Stanley Kubrick

regista statunitense (1928-1999)
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Stanley Kubrick (1928 – 1999), regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense naturalizzato britannico.

Stanely Kubrick sul set di Barry Lyndon (1975)

2001: Odissea nello spazio

  • Migliori effetti speciali (1969)

Citazioni di Stanley Kubrick

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  • Alex [Protagonista di Arancia meccanica] è un personaggio che alla luce di ogni considerazione logica e razionale dovrebbe suscitare antipatia e anzi, con ogni probabilità, il pubblico dovrebbe aborrirlo. Eppure, nello stesso modo in cui Riccardo III gradualmente riesce ad eludere la tua disapprovazione, Alex ti trascina dentro la sua visione della vita. La storia produce questo effetto, che è per la mente del pubblico l'illuminazione artistica più piacevole e sorprendente. [...] Alex simbolizza l'uomo nel suo stato naturale, lo stato in cui sarebbe se la società non gli avesse imposto i suoi processi civilizzanti.[1]
  • È necessario che l'uomo possa scegliere tra bene e male e che ci sia il caso in cui egli scelga il male. Privarlo di questa possibilità di scelta, significa renderlo qualcosa di inferiore all'umano – un'arancia meccanica appunto.[2]
  • [Su Il dottor Stranamore] Fu a questo punto che decisi di trattare la storia come una commedia-incubo. Seguendo questo approccio, trovai che non interferiva mai con la presentazione di argomenti ben elaborati. Mentre eliminavo le incongruenze, mi sembrò meno stilizzata e più realistica di qualsiasi cosiddetta seria o realistica trattazione, che di fatto è più stilizzata rispetto alla vita stessa, per via della meticolosa esclusione delle banalità, dell'assurdo e delle incongruenze. Nel contesto dell'imminente distruzione del mondo, l'ipocrisia, le incomprensioni, la lascivia, la paranoia, l'ambizione, gli eufemismi, il patriottismo, l'eroismo ed anche la ragionevolezza possono evocare un'orribile risata.
And it was at this point I decided to treat the story as a nightmare comedy. Following this approach, I found it never interfered with presenting well-reasoned arguments. In culling the incongruous, it seemed to me to be less stylized and more realistic than any so-called serious, realistic treatment, which in fact is more stylized than life itself by its careful exclusion of the banal, the absurd, and the incongrous. In the contect of impending world destruction, hypocrisy, misunderstanding, lechery, paranoia, ambition, euphemism, patrioism, heroism, and even reasonableness can evoke a grisly laugh.[3]
  • Ho imparato molto di più vedendo film che leggendo pesanti tomi sull'estetica del cinema. La migliore educazione a fare film è farne uno.[4]
  • I critici ti stanno sempre alla gola o ai piedi.
They're either at your throat or they're at your feet.[5]
  • I film trattano di emozioni e rispecchiano la frammentarietà dell'esperienza. Quindi è fuorviante cercare di sintetizzare a parole il significato di un film.
Films deal with the emotions and reflect the fragmentation of experience. It is thus misleading to try to sum up the meaning of a film verbally.[6]
  • I giovani che fanno il servizio militare in realtà si credono ancora immortali. Non conoscono la paura della morte. Essa quindi non costituisce minimamente un problema. Di che cosa si tratti effettivamente lo dice il sergente nella parte conclusiva del film [Full Metal Jacket]: "I soldati del corpo dei Marines muoiono, essi esistono per questo. Ma il corpo dei Marines vivrà per sempre". In questa maniera vende loro un'immortalità a basso prezzo.[7]
  • [Riferito all'ambiguità in 2001: Odissea nello spazio] In ogni caso, quando ci si muove su un livello "non-verbale", l'ambiguità è inevitabile. Ma è l'ambiguità di ogni arte, di un bel pezzo musicale o di un dipinto. "Spiegare" non ha senso, ha solo un superficiale significato "culturale" buono per i critici e gli insegnanti che devono guadagnarsi da vivere.
In any case, once you're dealing on a nonverbal level, ambiguity is unavoidable. But it's the ambiguity of all art, of a fine piece of music or a painting [...]. "Explaining" them contributes nothing but a superficial ""cultural" value which has no value except for critics and teachers who have to earn a living.[8]
  • Io non credo vi sia un collegamento vero e proprio tra violenza nei film e società, ma ipoteticamente ce ne potrebbe essere uno. Se dovesse essercene uno, direi che l'unico tipo di violenza che potrebbe causare lo stimolo di emulazione sarebbe la violenza "divertente": quella violenza che troviamo nei film di James Bond o nei cartoni di Tom & Jerry. Violenza irrealistica, violenza salutare, violenza presentata come scherzo. Questa è l'unica forma di violenza che potrebbe stimolare il desiderio di copiarla, ma io sono convinto del fatto che neanche questo tipo di violenza produca effetti sulla società. Ci potrebbero essere anche argomenti a favore della tesi che un qualsiasi tipo di violenza rappresentata nei film espleti una funzione socialmente utile, permettendo agli individui di liberarsi di quei sentimenti aggressivi che sono rinchiusi nel subconscio e meglio espressi nel sogno, o nello stato onirico a cui il guardare un film conduce, più di qualsiasi altra sublimazione o forma di realtà.[2]
