Roma; tornò a Como, e lì sposò Abondia Rezzonia. Lo stesso Giulio dei Medici, divenuto papa Clemente VII, lo perdonò e gli consentì di tornare a Roma con la moglie. Dopo la presa e il sacco della città da parte degli imperiali nel 1526 morì di peste. Tre mesi dopo la vedova partorì Giacomo Casanova, che morì vecchissimo in Francia dopo aver raggiunto il grado di colonnello nell'esercito che il Farnese conduceva contro Enrico, re di Navarra, e poi di Francia. Aveva lasciato un figlio a Parma, che sposò Teresa Conti, dalla quale ebbe Giacomo, che sposò Anna Roli nel 1680. Giacomo ebbe due figli, il primo dei quali, Giovan Battista, se ne andò da Parma nel 1712, e non se ne seppe più nulla. Il minore, Gaetano Giuseppe Giacomo, abbandonò anche lui la famiglia nel 1715, all'età di diciannove anni. Questo è tutto quello che ho trovato negli scritti di mio padre. Quanto segue l'ho invece appreso dalla bocca di mia madre. Gaetano Giuseppe Giacomo lasciò la sua famiglia, invaghitosi delle grazie di un'attrice chiamata Fragoletta, che recitava nelle parti di servetta. Innamorato e senza mezzi per vivere, prese la determinazione di guadagnarsi la vita mettendo a profitto le sue doti personali.Si dedicò alla danza e cinque anni dopo si mise a recitare, distinguendosi per i modi più ancora per il talento. Forse per incostanza o per motivi di gelosia, lasciò la Fragoletta ed entrò a far parte di una compagnia di comici che recitava al teatro San Samuele di Venezia. Proprio di fronte alla casa ove alloggiava abitava un calzolaio di nome Gerolamo Farussi, con la moglie Marzia e con l'unica figlia, Zanetta, di sedici anni e già una bellezza perfetta. Il giovane commediante si innamorò di questa fanciulla, riuscì a intenerirla e convincerla a farsi rapire. Essendo un attore di mestiere, non poteva sperare di ottenerla con il consenso di sua madre Marzia, e tanto meno di suo padre Gerolamo, al quale un commediante appariva come una persona spregevole. I giovani innamorati, muniti di documenti necessari e accompagnati da due testimoni, andarono a presentarsi al patriarca di Venezia che li unì in matrimonio. Marzia, la madre della ragazza, si sfogò con le grida più acute; il padre morì dal dispiacere. Io nacqui da questo matrimonio, dopo nove mesi, il 2 aprile del 1725. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. I, cap.I ).

Citazioni

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  • Dichiaro anzitutto al mio lettore che per quello che ho fatto di buono o di cattivo durante la mia vita sono certo d'essermi guadagnato tanto meriti quanto demeriti e posso perciò ben credermi libero. (dalla prefazione, íncipit)
  • Amore, impossibile a definirsi!
Amour indéfinissable! (da Histoire de ma vie, éd. Robert Laffont, coll. Bouquins, 1993, t. I, vol. 2, chap. V, p. 346)
  • Ingannare uno sciocco significa far le vendette dello spirito.
  • Spesso ci lamentiamo delle donne che, sebbene siano innamorate e sicure di essere ricambiate, si rifiutano ai nostri desideri; siamo in torto. Se ci amano davvero, devono temere di perderci; in conseguenza, devono fare quanto è in loro potere per mantenere vivo il nostro desiderio di giungere a possederle. Se ci riusciamo, è certo che non le desideriamo più, dato che non si può desiderare ciò che si possiede già. Le donne hanno dunque ragione quando si rifiutano alle nostre offerte. Ma se i desideri dei due sessi sono uguali, perché non succede mai che un uomo si rifiuti a una donna che ama e che lo invita? Non ci può essere che un solo motivo: l'uomo innamorato che sa di essere amato da più importanza al piacere che conta di dare alla persona amata che a quello che la medesima persona può dargli nel godimento. Per questo motivo è impaziente di accontentarla. La donna, preoccupata del suo interesse, da maggiore importanza al piacere che riceverà che a quello che procurerà; questa la ragione per cui cerca di rimandare più che può, perché teme, concedendosi, di perdere ciò che più le sta a cuore: il proprio piacere. E' un comportamento naturale proprio del sesso femminile, ed è l'unico movente della civetteria che si perdona volentieri alle donne, ma non si saprebbe mai scusare in un uomo. Infatti negli uomini si trova molto raramente.
