Civiltà romana

civiltà dell'evo antico incentrata sulla città di Roma e da lì diffusasi in Italia e nel Mediterraneo (VIII secolo a.C. - V secolo d.C.)
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Citazioni sulla civiltà romana e gli antichi romani.

Vexilloid dell'impero romano con inciso SPQR che sta per Senatus PopulusQue Romanus (Il Senato e il popolo romano)

Citazioni

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  • – Chi? Chi ha dipinto queste immagini? Quale razza di uomini fu tanto gloriosa da riempire il nostro mondo, come hai appena detto, di indescrivibile bellezza?
    – Mi è stato raccontato, sire, che hai servito nella corte dell'imperatore Carlo Magno, che io stesso ho visitato. Non posso dunque credere che tu non sappia ciò che io so. Queste immagini vennero dipinte dai romani. Conquistarono queste terre molto tempo fa, come il mondo intero. Ma erano pagani. Adoravano falsi dei.
    – Non dovrai mai parlare a nessun altro della nostra conversazione di oggi. Nessun altro potrebbe capire. Ne avrebbero paura. Accettano la spiegazione secondo la quale una razza di giganti una volta viveva qui, e che non abbiamo nulla a che fare con loro. Il fatto è, Athelstan, che abbiamo perso più conoscenza di quanta mai ne abbiamo acquisita. I romani sapevano cose che noi non sapremo mai. I loro dei pagani gli permettevano di controllare il mondo. E qual è la lezione che possiamo trarne? (Vikings)
  • Come i Greci nei loro inizi usufruirono di molteplici rapporti con la cultura di civiltà anteriori, fiorite nel bacino del Mediterraneo orientale, dalle quali sia direttamente sia indirettamente attinsero elementi di ogni genere [...] così i Romani, venendo dopo, seppero svolgere una ulteriore fase di storia, ossia, non sottostare, bensì succedere ai Greci, portando innanzi a loro volta quella fiumana d'universale cultura che dall'Oriente moveva verso Occidente. Ebbero non il torto, ma il merito indiscutibile di accogliere l'Ellenismo . di assimilarlo, pure reagendo – come nessun altro popolo antico seppe fare – per mezzo delle virtù e delle attitudini proprie, in modo da inserire sul vecchio tronco una nuova fioritura. (Augusto Rostagni)
  • È curioso constatare – ed insisto su questo punto, perché mi sembra di importanza capitale, e perché, pur essendo noto, non mi sembra abbastanza sottolineato – è curioso constatare l'indifferenza pressoché totale del mondo romano per la scienza e la filosofia. Il cittadino romano si interessa alle cose pratiche. L'agricoltura, l'architettura, l'arte della guerra, la politica, il diritto, la morale.
    Ma si cerchi in tutta la letteratura latina classica un'opera scientifica degna di questo nome, e non si troverà; un'opera filosofica, ancor meno. Si troverà Plinio, cioè un insieme di aneddoti e racconti da comare; Seneca, cioè un'esposizione coscienziosa della morale e della fisica stoiche, adattate – il che significa semplificate – ad uso del pubblico romano; Cicerone, cioè i tentativi filosofici di un letterato dilettante; o Macrobio, un manuale di scuola elementare.
    È veramente stupefacente, se vi si presta attenzione, che i Romani, non producendo nulla essi stessi, non abbiano nemmeno mai sentito il bisogno di procurarsi delle traduzioni. In effetti, al di fuori di due o tre dialoghi platonici (tra cui il Timeo) tradotti da Cicerone – trasduzione di cui non ci è pervenuto nulla – né Platone, né Aristotele, né Euclide, né Archimede sono mai stati tradotti in latino. Almeno nell'età classica. Perché se è vero che l'Organon di Aristotele e le Enneadi di Plotino lo furono, è parimenti vero che in fin dei conti ciò avvenne molto tardi e per opera di cristiani. (Alexandre Koyré)
  • Gli antichi romani, appaiono inumani fino all'incredibile per gente come noi, formata dalla civiltà cristiana. Le loro grandi distrazioni sono le carneficine dei gladiatori, il loro piacere i massacri del circo. Le «belle domeniche» romane sono bagni di sangue. (Georges Roux)
  • I robusti Quiriti avevano la lingua sciolta, e quando si trattava di dir la loro non c'era verso di farli stare zitti. Questo, si può dire, è uno dei lati più caratteristici dell'indole romana. La maldicenza, sconfinata e ostinata, affondava le sue radici in un inveterato spirito di libertà; al popolo, provato in mille battaglie, si potevano imporre i sacrifici più duri, e, al campo, la più rigida disciplina; ma non di tenere la lingua a freno quando l'obbligo del silenzio sarebbe apparso inutili compressione e intollerabile oltraggio alla fierezza dei signori del mondo. L'italum acetum è un prodotto vernacolo, che ha caratteri propri e inconfondibili; e la potenza del motteggio in Roma è infinita. (Ugo Enrico Paoli)
