Roberto Giolito

designer italiano

Roberto Giolito (1962 – vivente), designer italiano.

Citazioni di Roberto Giolito

modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Il progetto di un nuovo modello di automobile è il risultato di un lavoro complesso che vede coinvolte professionalità diverse. Un iter metodologico articolato che ha inizio sin dalle prime fasi di impostazione e non si esaurisce nemmeno nell'assemblaggio finale sulle linee di produzione.[1]
  • [Nel 2016, «[...] converrà con noi che il design automobilistico sembra aver perso la fantasia? È così difficile inventare qualcosa di nuovo oggi?»] Il passato è sempre più vicino. Intendo dire che mentre vent'anni fa il passato era una cosa di trent'anni prima, oggi siamo scesi a dieci. Il mondo va veloce e il tempo si accorcia. È un loop che studiosi di trend e sociologia avevano previsto e che porta al fatto di ispirarsi continuamente a ieri. Soltanto che si tratta di un passato sempre più vicino a noi. Detto questo, nel design automobilistico si vive sempre più di dettagli: sono loro che fanno la differenza.[2]
  • Spesso capita che si acquisisca una sorta di familiarità con oggetti e servizi. O che si radichi l'abitudine a compiere determinati gesti. Ci sono occasioni, tuttavia, in cui è bello cambiare. E, quando si cambia, è quasi sempre per colpa di un designer.[3]
  • I concetti chiave da cui partire quando si parla, oggi, di design automobilistico (e non solo), sono: innovazione, identità e usabilità. Il primo perché le automobili rappresentano da sempre la possibilità di rendere l'innovazione tecnologica alla portata di tutti. Ad esse è connessa un'aspettativa di progresso e modernità. Nel corso della mia carriera, in particolare, mi sono sempre occupato di vetture che coniugassero la sperimentazione con il concetto di work cars. Poi c'è l'identità, qualunque essa sia, che dà corpo e sostanza alla riconoscibilità di un prodotto, lasciando intravedere il "ceppo" di origine: altrimenti si corre il rischio di perdersi ed essere costretti a fare marcia indietro. Infine, è diventato sempre più centrale il concetto di usabilità, che significa studiare i comportamenti delle persone e creare prodotti che, meglio di quelli esistenti, si adattino alla vita in continua evoluzione. In quest'ottica, si potrebbe estendere al campo delle automobili la pratica di generare "versioni beta", nell'accezione utilizzata dagli sviluppatori di software, per sondare i mix giusti e tarare i contenuti sulle esigenze reali delle persone.[3]
  • [Nel 2019] Trovandomi spesso coinvolto nello studio dei trend del momento e nell'analisi degli scenari futuri, ritengo che la tendenza che ha maggiormente condizionato il design automobilistico negli ultimi vent'anni sia stata la valorizzazione dell'identità del marchio. Non sto parlando di un fenomeno retrò, a cui attribuisco poco valore, in quanto riutilizza stilemi già visti. Parlo invece della creazione di un vero e proprio linguaggio stilistico, capace di donare un'identità alle vetture di una determinata casa automobilistica. Negli ultimi vent'anni si è coltivato sempre di più il Dna aziendale; e se prima questo fenomeno riguardava quasi esclusivamente le mascherine delle auto, ora coinvolge l'intero design degli esterni e, soprattutto, degli interni.[4]
  • Una volta era prassi comune andare in galleria del vento e definire i dettagli della carrozzeria, utilizzando dei fili di lana attaccati a una canna da pesca. Se il filo di lana esposto al getto d'aria rimaneva "sdraiato" sul tetto puntado verso la zona posteriore della vettura, significava che i flussi filavano lisci e aderenti alla carrozzeria. Al contrario, se "impazziva" e puntava verso l'altro rivelava delle turbolenze. Senza le tecnologie moderne era impossibile disegnare le forme complesse e gli "scalini" che tanto aiutano ad "addomesticare" i flussi d'aria, come invece avviene oggi. Ma c'è un rovescio della medaglia; il disegno della vettura dipende molto dai software di simulazione ed è lasciato ai progettisti e ai designer l'arduo compito di riproporre questi risultati aerodinamici con linee più semplici e pulite, un po' come quelle di un tempo che a volte rimpiangiamo. Forse in un futuro prossimo lo sviluppo della meccatronica permetterà alle superfici della carrozzeria di modificarsi in base alle velocità; a quel punto sarà possibile tornare a linee più semplici, ma allo stesso tempo efficaci anche ad andature elevate.[4]
  • [«Come è nata l'idea di creare una 500 del nuovo millennio?»] In quegli anni c'era un sentimento del tutto naturale di ritrovare e attualizzare le icone del passato, dai semplici oggetti di uso quotidiano fino alle automobili. Il New Beetle è stato sicuramente il capostipite di questa nuova tendenza, nata appunto nella prima metà degli anni '90, una sorta di nostalgia "sana" di voler rivedere gli oggetti a cui eravamo affezionati in passato nella nostra quotidianità. Fin da subito io ho valutato attentamente se fosse davvero il caso di riprendere il "vestito" della 500 oppure solamente le sue idee, per capire se applicarlo alla nostra migliore meccanica disponibile in quel momento. Ne nasce quindi un lavoro molto attento al passato, per prelevare quelli che furono i segnali che la Fiat 500 del 1957 diede al pubblico e al mercato. [...] partimmo con grande entusiasmo nel creare qualcosa di completamente nuovo. L'obiettivo era quello di "asciugare" tutte le caratteristiche facenti parte del DNA della 500 per creare una vettura intorno alla meccanica e alla tecnologia disponibili in quel momento.[5]
  • La [Fiat] Uno è un progetto totalmente innovativo. A partire dalla scocca che, rispetto alla sua antesignana 127, è già concepita con saldature robotizzate. Le porte stesse vengono assemblate con un minor numero di componenti. Così come il nuovo portellone assemblato annulla quella linea di giunzione che prima era percepita come un difetto, anzi ne diventa un motivo caratterizzante della fiancata.[6]
  • La Fiat Uno non rappresenta soltanto una rivoluzione del Manufacturing poiché con essa cambia l'intero mondo di concepire, sviluppare e produrre un'auto. Dai tavoli da disegno al CAD fino alla fabbrica: tutto diventa un continuum ed è gestito da un'unica regia. [...] Ciò permetterà di costruire auto per ogni continente e per ogni cultura nella maniera più efficiente e sostenibile.[6]

