Roberto Vecchioni

cantautore, paroliere, scrittore, poeta e insegnante italiano (1943-)
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Roberto Vecchioni (1943 – vivente), cantautore, paroliere, scrittore, poeta e insegnante italiano.

Roberto Vecchioni

Citazioni di Roberto Vecchioni

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  • Alfa è una sintesi di tutto il meglio che possano avere i ragazzi di oggi, poi scrive benissimo, è simpaticissimo.[1]
  • [Riguardo a Paola Iezzi] Andava malissimo a scuola, ma io non davo mai insufficienze particolari. Ero severo, certo, ma facevo una scuola libera. Il liceo classico non è scuola dell’obbligo, se ti ci iscrivi devi anche capire dove sei.[2]
  • Ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. [...] È l'eccezione, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l'animo. (da Il libraio di Selinunte, Einaudi, Torino, 2004)
  • Credete che sia qua soltanto per sviolinare? No, assolutamente. Arrivo dall'aeroporto, entro in città e praticamente ci sono 400 persone su 200 senza casco e in tutti i posti ci sono tre file di macchine in mezzo alla strada e si passa con fatica. Questo significa che tu non hai capito cos'è il senso dell'esistenza con gli altri. Non lo sai, non lo conosci. È inutile che ti mascheri dietro al fatto che hai il mare più bello del mondo. Non basta, sei un'isola di merda. Non amo la Sicilia che rovina la sua intelligenza e la sua cultura, che quando vado a vedere Selinunte, Segesta non c'è nessuno. Non amo questa Sicilia che si butta via.[3]
  • Di Caparezza bisogna cogliere sempre le stringenti assurdità che dice... alcune espressioni che magari non riuscite a capire subito che cosa vogliono dire, ma di una bellezza quasi enigmistica, come se fossero degli indovinelli alle volte... delle parole che state lì a pensare ma cosa sta dicendo Caparezza? E poi vi accorgete che nel contesto è lineare, è perfetta.[4]
  • Dovrei dire che siete la culla della Magna Grecia? Ma la storia antica, la poesia antica, la filosofia antica hanno insegnato a tutto il mondo cos'è l'originalità della vita, la bellezza, la verità, la non paura degli altri. In Sicilia questo non c'è. Io non amo la Sicilia che non si difende, che rovina le sue coste, che rovina la sua intelligenza, la sua cultura. Non la amo per una ragione fondamentale: i siciliani sono la razza più intelligente al mondo ma si buttano via così. Non lo sopporto che la Sicilia non sia all'altezza di se stessa.[3]
  • E io forse ho sognato che tutta l'umanità assomigliasse alla Sicilia. Da vecchio romantico, illuso professore di greco antico, ma non è così oggi la vita. La vita è che se dici merda che significa ti amo, non ti capiscono e soprattutto non ti capiscono i pusillanimi e i mafiosi.[5]
  • Epitteto diceva che nessuno è felice se non è signore di se stesso. Ecco, io sono io e sono contento di esserlo. Ho avuto un’esistenza complicata fatta di una gavetta musicale faticosa, di dolori personali terribili, di amori contrastati. Di questo però è fatta la vita che non può essere lineare. Non mi sono mai abbattuto e ho lottato.[6]
  • Francesco – ha aggiunto Vecchioni - è stato parecchio romanzato. E non voglio andare sul romanzo né sui luoghi comuni però ha delle caratteristiche di perfetta coerenza con quello che dice. Tra queste cose c’è un vero rincrescimento, un vero dolore – si sente e non è casuale – per le sofferenze dell’umanità. Lui ce l’ha e lo si vede quando parla, lo si sente da quello che scrive e da quello che dice. È un Papa di una sincerità immensa...I non cristiani mettono in campo [[il perdono]] probabilmente perché lo hanno imparato da una costruzione materiale e sociale di vita. Noi cattolici ce l’abbiamo per intendimento divino. Ce l’hanno anche le religioni rivelate ma come lo dice Gesù nel Vangelo è diverso da tutti. Lui perdona un ladrone che non ha visto mai in vita sua e che avrà ammazzato il mondo e a cui promette di portarlo con sé in Paradiso.[7]
  • Io ho nonni siciliani, di Messina. Dieci anni fa mi sono detto: adesso vado a vedermela la mia Sicilia. E mi sono commosso davanti al mare, a Selinunte, al monte di Segesta, alle piane immense assolate, al barocco, all'arabo. Tornavo in albergo la sera e strizzavo gli occhi dalla commozione. E poi scendevo sulle spiagge e le vedevo avvilite da alberghi fatiscenti, turismo che non aveva la minima idea di quei paradisi di natura.[5]
  • Il gruppo musicale è quello degli Yorum. Poco importa se fossero bravi o no. Cantavano un tipo di protesta civile dai toni nemmeno poi così accesi, ché se avessero esagerato, lì in Turchia, forse sarebbero morti prima. Cantavano parole che noi siamo abituati ad ascoltare da De Gregori, Guccini, perfino da Celentano. Raccontavano sogni e voglia di vivere insieme, parlavano di uguaglianza, fratellanza, roba che a eccezione di CasaPound, perfino la nostra destra fa finta di crederci. […] Questi tre ragazzi si sono fatti mesi e mesi di sciopero della fame, perché senza l'anima del corpo non gliene fregava niente. Nessuno del grande Occidente si è fatto vivo. […] L'ultimo, Ibrahim Gökçek, è morto dicendo "ci avevano lasciato solo i nostri corpi per combattere".[8]