  • La Guerra del Vietnam è stata la prima guerra che negli Usa è stata condotta soprattutto come una campagna pubblicitaria. La manipolazione della verità attraverso i mezzi di comunicazione di massa e del governo fu uno degli obiettivi di questa campagna. Ciò ha condotto al fatto che l'opinione pubblica americana ha avuto un'immagine falsa e manipolata durante l'intera guerra. Questa campagna indusse i soldati a mentire di continuo e per tutto il corso della guerra il numero dei nemici uccisi venne esagerato. Venivano celebrate delle vittorie, quando queste vittorie erano impossibili. Ma per ironia della sorte la guerra venne persa anche sul piano dei media perché fin dall'inizio la guerra del Vietnam è stata una guerra di Public Relations, una guerra che anche i PR persero. [...] I Vietcong pensavano che sarebbe bastato recarsi in quei luoghi e ci sarebbero state rivolte. Non successe nulla di tutto ciò. L'offensiva fu così un errore. Ma i Vietcong non avevano preso in considerazione lo shock che aveva subito l'opinione pubblica americana per la perdita subita in termini di capacità di lotta dal suo esercito. Dopo che per anni erano stati bombardati di false ed esagerate notizie di vittorie, gli americani a casa non si aspettavano un'offensiva del nemico. E così si verificò ironicamente che la disfatta dei Vietcong si trasformò in una loro vittoria psicologica.[7]
  • [Su Il dottor Stranamore] La mia idea di girarlo come una commedia da incubo venne nelle prime settimane di lavoro sulla sceneggiatura. Trovai che cercando di mettere della carne attorno alle ossa e immaginando le scene nella loro completezza, bisognava continuare a tenere fuori cose che erano assurde o paradossali, se si voleva evitare che fossero divertenti; e queste cose sembravano essere vicine al cuore delle scene in questione.
My idea of doing it as a nightmare comedy came in the early weeks of working on the screenplay. I found that in trying to put meat on the bones and to imagine the scenes fully, one had to keep leaving out of it things which were either absurd or paradoxical, in order to keep it from being funny; and these things seemed to be close to the heart of the scenes in question.[9]
  • Non sono mai stato sicuro che la morale della storia di Icaro dovesse essere: "Non tentare di volare troppo in alto", come viene intesa in genere, e mi sono chiesto se non si potesse interpretarla invece in un modo diverso: "Dimentica la cera e le piume, e costruisci ali più solide".
I've never been certain whether the moral of the Icarus story should only be, as is generally accepted, "don't try to fly too high," or whether it might also be thought of as "forget the wax and feathers, and do a better job on the wings."[10]
  • [Su 2001: Odissea nello spazio] Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio.[11]
  • Sì, Ermey interpreta sé stesso. [L'attore Ronald Lee Ermey di Full Metal Jacket aveva lavorato come agente istruttore a Parris Island] È un colpo di fortuna, quasi un miracolo trovare qualcuno che sa recitare così bene e in più non recita che sé stesso. Anche queste sono cose che succedono una volta sola nella vita.[7]
  • [In risposta alla domanda sulla reazione dell'attore ed ex-militare R. Lee Ermey di fronte al modo con cui il suo personaggio era stato rappresentato in Full Metal Jacket] Si è piaciuto. Una cosa deve essere ben chiara: se una persona decide di diventare istruttore presso i Marines, non lo farà per motivi umanitari o perché si tratta di una persona particolarmente raffinata o sensibile. Una persona meschina non è certo animata da bonomia né tanto meno da interessi sociologici. Credo d'altra parte che al mondo ci siano pochissimi eserciti che formano le loro truppe diversamente, con particolare sensibilità.[7]
  • Sfortunatamente, il tasso di mortalità infantile tra le civiltà emergenti e nell'universo potrebbe essere molto alto. Non che la cosa possa preoccupare o disturbare altri che noi, la distruzione di questo pianeta sarebbe insignificante, in prospettiva cosmica: per un osservatore sito nella nebulosa di Andromeda, il segno della nostra estinzione non sarebbe più appariscente di un fiammifero che si accende per un secondo nel cielo; se quel fiammifero fiammeggerà nel buio, non ci sarà nessuno a piangere una razza che usò il potere che avrebbe potuto mandare un segnale di luce verso le stelle per illuminare la sua pira di morte.[12]
  • Una delle fallacità più pericolose che ha influenzato molti ragionamenti politici e filosofici è che l'uomo sia essenzialmente buono e che sia la società a renderlo cattivo. [...] Rousseau ha trasferito il peccato originale dall'uomo alla società e questa visione ha contribuito in modo rilevante a quella che io ritengo sia una premessa incorretta su cui basare una filosofia politica e morale.[1]