  • La realtà dipende dall'immaginazione.
  • È un vero piacere fare tutto ciò che ci ordina l'essere amato.
  • Andammo a letto innamorati per uscirne al mattino ancora più innamorati.
  • Che notte! Che donna Henriette, che ho tanto amato! Quanto mi ha reso felice così felice!
  • Questi sentimenti mi commossero talmente che stavo per gettarmi ai suoi piedi per chiederle perdono di non averla rispettata di più, di aver pensato di averla troppo facilmente, di aver iniziato la sua conquista senza riguardo. (Tratto da "Storia della mia vita", Giacomo ammira Henriette che per la prima volta indossa abiti femminili)
  • L'amore languido sembra che diventi due volte più forte, ma non è affatto vero. L'amore è un folletto che vuole essere nutrito di risa e di giochi; ogni diverso alimento ne causa la consunzione.
  • Tutto è combinazione fortuita e ci ritroviamo ad essere autori di fatti in cui non ci riconosciamo complici. Tutto quello che ci succede di veramente importante in questo mondo avviene soltanto perché doveva succedere. Non siamo che atomi pensanti, che vanno dove li spinge il vento.
  • Preferire la scrittura alla parola è un atteggiamento che non può derivare che da un falso senso del pudore che in fondo è solo pusillanimità.
  • Amare ed essere saggio è appena possibile per un Dio.
  • La modestia è una virtù solo se è naturale, se si recita o si pratica per educazione è soltanto ipocrisia.
  • Se i piaceri sono passeggeri, lo sono anche le pene, e quando, nella gioia, ci ricordiamo dei dispiaceri che l'hanno preceduta, essi ci diventano cari, un giorno ricordare queste cose ci farà piacere.
  • Quando si ama veramente si crede che l'oggetto del nostro amore meriti qualsiasi cosa e che tutto il mondo debba essere geloso della felicità che gli leggono in viso.
  • L'uomo saggio che vuole istruirsi deve leggere e poi viaggiare per rettificare le sue conoscenze. Sapere male è peggio che ignorare. Bisogna sapere bene.
  • Un uomo afflitto da un gran dolore ha il vantaggio di non trovare niente faticoso. È una specie di disperazione non priva di qualche lato positivo. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. III, cap. V)
  • Per quel che mi riguarda, ben sapendo di essere sempre stato la causa principale di tutte le sventure che mi sono capitate, mi sono trovato con piacere in condizione di essere lo scolaro di me stesso e in dovere di amare il mio precettore.
  • L'uomo che si dichiara veramente innamorato di una donna senza passare ai fatti dovrebbe andare a scuola e imparare come comportarsi.
  • Triste, pensieroso e sofferente, anche per la brutta notte che avevo passato, mi accorsi con sorpresa di essere innamorato, geloso e disperato.
  • Chi ride molto è più felice di chi ride poco, giacché l'allegria, stimola la milza e fa buon sangue.
  • Non ci si può amare senza confidenza.
  • Temevo più della morte l'idea che pensasse di resistermi.
  • Una ragazza che per quel poco che lasci scorgere a un uomo lo rende curioso di vedere il resto, ha gia fatto tre quarti di stada per farlo innamorare. Infatti che altro è l'amore se non curiosità?
  • L'amore passa sopra i pregiudizi che lo intralciano.
  • Non voglio ne la troppo facile ne la troppo difficile.
  • Prolungammo la cena per due ore saziando il nostro appetito con dei cibi squisiti, e sfidando Bacco a farci temere la sua potenza.
  • Chi ha sbagliato ottiene una grande vittoria se, dopo aver perorato la sua causa con se stesso, arriva a convincersene.
  • Diventerei pazzo, credo, se durante i miei soliloqui mi trovassi infelice senza che fosse per colpa mia perché non saprei dove cercarne la ragione, a meno che non ammettessi di essere stupido. E so di non esserlo!
  • Colui che dice la verità ad un incredulo, la prostituisce; è un delitto.
  • Sventurato il vecchio che non sa farsene una ragione, e che ignora che lo stesso sesso che ha sedotto da giovane lo disprezza non appena mostra di avere ancora delle pretese nonostante l'età lo abbia privato di tutto ciò che gli era necessario per piacere.