  • Il libraio leggeva le parole senza imporle all'ascolto, perché le parole non nascono, non nascevano in quell'autore, per favorire, acchiappare, assecondare, manovrare a piacimento le emozioni del pubblico, stipandole nella gabbia di un unico sentire. Il libraio restituiva le parole a se stesse. (da Il libraio di Selinunte)
  • [Sulle frasi pronunciate pochi giorni prima sulla Sicilia] Le mie non erano frasi dette con astio, non contenevano alcun sentimento di razzismo, io ho parlato per amore: le cose si devono pur dire, inutile nascondersi dietro alibi, dietro un mare strepitoso. Qui davvero ci sono intelligenze, cultura, bellezza ai massimi livelli, ma appena sceso dall'aereo mi sono trovato intrappolato in un traffico infernale, in un caos incredibile. Ho provato rabbia. [9]
  • L'Inter è spiritualità, è un modo di vivere, di essere. Un'avventura storica straordinaria: sconfitte, vittorie di Pirro, casualità, è sempre un sabato del villaggio. L'interista è programmato geneticamente alla sconfitta, noi la vittoria non sappiamo come gestirla.[10]
  • L'Inter è una delle mie tre priorità della vita con moglie e figli [...]. Quando insegnavo, avevo un vezzo: se l'Inter vinceva, il lunedì non interrogavo. Era un modo subdolo per far tifare Inter ai miei studenti.[11]
  • [Beatrice Fazi su San Pietro] Mi avvicina a Cristo – dice l’attrice nota per le sue numerose apparizioni in fiction televisive -, perché è un discepolo che ha sbagliato tanto, che ha rinnegato Cristo, che ha pianto amaramente. Mi rivedo molto in lui, mi rivedo nelle crisi di fede che possono capitare a tutti nella vita e soprattutto in quell’entusiasmo iniziale che può spegnersi di fronte alle difficoltà. E invece questo amore che ti investe, questo sguardo fisso di Gesù, è lo sguardo che continuo a cercare di mantenere vivo tra me e il Signore. Pietro è uno di noi – conclude Fazi -. È un uomo schietto, che si butta nella vita, fa e quindi anche sbaglia, ma lascia tutto per Gesù. Ha un rapporto diretto con Lui, ma è molto vicino a tutti gli uomini e le donne. Me lo sento vicino, come un esempio da seguire.[12]
  • Molti son nati poveri, molti son belli, forti, leali; pochi (eppur ci sono) sanno farsi il campo da soli e poi segnare, ma soltanto lui, Adriano, è una forza della natura, "quella" forza della natura.[13]
  • Nasco ateo e cresco comunista. Ma ho fatto le scuole cristiane, l’università alla Cattolica, perciò a stare con i preti ho respirato l’aria della grande cultura ma anche la sottile, eppure pesante, oppressione. Ho fatto il ’68 dalla parte dei buoni, la mia è stata una protesta non violenta. Poi, nel tempo la ricerca della fede l’ho messa dentro almeno dodici canzoni che considero dei brani in “dialogo con Dio”. [Ha avuto risposte dall’Alto?] Mi sono capitate cose inspiegabili, episodi in cui mi sono salvato per un soffio... A un certo punto ho cominciato a chiedermi: perché al mondo avvengono cose che la scienza non sa e non può spiegare? Perché soffrono i più deboli e perché Dio permette tutto questo? Domande da uomo, stupide... Le risposte le ho trovate in incontri e confronti fondamentali, tipo con il cardinal Ravasi e il cardinal Pignedoli, ma soprattutto dalla lettura settimanale del Vangelo. Ci sono verità incredibili, specie in quello di Giovanni e Matteo che nel Discorso della montagna traccia il solco con l’insegnamento: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori».[14]
  • Non è mai possibile che la natura più bella del mondo sia lasciata al caso e la cultura, l'intelligenza più alta del mondo si sciolga nella pigrizia, nel mancato rispetto degli altri, nel disordine, nello sconforto: una cultura così immensa come quella siciliana merita una civiltà che sia alla sua pari. Ed ecco il punto: la Sicilia è un'isola di merda se non si ribella. Non la Sicilia è un'isola di merda. Lo è se non si ribella. Da questa professione d'amore i media hanno estrapolato solo il punto di odio più squallido.[5]
  • [Su Fabrizio De André] Questo è il punto: lui era l'unico poeta della canzone d'autore. Gli altri, me compreso, con l'eccezione forse di Guccini, sono bravi, non poeti. E i suoi testi sono gli unici che reggono anche senza musica. [...] Non è assolutamente per tutti. Il suo era un elitarismo culturale. Aveva il fisico e la testa del poeta. Non aveva bisogno di mettersi in una torre d'avorio: in quella torre ci era nato.[15]
  • Samarcanda oggi non la scriverei. Non credo affatto al destino, credo nella volontà e nella libertà umana.[16]
ItaliaLibri, Milano, 30 ottobre 2000
  • L'italiano, tra non molto, sarà la più bella tra le lingue morte.
  • Tutto questo mare di canzone d'arte ha bisogno non solo del momento spettacolare (palco, esibizione, riproduzione) ma anche di codificazione, interpretazione, inserimento esegetico nella cultura.
  • L'italiano di un tempo corre il rischio di diventare oggetto estetico a rapido esaurimento nell'approccio col reale.
