Galeazzo Ciano

conte di Cortellazzo e Buccari, diplomatico e politico italiano

Gian Galeazzo Ciano, detto Galeazzo, conte di Cortellazzo (1903 – 1944), diplomatico e politico italiano.

Galeazzo Ciano nel 1936

Citazioni di Galeazzo Ciano

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  • [Dino Grandi] Bigio, torbido, infido.[1]
  • Cosa farò il giorno che non sarò più ministro, semplicemente il genero?[1]
  • [Vittorio Ambrosio] È stimato nell'esercito. Non è giudicato un fulmine di guerra ma tant'è, nelle condizioni attuali non credo che neppure un Bonaparte potrebbe fare miracoli. Conta invece che alla testa delle Forze Armate ci sia un italiano, un patriota che vede con occhi sinceri la realtà.[2]
  • Ho parlato a lungo con Muti e gli ho tracciato le direttive. Muti mi seguirà come un bambino: nonostante il mio crescente scetticismo sugli uomini, Muti è uno dei rarissimi che credo sincero.[3]
  • [Ugo Cavallero] Mentiva, trescava con lo straniero, rubava a più non posso.[1]
  • Quel bue ciccione di Göring che arraffa quattrini e decorazioni.[1]
  • [Adolf Hitler] Un puro folle, infervorato ogni tanto per le sue idee fisse.[1]
  • La Chiesa Cattolica è sempre stata dannosa per l'Italia. Nel 1915 era con l'Austria, oggi è contro la Germania.
  • Diffido delle iniziative di Ribbentrop. È vanesio, leggero, loquace. (1948: p. 275)
  • La guerra a fianco della Germania non deve farsi e non si farà mai: sarebbe un crimine e una idiozia. Contro, non ne vedo per ora le ragioni. Comunque, caso mai, contro la Germania. Mai insieme. Questo è il mio punto di vista. Quello di Mussolini è esattamente il contrario: mai contro e, quando saremo pronti, insieme per abbattere le democrazie, che, invece, sono i soli Paesi con cui si può fare una politica seria e onesta. (31 dicembre 1939; 2006, p. 380)
  • ... Dichiarazione di guerra. Come primo provvedimento ho convocato François-Poncet, che cercava di nascondere la sua emozione. Gli ho detto: «Certamente avrete già capito i motivi per cui vi ho chiamato». Rispose: «Anche se non sono molto intelligente, questa volta li ho capiti». Ma ha sorriso per un istante. Dopo aver udito la dichiarazione di guerra, rispose: «Questa è una pugnalata ad un uomo che è a terra. Vi ringrazio comunque di averla inferta con un guanto di velluto». Disse successivamente di aver già da due anni previsto tutto questo; dalla firma del «patto d'acciaio» in poi non aveva nutrito più speranze. Non riusciva a considerare né me né soprattutto alcun italiano come un nemico. Ma dato che in futuro si sarebbe pur dovuto trovare un nuovo modus vivendi in Europa, egli augurò che non dovesse mai sorgere alcuna barriera insormontabile fra l'Italia e la Francia. «I Tedeschi sono duri. Presto ve ne accorgerete anche voi». Non ho risposto...[4]
  • Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. [...] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata sino all'ultimo. [...] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e con le grandi qualità della nostra razza.
  • Come sempre, la vittoria trova cento padri, e nessuno vuole riconoscere l'insuccesso.