  • Una ragazza che sa di essere carina prova soddisfazione se può chiudere la bocca a un uomo che tesse le lodi di un'altra, di cui non si possono negare i difetti.
  • Non si può sperar di amare se non nella speranza di essere ricambiati.
  • L'amore di un libertino si raffredda in poco tempo se non viene adeguatamente nutrito.
  • Felici quelli che senza nuocere a nessuno sanno procacciarsi il piacere, e insensati gli altri che si immaginano che l'Essere Supremo possa rallegrarsi dei dolori e delle pene e delle astinenze ch'essi gli offrono in sacrificio.
  • Il bene nasce dal male come il male dal bene.
  • Nell'attesa adoro Dio, stando lontano da ogni azione ingiusta e aborrendo gli uomini ingiusti: non faccio però loro del male, perché mi basta astenermi dal fare loro del bene. Non bisogna nutrire i serpenti.
  • Sentendomi nato per l'altro sesso, l'ho sempre amato e mi son fatto amare per quanto possibile.
  • Quanto a quello che ho fatto con le donne, si è trattato di inganni reciproci di cui non si deve tener conto, perché quando c'è di mezzo l'amore, di solito ci si inganna da tutte e due le parti.
  • È più facile disfarsi dei vizi che delle vanità.
  • L'astuzia è un vizio, ma quando è onesta non è altro se non saggezza, cioè una virtù.
  • La donna è come un libro che, buono o cattivo, deve piacere fin dalla copertina.
  • Colui che suscita desideri può facilmente vedersi condannato a spegnerli.
  • Una bella donna è cento volte più attraente quando esce dal sonno che dopo una toeletta.
  • La dolcezza della pace è preferibile agli incanti dell'amore, ma quando si ama non la si pensa così.
  • L'alfabeto appartiene a tutti e chiunque è padrone di servirsene per creare una parola e farsene il proprio nome.
  • L'amore è un divino fanciullo, che detesta talmente la vergogna che si avvilisce se gli dà retta, e l'avvilimento gli fa perdere almeno tre quarti della sua dignità. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. III, cap. III)
  • Tanta è la potenza del bello, del buono e del vero che riesce a penetrare l'anima. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. III, cap. IX)
  • Vincasi per fortuna o per inganno, il vincer sempre fu laudabil cosa. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. III, cap. X)
  • Ma l'amore bacia il viso solo per ringraziarlo dei desideri che gli ispira, la meta dei quali è altrove, e l'amor si irrita se non ci arriva. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. III, cap. X)
  • L'uomo ragiona bene solo quando ha dei soldi, a meno che non sia in preda ad una passione tumultuosa. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. III, cap. X)
  • Se il vaso non è terso, tutto ciò che ci versi inacidisce. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. IV, cap. II)
  • Fu un vero colpo di fulmine che non mi ha ucciso, ma non mi ha lasciato vivo. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. IV, cap. II)
  • Soffriamo la fame per meglio gustare i sughi, ritardiamo il godimento amoroso per renderlo più vivace, rimandiamo la vendetta per renderla più micidiale. (da Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton, Roma, 1999, vol. IV, cap. III)
  • Se non obbediscono, comandano.
  • E' proprio la curiosità che rende incostante l'uomo dedito al vizio.
  • La nostra ragione è come la polvere da sparo, che è facile a infiammarsi, ma per deflagrare bisogna sempre che le si dia fuoco; o come un bicchiere che non si rompe finché non viene urtato.
  • Se tutte le donne avessero la stessa fisionomia e lo stesso carattere, l'uomo, non solo non sarebbe mai incostante, ma anche innamorato. Il nostro mondo avrebbe tutt'altro andamento.
  • Amo fare buone azioni a prezzo della mia borsa ma non della mia libertà.
  • In vita mia non ho mai fatto altro che darmi da fare per ammalarmi quando ero in buona salute e per riacquistare la salute quando l'avevo perduta.
  • L'uomo più felice è quello che conosce meglio l'arte di rendersi tale senza venir meno ai propri doveri, e il più infelice è quello che ha scelto un modo di vivere che lo costringe a fare ogni giorno, dal mattino alla sera, malinconiche riflessioni sull'avvenire.
  • Ho sempre pensato che non v'è merito alcuno nel serbarsi fedele a una creatura cui si vuol bene.
