Ambrogio Bazzero
Ambrogio Bazzero (1851 – 1882), scrittore italiano.
Citazioni
modifica- Il giorno da me tanto desiderato, o miei parenti, è giunto. e non piangete: è il giorno in cui voi finalmente conoscerete l'anima mia. Per mia iscrizione queste sole parole:
AMBROGIO BAZZERO
NATO....... MORTO.......
Tout ce qui finit est si court! (citato in prefazione a Storia di un'anima) - Imparò che le dita ci furono date da natura per contare le vendette da farsi: segnar croce colla penna è da monaco, tagliare colla spada da cavaliere: si vive collo usbergo maledetto, si muore coll'abito immacolato di qualche monistero. (da Ugo, citato in prefazione a Storia di un'anima)
- In vent'anni tre volte ho sorriso, quando la prima volta su un'altissima cima vidi all'orizzonte sorgere il sole e vidi che avvolgeva anche me ne' suoi raggi; quando suonò la tromba che mi chiamava all'armi, quando... Non è riso, è sogghigno! Ebbene sogghigno oggi in cui mi trovo tanto deserto.... (da Ugo, citato in prefazione a Storia di un'anima)
Storia di un'anima
modificaL'anno scorso, nel mio compleanno, scrivevo dei pensieri che erano l'espressione dell'anima mia, e li dedicavo a mia sorella: quest'anno ancora voglio scrivere dei pensieri e li dedico al deserto. Deserto: ecco l'espressione dell'anima mia! Che cosa scrivo?... Si possono tradurre a parola le convulsioni dell'anima, le contorsioni di mano, gli stringigola, i groppi, le memorie fallite e le speranze fallite? Posso scrivere lo stato dell'anima mia?... Eppure voglio sfogarmi: voglio lasciare un foglietto che attesti questo tristissimo compleanno. Lo leggerò io? quando? come? Lo leggeranno gli altri? quando? Quando io sarò morto, quando frugando entro le mie carte, i miei parenti diranno: – Aveva un po' del matto! – e mi compiangeranno. Lo leggerò io? Non so perché, ma fra l'immenso buio che mi ottenebra la vita, un po' di lume cade su quella scena ineffabile che ho sognato mille volte: – cioè: – una donna, la mia donna, spierà me che apro il cofanetto di ferro.... Apro e tolgo anche questo foglio. Lo leggiamo insieme.
Citazioni
modificaAnima
modifica- A sera tarda mi trovai cogli artisti che festeggiavano il Michetti. Figlio di pastori a 25 anni è già celebre in Italia e in Francia, e guadagna quello che vuole. Come vorrei essere in lui! avere tanto nome e tanto merito e dire: Per una fanciulla! festeggiato, amato, ammirato e dire: Col pensiero di una fanciulla! Che superba compiacenza!
- Ah se potessi condannarti all'oblio! Ti amai, Ti amai, versai, nelle lettere che ti scrissi, l'anima mia, ti dissi il mio tormento, rinunciai alle prepotenti gioie che mi provocano a' miei anni, studiai, mi dedicai ai poveri, e al mio paese... E Tu? Come mi rispondesti? Tu chi ami?
- Alcune volte mi sento felice nel pensare alla morte, perché mi dico: – L'anima mia è scritta in queste pagine e mia madre mi conoscerà. – Mia madre stenterà a capire la mia calligrafia, ed io sarò sotterra, senza aspettare la risurrezione.
- C'ingannano i poveri, c'ingannano i preti, e c'ingannano i dottori....
- Carne della femmina che sei? Tutto passa, e tu, corpo, imputridisci; dopo la giovinezza, nessun piacere; dopo la morte, nessuna vita!
- Che m'importa dell'archeologia? Sono artista e non antiquario: son poeta e non rigattiere. Ma mi sento sconfortato.
- Che m'importa dell'archeologia? Una volta avevo tanto dolore, ma tanta era la mia speranza! Ora non ho più dolore, ma non ho più speranze! Apatia!
- Coll'amore dell'arte non si fa carriera!
- Come sono melanconico, la mattina quando mi desto! – Come mi spavento pensando che il mio nome è lanciato al pubblico! Chiunque mascalzone avrà diritto di sindacare i miei atti della vita privata? Come mi spiacerebbe s'io divenissi ridicolo! – Chi mi insulterà? E rinuncierò io a quella soavissima e dolce pratica religiosa della eucarestia?
