Progettazione di automobili

Citazioni sulla progettazione di automobili o automotive design.

Designer della American Motors al lavoro (1961)

Citazioni modifica

  • [«Come nasce un macchina: testa, matita, computer?»] Diciamo tutto insieme. Partire dal foglio bianco come molti pensano, in realtà significa poco o nulla. All'inizio si è sempre un po' visionari, per carità, perchè non si può dimenticare il fascino della dimensione del sogno. Ma, allo stesso tempo, bisogna essere anche un po' pragmatici perché se poi quel sogno rimane solo un sogno... La forma deve materializzare l'essenza del progetto, avere la capacità di comunicare con il suo linguaggio formale il significato del progetto stesso, le caratteristiche più importanti. A mio modo di vedere, non c'è design se non c'è innovazione. Ma serve grandissimo rigore nel fondere forma e funzione. Dietro ogni scelta c'è sempre un elemento razionale che va interpretato con l'anima artistica. Qualsiasi progetto [...] parte da obiettivi precisi, che siano performance, peso, efficienza aerodinamica, consumi... (Flavio Manzoni)
  • [«Qual è, se c'è, il periodo automobilistico che più le piace e perché, dal punto di vista del design?»] Direi senza dubbio gli anni Sessanta e anche i decenni seguenti. Per i progettisti quegli anni rappresentarono una specie di rivincita della Bellezza, con la B maiuscola, dopo gli orrori della guerra. Non penso sia un caso che le auto di maggior valore, sul mercato delle "storiche", appartengano a quel periodo. (Leonardo Fioravanti)
  • [Nel 2023, «le piace la strada che ha preso il design automobilistico nella grande produzione negli ultimi dieci anni?»] La risposta si ha esaminando attentamente le parti frontali di tutte le marche: tutte hanno tre buchi, con i due laterali spesso finti! (Leonardo Fioravanti)
  • Per quanto riguarda il mio gusto, la mia sensibilità, trovo che le vetture degli anni '60 abbiano rappresentato degli archetipi di stile impareggiabili. Sono vetture dalle forme sensuali, di una bellezza quasi romantica, ma anche prorompente, molto morbida; vetture che hanno trovato nella semplicità e nella plasticità delle forme la loro cifra stilistica principale. Un altro periodo che mi ha molto affascinato è quello degli anni '70, che ha visto la nascita delle cosiddette "Dream Car". Queste macchine, che traggono ispirazione dalla fantascienza, più utopie che auto vere e proprie, prefiguravano il futuro. Molte di esse erano ispirate all'aerospace, durante la cosiddetta "Space Age". [...] sembrano delle astronavi, oggetti fortemente ispirati anche al product design dell'epoca. (Flavio Manzoni)
  • [Nel 2003, sul futuro dello stile automobilistico] Sembra che la traccia sia già netta: le auto di domani in gran parte saranno dolci da guidare e rotonde da ammirare. Tranne poche eccezioni, i più suggeriscono il rifiuto degli spigoli salvo che per una loro presenza furbetta proprio per accentuare l'armonia morbida dell'insieme. La ruga come il neo, insomma, per attirare l'attenzione e far apprezzare tutto il resto. (Carlo Cavicchi)
  • Uno dei miei pallini è accertarmi che il design dell'auto sia identico al concept iniziale. Secondo me, è l'unico modo per vendere un sogno diventato realtà. (Luca de Meo)