  • La nostra intelligenza spesso commette l'errore di supporre negli altri la nostra stessa disinvoltura.
  • Crederò a Zenone solo quando mi dirà di aver trovato il modo per impedire al corpo di impallidire, di arrossire, di ridere e di piangere.
  • Nel gran libro dell'esperienza avevo imparato che non bisogna riflettere sulle grandi imprese ma eseguirle senza contestare alla fortuna l'impero che essa ha sulle azioni umane.
  • La novità è la tirannia della nostra anima: sappiamo che ciò che le donne nascondono è press'a poco uguale in tutte, ma ciò che ci lasciano vedere ci fa credere il contrario.
  • I desideri sono dei veri tormenti, delle autentiche pene, che restringono la gioia alla soddisfazione di liberarcene. Per questo motivo reputiamo privi di giudizio quelli che preferiscono un po di resistenza a un'immediata compiacenza.
  • Mi fanno ridere certe donne che accusano d'incostanza gli uomini e li chiamano perfidi. Avrebbero ragione se potessero provare che quando giuriamo loro fedeltà abbiamo intenzione di mancar di parola. Ahimè! Noi amiamo senza consultare la ragione, ed essa non riesce mai a intrufolarsi, anche quando smettiamo di amare.
  • Immolai la vittima senza sanguinare l'altare.
  • Capii che un uomo rinchiuso in solitudine, e messo nell'impossibilità di tenersi occupato, isolato in un recesso mezzo buio ove non vede nessuno, salvo una volta al giorno quello che gli porta da mangiare, e dove non può camminare stando dritto, è il più infelice dei mortali. Preferirebbe l'inferno, se ci credesse, pur di avere compagnia. Là dentro arrivai a desiderare quella di un assassino, di un pazzo, di un malato fetente, di un orso. La solitudine sotto i piombi è esasperante, ma per crederci bisogna averla provata.
  • La privazione della libertà inebetisce le facoltà dello spirito.
  • Ma più l'innamorato è felice, più diventa infelice se gli strappano dalle braccia l'oggetto del suo amore.
  • Quando l'uomo è disperato, tutto ciò che gli viene in mente gli sembra un ispirazione.
  • Sapevo che per raggiungere qualche risultato dovevo sfruttare tutte le mie facoltà fisiche e morali, fare la conoscenza dei più grandi personaggi, dei più potenti; Dovevo essere padrone della mia mente e seguire le piste di tutti coloro che intuivo potessero giovarmi.
  • L'uomo può amare se non con la speranza di essere riamato.
  • L'amore di un libertino fa molto in fretta a raffreddarsi se non viene opportunamente nutrito e le donne un po' sperimentate lo sanno.
  • Gli avvenimenti più importanti della nostra vita sono indipendenti dalla nostra volontà. Siamo solo atomi pensanti che vanno dove li spinge il vento.
  • [...] e se non si può parlare il piacere amoroso diminuisce di almeno due terzi.
  • Voltaire [...] doveva capire che il popolo per la pace generale della nazione ha bisogno di vivere nell'ignoranza.
  • L'uomo che ha sbagliato ottiene una gran vittoria, se dopo aver perorato la propria causa con se stesso, arriva a convincersi di essere colpevole.
  • Quando una ragazza è bella basta un istante per trovarla tale. Se, invece, per meritare un giudizio favorevole, ha bisogno di essere esaminata, le grazie della sua persona diventano problematiche.
  • "Sappia, mia bella Lidia, che tutte le donne, oneste o no, si vendono. Quando ha tempo un uomo le compra con premure e attenzioni e quando ha fretta, come me, adopera i regali e l'oro."
  • Comunque, quando si ama il piacere, non bisogna filosofare se non si vuole diminuirlo.
  • Non c'è donna ideale, che abbia un cuore puro, che un uomo non sia sicuro di conquistare a forza di renderla riconoscente.
  • Amavo, ero amato, stavo bene, avevo molto denaro e lo spendevo, ero felice, e me lo dicevo, ridendo degli sciocchi moralisti che dicono che non c'è vera felicità sulla terra.
  • Sono sempre stato geloso delle mie amanti, per carattere, ma quando capivo che il mio rivale avrebbe potuto renderle felici, la gelosia se ne andava.
  • La collera, in effetti, ha sempre avuto su di me la stessa forza dell'amore.