- Come ti bestemmio, o Dio! Non ti credo nei cieli! Sei in terra e Sei l'amore! Sii maledetto, o amore! – . Perché non mi uccidi?
- Credevo d'esser ambizioso e non lo sono! – Sono ammalato.
- Da Lipsia, Sacher-Masoch mi invita a scrivergli un articolo.... È questa la gloria sognata? Il mio articolo sarà tradotto in tedesco.
- Dimmi, quando sarà finito il mio tormento? Aspetto la tua carta di visita. Se non rispondi, Ti odierò! Sarà l'odio, non l'oblio!
- Disimparo le lingue per dimenticare le mie prime illusioni. O mio Gesù, lessi per primo libro in inglese e tedesco il tuo santo vangelo. Come era il mio amore?
- Diventare artista! Avere il mio studio! Nel mio studio mettere un pianoforte per Te! Oh il mio sogno! Avere i fiori, la donna, la purissima arte, qualche libro tedesco e qualche inglese e francese! Essere artista!
- E perché? perché, mio Dio, ho la mente tanto torpida? Dicono ch'io scrivo con facilità: se sapessero il mio tormento!
«Oh blest be thine unbroken light!» - È uno spavento per me l'udire l'immoralità dalla bocca di una donna giovane.
- Ero buono, ti confesso, una volta, gentile verso la Madonna, fiducioso in Dio. Ed ora?- Non leggo più poesie stampate. È domenica: io non benedico il Signore. Sorgete tutte in me, o male passioni dell'anima mia, tormentatemi, abbattetemi, schiacciatemi. Ch'io muoia maledetto, perdonando a nessuno.
- Fra tutte queste cose vecchie del mio studio, ho delle camelie in un vaso, camelie candidissime, camelie rosee... Perché adorando i fiori, con dolcissima illusione, con irresistibile bisogno, adoro la donna?
- Ieri nel di dei morti ebbi dei momenti di grandissima gioia pensando a te, e al bambino biondo e gentile che avremo....
- In che mani saranno questi miei fogli fra venti anni? e fra quaranta? e fra cento? – Vivrà l'anima mia, quando io sarò polvere e nulla? – Chi leggerà? chi capirà? Chi pregherà per me fra cento anni?
- Io mi sento artista, perché sto in contemplazione di un raggio di sole che fa luccicare mestamente l'iniziale delle pergamena e vivifica i colori di un angolo di tappeto turco e fa spiccare le ombre del tavolo barocco e polveroso. Io sono artista – melanconico e sognatore.
- L'altro ieri, al ritorno d'una allegra passeggiata, andai in cimitero.... C'era con me una signora, povera, ma gentile, ma educata, ma pietosa. Ci facemmo pensosi. Dio santo! Come io la sento la poesia del dolore! Come io ho bisogno della donna! Come mi trovo bene fra le croci!
- L'anima è la memoria che lasciamo.
- L'obblio! E perché non la morte, se mi cadono tutti i sogni di sette od otto anni?
- L'oubli seul séparé. Siamo separati e questa volta per sempre! O mie memorie, miei boschi di Limbiate, mio cimitero, mie malattie! – Tutto è finito ed io coltivo squisitamente il mio dolore.
- La mia poesia bisogna ch'io la tenga nascosta in fondo al cuore, per me, per piangere solo, per pregar solo, per disperare solo!
- La natura ha una voce sconfortante per me! Sei tu, anima di donna, che parli a me da quel cielo melanconicamente roseo, da quel nero bosco della botanica, da quel piano silente?...
- La pace! Non l'ho trovata nella febbrile fantasia dell'arte, nella stupida società elegante, nell'amore, negli studii pacati e solitarii... La troverò nel prestarmi a lavorare pei poveri?
- La tua memoria era in me santissima e dolce: e la maliarda libidine mi arroventava e mi strappava le carni.
- Lavoro pei poveri: e sono contento, E se il mondo fosse pieno di finzioni? E se tanti poveri sono bricconi? E se io sono novizzo?
- Ma perché scrivo? È l'unico mio conforto.
- O Signore, quando leggo la Tua Bibbia, come ancora nel mio avido scetticismo, ho dei momenti di fede gentile! O Signore, perché mi tormentasti e mi tormenti coll'incertezza?