  • I Romani furono un popolo positivo e perciò poco inclinato all'arte. Perché gli uomini che si dicono positivi sono quelli i quali non hanno immaginazione e giudicano il mondo nella nuda realità, nel modo che si presenta ai loro sensi; perciò non potranno essere artisti perché oltre a un fondo di buon senso, l'artista bisogna che sia sensitivo e possegga immaginazione infiammabile. Viceversa i Greci possedendo in grado eminente questa immaginazione, che dicemmo infiammabile, furono un popolo artista per eccellenza; e col sorriso dell'arte conquistò l'affetto dei popoli, mentre i Romani conquistarono i popoli colla forza prepotente. (Alfredo Melani)
  • I Romani, nazione tutta guerriera e conquistatrice, appo i quali le idee politiche prevalevano sui gusti dell'umanità, non cominciarono a conoscere la filosofia greca, ed in particolare le dottrine stoica, peripatetica ed accademica, che dopo la conquista della Grecia, e principalmente per l'interposizione di tre filosofi che mandaron loro gli Ateniesi. A malgrado dei pregiudizj fortemente pronunciati, e delle interdizioni reiterate, l'una di queste dottrine, quella dell'Accademia, trovò ogni giorno maggiore accesso in Roma, dopo che Lucullo e Silla vi ebbero fatto trasportare biblioteche. Quest'ultimo vi mandò, dopo la espugnazione di Atene, ottantaquattro anni avanti G. C., la biblioteca d'Apellicone, che comprendeva particolarmente le opere di Aristotele. È vero che i Romani considerarono quasi sempre la filosofia coma un mezzo per raggiungere diversi fini personali e politici; ed in ciò eziandio si svela in essi l'assenza di vere disposizioni filosofiche. Ad ogni modo divennero essi i depositarj della filosofia greca. (Wilhelm Gottlieb Tennemann)
  • I Romani non eran fatti per la speculazione filosofica, per la quale, anzi, come speculazione pura, mostravan non di rado un certo disdegno; accolsero ed amarono la filosofia sopratutto in ordine alla pratica utilità, in quanto fornisse principi della condotta od anche addestramento alla discussione. E del resto era questa la caratteristica della stessa filosofia greca al momento in cui i Romani fecero conoscenza con essa. Dei grandi sistemi speculativi di un Platone o di un Aristotele i Romani non ebbero conoscenza, scarsa e imperfetta, che più tardi, nell'età di Cicerone. (Carlo Giussani)
  • Il mondo dei romani, dai vestiti alle case, è davvero un modo colorato, molto più del nostro che invece è fatto di pareti bianche e abiti scuri. (Alberto Angela)
  • Il principale successo dei romani fu che riuscirono a creare un senso di identità, romanitas. Dal Portogallo all'Iraq, dalla Scozia alla Libia, su enormi estensioni territoriali i romani spinsero i popoli a convincersi di essere parte di una stessa cultura. A Londra siamo fortunati, abbiamo gente che parla trecento lingue diverse, è fantastico, ci arricchisce. Ma voglio che la nostra sia una città unita, voglio che abbia una identità condivisa, che sia leale alla comunità, che tutti parlino anche l'inglese, per capire i nostri valori. (Boris Johnson)
  • La civiltà romana ci appare oggi, nello scorcio dei secoli, come una civiltà essenzialmente urbana. Eppure non è così che gli stessi Romani erano soliti considerarsi. Per tutto il corso della loro storia, a dispetto delle smentite che i fatti fornivano loro, amarono considerarsi "contadini". (Pierre Grimal)
  • La potenza romana poggia sui costumi e gli uomini antichi. (Quinto Ennio)
  • Ma era Roma che amavo, la Roma imperiale, questa bella regina che si rotola nell'orgia, sporcando la sua nobile veste con il vino della depravazione, fiera dei suoi vizi più che delle sue virtù. Nerone! Nerone, con i suoi carri di diamante che volano nell'arena, le sue mille vetture, i suoi amori di tigre e i suoi banchetti di gigante. (Gustave Flaubert)
  • Ma voi, Romani miei, reggete il mondo | con l'imperio e con l'armi, e l'arti vostre | sien l'esser giusti in pace, invitti in guerra; | perdonare a' soggetti, accòr gli umíli, | debellare i superbi.[1] (Anchise: Publio Virgilio Marone, Eneide)
  • Madre comune | d'ogni popolo è Roma e nel suo grembo | accoglie ognun che brama | farsi parte di lei. Gli amici onora; | perdona a' vinti; e con virtù sublime | gli oppressi esalta ed i superbi opprime. (Pietro Metastasio)
  • Mancavano ai Romani l'agilità, la versatilità e la fantasia de' Greci; i loro pregi consistono nella sobrietà ed acutezza del pensiero, nella fermezza e costanza della volontà. Il loro ingegno s'indirizzava all'utile e degenerava anche in egoismo ed astuzia, come la loro fermezza in ostinazione e rigidezza. Nel campo della politica e del diritto queste qualità produssero cose grandi e durevoli; all'arte ed alla letteratura furono assolutamente sfavorevoli. (Wilhelm Siegmund Teuffel)
