Marco Valerio Marziale

poeta ed epigrammista romano
(Reindirizzamento da Marziale)

Marco Valerio Marziale (38 – 104), poeta latino.

Marco Valerio Marziale

Epigrammi

modifica

Originale

modifica

Hic est quem legis ille, quem requiris,
toto notus in orbe Martialis
argutis epigrammaton libellis:
cui, lector studiose, quod dedisti
viventi decus atque sentienti,
rari post cineres habent poetae.

Questi è quel che tu leggi e che tu cerchi,
quel noto in tutto il mondo Marzïale
per gli arguti libretti di epigrammi:
cui vivo e sano, o mio lettor benevolo,
tu donasti una gloria, che di rado
tocca ai poeti dopo che son morti.

Citazioni

modifica
  • Lasciva è la mia pagina, ma onesta la vita. (I, 4, 8)
Lasciva est nobis pagina, vita proba est.
  • [...] non è da saggio, ah credimi, il dire: «Vivrò»: | tardi è viver domani; tu devi vivere oggi. (I, 15, 11-12; 1943, p. 7)
Non est, crede mihi, sapientis dicere «Vivam»: | sera nimis vita est crastina: vive hodie.
  • [Sugli Epigrammi] Ce ne sono dei buoni, alcuni sono mediocri, ma i più sono cattivi. (I, 16)[1]
Sunt bona, sunt quaedam mediocria, sunt mala plura.
  • [A un plagiario] Si dice in giro, Fidentino, che tu le mie poesie | reciti in pubblico come se fossero le tue. | Te le regalerò, se vuoi che si dicano mie: comprale | se vuoi che si dica che sono tue, e non saranno più mie. (I, 29; 1995)
  • Vero dolore prova colui che soffre senza testimoni. (I, 31; 2013)
  • Questa è la legge stabilita per le poesie giocose: | possono divertire solo se sono pruriginose. (I, 35, 10; 1995)
  • L'uva sbattuta dalle continue piogge è tutta bagnata: se anche lo volessi, tu non potresti, o oste, vendere il vino schietto. (I, 56; 2013)
  • O Lelio, tu non pubblichi i tuoi carmi, ma critichi i miei. O smetti di criticare i miei carmi o pubblica i tuoi. (I, 91; 2013)
  • Muove liti Diodoro in ogni lato, | sebbene afflitto sia dalla podagra; | ma quando ha da pagare l'avvocato, | il suo male convertesi in chiragra.[2][3]
Litigat et podagra Diodorus, Flacce, laborat. | Sed nil patrono porrigit: haec cheragra est. (I, 98)
  • Non sente di buono chi vuol sentir sempre di buono. (II, 12, 4)
Non bene olet, qui bene semper olet.
  • Ti stupisci che le orecchie di Mario puzzino. | Colpa tua, Nestore: sei tu che gli parli nelle orecchie. (III, 28; 1995)
  • Tu stai ammirando dei pesci, splendida cesellatura degna di un Fidia: aggiungi dell'acqua ed essi nuoteranno. (III, 35; 2013)
Artis Phidiacae toreuma clarum | Pisces aspicis: adde aquam, natabunt.[4]
  • Lascia che si veda il tuo piccolo difetto: | un difetto, se nascosto, sembra molto più grave. (III, 42; 1995)
Simpliciter pateat vitium fortasse pusillum: quod tegitur, maius creditur esse malum.
  • Tutto quello che mi chiedi, Cinna maledetto, non è mai nulla: | se non mi chiedi nulla, Cinna, allora non ti nego nulla. (III, 61; 1995)
  • Ciabattino, non devi prendertela con il mio libretto. | Le mie poesie colpiscono il tuo mestiere, non la tua vita. | Permettimi le mie spiritosaggini innocue. (III, 99; 1995)
  • Ecco il Vesuvio, poc'anzi verdeggiante di vigneti ombrosi, qui un'uva pregiata faceva traboccare le tinozze; Bacco amò questi balzi più dei colli di Nisa, su questo monte i Satiri in passato sciolsero le lor danze; questa, di Sparta più gradita, era di Venere la sede, questo era il luogo rinomato per il nome di Ercole. Or tutto giace sommerso in fiamme ed in tristo lapillo: ora non vorrebbero gli dèi che fosse stato loro consentito d'esercitare qui tanto potere. (IV, 44)[5]
  • Lodano quelli, ma leggono gli altri. (IV, 49, 10)
Laudant illa, sed ista legunt
  • Quando non avevi seimila sesterzi, Ceciliano, una portantina | da sei schiavi ti scarrozzava in giro per tutta Roma. | dopo che la dea cieca te ne ha dati due milioni, | tanti da sfondarti le tasche, ecco, te ne vai in giro a piedi. (IV, 51; 1995)
  • Parma, nella Gallia Cisalpina, tosa innumerevoli armenti. (V, 13, 8; citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921)
Tondet et innumeros Gallica Parma greges.
  • Se la gloria suole venire dopo la morte, non ho nessuna fretta. (V, 10; 2013)
  • Il povero coltiva amicizie che non gli rendono nulla. (V, 19; 2013)
  • I regali fatti agli amici non sono preda del fato: | avrai soltanto le ricchezze che hai donato. (V, 42)
Extra fortunam est, quidquid donatur amicis: | Quas dederis, solas semper habebis opes.
  • Povero sempre sarai, se povero sei, Emiliano; | oggi soltanto ai ricchi si donan le ricchezze. (V, 81; 1943, p. 163)
Semper pauper eris, si pauper es, Aemiliane. | Dantur opes nullis nunc nisi divitibus.
  • Le creature superiori hanno breve vita e raramente invecchiano. (VI, 29; 2013)
  • A quale avvoltoio toccherà questo cadavere? (VI, 62, 4)
Cujus vulturis hoc erit cadaver?
  • La vita non è vivere: la vita è stare bene. (VI, 70, 15; 1995)
  • Mi chiedete perché io non voglio sposare una donna ricca? Non voglio diventare la moglie di mia moglie. (VIII, 12; 2013)
  • Se ci saranno Mecenati, Flacco, non mancheranno i Virgilii. (VIII, 56, 5)[6]
  • Vuoi sposare Prisco: non mi stupisco, Paola, scema non sei. | Prisco non ti vuole sposare: scemo non è neppure lui. (IX, 10; 1995)
  • [Alle terme] Hai sentito che applausi ai bagni pubblici? Sappi che è entrata l'enorme minchia di Marone! (IX, 33)
Audieris in quo, Flacce, in balneo plausum,/ Maronis illic esse mentulam scito.
  • Nelle strettezze è facile sprezzare la vita. Fortezza | vera è quella di chi sa sopportar la miseria. (IX, 56, 15-16; 1943, p. 305)
Rebus in angustis facile est contumnere vitam: | fortiter ille facit, qui miser esse potest.
  • Un uomo onesto aumenta il tempo della sua vita: | vive due volte chi riesce a godere del passato. (X, 23; 1995)
Ampliat aetatis spatium sibi vir bonus: hoc est | vivere bis, vita posse priore frui.
  • [...] non temer né affrettare il dì supremo. (X, 47, 13; 1943, p. 277)
[...] summum nec metuas diem nec optes.
  • Hai fatto un errore, Lupo, per colpa delle vocali: | infatti, quando mi hai dato un terreno, | avrei preferito che tu vessi dato un torrone. (XI, 18; 1995)
  • Mi sorprendi a letto con un ragazzino e, con tono severo, | moglie, mi sgridi dicendo che un culo ce l'hai anche tu. | Quante volte Giunone disse la stessa cosa al lascivo Giove! | Ma lui dorme con Ganimede, che non è più un ragazzo. | Ercole metteva da parte il suo arco e faceva piegare Ila: | credi forse che sua moglie Megara non avesse le chiappe? | Febo si tormentava per Dafne che lo fuggiva: ma Giacinto, | il giovane spartano, fece spegnere quel fuoco d'amore. | Anche se Briseide, dormendo, gli offriva il fondoschiena, | Achille preferiva l'amichetto dal volto senza peli. | Smettila di dare alle tue cose due nomi maschili: | tu hai due fiche, dammi retta, mogliettina. (XI, 43; 1995)
  • [All'amante] Vergognati, Fillide: rispetta almeno verità e giustizia. | Io non ti nego nulla, Fillide: tu, Fillide, non mi negare nulla. (XI, 49; 1995)
  • La fortuna dà troppo a molti, a nessuno abbastanza. (XII, 10.2)
Fortuna multis dat nimis, satis nulli.
  • Apro è asciutto e astemio: e che m'importa? Così apprezzo lo schiavo, non l'amico. (XII, 30; 2013)
  • Né con te posso vivere, né senza di te. (XII, 47)
Nec possum tecum vivere, nec sine te.
  • L'uomo buono è sempre un inesperto. (XII, 51)
Semper homo bonus tiro est.
  • Dal momento che conosci la vita e la fedeltà di tuo marito | e sai che nessun'altra donna agita o monta sul tuo letto, | perché sciocca ti tormenti per i suoi schiavi come fossero | i suoi amanti, che amano di un amore breve e fuggitivo? [...] | La vera matrona, la vera donna deve conoscere i suoi limiti: | lascia ai ragazzi la loro parte, tu tieniti la tua. (XII, 96; 1995)
  • Se nella questione alcuno chiami me a giudice, dirò che il più prelibato fra gli uccelli è il tordo, fra i quadrupedi la lepre. (XIII, 92)
Inter aves turdus, si quis me judice certet; | Inter quadrupedes mattya [ovvero gloria] prima lepus.
  • In questo piccolo volume di pergamena è racchiuso l'immenso Livio, che la mia biblioteca non può contenere per intero. (XIV, 190; 2013)[7]