- O poeti, non vi leggo più! penso che anch'io volevo essere romanziero storico: e, dopo il mio amore, romanziere antico. Incominciai col Buondelmonte e finii coll'abbozzo Tisi..
Ho qui un vasetto di viole del pensiero. Da sei anni a primavera ho questa gentile compagnia: viole ed illusioni. – I miei amici vedendomi, triste, mi dicono per consolarmi: – Prendi moglie.... - Oggi mi sentii poeta. Meditai una poesia, I morti, i morti all'ospedale e i morti in battaglia – i morti d'amore – i morti in campagna....
- Oggi per gli altri fui impaziente e risoluto: per me sono sempre stato un somaro e uno schiavo.
- Perché non posso sognarle le mie illusioni? – Perché sono artista?
- Perché questo sconforto? Perché ti ho amato troppo. E Tu lo meritavi? – Cominciano i giorni delle indecisioni, dei dubbi, degli spossamenti. – Dammi l'oblio, – dammi anche l'imbecillita: ch'io non abbia più memoria.
- Quando in cimitero vedo gli ossami e mi sento aizzato allo scetticismo, non credo nulla, nulla, e mi sento certo che sotterra non si ama, ma si imputrida, e finisce la bellezza, la bontà, la poesia, l'anima, io mi dico: – Lidia! – e quest'invocazione significa: – Voglio la vita!
- S'io prendessi moglie? – Oh suicidio!
- ....Sorriso di donna, che cosa sei?
- Stanotte, morbosamente, le ho sognate tutte le spaventose voluttà della donna. Stamattina, vedendo il sole, ho sentito desiderio della mia fanciulla! Che importa a me di tutto? – Vorrei esser felice.
È squallido l'oblio. - Ti avrei scritto anche le orgie, gli abbracci lascivi, le ebbrezze, se non fossi sempre vissuto così timido!
- Tre grandi illusioni sono il mio grande tormento: tre grandi illusioni nella vita di un giovine bennato, Dio – la Donna – l'Arte.
- Un giornale, la Lombardia, parlando delle cose politiche, mi insulta. Che m'importa? -
- Vorrei andare a Limbiate al vecchio cimitero. La morte mi consola sempre. Credo in Dio e sento la sua pace.
Schizzi dal mare
modifica- Andiamo al Campo Pisano: ivi i tredicimila prigionieri fatti alla Meloria cainesca e le larve disperatissime dei tremila uccisi fecero ringhiare il proverbio tremendo: – Chi vuol veder Pisa vada a Genova.
- Che cosa è la donna?... La donna ideale pel giovinetto è un flacon d'odore: purissimo cristallo, essenza inebbriante. Chi lo guarda, lo porge in alto e lo adora sul fondo di cielo sereno.
- Che sei, ribaldella? Sei la bellissima dagli occhi neri. Se io fossi pittore manierista, ti pingerei col pezzotto bianco, colla crocetta d'oro in collo, colla camicia e le bretelle delle coriste pastorali, colla gonna azzurra,... Ma tu sei la bellissima dagli occhi neri. Hai la testa scoperta e i capegli scarmigliati, il guarnellino procacemente discinto, la veste a strappi: sei tutta polverosa e spensierata.... Anche tu somigli a quella sdegnosissima patrizia che appoggiava le spalle alla colonna del terrazzo marmoreo. Chi sei? Che cosa vendi?
- Chi sono io?... Chi sono!... Tutto tace.... Il mare ha coscienza di questa sua poesia? e il cielo?...
- [Fiori] Chi vi coglie? Fiorite ed appassite, e non sapete che sul candidissimo seno di una dama, sulle braccia tarlate di una crocetta nera, altri fiori, meno belli di voi, più belli di voi, agitano i petali al susurro di una parola rovente, al prorotto singhiozzare d'una preghiera. Fiorite ed appassite, e chi passa vi guarda e dice che le speranze, i dolori, si sciupano in questa vita, come i vostri petali ad uno ad uno, quando posate nelle mani della elegante passeggiatrice. Ella vi sfoglia per sapere l'amore che dura un giorno....
Non sa l'amore e si trova senza speranze e senza dolori. - Deserto solo vi è dove vi è la noia della vita.