Marcello Gandini modifica

  • Adesso i prototipi presentati sono tutti finti, non sono neppure prodotti nei materiali giusti. Talvolta fatti in vetroresina, sono semplicemente dei modelli, perfettamente fatti, ben finiti, ma trovo inutile spendere dei soldi così. Invece una volta erano delle automobili e bisognava che funzionassero.
  • [«Dicono che sei più interessato all'architettura, alla costruzione e alla sostanza meccanica dei veicoli. Puoi separare il design dalla sostanza meccanica?»] Credo non si possa. In effetti, è forse uno degli aspetti più importanti del design. La forma più eccitante segue sempre la funzione.
  • Ho avuto un certo successo facendo un progettino, relativo alla riduzione della superficie degli stabilimenti per la costruzione di automobili. Lo scopo dello studio era quello di ridurre il numero degli operai, degli orari di lavoro, del costo degli stabilimenti, sia di costruzione che di gestione: in breve vuol dire ridurre le dimensioni. [...] Per fare tutto ciò bisogna, principalmente, cambiare l'automobile. In certi stabilimenti si cerca, con i robot, di migliorare la produzione e di ridurre i costi... e qualcosa si ottiene. La mia visione era più drastica. L'ambizione del mio progetto era di ridurre tantissimo la dimensione degli stabilimenti. Per costruire un'automobile bisogna: comprare un terreno, costruire uno stabilimento, si deve attrezzare all'interno con tutti gli impianti... poi ci sono i costi di gestione... la somma di tutte le spese deve essere suddivisa per il numero delle automobili prodotte dall'impianto. Se si dimezza lo stabilimento, da subito si dimezzano le spese.
  • Ho costruito la mia identità di designer, in particolare per ciò che riguarda l'ambito delle supercar che ho creato per Lamborghini, su un concetto unico: ogni nuovo modello doveva essere completamente diverso rispetto al precedente. Il coraggio, la capacità di creare rottura senza attaccarsi al successo dell'auto precedente, la sicurezza nel non voler cedere all'abitudine sono stati l'essenza stessa del mio lavoro. È chiaro che mercati e marketing sono cambiati molto da allora, ma per quanto mi riguarda me stesso ripetere un modello del passato rappresenta, secondo me, la negazione dei principi fondanti del mio DNA di car designer.
  • Io l'automobile l'ho vissuta marginalmente fin da bambino. È stata un sogno come lo era il tappeto volante, o come potrebbe essere la possibilità di spostamenti volando come l'Araba Fenice, ritrovandosi in qualunque posto senza fatica.
  • L'automobile ferma è un'altra cosa. Le vetture vanno viste in movimento. Nella mia vita ho fatto una quantità enorme di modelli, di studi, per alcune case produttrici come la Renault o la Volkswagen, e ricordo che tutte le volte, per ciascuno di questi modelli, il giorno che la dovevamo caricare sul camion, anche spinta a mano, faceva subito un'altra impressione: nel bene e a volte anche nel male. [«Il movimento cambia la visuale?»] Il movimento, anche se lentissimo cambia il punto di visuale. Il moto cambia la forma della macchina, contemporaneamente si vedono le parti nascoste e le parti visibili cambiano forma. Si percepisce completamente il volume della vettura, come in un ologramma. Certe volte anche in peggio! La fotografia di una vettura è ben difficile che dia l'idea della linea, perché è un'immagine fissa e può ingannare. La macchina ha bisogno di essere vista nel suo volume.
  • L'automobile non è una cosa artistica, ma è comunque un'attività della mente... anche della mente inconscia del bambino. Da piccolo sognavo le macchine e c'è qualcosa che mi ha accompagnato negli anni. Personalmente non mi sono mai spaventato nel fare una cosa nuova o diversa, la paura del foglio bianco non l'ho mai avuta, anzi ho sempre amato il foglio bianco. Potrei partire integralmente da zero, meccanica, carrozzeria, metodo di costruzione. Il foglio bianco è stimolante.
  • [«Non considera l'auto un'opera d’arte?»] Personalmente no, però ha in comune con l'arte quella di generare emozioni, come si diceva prima sulla bellezza. A mio avviso, in ogni caso, è una cosa molto diversa. Ha qualche parentela con la scultura. Le automobili hanno le stesse esigenze di una scultura, quella di dare delle emozioni e poi il fatto di essere tridimensionale. Anche la scultura, se lei prende, il David e gli gira intorno, ha la sensazione di un qualcosa di vivo, di una persona.
  • [«Lei vive nei dintorni di Torino, una regione che forse più di qualsiasi altra al mondo ha plasmato la storia dello styling automobilistico. Cosa [...] hanno reso il torinese epicentro d'innovazione progettuale e industriale in Italia e nel mondo?»] Sembra un paradosso ma quest'innovazione industriale dipendeva in gran parte dalla presenza di tradizioni artigianali altamente qualificate. Nell'ambito dell'automobilismo, in particolare, si è beneficiato del gran numero di scoccai e battilastra bravissimi, gente che per tradizione lavorava le scocche in legno delle carrozze, e che nel dopoguerra si è trovata senza lavoro. A Torino c'era questa grandissima facilità di fare modelli di prototipi, e con la facilità d'esecuzione viene fuori la domanda. Di conseguenza c'è stata per molti la possibilità d'inserirsi nel settore come stilisti, come disegnatori; specialmente qui a Torino, fino a dopo la guerra, lo stilista vero e proprio non c'era. Fino a quel momento, stilista era il cliente stesso, nel senso che il tizio che voleva la Ferrari carrozzata fuoriserie, o la Lancia carrozzata in modo particolare andava dallo scoccaio e cercava di spiegare cosa voleva. [...] Erano artigiani abilissimi, prendevano il telaio e poi tiravano su il filo di ferro che simulava le linee della carrozzeria. A quel punto il cliente diceva: "Mah, la vorrei un po' più lunga". Questo, allora, era lo stilista. La mia prima auto è stata fatta così, tirando su questi fili di ferro da un carrozziere oscuro, uno che più che altro faceva riparazioni. Si batteva l'alluminio e, servendosi solo di questi fili di ferro, si formavano le lamiere. Dopodiché venivano tolti e si facevano strutture per reggere i pannelli della carrozzeria. [...] Allora non c'era disegno. Al massimo un bozzetto.
  • [«Un'auto economica può essere attraente quanto una costosa?»] Sì, può essere. L'aspetto o il design devono essere relativi a ciò che rappresenta un'auto.