  • Nel 300 d.C., i romani estendevano il loro impero dall'Arabia alla Britannia... ma bramavano di più... più terre, più popoli fedeli e sottomessi a Roma. (King Arthur)
  • Per oltre trecento anni Roma ebbe la supremazia nell'occidente, e dopo, quando fu fondata Costantinopoli, la condivise con essa. È curioso che durante questo lungo arco di tempo non produsse niente di grande nel regno del pensiero, come fece la Grecia antica in breve tempo. Infatti, la civiltà romana sembra essere stata sotto molti aspetti una pallida ombra della civiltà ellenica. In una sola cosa i romani abbiano svolto un eminente ruolo guida. Questo è il diritto. Ancora oggi gli avvocati nell'occidente devono imparare il diritto romano, perché si afferma che sia il fondamento di gran parte delle leggi in Europa. (Jawaharlal Nehru)
  • Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l'amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più patria di nessuno, e i cittadini romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto. (Giacomo Leopardi)
  • Se fu il genio greco ad assurgere, nella sua maturità, alla concezione dell'unità umana, fu però il genio romano a tradurre questa concezione, di per se stessa vuota ed astratta, in un sistema organico di vita. (Ernest Barker)
  • Se non vi fosse storia romana, ove imparammo una patria comune, se giovane non avessi vagato tra le macerie del gigante delle grandezze terrestri, io non saprei di essere Italiano. E dove è, cosa è questa Italia senza Roma? Può forse esistere un animale senza cuore? o durare un cuore incancrenito? (Giuseppe Garibaldi)
  • Tra le varie specie di poesia il dramma ritrae maggiormente del carattere popolare romano. Come tutti gl'Italiani, avevano anche i Romani lo sguardo acuto per ciò che cade sotto i sensi, il dono di una fina osservazione, di una viva imitazione e rapida riproduzione. (Wilhelm Siegmund Teuffel)
  • Finora io ho combattuto i nemici di Roma per salvare ciò che di essa ci resta, il suo prestigio, la sua grandezza, la civiltà che in tanti secoli di storia essa ha creato. Ma da questo momento, io mi batterò per il suo popolo, perché possa lavorare libero, felice, perché esso è il vero erede delle tradizioni di Roma.
  • Legge e ordine, libertà e giustizia, un dio che ci promette la risurrezione, questa è la nostra civiltà. Non sono cose materiali, ma valori morali e molti unni l'hanno capito. [...] Quanto a me, combatterò fino alla morte per questi ideali.
  • – Ma i romani non tradiscono i patti!
    – Tu sei un ingenuo, perché ti fidi! Non tutti sono così. Dobbiamo schiacciare i romani! Se non lo facciamo ora, ci ricacceranno sulle rive fangose del Danubio!
  • Romani, da cinquant'anni, la difesa delle frontiere grava sulle spalle degli alleati di Roma. D'allora, nessuno vi ha chiesto di rischiare la vita per la salvezza delle vostre famiglie, delle vostre case, delle vostre terre. Oggi la salvezza dipende da voi o sarà la rovina di tutto. Sarà la morte e la schiavitù per voi e i vostri, ma io ho fede. Ho fede che dei soldati romani non si faranno battere da un branco di barbari. I vostri avi conquistarono il mondo. Mostratevene degni, e soprattutto ricordatevi che dietro di voi non c'è più nessuno per salvare la patria. Romani, tutto oggi dipende da voi.
  • Unni e romani possono vivere fraternamente vicini. Io mi auguro che essi non impugnano le armi gli uni contro gli altri, e che ansi possono combattere insieme contro i nemici comuni. A questo bevo, alla pace fra gli unni e i romani.
  • Dove c'è grandezza, grande governo e potere, o grandi sentimenti e comprensione, l'errore anche è grande, si progredisce e matura sbaragliando, ma Roma ti invita a legare la tua sorte alla sua in un grande futuro. [...] La piena libertà non esiste e l'uomo adulto sa in che mondo vive, e attualmente il mondo è Roma.
  • Il mondo è di Roma: se vuoi viverci devi farti parte di esso.
  • Roma è un affronto a Dio! Roma strangola il mio popolo, la mia terra, l'universo! Ma non per sempre. E ti dico che quando Roma cadrà, scoppierà un grido di sollievo quale il mondo non ha mai sentito prima.
  • C'è stato un sogno una volta che era Roma; lo si poteva soltanto sussurrare: ogni cosa più forte di un sospiro l'avrebbe fatto svanire. Era così fragile. Io temo che non sopravviverà all'inverno.
  • Il cuore pulsante di Roma non è certo il marmo del Senato, ma la sabbia del Colosseo, lui porterà loro la morte, in cambio lo ameranno.
  • Roma è cambiata, ci vuole un imperatore... per governare un impero!
  • Roma ha vinto!
  • Roma vale la vita di un uomo giusto? Noi lo credevamo una volta. Fa' in modo che possiamo crederlo ancora.

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