  • La passione, però, non è mai duratura, e se niente l'aiuta a uscire dall'inquietudine che l'agita, finisce per spegnersi, perché lo spirito cerca di liberarsene per riconquistare l'equilibrio perduto.
  • La filosofia proibisce al saggio di pentirsi di aver compiuto una buona azione, ma non gli vieta di arrabbiarsi se viene interpretata male tanto da sembrare cattiva.
  • [...] è facilissimo passare dall'amore inasprito alla più nera collera, mentre è duro, quando si è infuriati, tornare ad essere innamorati.
  • [...] i piaceri dell'amore nascono dall'allegria, ma non la fanno nascere in chi non ne ha.
  • Solo quando ci si libera dalla follia si capisce di essere stati pazzi, perché nelle tenebre non si vede nulla.
  • Un luogo comunque può essere delizioso finché si vuole, ma finirà per annoiare un uomo che sia condannato a viverci da solo, a meno che quest'uomo non abbia sottomano qualche opera letteraria.
  • Niente, comunque, è più certo di questo: una ragazza timorata di Dio, quando consuma con l'uomo che ama l'atto carnale, prova cento volte più piacere di una ragazza priva di pregiudizi.
  • Quella di sposarsi, infatti, è sempre una sciocchezza, ma se un uomo la commette mentre si avvia alla vecchiaia, diventa addirittura fatale.
  • Un sentimento naturale e giustissimo avverte un uomo intelligente che un mezzo sicuro per farsi amare da una persona è quello di procurarle qualche piacere nuovo.
  • Una ragazza che sa di essere carina prova soddisfazione se può chiudere la bocca a un uomo che tesse le lodi di un'altra, di cui non si possono negare i difetti.
  • Non si può sperar di amare se non nella speranza di essere ricambiati.
  • L'amore di un libertino si raffredda in poco tempo se non viene adeguatamente nutrito.
  • Il più bel corpo di donna che si offra nuda alla sua vista, tenendo però nascosta la testa, potrà spingerlo al godimento, ma in nessun caso a quello che si chiama amore.
  • Parigi era, e lo è ancora, una città ove tutto si giudica dall'apparenza; non c'è altro paese al mondo dove sia più facile abbindolare la gente.
  • La capacità di dimenticare nasce da debolezza e invece la capacità di rassegnarsi nasce da una forza che può essere ascritta tra le virtù.
  • Il seduttore di professione, che fa del sedurre un progetto, è invece un uomo abominevole, sostanzialmente nemico dell'oggetto su cui ha posto gli occhi: è un vero criminale che, se possiede le qualità necessarie per sedurre, se ne rende indegno usandole per sedurre una donna.
  • Un legame tra due persone colte, in effetti, esclude spesso tutti i piaceri dei quali esse potrebbero godere solo rubando il loro tempo alla letteratura.
  • In certi casi quando si è sicuri di non essere creduti, si deve dire la verità.
  • Il mondo si troverà sempre nel disordine e nell'ignoranza, dal momento che i dotti non ne costituiscono tutt'al più che la centesima parte.
  • Gli argomenti non mancano mai a due amanti poiché sono loro stessi il soggetto dei loro discorsi. (volume VII, capitolo I)
  • Spasimare per una bella insensibile e capricciosa equivale a essere presi in giro. La felicità non deve essere né troppo facile né troppo difficile. (volume VIII, capitolo IV; Newton Compton, 1999)
  • La sofferenza è inerente alla natura umana; ma noi non soffriamo mai senza avere la speranza della guarigione; il contrario è un caso rarissimo, e la speranza è un piacere. (volume II, capitolo II; 1924)
  • [Sulla sifilide] Il male cosiddetto francese non accorcia la vita quando si è capaci di guarirne; lascia solo delle cicatrici. Ma di queste ci si consola facilmente pensando che ce le si è procurate col piacere, come i soldati si compiacciono dei segni delle ferite. (volume II, p. 238; 1964)
  • Cosenza è una città dove una persona dabbene può divertirsi: ci sono uomini ricchi, nobili titolati, belle donne e persone non prive di cultura.
