La donna della domenica

film del 1975 diretto da Luigi Comencini
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La donna della domenica

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

Il commissario Santamaria (Marcello Mastroianni) e Massimo Campi (Jean-Louis Trintignant) in un fotogramma del film

Titolo originale

La donna della domenica

Lingua originale italiano
Paese Italia
Anno 1975
Genere giallo
Regia Luigi Comencini
Soggetto Fruttero & Lucentini (romanzo)
Sceneggiatura Age & Scarpelli
Produttore Roberto Infascelli
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

La donna della domenica, film italiano del 1975, regia di Luigi Comencini.

Devo riconoscere purtroppo che avere un'azienda come la mia t'accorcia la vita. Ogni anno vale per tre. Oggi per esempio mi aspetta una bella giornata. Minimo due ore di consiglio di fabbrica. So già che gli operari spareranno i loro ricatti perché sanno che stiamo per andare in vacanza. E sono degl'incoscienti, non vogliono rendersi conto che al tanto famigerato "autunno caldo" forse non ci arriveranno neanche, ma intanto loro cosa fanno? Tac! Aumentano le pretese. Benito, un bicchier d'acqua per favore! Certo un fatto è sicuro: le grane aumentano sempre. Va a finire che comincio a chiudere davvero, e tiro i remi in barca. (Vittorio Dosio)

  Citazioni in ordine temporale.

  • Ciao carina, un gettone please. Che scollo che abbiamo! Sa che differenza passa tra me e lei, oggi? Io ho il vento in poppa e lei... le poppe al vento! Ah, ah, buona questa! (Garrone)
  • Più stanno bene, più sono puttane. In più questa è anche assassina. (Moglie di Benito)
  • Mi raccomando, mano di seta in guanto di velluto.[1] (Questore)
  • Dato le persone e l'ambiente, dovresti vedertela tu. Sei sempre allicchettato come un manichino, conosci un paio di proverbi latini. (De Palma)
  • Allora sospetta di me? E quand'è che m'interroga, dimmi? Quand'è che me lo farai conoscere? È la prima cosa emozionante che mi capita da quando ho bucato una gomma, quattro anni fa, in piena notte, sulla strada di Biella. (Anna Carla)
  • Ah, i tuoi amici miliardari! Oh, ma non ce l'ha mica ordinato il medico d'andare in Grecia! Guarda, le Eolie, ti va bene? [...] Figurati che manca la luce, manca l'acqua, manca il gas, manca tutto. Tu e io e la natura. E i pescatori, tutte le mattine, al posto del caffè ti portano delle aragoste grosse così. (Lello)
  • L'intelligenza usata solo per ammazzare il tempo è stronzismo. (Santamaria)
  • Sa cosa dice un mio collega siciliano? Chiddu che cerca quello che non deve, trova chiddu che non vuole. (Santamaria)
  • La cativa lavandera a treuva mai la bon-a péra.[2] (Lello)

Dialoghi

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Madre di Massimo: Anche i Monnea hanno deciso di lottizzare.
    Padre di Massimo: Bene! Così avremo addosso un altro condominio con tennis e piscina.
  • Bauchiero: [...] forse non avrei badato alla porta del Garrone rimasta aperta. È stato il cane ad infilarci il muso. E gridai: «Oh Signore!» [rumore di macchina da scrivere]
    De Palma: Che cosa hai scritto?
    Coviello: «Oh Signore punto esclamativo».
    De Palma: Coviello, frena la tua vocazione drammaturgica.
  • Poliziotto: Allora, nato a Cagliari 14/3/'31...
    Benito: E ivvi residente a Torino.
    Poliziotto: Come ivi?
    Benito: Perché, non si dice ivvi?
    Poliziotto: Ivi a Cagliari, qua stiamo a Torino!
    Benito: Ah, perché a Torino non si dice ivvi?
    Poliziotto: No.
    Moglie di Benito: Ai Carabinieri di Cagliari abbiamo sempre detto ivvi e gli andava bene.
  • Santamaria [dopo aver letto una lettera]: «A. C. Dosio». Dosio Dosio?
    De Palma: Dosio Dosio.
    Santamaria: E questo «Caro Massimo» chi è? Massimo Campi? Campi Campi? [De Palma annuisce] Dosio Dosio. Campi Campi. Cazzo cazzo!
  • Santamaria: Si tratta di... di una situazione impicciata in cui io rischio di fare una di quelle figure... Anche se sono certo che lei mi capirà. Non flere, non indignari, sed intelligere.[3]
    Massimo: Purtroppo non so il latino.
    Santamaria: Ecco...
  • Nicosia: A forza di taliare di ccabbanna e ddabbanna, finì ca truvai chiddu unni va iddu. [...]
    Santamaria: Ma perché cazzo parli siculo?
    Nicosia: E picchì, picchì? P'un fari capiri cca a chiddi chi stannu na putìa, no?
    Avventore nel bar: Paesanu, tutt'i cosi capimmu.
  • Anna Carla: Insomma Massimo, vuoi deciderti o no a fornirci il tuo alibi per la sera del delitto?
    Massimo: Io non ho mai alibi. Ma faccio notare che chi non ha un alibi è innocente, vero commissario? Un vero assassino si prepara sempre un alibi.
    Anna Carla: Quand'è così sono innocente anch'io, aah!
    Massimo: Troppo facile! Anna Carla, commissario, ha mezzo alibi. È stata al cinema, ma nessuno l'ha vista. Tutti gli assassini vanno sempre al cinema la sera del delitto.
  • Anna Carla: Che puntualità!
    Santamaria: Sì, noi arriviamo in ritardo solo quando dobbiamo prendere i rapinatori.
  • Questore: Allora Santamaria, tutto fatto? Prese le generalità mandali a casa, a casa, a casa, a casa!
    Santamaria: No dottore, ma questi sono tutti indiziari, chi più e chi meno. E chi lo è meno forse lo è di più.
    Questore: Ma che fa i puzzli? Troppi sospetti, nessun reo. Antica regola. Santamaria, io già leggo i titoli sui giornali: "Grossi nomi nel delitto del Balon, Torino bene trema." Ed io sarò additato come "il burattino degli industriali del nord". A te già ti vedo come "funzionario vile e corrotto prono al volere della destra democristiana". Ti chiami pure Santamaria!