- Il mare!... È bello: ma a lui tendo le braccia invano. È infinito: là, là, sempre là, là, non c'è l'amore, ma la schiuma e l'amarezza: in fondo? giù? Mostri, schifosi polipi, ossame e putridume... O marinara brunazza, lasciami giù vedere la medaglietta che hai in seno. Ami tu le stelle? Nessun poeta ha potuto infilzarle per farne una collana. Ami tu l'alba? ami le tinte azzurrine-perla? Non reggono alla lascivia.
- – L'amavi?
– Era la mia vita.
– Come aveva nome?
– Illusione. - La fanciulla del mattino fu un sogno, quella del mezzogiorno un delirio. A sera ho desiderato di morire: a notte?
- Le montagne parate a vigne, sparse di ville, colorite gaiamente da giardini, si stringono a sfondo voluttuoso intorno a te, voluttuosissima Pegli, l'accarezzata dal tepido flotto; e le indecise linee degli ultimi promontori sfumano dietro le nebbie perlacee che fasciano la marina di sopori innamorati....
- La processione senza croce, ma coi moccoli! Bisogna dirlo, pel mulo, è regola genovese, un santo tirato giù di paradiso è un pungolo alla groppa.
- [Stelle cadenti] Le stelle più poetiche delle notti estive, le stelle inseguentisi con velocissime curve, le soavi luci cangianti che scorrono al bacio d'argento del mare! E il mare rispondendo al cielo sussulta, e dove le crespe sue accarezzano i fiori, fiori della spiaggia, fiori delle profondità, ogni ondeggiamento porta un gorgoglio – Amore! – ed ogni gorgoglio una spruzzata di perle....
- Mare e cielo! Vorrei correrli tutti! Essere un'onda spinta e risospinta, per vagare e vagare, per mutarmi in un fiocco di spuma al collo di un'ondina, e formare una collana di perle: essere un millimetro cubo di gas, per vagare e vagare, e correre ad accendermi vicino alle stelle d'Iddio.... Pavoneggiarmi un minuto, esser bello, adorare il Paganesimo, adorare il nostro Ieova, aver veduto il mare, il cielo.... ma finire! O Natura, per carità, lasciami finire!
- Mormora il mare d'intorno: e sopra l'altissimo cielo fonde gli azzurri...
Pace, pace: nulla sul mare, nulla in cielo: non una barca favolosa che raccolga l'anima pellegrina per portarla a nuovi lidi, non l'angiolo sognato che aleggi per me... - O anime gentili e mestissime, io contemplo i fiorellini strisciati dall'ultimo raggio di sole.
E perché di quei fiorellini io colgo e bacio l'appassito? - O genovesine bellocce, per amore dei vostri occhi desiosissimi, vi prego d'una cosa: date un buffetto al damo quando vi compare innanzi col solo pizzo, e dite che i bersaglieri lombardi hanno i baffi audaci alla Manara.
- O Genova! o Genova! Chi può mai descrivere i tuoi palazzi di via Balbi, della Nunziata, della Nuova o della Nuovissima, e le casette a otto piani nelle strettucce che sembrano scolatoi al mare? Chi ti dirà il nobile effluvio dei cedri e il plebeo fetore del baccalà; la splendida pace dei pensili orti e l'arrabattarsi lucroso nel porto: la vita opulentemente stanca nelle sale d'ozio e la insaziabile voluttà della marmaglia saettata dal sole: la bianca melanconia degli atri, degli scaloni, delle corti solitarie e l'immensa gazzarra delle mille navi? Chi dirà, in qual reggia, in qual sala dipinta da Guercino, Van Dik e Bubens, cento cavalieri e quaranta dame furono convitati magnificentissimamente, serviti con piatti d'argento e d'oro, e i piatti ammucchiati a formare tante colonne fino alla volta: e chi descriverà la cena del pollivendolo, il tozzo rosicchiato, sotto l'incarco d'una gabbiona pidocchiosa e insudiciata? Ma da che parte si deve incominciare?
- O mare! o cielo! o sole! E voi, Aquiloni della Grecia, Marôut dell'India, Keroubim della Giudea! O vento del Gulf Stream, vento elettrico del Giappone, vento dell'equatore, pampero del Chilì, harmattan dei Cafri! Mare, dove ti perdi?