  • Una fanciulla che con quello che lascia vedere rende un uomo curioso di vedere il resto, ha già fatto tre quarti di strada per farlo innamorare. Infatti, che cos'è l'amore se non un modo di essere curiosi? (Volume II, capitolo XXXIII)

Citazioni su Storia della mia vita

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  • Casanova ama – perdutamente, irrimediabilmente ama – tutte le donne con cui ha a che fare; Dongiovanni le usa, invece, senza amarle, anzi disprezzandole. Casanova vorrebbe sposarle tutte, tenersele tutte per sempre, se non fossero loro ad abbandonarlo; Dongiovanni deve sfuggirle tutte, dato che nessuna lo abbandonerebbe mai. (Franco Cuomo)
  • Casanova mi sembra piuttosto ateo, o almeno seguace di un deismo che sfida ogni concorrenza e lascia in pace le creature abbandonate al loro destino; dedito anima e corpo a un edonismo che è agli antipodi degli insegnamenti del Nazareno. (Michel Onfray)
  • Facendo della propria vita una storia, il veneziano compie una metamorfosi, una trasformazione interna. Attraverso questo ritorno a se stesso, questa tardiva consapevolezza delle azioni e delle emozioni, Casanova invecchiando trasforma l'istante in durata, l'estetica in etica e l'azione in saggezza. (Lydia Flem)
  • Non è uno stile da letterato sedentario e misantropo, è uno stile da esaltatore della vita, che con la sua irrequietezza sembra prevedere l'europeo futuro. Nella letteratura italiana mancava allora non solo un buon romanzo in prosa, ma ancora l'idea di uno stile così veloce e denso di avvenimenti. L'azione si fonde al dialogo, il quale diventa azione interiore. (Piero Chiara)

Citazioni su Giacomo Casanova

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  • Chi nel mondo non vede altro bene che la propria vita, non dovrebbe mai invecchiare; a lui la vecchiezza toglie infinitamente più che agli altri uomini, perché gli toglie il contatto con la sua stessa ragione di esistere.
    Una sola gioia per lui c'era nel mondo: abbandonarsi a quell'impulso cieco e violento che lo spingeva avanti senza saper dove, tutto dimenticare, tutto travolgere per la soddisfazione dei propri desideri del momento, magari lasciarsi trascinare, pur di aver l'illusione d'imporsi; ma ora che quell'impulso ha perduto la capacità di spingerlo, ora che la febbre del movimento ha finito di stordirlo, egli sente di non vivere più, ma di sopravvivere a se stesso. (Angelandrea Zottoli)
  1. Da Memorie scritte da lui medesimo, XV. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  2. Detto dopo aver ricevuto i sacramenti. Citato in Charles-Joseph de Ligne, Mémoires et mélanges historiques et littéraires, vol. IV, Parigi, 1828, p. 42.
  3. Cfr. Michel de Montaigne, Saggi, II, XX: «Le imprese umane devono essere condotte più grossolanamente e superficialmente, e bisogna lasciarne gran parte ai diritti della fortuna.»

Bibliografia

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  • Giacomo Casanova, Histoire de ma fuite des prisons de la République de Venise, qu'on appelle les Plombs, Le Noble de Schönfeld, Lipsia, 1788.
  • Giacomo Casanova, Historia della mia fuga dalle Prigioni della Repubblica di Venezia dette "li Piombi", traduzione di Salvatore Di Giacomo, Milano, Alfieri & Lacroix, 1911.
  • Giacomo Casanova, Il duello, a cura di Elio Bartolini, Adelphi, 1987.
  • Giacomo Casanova, Lettere a un maggiordomo, a cura di Piero Chiara, traduzione di Carlo Martini, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1995.
  • Giacomo Casanova, Storia della mia fuga dai Piombi, a cura di Pietro Bartalini Bigi, Newton Compton, 1993.
  • Giacomo Casanova, Storia della mia vita, a cura di Gerolamo Lazzeri, traduzione di Enrico dall'Oglio e Decio Cinti, Corbaccio, 1924.
  • Giacomo Casanova, Storia della mia vita, a cura di Piero Chiara, Mondadori, 1964.
  • Giacomo Casanova, Storia della mia vita, a cura di Piero Chiara e Federico Roncoroni, Arnoldo Mondadori, I Meridiani, 1999.
  • Giacomo Casanova, Storia della mia vita, a cura di Pietro Bartalini Bigi, traduzione di Duccio Bartalini Bigi e Maurizio Grasso, Newton Compton, Roma, 1999.

Voci correlate

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