  • Le parole non sono fiato, evanescenza, convenzione. Le parole sono «cose». Niente esiste se non ha nome, perché siamo noi a far esistere il mondo.
  • Le parole sono cose in perenne drammatica trasformazione e specchio del nostro dibatterci in cerca di luce.
Intervista di Vito Magno, Il mio buon momento con Dio, in Rai Vaticano, 2 marzo 2011
  • In questa canzone [chiamami amore] si parla dell'amore universale, per tutte le cose e per il creato.
  • I giovani devono combattere per la cultura.
  • Credo che ogni cosa che avviene nel mondo, anche ciò che sembra apparentemente inspiegabile, è un millimetro del metro di Dio.
  • Sento Dio dentro di me in maniera molto forte. Direi che a parte alcune schermaglie oggi con Lui sono in un buon momento.
  • Credo che Dio agisca dietro le quinte, non impedendo mai la libertà degli esseri umani, non costringendo nessuno a fare cose contro la propria volontà.
  • La fede non ci rende impermeabili, però è un buono scudo, un bell'aiuto.
  • La vera fede è quella che conosce il dubbio, che cerca risposte.
  • Io ho costellato la mia vita, le mie pubblicazioni, i miei dischi, di parole rivolte a Dio, di dubbi, come si può vedere in canzoni come "Blu moon", "Che razza di Dio c'è nel cielo","Tommy".
  • Credo che al di là di tutto ci sia nella vita un meraviglioso disegno che non comprendiamo quasi mai, perché siamo soliti considerare il tappeto dalla parte dei nodi, non dalla parte giusta.
Intervista di Marco Gregoretti, Onore al rigore e al merito, in Class ottobre 2007
  • Manca la voglia di essere primi nel mondo, di eccellere nelle arti come nelle scienze e nella tecnologia.
  • Oggi abbiamo scoperto la tecnologia. Ma siamo i padroni o i suoi servi?
  • Questo deve dare la scuola: il senso, il significato. Non solo Umanismo, ovvero essere usati o semplicemente aiutati dalla scienza, ma anche Umanesimo, cioè capire il senso, avere il fine.
  • Bisogna ricominciare da capo e fare scuola, farla pesantemente, con gli esami a settembre, la meritocrazia.
  • I ragazzi devono faticare. Basta accarezzarli, fategli il culo fin da piccoli.
  • Fare sacrifici è un'ottima parola chiave.
  • Io sono cattolico, però da ragazzo andare a messa, secondo me, era una perdita di tempo. Poi ho capito che quello era il luogo.
  • Se vostro figlio torna a casa e dice di essere stravolto, non credetegli, non esistono insegnanti che li stravolgono.
  • Alla scuola chiederei innanzi tutto di insegnare che cosa è bello, di divulgare l'armonia, di spiegare il senso dei valori.
  • [Si va a scuola] Per diventare una persona.
La canzone del Teatro Canzone
  • Il Gaber della fine degli anni Settanta sa due cose essenziali. Uno: la vita artistica non va buttata via. Due: la canzone non è solo qualcosa che si canta in tre minuti. Deve entrare in un discorso, in un dialogo che dal vivo prende ancora di più. Gaber ha capito che la canzone non è soltanto un oggetto da vendere, e siccome fa entrare nelle case delle persone andrebbe vissuta insieme a queste persone. In un posto adeguato. E da questi presupposti nasce il portare la canzone a teatro, la sua scoperta più grande. [...] Giorgio dà un'importanza fulminante alle parole e ai concetti che con esse esprime. La musica, pur se azzeccata, arriva quasi solo a vestirle. Quanto conta è la parola, che diviene magica nel momento in cui millecinquecento persone sono unite in un teatro ad ascoltarla.
  • Per Gaber "la realtà è più avanti". Parte dalle contraddizioni, dalle contraddizioni interne che nessuno, o quasi, di solito sottolinea. La sua testimonianza si fa dunque prima autocritica, e poi critica della società. Si fa denuncia molto più vasta, e infatti Gaber potrà protrarla anche negli anni Ottanta e Novanta. Del resto l'idea - fondamentale anche oggi - che noi "crediamo" di essere liberi mentre invece siamo "polli di allevamento", non poteva venire dalla canzone politica alla Guccini né dalla rabbia di un Vasco. Poteva venire solo a un intellettuale della canzone come Giorgio. La seconda colonna portante dell'intellettualismo della canzone italiana. L'altra è Fabrizio De André, che però faceva un discorso più astratto. Gaber invece era specializzato sulla realtà, nei confronti della quale è stato feroce, ma mai nichilista.
  • La vera canzone d'autore è una sintesi dell'esistenza, detta in maniera tutto sommato semplice. Perché sebbene alcune canzoni sembrino contorte e difficili, bastano sempre due letture per comprenderle. Inoltre, la vera canzone d'autore non vuole propagare verità assolute, però percorsi, quelli sì.
  • Gaber era semplice e chiaro, non gridava verità ma proponeva strade. Segnalando anche l'importanza del dolore, la necessità nella vita di superare prove difficili. Tutte cose che danno i romanzi, e però in maniera più diretta oggi ci arrivano proprio dalle canzoni d'autore. La forma più rapida per entrare nel contemporaneo. Che poi è sempre stato lo scopo di Giorgio Gaber: cantare l'illogica allegria del vivere la realtà.