Citazioni su Stanley Kubrick

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  • Difendendo Arancia Meccanica, Kubrick disse che neanche con l'ipnosi si può costringere qualcuno a fare qualcosa contraria alla sua natura. (Tiziano Sclavi)
  • Fuck. È l'ultima parola dell’ultima scena dell'ultimo film di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut. [...] Kubrick alla fine di un film, ma anche, senza saperlo, di una carriera e di una vita, mette sulle labbra della Kidman il suo testamento. Racchiuso in una parola. Su Internet girano i pazzi, come quelli che su siti assurdi di esoterismo sbrodolano teorie secondo cui il testamento spirituale di Kubrick è tutto nella scena delle donne nude e mascherate di Eyes Wide Shut. Perché Nietzsche... perché Dioniso... perché Rudolph Steiner... Invece il lascito del regista per me è tutto in quell’invito volgare e liberatorio rivolto ai suoi vecchi insegnanti bigotti e classisti. Ai critici. A Kirk Douglas. Alle ex mogli ed amanti. Ai curiosi che lo spinsero a isolarsi. A chi domandava sempre: «Cosa significa?». A tutti, insomma. (Tommaso Labranca)
  • Ho scoperto per quale motivo Stanley Kubrick mi volesse in Eyes Wide Shut. Mi aveva visto ne La tregua di Francesco Rosi, ed essendo un appassionato delle opere di Primo Levi, aveva deciso di incontrarmi per offrirmi un ruolo che doveva apparire all'inizio, al centro e alla fine del plot. Kubrick conosceva alcuni libri di Primo Levi a memoria. (John Turturro)
  • Il nostro rapporto è stato molto buono, era paterno e caloroso. Quando sono stata al suo funerale ho sentito parlare di lui come di un uomo non facile ma non posso dire che fosse così, era solamente rigoroso sul lavoro. (Jocelyn Pook)
  • In altre parole, siamo tutti figli di Griffith e Stanley Kubrick. (Martin Scorsese)
  • Io sono un regista veloce, mentre Stanley era molto lento e metodico. Era uno che pensava a lungo alle cose. Ogni tanto mi diceva "ti farò sapere", e poi non lo sentivo per una settimana. Quando mi telefonava, una settimana dopo, ci aveva davvero pensato su per sette giorni, e mi teneva al telefono per tre ore per discuterne nei minimi dettagli. (Steven Spielberg)
  • Kubrick aveva un talento incredibile, ha fatto tanti capolavori differenti tra loro e io sono fiero di essere stato il protagonista di uno di questi. (Malcolm McDowell)
  • Ogni volta Kubrick rimetteva all'opera e alla prova il sogno di ogni spettatore degno di questo nome: il desiderio di essere turbato, il piacere di essere ingannato. (Gérard Lefort)
  • Stanley Kubrick è una merda di talento. (Kirk Douglas)
  • Ah, senti Renè. [...] Tu oggi hai girato dodici secondi, praticamente la media de Kubrick! (Sergio Vannucci, terza stagione)
  • – Aoh dai, c'hai mezz'ora! Non stamo a fà Kubrick!
    – Ma dai... (prima stagione)
  • Io considero Kubrick un incapace! Lo considero il classico esempio di instabilità artistica, abbia pazienza! È uno che affrontava un genere, falliva e passava a un altro genere. Come lo vogliamo chiamare? Eh? Poi anni e anni da un film a un altro. Anni e anni di che cosa, eh? Di profondo imbarazzo per il film precedente, abbia pazienza! (Stanis La Rochelle, prima stagione)