- Quella notte al lido tacevamo....
Il vasto libro dell'astronomia è aperto sopra il nostro capo. Leggavi il sapiente e l'idiota, il felice e l'infelice.
Quella notte al lido tacevamo. - [Mare] Rammento il torrente bianco che rompeva sui capi degli scogli, rimbalzando con pioggia sulle punte più alte, e il suo travolgersi, l'urtarsi, il frangersi, il ritornare tumescente, e le mille ondine, le cascatalle, le crespe: rammento il rombare dell'onda, poi il flagellare guazzoso, i mille gorgogli e i mille sospiri gravissimi: rammento i begli occhi iridei della spuma, che scoppiavano come tanti occhi di fantasime....
Vanavano come le speranze. - S'io fossi stato buono, avessi baciato i bimbi, amato i poverelli e i fiori, e nel mio studiolo conservato il profumo della mia santa, senz'altro amore, senza ambizione, senza tormento, vedendo la morte lontana lontana, avrei dischiuso la mia porta alla mamma.... che veniva a casa, offrendomi una fanciulla che sapeva pregare.... E avrei vissuto. Ecco la vera pace.
- [Spiaggia di Pegli] Stando io sulla spiaggia al nascere del giorno, ascoltavo un mattutino festevole e mosso a rintocchi. Da quale chiesetta mi giungeva? Non so. Ma dal suono delle campane la s'indovinava; un luogo tutto di pace, a fiori, a lampadette, a luci miti, con note d'organo amorose, col bianco battisterio, coi fraticelli lentissimi e salmodianti in processione. E forse l'aveva la piazzuola dinnanzi, e la piazzuola colle siepi di rosai guardava il mare: e le belle fanciulle, sfilando alla sacra portella, si rivolgevano, pregando e sospirando, all'azzurro scintillante.
- Sulla strada da Sestri a Pegli c'è un piazzaletto con quattro robine a ombrello, e in fondo un muro grigio, squallido e graffiato, con un'antaccia chiusa. Sporgono al di sopra del muro, di lontano, le alberature nude, le vele appuntate, e le banderuole a fiamma delle barche peschereccie; di lontano s'ode la voce del mare. Vi è il cimitero; lì non si strascica vecchia che dica rosario.
- Vi dirò, che una fanciulla bionda, la mia fanciulla che mi cantava le poesie d'Iddio e dell'amore, mi ha fatto piangere e mi ha ammalato a letto. Mi offriva vaniglie, viole del pensiero, versi francesi e sorrisi di santa Cecilia, l'organista.
- Voglio conoscere la potenza di Genova? Vado a gustare la grandiosa poesia del suo Porto.
Lagrime e sorrisi
modifica- Ama chi piange. Ricordati che le lagrime sono il battesimo della virtù.
- Ama la carità, e pensa che la minima è quella che si fa a denaro. Ama la carità, e pensa che più è quello che ricevi, che quello che dai.
- Ama la croce. L'avesti a capo della tua culla, l'avrai sulla tua fossa.
- Ama la musica. Credila il preludio di quel giorno eterno di cui il sole sia l'amore.
- Ama la musica. Essa, come la religione di Gesù, affratella i felici e gl'infelici, i grandi e i piccoli, i belli o i brutti.
- Ama la poesia. Essa dà l'ali al cuore.
- Amare è sperare: sperare è vivere oltre tomba.
- Carità somma è nella musica. È raggio di sole, è bacio di luna nell'anima del cieco.
- Cerca la solitudine: in essa troverai te stessa, e alla natura leverai l'immenso inno dell'amore.
- Che cosa è un libro di filosofia? Troppe volte è l'abito di lusso che copre la povertà del cuore.
- Che cosa sono i ricordi? Troppe volte la tisi dell'anima.
- Che è la vita senza speranza? Una gittata di dadi fra le tenebre, fra i deliri.
- E se la vita è una comedia, perché non a tutti gli attori fu data la maschera?
- Educa bene la mente. Se avrai figli, un giorno non ti chiederanno solo il pane del corpo.
- Finché avrai lagrime per la musica, avrai religione pel dolore.
- Gli occhi stanchi di pianto sono i più degni di riposarsi nella contemplazione del cielo.
- Ho letto i libri dei filosofi ed ho riso: ho baciato la madre ed ho sorriso.