Citazioni tratte da canzoni

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Parabola

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Etichetta: Ducale, 1971

  • Luci a San Siro di quella sera | che c'è di strano siamo stati tutti là, | ricordi il gioco dentro la nebbia? (da Luci a San Siro)
  • Milano mia portami via, fa tanto freddo, | ho schifo e non ne posso più, | facciamo un cambio prenditi pure | quel po' di soldi quel po' di celebrità | ma dammi indietro la mia seicento, | i miei vent'anni e una ragazza che tu sai | Milano scusa stavo scherzando, | luci a San Siro non ne accenderanno più. (da Luci a San Siro)
  • Che pacchia avere due talenti, devi restituirne solo venti; tu prova un po' ad averne cento e Dio che ti sta al pelo con il conto. (da Per la cruna di un ago)

Saldi di fine stagione

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Etichetta: Ducale, 1972.

  • Chi ha vinto è là che vomita il suo vino | e quel che conta in fondo è l'intestino. (da Aiace)
  • E tu fai fuori mezzo accampamento, ne volano di teste cento e cento salvo far l'inventario e veder poi che non sono i tuoi giudici, son buoi. (da Aiace)

Ipertensione

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Etichetta: Philips, 1975.

  • E Marco Polo li fregò: | doge, moglie, turchi, idee, | partì da Chioggia ed arrivò | non più giù di Bari, | non più giù di Bari, | poi disse "ho visto orienti magici", | ma almeno aveva avuto della fantasia; | i veneziani che applaudivano | solo invidia e ipocrisia. (da Canzone per Laura)
  • I poeti son vecchi signori | che mangian le stelle | distesi sui prati | delle loro ville, | e s'inventano zingare e more | per farsi credibili agli occhi del mondo | col loro dolore. (da I poeti)

Etichetta: Philips, 1976.

  • La rabbia un tempo la scandiva | soltanto la locomotiva | gettata a sasso sulla strada; | adesso è giorno di mercato | spuntano a grappoli i poeti | tutte le isole han trovato. (da Canzone per Francesco, n. 2, Lato B)

Samarcanda

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Etichetta: Philips, 1977.