Citazioni su Galeazzo Ciano

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  • Abbiamo saputo che Ciano era spesso contrario alle decisioni di Mussolini, perché lo aveva confidato al suo diario segreto. Se lo avesse pubblicato subito, ci avrebbe rimesso il posto ma forse le cose sarebbero andate diversamente. (Luca Goldoni)
  • Ciano era un curioso ministro degli esteri di Mussolini. Dal devoto ed entusiastico fedele dei primi tempi si era sviluppato a poco a poco un critico che parlava spesso del suocero come si parla, appunto, del suocero o di una suocera; e faceva capire che certe cose non andavano come dovevano, ma a suo tempo ci avrebbe messo rimedio lui; e molto si agitava per aumentare il proprio potere, sorretto ed incoraggiato da una piccola corte di banchieri, di giornalisti, di diplomatici, di industriali. (Paolo Monelli)
  • Fin dai primi passi Ciano gerarca si rivelò per quello che era: intelligente ma superficiale, velleitario più che virile, fatuo più che brillante, smanioso di imitare Mussolini – anche nella ostentata rinuncia a ogni principio di moralità internazionale – ma privo della testa, della grinta, dell'intuito di lui. Si atteggiava a rude, e riusciva ad essere soltanto goffo. Bel ragazzo, un po' del genere tango, aveva però, nel modo di muoversi, alcunché di inguaribilmente molle. «Camminava – ha scritto Renzo Trionfera – divaricando i piedi come, per deformazione professionale, capita ai vecchi camerieri di trattoria.» Le male lingue gli lanceranno, quando firmerà il patto con la Germania [Patto d'Acciaio], una battuta al cianuro: «piede-piatto d'acciaio». (Indro Montanelli e Mario Cervi)
  • I veri furfanti sono di un'altra stoffa. (Winston Churchill)
  • Seppe affrontare la morte con dignità e fermezza. Ambizioso, intelligente e mondano, accentratore e ostinato, gli mancava però la capacità di approfondire cose e problemi e di liberarsi, nel lavoro, da un dilettantismo più o meno brillante. Come ministro degli esteri non fu all'altezza delle drammatiche situazioni che egli stesso aveva contribuito a creare. (Giampiero Carocci)
  • Alti ufficiali delle tre armi corteggiano Ciano e approvano ostentatamente ogni sua trovata in campo strategico, quasi si trattasse delle direttive d'un Hindenburg. Ministri e gerarchi chiedono a lui notizie «vere» della guerra e applaudono con esagerato entusiasmo alle vittorie annunciate dal Delfino come frutto delle sue disposizioni. Il giovanotto è di per sé portato a sopravalutarsi. Prende sul serio il finto credito e la finta reverenza che gli dimostrano e si convince di essere davvero il regista della spedizione spagnola.
  • Ciano era il Delfino, l'erede in pectore. Grandi ha scritto che non piaceva a nessuno e ha ragione. Fisicamente il giovanotto aveva un che di ridicolo, i capelli impomatati sul cranio da dolicocefalo, i piedi piatti e larghi nel camminare, l'abitudine di tenere la testa all'indietro perché così faceva il suocero[5], una figura che andava impinguendosi troppo per uno non ancora quarantenne. Giocava a golf e amava farlo sapere per snobismo, essendo allora il golf praticato solo da alcuni privilegiati. Ma gli italiani ridevano di uno sport consistente nel dare bastonate a una pallina per farla entrare in una buca. L'unica palla degna del loro interesse era quella del calcio.
  • Si immagini questo frivolo giovanotto, diviso tra i salotti delle contesse romane e i consessi internazionali, nell'alternarsi delle vicende spagnole, di cui ha finito per sentirsi non solo l'arbitro, ma il responsabile verso il suocero. Non è stato in Spagna. Segue le battaglie iberiche come gli italiani seguivano quelle d'Etiopia, appuntando le bandierine sulla carta geografica.
  1. a b c d e Citato in Paolo Pavolini, 1943, la caduta del fascismo – 1, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1973.
  2. Citato in Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia della disfatta (10 giugno 1940-8 settembre 1943), BUR Saggi, Rizzoli, Milano, 2005, p. 204.
  3. Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943, Rizzoli, Milano, 1980, p. 363; citato in Silvio Bertoldi, La chiamavamo Patria, Rizzoli, Milano, 1989, p. 174.
  4. Citato in 1939/40 Le "Guerre lampo", a cura di Hans-Adolf Jacobsen e Hans Dollinger, edizione italiana a cura di Riccardo Posani, Sansoni Editore, Firenze, 1969, p. 170.
  5. Galeazzo Ciano, marito di Edda, era genero di Benito Mussolini.

Bibliografia

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  • Galeazzo Ciano, Diario, Rizzoli, 1946.
  • Galeazzo Ciano, Diario, 1937-1938, Cappelli, 1948.
  • Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943, a cura di Renzo De Felice, edizione integrale, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006. ISBN 88-17-11534-7

Voci correlate

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