- L'anima nostra è tale che a volte sia piccina a contenere una goccia di rugiada, a volte sia troppo vasta per contenere i mari.
- L'anima precorre tempo e spazio, e non è come l'occhio, che crede cominci il cielo dove comincia l'orizzonte.
- L'arte è la promessa del Sommo Perfetto.
- La mamma ti diede una religione col battesimo dell'acqua: rendila tutta tua col battesimo delle lagrime.
- La mente cerca senza trovare nei labirinti della filosofia: il cuore trova senza cercare nel giardino della giovinezza.
- La musica è l'arte gentile, la primigenia figlia del cuore umano, nata col primo amore, col primo dolore.
- La tomba è un leggìo sul quale la eguaglianza depone il volume chiuso d'ogni mortale, co' suoi fogli bianchi e neri: la verità rompe i suggelli e spalanca ai vivi le pagine un dì più nascoste.
- Le gioie intime che ti dà la religione saranno tanto più sante per te, quanto più cercate nella solitudine.
- Natura crea il nostro corpo: l'arte il nostro spirito.
- Non era santa: era innamorata.
- Opera la carità col cuore, che è carità indefinita, non colla mano, che è misurata.
- Passa la bellezza, come profumo all'aria, e il suo ricordo sarà un rimpianto. Dura invece la bontà, come l'incenso nel chiuso tabernacolo, la carità fatta non invecchia mai, ed è sempre sorella alla carità da farsi.
- Per un fiore appassito nel libro dei ricordi rugiada è una lagrima di dolore.
- Piangere a un'armonia, è sorridere agli angioli.
- Sai tu che cosa sia la melanconia? Molte volte il fondersi di due crepuscoli, quello dell'amore con quello del dolore.
- Sai tu che sia il dolore? Troppe volte è l'ultima parola vuota di un verso vuotissimo per far rima con amore.
- Sai tu che voglia dire la parola per sempre? Nella vita vuol dire promettere ciò che non è in noi: in morte, ciò che speriamo nell'ultima illusione.
- Se saprai amare, saprai pregare.
- Se saprai tacere, saprai parlare. Il silenzio del savio è un gran libro chiuso.
- Se tu, ogni sera, annotassi le impressioni avute nella giornata, avresti un dì un libro di preghiere.
- Sedesti sulla riva di un melanconico fiume, a sera, solitaria co' tuoi pensieri? Che ti dissero l'acque che passavano e passavano, l'acque che passeranno e passeranno?... O Dio! l'infinito è la desolazione!
- Una lagrima ad una lagrima. Le due amarezze si fondono in una ineffabile dolcezza.
- Una parola di carità sulla bocca di uno scettico è come un fiore tra le mascelle di un cranio.
- Vedesti il mare, o esule? Vedesti il lavoro eterno ed alterno dell'onda coll'onda? Così è dell'uomo: è perseguito dall'infinito, è sbattuto all'infinito. Oh fortunato se sopra il suo capo vede brillare una stella!
Corrispondenze
modifica- È vero che peccato confessato è mezzo perdonato: ma a me non so punto perdonare, ed ho tanta severità da impormi una riparazione. Se non avrò un ricordo colla data di tempo, almeno lo voglio con quella di luogo.
- In vita si promette ciò che non è in noi; in morte, ciò che speriamo nell'ultima illusione.
- Se tra i miei lettori c'è qualche Varesino, mi congratulo con lui ch'è nato fra quei colli e quei monti avvolti da quell'aria che fa guadagnare gli ostieri e scapitare l'amor platonico: se c'è qualche Varesina le dirò che ho veduto dei porticati, dei poggioli antichi, delle vie pittoresche, de' bei quadri presso il proposto.... Che cosa importa a lei? Ho ammirato una villa bianca avvistatissima senza una mosca, e un giardino su un colle, e un sentiero che si curvava fra un roseto, un pratello in toletta, e montava e montava.... C'era posto per due, per tre no.
O Varesina, al sommo di quel colle, quando il sentiero t'avrà fatta arrossire, mi dirai come ti chiami.... - Vorrei stancarmi nel contemplare e nel pensare: vorrei chiudere gli occhi a poco a poco, e aprire l'anima ai sogni e sentire una musica che blandisce, ed odorare un profumo. Strana cosa è il sonno!... Sento una calma, un riposo, una vicina oscurità. Non è poi strana cosa la morte!..