Citazioni su La donna della domenica

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  • Buon giallo con interessanti osservazioni sulla struttura sociale. (Leonard Maltin)
  • Questo film di Comencini [...] ormeggia molto da presso, senza tradirlo, il fortunato romanzo di Fruttero e Lucentini, La donna della domenica. Sarà però inevitabile registrare un certo scarto. Nel risalto e colore, nel gusto della scoperta di certi valori «torinesi» (minuziosamente cercati sulla mappa della città), il romanzo non si è lasciato raggiungere; e gli corrisponde un film che (sia detto senza detrarre un ette all'eccellente mestiere di Comencini) resta un tipico «giallo all'italiana», dove l'ordine la lucidità la presa — cose che mancano, e mancano troppo, alla sceneggiatura di Age e Scarpelli, ostinatamente intesa alla confusione — abdicano totalmente a favore d'un mosaico, talvolta sforzato, di luoghi comuni in ordine al pittoresco, all'eccentrico o all'ignobile. La fedeltà di cui si diceva, va intesa in senso relativo e sunteggiante: in fondo, se il film fosse stato girato a Napoli o a Toronto, sarebbe stato lo stesso: che dappertutto sono signore della società bene dal letto facile, commissari di polizia che alternano il dovere coll'erotismo, macchiette di questura, professionisti viziosi, mercanti d'arte disonesti, omosessuali raffinati e loro amichetti pronti al sacrificio della vita e via dicendo; e sono mercatini (da noi, il nostro Portobello, è il Balon) e molto, molto puttanesimo, circoscritto in un linguaggio di sboccataggine interazionale. La «torinesità», se cosi si può dire, è affidata alle piazze, alle strade, alle pendici collinari: rappresentate con molta benignità e grazia, in toni vaporosi; oltreché alle solite inflessioni dialettali, caricate a fini d'esportazione, e a motti e proverbi. (Leo Pestelli)
  • Su un sagace adattamento di Age & Scarpelli un film simpatico, agile nella regia "invisibile", apprezzabile nella descrizione ambientale e nella direzione degli attori. (Il Morandini)
  • Un film superficiale ma ben confezionato: l'intrigo funziona, il ritratto della città [Torino] e della società incuriosisce, gli attori sono bravi. (Il Mereghetti)
  1. Cioè straordinaria delicatezza. Di regola si dice «pugno di ferro in guanto di velluto», cfr. Dizionario italiano De Mauro, ad vocem.
  2. [Proverbio piemontese] «La cattiva lavandaia non trova mai la buona pietra». Il proverbio si riferisce all'uso antico di lavare i panni nei corsi d'acqua. Per poter fare questo era necessario trovare in riva al corso d'acqua un masso idoneo, spesso immerso in parte nella corrente, su cui poter stendere il panno da lavare, poterlo strofinare con sapone ed acqua e poi sbatterlo al momento del risciacquo.
  3. Non piangere, non adirarsi, ma comprendere. Massima tradizionalmente attribuita a Spinoza, cfr. Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Milano, 1921, p. 47.

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