  • E spararono al cantautore [Francesco De Gregori] | in una notte di gioventù, | gli spararono per amore, | per non farlo cantare più. | Gli spararono perché era bello | ricordarselo com'era prima | alternativo, autoridotto | fuori dall'ottica del sistema. (da Vaudeville (Ultimo Mondo Cannibale), n. 3, Lato A)
  • Laggiù conobbi pure un vecchio aedo, [Omero] che si accecò per rimaner nel sogno. (da L'ultimo spettacolo, n. 3, Lato B)
  • Ma tu non mi parlavi | e le mie idee come ramarri | ritiravano la testa | dentro il muro, quando è tardi | perché è freddo, perché è scuro: | e mille solitudini | e i buchi per nascondersi... (da L'ultimo spettacolo, n. 3, Lato B)

Calabuig, stranamore e altri incidenti

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Etichetta: Philips, 1978.

  • E l'alba sul Danubio a Marco parve fosforo e miele | e una ragazza bionda forse gli voleva dire | che l'uomo è grande, l'uomo è vivo, l'uomo non è guerra | ma i generali gli rispondono che l'uomo è vino | combatte bene e muore meglio solo quando è pieno. (da Stranamore (pure questo è amore), Lato A, nº 1)
  • Ed il più grande conquistò nazione dopo nazione | e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione | perché più in là non si poteva conquistare niente | e tanta strada per vedere un sole disperato | e sempre uguale e sempre come quando era partito. (da Stranamore (pure questo è amore), Lato A, nº 1)

Montecristo

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Etichetta: Philips, 1980.

  • Stavolta parto davvero | con un vento leggero | che mi soffia alle spalle. | Tu dormi bene il tuo sonno | dove vado lo sanno | solo le stelle. (da La Città senza donne)

Robinson, come salvarsi la vita

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  • Ma finché canto ti ho davanti, gli anni sono solo dei momenti, tu sei sempre stata qui davanti. (da Mi manchi)

Blumùn

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  • Tutto ciò che si piange non è amore. (da Euridice)

Il cielo capovolto

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  • E costruì un delirante universo senza amore, dove tutte le cose hanno stanchezza di esistere e spalancato dolore. (da Le lettere d'amore)
  • Ma gli sfuggì che il senso delle stelle non è quello di un uomo, e si rivide nella pena di quel brillare inutile, di quel brillare lontano.... (da Le lettere d'amore)

El bandolero stanco

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  • Non mi lasciare solo in questa notte che non vedo il cielo, torna bandolero. (da El bandolero stanco)
  • In questa notte seminata di nuvole che non una luce trema, ogni domanda è la risposta a una domanda della risposta prima; ogni ritorno è una falsa partenza, l'illusione di un movimento, come questo bagno di lacrime che non ho pianto. (da Canto notturno (di un pastore errante dell'aria))

Sogna ragazzo sogna

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Etichetta: Emi, 1999.

  • E ti diranno parole rosse come il sangue | nere come la notte | Ma non è vero, ragazzo, | che la ragione sta sempre col più forte | Io conosco poeti | che spostano i fiumi con il pensiero | e naviganti infiniti | che sanno parlare con il cielo. (da Sogna ragazzo sogna, n. 1)
  • Chiudi gli occhi ragazzo | e credi solo a quel che vedi dentro. | Stringi i pugni, ragazzo | non lasciargliela vinta neanche un momento | copri l'amore, ragazzo, | ma non nasconderlo sotto il mantello | a volte passa qualcuno, | a volte c'è qualcuno che deve vederlo. (da Sogna ragazzo sogna, n. 1)
  • Sogna, ragazzo sogna | non cambiare un verso della tua canzone, | non lasciare un treno fermo alla stazione, | non fermarti tu... (da Sogna ragazzo sogna, n. 1)
  • Lasciali dire al mondo | che quelli come te perderanno sempre. | Perché hai già vinto lo giuro, | non ti possono fare più niente. | Passa ogni tanto la mano | su un viso di donna, passaci le dita | nessun regno è più grande | di questa piccola cosa che è la vita. (da Sogna ragazzo sogna, n. 1)
  • E la vita è così forte | che attraversa i muri per farsi vedere. | La vita è così vera | che sembra impossibile doverla lasciare. | La vita è così grande | che quando sarai sul punto di morire, | pianterai un ulivo | convinto ancora di vederlo fiorire. (da Sogna ragazzo sogna, n. 1)
  • Perché mi batterò per te con un esercito di idraulici, condomini, dentisti, rompipalle e bottegai. Mi coprirò delle ferite della noia, quelle che nessuno vede e che non sanguinano mai. (da Ritratto di signora in raso rosa, n. 9)
  • [...] è più difficile spostare l'esistenza un po' più giù del cielo e diventare un uomo, per te. (da Ritratto di signora in raso rosa, n. 9)
  • Qui dentro il dolore è un ospite usuale, ma l'amore che manca è l'amore che fa male. (da Canzone per Alda Merini, n. 4)
  • Perché basta anche un niente per essere felici, basta vivere come le cose che dici, e divederti in tutti gli amori che hai per non perderti, perderti, perderti mai. (da Canzone per Alda Merini, n. 4)