Citazioni su Marco Valerio Marziale

modifica
  • Era un uomo ingegnoso, acuto e pungente, che aveva nello scrivere moltissimo di sale e di fiele e non meno di sincerità. (Plinio il Giovane)
  1. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli.
  2. Citato in Vittoria Madurelli Berti, Epigrammi di Dafnide Eretenia, G. B. Berti Editore, Padova, 1824, p. 24
  3. Da questo epigramma deriva il modo di dire toscano "avere la gotta alle mani" nel senso di "essere avaro".
  4. L'espressione artis Phidiacae è un po' ambigua, perché si può intendere: «fatta da Fidia», «fatta con l'arte di Fidia». (2013)
  5. Citato in Verena Lindtner, Il Vesuvio – Un Vulcano Nella Letteratura E Nella Cultura, GRIN Verlag, 2008, p.18.
  6. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  7. Si allude a un'epitome liviana. L'opera storica di Livio (Ab urbe condita libri) si componeva di 142 libri (ce ne restano 35). (2013)

Bibliografia

modifica
  • M. Valerio Marziale, Gli epigrammi, traduzione di Giuseppe Lipparini, Zanichelli, Bologna, 1943.
  • Marco Valerio Marziale, Epigrammi, a cura di Simone Beta, Mondadori, 1995. ISBN 9788804571438
  • Marco Valerio Marziale, Epigrammi, a cura di Giuseppe Norcio, UTET, Torino, 2013.

Altri progetti

modifica