Roberto Giolito modifica

  • I concetti chiave da cui partire quando si parla, oggi, di design automobilistico (e non solo), sono: innovazione, identità e usabilità. Il primo perché le automobili rappresentano da sempre la possibilità di rendere l'innovazione tecnologica alla portata di tutti. Ad esse è connessa un'aspettativa di progresso e modernità. Nel corso della mia carriera, in particolare, mi sono sempre occupato di vetture che coniugassero la sperimentazione con il concetto di work cars. Poi c'è l'identità, qualunque essa sia, che dà corpo e sostanza alla riconoscibilità di un prodotto, lasciando intravedere il "ceppo" di origine: altrimenti si corre il rischio di perdersi ed essere costretti a fare marcia indietro. Infine, è diventato sempre più centrale il concetto di usabilità, che significa studiare i comportamenti delle persone e creare prodotti che, meglio di quelli esistenti, si adattino alla vita in continua evoluzione. In quest'ottica, si potrebbe estendere al campo delle automobili la pratica di generare "versioni beta", nell'accezione utilizzata dagli sviluppatori di software, per sondare i mix giusti e tarare i contenuti sulle esigenze reali delle persone.
  • Il progetto di un nuovo modello di automobile è il risultato di un lavoro complesso che vede coinvolte professionalità diverse. Un iter metodologico articolato che ha inizio sin dalle prime fasi di impostazione e non si esaurisce nemmeno nell'assemblaggio finale sulle linee di produzione.
  • Non si disegna un'auto solo con i dati di mercato, ci vogliono confronti e passi indietro.
  • [Nel 2019] Trovandomi spesso coinvolto nello studio dei trend del momento e nell'analisi degli scenari futuri, ritengo che la tendenza che ha maggiormente condizionato il design automobilistico negli ultimi vent'anni sia stata la valorizzazione dell'identità del marchio. Non sto parlando di un fenomeno retrò, a cui attribuisco poco valore, in quanto riutilizza stilemi già visti. Parlo invece della creazione di un vero e proprio linguaggio stilistico, capace di donare un'identità alle vetture di una determinata casa automobilistica. Negli ultimi vent'anni si è coltivato sempre di più il Dna aziendale; e se prima questo fenomeno riguardava quasi esclusivamente le mascherine delle auto, ora coinvolge l'intero design degli esterni e, soprattutto, degli interni.
  • Una volta era prassi comune andare in galleria del vento e definire i dettagli della carrozzeria, utilizzando dei fili di lana attaccati a una canna da pesca. Se il filo di lana esposto al getto d'aria rimaneva "sdraiato" sul tetto puntado verso la zona posteriore della vettura, significava che i flussi filavano lisci e aderenti alla carrozzeria. Al contrario, se "impazziva" e puntava verso l'altro rivelava delle turbolenze. Senza le tecnologie moderne era impossibile disegnare le forme complesse e gli "scalini" che tanto aiutano ad "addomesticare" i flussi d'aria, come invece avviene oggi. Ma c'è un rovescio della medaglia; il disegno della vettura dipende molto dai software di simulazione ed è lasciato ai progettisti e ai designer l'arduo compito di riproporre questi risultati aerodinamici con linee più semplici e pulite, un po' come quelle di un tempo che a volte rimpiangiamo. Forse in un futuro prossimo lo sviluppo della meccatronica permetterà alle superfici della carrozzeria di modificarsi in base alle velocità; a quel punto sarà possibile tornare a linee più semplici, ma allo stesso tempo efficaci anche ad andature elevate.