In Cantus

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Etichetta: Universal Music, 2009.

  • Se tornassi indietro spenderei questa vita insieme a voi, la ballerei e non la sprecherei in grandi idee, soltanto gli istanti di vento rivivrei con voi, con voi l'amerei come non l'ho amata mai. (da Se tornassi indietro)

Chiamami ancora amore

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Etichetta: Universal Music, 2011.

  • E per tutti i ragazzi e le ragazze | che difendono un libro, un libro vero, | così belli a gridare nelle piazze | perché stanno uccidendoci il pensiero. (da Chiamami ancora amore, n. 1)
  • Perché le idee sono come farfalle | che non puoi togliergli le ali, | perché le idee sono come le stelle | che non le spengono i temporali, | perché le idee sono voci di madre | che credevamo di avere perso, | e sono come il sorriso di Dio | in questo sputo di universo. (da Chiamami ancora amore, n. 1)

Scacco a Dio

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  • Sembra quasi che lo facciano per farmi dispetto: arrivati a un certo punto è come se spegnessero la stella che li guida, come se s'incidessero un'altra linea della vita sulla mano. No, non parlo di peccati, quelle sono minuzie: dico il loro cammino, il corso del loro destino. Hanno un solco da seguire, un viaggio da compiere e improvvisamente lo cancellano, lo resettano vogliono essere altri da sé; stropicciano le loro anime fino a rendersele irriconoscibili, si ribellano alla felicità.
  • Siamo come siamo, ed è "nutrimento terrestre" la nostra libertà.
  • Quel che riteniamo ingiusto è solo il nostro amor proprio offeso.
  • Dio è il passatempo preferito della nostra mediocrità: una personalità che supplisca a quella che non abbiamo.
  • Non ci sono tragedie su cui piangere, l'uomo è ridicolo fin dalla nascita, la vita di per sé non ha senso, e diventa vera solo quando imita l'arte.
  • C'è qualcuno che sanguinerebbe parole per essere ascoltato, anche solo un secondo, ma non si può.
  • Oggi essere comprensibili equivale ad essere scoperti.
  • Dio, se mi capitasse qualcosa per togliermi questa paura di essere al mondo.
  • Gli uomini sono sempre inferiori alle loro idee.
  • L'attore è un uomo finto che dice cose vere con parole finte o un uomo vero che dice cose finte con parole vere?
  • Ora vedo che le parole agiscono in maniera imprevedibile, e che non bisogna credere a ciò che si vede.
  • Cos'era il male? Cos'era il bene? S'interrogava, Kyd, e decideva di non decidere.
  • Rideva di Vangeli, Bibbie e Corani, come di fandonie nate dalla vigliaccheria e dall'impotenza umana, e per la stessa ragione non sopportava gli uomini, massa di mediocri, pezzi infranti di una vetrata mai esistita, soffi di vento senza direzione, creduli, perdenti, patetici al punto da mettersi insieme per poter gridare contro qualcuno: solo le grandi menti meritavano grandi passioni, solo i grandi giocatori meritavano il mondo.
  • Freddo, quasi metallico, magico e raccapricciante insieme, lento a scandire, come se le parole fossero state gioielli di oscuro brillio.
  • Piantala. Io sono stufo di chi ero, non di chi sarò. Di chi già sono, in verità, perché tra tutti gli esseri in natura solo agli uomini è dato di cambiare, cancellare e riscrivere: abbiamo una scelta, una via di fuga.
  • A volte la vita prende le sembianze di un sogno e devi ricominciare tutto da capo come un neonato stupito e incredulo di non trovare la mammella della madre.
  • È una storia d'amore e d'arte, ma soprattutto di destini, di strade intrecciate dal cielo, che a un certo punto non riconosciamo più e non vogliamo seguire, perché se l'uomo non è padrone dell'universo, come dice Bruno, è comunque e sempre padrone di se stesso.
  • Fermò la nostalgia, la mise al muro e se la infilò per sempre nel cuore come una maniera di vivere.
  • Gli uomini cantano quando le parole non bastano, quando non riescono a dirle, forse perché da sole sarebbero persino ridicole.
  • È un'irriducibile attesa senza la minima idea di speranza, è una cocciutaggine del cuore che non vuole arrendersi alla linea del destino.
  • Vuol dire che la «non libertà» è libertà.
  • E tra tutti questi pensieri gli si affacciò alla mente, gli percorse il cuore una malinconia profonda di qualcosa che neppure lui sapeva bene cosa fosse, un che di perduto o mai colto, un'ombra giù nell'anima, un tratto confuso dell'instabilità umana, della condanna a trovare la felicità per non essere mai felici.