  • Adorato da ogni giovane studioso di cinema, che cerca di scrivere il suo libretto sull'opera del maestro, poco considerato dai cinefili più oltranzisti che detestano i suoi eccessi creativi, non viene molto citato dai registi più giovani, che nemmeno lui sembra capire.
  • Amato o odiato, Stanley Kubrick è forse l'unico regista della vecchia generazione, quella di Orson Welles per intenderci, che è riuscito a fare esattamente ciò che voleva fare con il cinema in un sogno megalomane e solitario di onnipotenza.
  • Non vola, ha paura degli aerei malgrado un brevetto di pilota e centosessanta ore di volo solitario su un monomotore leggero. Evita qualsiasi viaggio che vada oltre i trenta chilometri. Il suo autista non può andare oltre i 50 chilometri all'ora.
  • Rinchiuso da oltre trent'anni in Inghilterra, Stanley Kubrick si è come separato dal mondo, convinto di poter fare cinema e di poterlo controllare non spostandosi da casa, dai suoi cani e dai suoi gatti.
  1. a b Dall'intervista di Bernard Weinraub, Kubrick spiega la meccanica dell'arancia, The New York Time, 4 gennaio 1972; riportata in ArchivioKubrick.it.
  2. a b Dall'intervista di Philip Strick e Penelope Houston, Tempi moderni: un'intervista con Stanley Kubrick, Sight & Sound, primavera 1972; in ArchivioKubrick.it.
  3. (EN) Citato in Alexander Walker, Stanley Kubrick directs, Harcourt Brace Jovanovich, 1972, p. 34. ISBN 0156848929
  4. Dall'intervista a Time del 15 dicembre 1975; citato in Enrico Ghezzi, Stanley Kubrick, Editrice Il Castoro e l'Unità, 1995.
  5. (EN) Citato in Michael Herr, Kubrick, Grove Press, 2000, p. 74. ISBN 0802138187
  6. (EN) Citato in Colin Young, The Hollywood War of Independence, Film Quarterly, Vol. 12, N. 3, Spring, 1959; riportato in ArchivioKubrick.it.
  7. a b c d Dall'intervista di Hellmuth Karasek, La guerra: la più potente fantasia maschile, Der Spiegel, 1987; riportata in ArchivioKubrick.it.
  8. Dall'intervista di Joseph Gelmins; in The Film Director as Superstar Doubleday and Company, Garden City, New York, 1970; riportata in ArchivioKubrick.it.
  9. (EN) Citato in George Case, Calling Dr. Strangelove: The Anatomy and Influence of the Kubrick Masterpiece, McFarland, 2014, pp. 22-23. ISBN 0786494492
  10. Citato in James Naremore e British Film Institute, On Kubrick, British Film Institute, 2007, pp. 23-24. ISBN 1844571424
  11. Citato in Paolo Mereghetti, Il Mereghetti: dizionario dei film 2004, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2003, p. 749-750. ISBN 88-8490-419-6
  12. Dall'intervista di E. Norden, Playboy, 1968; citato in Enrico Ghezzi, Stanley Kubrick, Editrice Il Castoro e L'Unità, 1995.

Bibliografia

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  • John Baxter, Stanley Kubrick. A biography, Carroll & Graf Publishers, 1997; edizione italiana Stanley Kubrick. La biografia, traduzione di Enrico Cerasuolo, Andrea Serafini, Lindau, 2006. ISBN 9788871806013

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