Alimentazione nell'antica Roma
insieme dei cibi, delle bevande e della loro preparazione tipiche della civiltà romana
Citazioni sull'alimentazione nell'antica Roma.
- Alla fine del II secolo a.C., lo storico Posidonio[1] notava come tratto caratteristico dei costumi romani la grande sobrietà dei pasti. Da molto tempo a quell'epoca le città elleniche dell'oriente e della stessa Grecia avevano adottato una cucina molto elaborata! Questa si diffuse lentamente a Roma e non senza poche resistenze. (Pierre Grimal)
- Gourmet e gourmand, lusso squisito a tavola e banchetti peccaminosamente eleganti, raffinatezza effettiva o dubbia sino all'uso di emetici: sono queste, grazie a Lucullo, Apicio e Petronio, le più frequenti associazioni che ci si presentano alla mente parlando di "cibo" dei Romani. Tutto ciò, naturalmente non ha niente a che vedere con l'alimentazione quotidiana di gran parte della popolazione, che era invece estremamente frugale e solo di rado andava al di là della mera sussistenza. (Karl-Wilhelm Weeber)
- I medici militari dell'Impero romano avevano pianificato la dieta dei legionari per essere invincibili contro i barbari: cavolo contro carne rossa, vittoria assicurata come con la pozione magica di Asterix e Obelix. (Mario Pappagallo)
- La differenza di gusto fra noi e i Romani è ancora più grave di quel che potrebbe sembrare se ci lasciassimo illudere da apparenti coincidenze: come noi, i Romani erano ghiotti dei funghi, ma li cuocevano col miele; pregiavano le belle pesche, ma le trattavano a un dipresso come facciamo noi con le anguille marinate; avevan una predilezione per molti dei pesci che ancor oggi si vedono volentieri sulla tavola, ma li preparavano con certi intrugli, diciamo così, preoccupanti, in cui entrava di ogni cosa un po', non escluse le susine e le albicocche spiaccicate e una purée di mele cotogne. Se qualcuno torce la bocca ha torto. Deve ricordarsi che mentre i Romani preferivano il cacio fresco, noi facciamo buon viso al cacio Gorgonzola, pur riconoscendo e dicendo che puzza: un cacio che è bacato, e che tanto più si paga e si apprezza, quanto più sapientemente è stato fatto bacare. I Romani arricciavano il naso davanti al cinghiale rancido; a noi par di sciuparlo se si mangia fresco, e lo cuciniamo solo quando è più che frollo e sa di carne passata. «È il gusto della selvaggina» si dirà; «No, è puzzo di cadavere» risponderebbe un Romano. Evidentemente fra tanti proverbi che ci sono, il più vero e il più equanime è quello che dice che tutti i gusti son gusti e sui gusti non si discute. (Ugo Enrico Paoli)
- Macrobio ci ha conservato il menù di una cena ufficiale offerta ad alcuni sacerdoti al tempo di Cesare. Eccone il dettaglio: all'inizio frutti di mare, ostriche, cozze un tordo su letto di asparagi, un pollo bollito, castagne e sugo di cozze e ostriche. Questi cibi erano consumati a titolo di antipasto e accompagnati da vino dolce. Poi seguiva il primo piatto con altri frutti di mare, pesci di mare, beccafichi, filetti di cinghiale, paté di volatili e tordi. Il piatto principale comprendeva mammelle di scrofa, testa di maiale, stufato di pesce, anatre, lepre, volatili arrosto. Sfortunatamente ignoriamo quale fosse il dolce. (Pierre Grimal)
Note
modifica- ↑ Posidonio (135 a.C. circa – 50 a.C.), filosofo, geografo e storico greco antico.
Voci correlate
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