  • Scrivo per uscire, scappare da queste infinite, inutili storie di niente che sono i processi, le guerre, le spedizioni, le conquiste, gli dèi perfino: milioni di granelli di sabbia siriaca che basta un'onda per spazzarli via.
  • Viviamo di sussurri e non di urla.
  • Sto lì, ebete di sogni spezzati.
  • Passato. Il volo di colombe ha oscurato le nubi, parola data è un soffio, si è confusa al cielo, si è mischiata alla terra, fa compagnia ai vermi.
  • Ho ritrovato un po' di fiato, il respiro: ora riesco a leggermi, come in uno specchio. Contemplo la mia faccia, la mia miseria. Basta. Basta. Quante volte me lo sono detto? Quante volte sono tornato indietro?
  • Via, via, altre strade, altri mari, diverso cielo di sconosciute stelle: sì che anche le stelle non mi conoscano, non sappiano chi io sia.
  • Si scrive perché non si vive: è una scusa, una difesa, una resa.
  • Non piango, non so piangere, non ho mai imparato a farlo. Non conosco la commozione, solo il rimpianto e lo struggimento: conosco il fastidio e la noia, l'assenza e il rifiuto. Ho un groppo in gola, qui, adesso, ma non ci provo nemmeno a versar lacrime, perché se dovessi farlo una volta non la smetterei più per tutti i giorni che mi restano.
  • È stato come chiedere scusa, a te, ma anche a me.
  • Se siamo armate e addestrate, siamo in grado di convincere gli uomini che anche noi abbiamo mani, piedi e un cuore come il loro e che anche se siamo delicate e tenere, ci sono uomini delicati che possono essere forti e uomini volgari e violenti che sono dei codardi. Le donne non hanno ancora capito che dovrebbero comportarsi così, in questo modo riuscirebbero a combattere fino alla morte e per dimostrare che ciò è vero, sarò la prima ad agire, ergendomi a modello. (Veronica Franco)
  • A voi uomini sembra impossibile, perché non potete leggerci dentro. Ma noi non abbiamo ieri e domani, noi abbiamo solo il momento che resta e non passa, quel che è stato non conta, quel che sarà non c'è: ogni frammento, ogni giorno fa parte a sé: ogni giorno di gioia è come eterno ed è quello il nostro segreto. A voi uomini sembra impossibile, perché non conoscete la felicità. (cavallo verso gli uomini)
  • In un attimo, e non chiedermi perché, ho rivisto tutto il male, tutta l'ipocrisia del mondo vincere impunemente, schiacciare la bellezza, la verità e... e mi sono commosso.

Il libraio di Selinunte

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Un libraio che non vende libri ma li legge ad alta voce. E li legge a un ragazzo, l'unico che abbia orecchie per lui. Saffo, Pessoa, Tolstoj, Rimbaud... Perché «tutte le parole scritte dagli uomini sono forsennato amore non corrisposto; sono un diario frettoloso e incerto che dobbiamo riempire di corsa, perché tempo ce n'è poco. Un immenso diario che teniamo per Dio, per non recarci a mani vuote all'appuntamento».

Citazioni

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  • Niente si muove, né al di qua, né al di là, né dentro di me. Ed è in quei momenti che me ne accorgo: niente vive cosi intensamente come il tempo fermo; perché non sono le persone che corrono, gli oggetti che cadono, le voci che risuonano, a fare la vita: quelle sono imitazioni inesatte della vita.
  • Non era solo per stare al coperto, ripararsi dalla pioggia: ci dev'essere stata in loro la certezza assoluta di essere più del giorno che passa, oltre gli anni e di là dal tempo.
  • Il prodigio della memoria non era niente rispetto a quanto mi succedeva nella mente e nell'anima.
  • [...] bellezza è questo vestito che ti senti cucito addosso, soffice, caldo, indistruttibile, fra tanti altri che mancano sempre di qualcosa.
  • Pensai: è come quando conosci una persona e non ci son più gli occhi, il braccio, le spalle, i piedi, i capelli; quelle cose non sono la persona, neanche messe tutte insieme: la persona è un'altra cosa.
  • Io sono un uomo: altro non c'è, non contano né il viaggio né gli incontri, non contano la tempesta e il sole, non contano i giorni, le ore; non conta nemmeno il senso delle cose, che brilla o si spegne. Io sono un uomo e basta: al di là e oltre, con o senza tutto questo.
  • Ma così è la disperazione, come una preghiera senza destinatario.