Dall'intervista ad automoto.it, 18 marzo 2014; citato in fiatchryslerblog.blogspot.com, 22 marzo 2014.

  • Fin da bambino sono stato educato alla conoscenza della materia. Mio padre, commerciante, realizzava modellini di camion per i suoi amici ed era entusiasmante vederlo lavorare manualmente. Mi ha anche sempre affascinato la multidisciplinarietà, il fatto di coinvolgere diverse competenze all'interno di un processo progettuale. Per questo ritengo importante che ogni designer abbia dentro di sé una formazione non solo tecnica, ma anche legata ad altre discipline e alla conoscenza dei materiali e del loro uso.
  • [...] Dante Giacosa ha dato l'avvio ad un cambiamento: il dialogo e il confronto tra designer e ingegnere. Il designer non deve essere un capriccioso ma un componente di un'orchestra, deve rispondere agli input che gli vengono imposti. Non si disegna un'auto solo con i dati di mercato, ci vogliono confronti e passi indietro.
  • [Sulla Fiat Multipla] È vero c'è chi non l'ha mai amata, ma resta un'auto che ha lasciato il segno. Si è arrivati al concetto rivoluzionario di Multipla per un insieme di motivi. Un gruppo di persone di differenti discipline determinate a creare un'auto estremamente abitabile in poco spazio e con costi il più possibile contenuti. C'era poi un'altra coincidenza fondamentale. In quegli anni, avendo realizzato con il Gruppo PSA il monovolume Peugeot 806 / Citroën Evasion / Fiat Ulysse / Lancia Zeta, c'era per Fiat un vincolo di non concorrenza. Non si potevano progettare auto superiori a 4 metri a 5 posti. Abbiamo dunque dovuto inventarci un'auto per sei passeggeri in 3,99 metri di lunghezza. Un altro aspetto interessante furono i costi. Grazie alla progettazione Space Frame, all'uso di estrusi in acciaio, alle avanzate tecnologie di stampa, alle lamiere tagliate al laser e poi risvoltate, alle saldature con i robot e a una linea di montaggio molto avanzata, siamo passati dai circa 600 miliardi di lire spesi per la progettazione della Punto ai circa 300 della Multipla. [«Della monovolume di casa Fiat, la gente ancora oggi rimpiange lo spazio a bordo»] Il concetto del 3+3 non era molto diffuso ma dava ai passeggeri, oltre che un senso di "salotto", anche una grandissima libertà di movimento a bordo. Con i sei passeggeri la Multipla manteneva 500 litri di capacità di carico. Ricordo bene che partivamo da Torino per andare al Salone di Ginevra in 6 persone, viaggiando comodamente e pieni di bagagli ma nessuno si lamentava. [...] oggi auto così è praticamente impossibile rifarne. Il tema della standardizzazione delle piattaforme, dei processi di grande replicabilità non consentono più un simile approccio.
  1. Da Roberto Giolito, Enrico Leonardo Fagone (a cura di), A Fiat Design Approach, FIAT, 2012.
  2. Da Design, intervista a Roberto Giolito, automobilismo.it, 9 giugno 2016.
  3. a b Dall'intervista Il design secondo Giolito (FCA): Innovazione, identità e usabilità, ordine.architettiroma.it, 2 dicembre 2019.
  4. a b Dall'intervista di Guido Costantini, Roberto Giolito, responsabile di FCA Heritage, alvolante.it, 2019.
  5. Dall'intervista di Matteo Comoglio, Modernità applicata, La Manovella nº 11, novembre 2020, pp. 78-86.
  6. a b Da Fiat Uno, la vettura venuta dal futuro, FCA Heritage, 17 aprile 2023; citato in Gianluca Sepe, Fiat Uno, storia di innovazione tecnologia, formulapassion.it, 18 aprile 2023.

Altri progetti

modifica