Sulla piazza della curte di ***, di messer Ugo cavaliero, conte di Lanciasalda, sui monti di Saluzzo, ad ora di vespro, Guidello, trombetto e araldo dell'eccellentissimo signore Adalberto, conte di Auriate, lesse il bando pasquale: e così:
«Avvicinandosi il giorno di Pasqua di Resurrezione, ed il nostro illustre signore desiderando partecipare coi vassalli dell'inclita signorìa la grazia, il gaudio, la letizia avuta e concessa dall'onnipotente Signore Iddio, in questo dì per la solennità di messer Jesù Salvatore, ha deliberato ed ordinato di ricevere l'omaggio dalli gentiluomini predetti. Si gridano i nomi delli cavalieri:
Messere Gisalberto, di messere Ursulo, cavaliero d'arme, con investitura per lanceam et vexillum.
Messere Aginaldo, di messere Luitardo, cavaliero addobbato, con investitura per tradizione ed omaggio della coppa d'oro.
Messere Baldo, di messere Erimberto, cavaliero d'arme, con investitura per tradizione ed omaggio delli sproni.
Messere Ildebrandino, di messere Sichelmo, cavaliero a sprone d'oro, con investitura per tradizione ed omaggio del guanto.
Messere Ugo, di messere Oldrado, cavaliero a sprone d'oro, con investitura per tradizione ed omaggio dello sparviero.
Il che per la presente ordinazione e mandamento di Sua Celsitudine si fa manifesto, a gaudio e consolazione e per speciale partecipazione, come è predetto, dell'allegrezza e festività, a laude e gloria dell'altissimo Iddio e del nostro glorioso patrono e della celeste curia in eterno trionfante.
Signat: Warinus. Ingus. Gridata da Guidello, sono tubæ præmisso....»
Citazioni su Ambrogio Bazzero
modifica- Anch'egli amò la sua donna, ma non come tutti gli altri. Amò troppo castamente, e sacrificò all'ideale più che non sia permesso alla debole natura umana. Fenomeno strano è questo che in un tempo, in cui dal languido romanticismo l'arte e con essa il sentire si avviavano verso il godimento pagano del realismo, strano fenomeno veramente è il vedere questo solitario rifugiarsi nel deserto, con un'immagine sola soavissima nel cuore, meno donna alla fine che luminosa e innocente visione, ch'egli adorò estatico come quel d'Assisi adorò la Vergine sua. (Emilio De Marchi)
- Il Bazzero, d'ingegno facile, senza le noiose distrazioni del bisogno, con un'anima semplice, con tanto medioevo appiccato alle pareti del suo studio, poté meglio di molti altri ricreare quel mondo morto intorno a sé. Né lo ricreava per sola vaghezza d'antiquario, come si disse, ma perché gli pareva che in quel mondo astratto i suoi sottili ideali respirassero meglio che nell'aria grossa della realtà pregna di cose. (Emilio De Marchi)
- Il di lei nome celebre non solamente in Italia, ma che ha passato già le Alpi ed il mare e la raccomandazione del signor professore Angelo De-Gubernatis di Firenze, mi hanno ispirato il desiderio di chiedere alla V. S. Ill. il favore di contribuire alla mia rivista internazionale. "Auf der Höhe" recentemente fondata. Noi ci siamo proposti di proteggere e coltivare le belle arti e le scienze in bella forma per un pubblico educato, ma senza eccitare contese e disputazioni. Nomi come Wallace, Flammarion, De-Gubernatis, Mantegazza, e altri che abbiamo l'onore di chiamare i nostri collaboratori, Le saranno una garanzia per le tendenze della nostra rivista. Ci recheremo a onore se la S. V. Ill. ci concedesse il favore di diventare il nostro collaboratore e fissasse l'onorario per il di Lei pregiatissimo lavoro. (Leopold von Sacher-Masoch)
Bibliografia
modifica- Ambrogio Bazzero, Storia di un'anima, introduzione di Emilio De Marchi, Fratelli Treves Editori, Milano, 1885.
- Ambrogio Bazzero, Ugo. Scene del secolo X, Tipografia di Lodovico Bortolotti e C., 1876.
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