Citazioni su Roberto Vecchioni

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  • Era severo quando interrogava o quando dovevamo fare i compiti, ma era anche incredibilmente umano. Innamorata è un parolone, ma noi lo veneravamo, eravamo innamorati della sua essenza. Era come un’entità soprannaturale per noi, non un uomo normale. Nessun altro professore aveva la sua capacità di connettersi agli adolescenti. (Paola Iezzi)

Collaborazioni

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  1. Come citato in Laura Bombaci, In Altre Parole, Alfa: “A Vecchioni do del lei, è un professore”. L’ex docente: “Lui è la sintesi del meglio dei ragazzi di oggi”, Tecnica della Scuola, 4 marzo 2024
  2. Citato in Paola Iezzi allieva di Vecchioni, il racconto del prof: “Andava malissimo, il liceo classico non è scuola dell’obbligo, se ti ci iscrivi devi anche capire dove sei”, Orizzonte Scuola, 12 marzo 2024
  3. a b Dall'incontro Mercanti di luce. Narrare la bellezza tra padri e figli; citato in Salvo Intravaia, Vecchioni: Sicilia "isola di merda". Il sindaco di Palermo: "Ha ragione", Repubblica.it, 3 dicembre 2015.
  4. Dal programma televisivo Amici, Canale 5, 28 marzo 2013. Video disponibile su Mediaset.it.
  5. a b c Da una lettera aperta pubblicata sul Corriere della Sera dopo le polemiche per il suo intervento di pochi giorni prima all'incontro Mercanti di luce. Narrare la bellezza tra padri e figli; citato in La lettera di Vecchioni alla Sicilia: «Un'Isola di merda se non si ribella», La Sicilia.it, 6 dicembre 2015.
  6. Dall'intervista di Claudio Cumani, Vecchioni: "Scrivo per lasciare una traccia", Il Resto del Carlino, 26 marzo 2024.
  7. Come citato in Papa Francesco porta Gesù sul viso e vero dolore per le sofferenze dell'umanità, in Famiglia Cristiana
  8. Da Ho un macigno nel cuore, la Repubblica, 10 maggio 2020, p. 30.
  9. Citato in "Sicilia, isola di m...", Vecchioni: era una provocazione d'amore, Giornale di Sicilia.it, 5 dicembre 2015.
  10. Da Vecchioni: «Inter, un amore nato per ripicca», Corriere dello Sport, 11 agosto 2009.
  11. Da un'intervista a Radio Deejay; citato in Federica Bandirali, Vecchioni: «Se l'Inter vinceva il lunedì non interrogavo. Un modo subdolo per farla tifare ai miei studenti», corriere.it, 24 marzo 2024.
  12. Citato in Mimmo Muolo, Vecchioni, luci a San Pietro. «Ecco la mia fede», L'Avvenire , 22 novembre 2023
  13. Dalla prefazione a Luigi Ferro, Giampiero Rossi, Le memorie di Adriano (quello vero), Melampo.
  14. Citato in Massimiliano Castellani, Vecchioni: «Io credo nel perdono e nel futuro», 24 dicembre 2021
  15. Citato in Vecchioni: "De André, il Pirandello della canzone", Corriere della Sera, 15 gennaio 1999.
  16. Dall'intervista Giangiacomo Schiavi, Roberto Vecchioni: «Oggi non scriverei più Samarcanda», corriere.it, 2 febbraio 2019.

Bibliografia

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  • Roberto Vecchioni, Il libraio di Selinunte, Einaudi, Torino, 2004. ISBN 88-06-16739-1
  • Roberto Vecchioni, La canzone del Teatro Canzone. Appunti sulla specificità di un linguaggio; in Gaber, Giorgio, il Signor G. Raccontato da intellettuali, amici, artisti, a cura di Andrea Pedrinelli, Kowalski, Milano, 2008, pp. 207-210. ISBN 978-88-7496-754-4

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