Giorgetto Giugiaro modifica

  • [«Come si progetta un'automobile?»] È un processo graduale e articolato. Il punto di partenza è il posizionamento dell'auto: occorre comprendere e condividere l'architettura e il target a cui si riferisce, per poi analizzare tutti gli aspetti di packaging, abitabilità, telaio, ingombri meccanici. Lo spazio e la funzione vengono prima della forma e dello stile.
  • Io dico sempre che un bravo designer deve essere anche un po' ingegnere. Deve cioè possedere un bagaglio minimo di conoscenze che gli permetta di supportare, anche nel processo produttivo, le soluzioni estetiche e progettuali che ha in mente. È una conoscenza che ho potuto apprendere dalla mia esperienza in Fiat e che ho continuato a coltivare negli anni; mi ha consentito di vincere la resistenza di più di un ingegnere soprattutto verso soluzioni inedite, che però poi si sono rivelate vincenti e sono divenute uno standard di produzione. Se non avessi avuto la certezza che la mia idea poteva essere realizzata, probabilmente avrei dovuto abbandonarla e sarebbe stato un peccato.
  • [«Quanto contano la forma, il tatto e l'utilizzo dei materiali nella progettazione di una macchina?»] La forma incide moltissimo nella scelta di un prodotto. L'elemento visivo è il più immediato e deve appagare attraverso proporzioni e linee che ne caratterizzano l'esterno. I materiali e quindi gli interni devono saper comunicare il più possibile i valori del brand o del modello: pensiamo per esempio alle pelli, ai tessuti, alle superfici in cui entriamo in relazione quando utilizziamo questo prodotto.
  • [...] nel processo di concezione, sempre più attento e volto al raggiungimento di un alto standard di qualità del prodotto, non si può trascurare la parte forse meno "nobile" di un'autovettura ma senza dubbio la parte anche più "visibile". Quando siamo incolonnati, bloccati nel traffico cittadino, è la linea del posteriore e non quella dell'anteriore dell'auto che abbiamo tempo e modo di valutare. Certo, al momento dell'acquisto continuano ad essere il segno grafico del "muso" e la marca ad avere una maggiore forza attraente, ma è giusto investire tempo, energie e risorse da dedicare a ricerche per la personalizzazione anche della parte retrostante in egual misura rispetto a quanto normalmente e tradizionalmente si faccia per il frontale.

Alejandro Mesonero-Romanos modifica

  • L'unica cosa che io dico ai designer è di non essere ossessionati dall'idea di lavorare su un'auto elettrica. È una vettura con una struttura diversa, nient'altro. Dobbiamo ancora trasmettere emozioni, doppiamo ancora veicolare gli stessi valori, tutto quello che ci fa amare il design.
  • Nel design, tutto il nostro lavoro inizia da una semplice idea, un'intuizione su cui è poi necessario lavorare in profondità per "addomesticarla" e renderla realtà, con la forma di un'auto di successo.
  • Se mostriamo un'auto e non c'è quell'effetto "wow", vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa.

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