Aristofane
Aristofane (450 a.C. – 388 a.C.), commediografo greco antico.
Citazioni di Aristofane
modifica- Mai otterrai che il granchio cammini diritto... (da La pace, ne Le Commedie)
- Ognuno dovrebbe fare il mestiere che sa! (da Vespe, ne Le Commedie)
Gli Acarnesi
modifica- Diceopoli: Quante trafitte a questo cuore! Gioie
n'ebbi poche, assai poche, due o tre;
ma dispiaceri... Sí, conta le arene!
Citazioni
modifica- Diceopoli: Tu che al culo focoso il pelo radi,
tanta barba, o scimmiotto, al mento avendo,
camuffato da eunuco, ti presenti?
E quest'altro chi è? Che sia Stratone? [insulto] (p. 99) - Moglie: Bella figliuola, porta con bel garbo
la cesta, e fa' la grinta di chi sbiascia
santoreggia. Mortale fortunato,
chi ti si piglierà, chi avrà da te
donnole, brave non meno di te
a trar corregge, quanto spunta l'alba!
Sù, fatti avanti, e bada che nessuno
t'abbia a involare, fra la calca, l'oro. (p. 109) - Diceopoli: Dunque i denti converrà che anch'io vi mostri!
A mia volta i più diletti porrò a morte amici vostri.
Degli ostaggi ho in mio potere: or li prendo, ora li scanno. (p. 113)[L'ostaggio è una cesta di carbone e i minacciati in questione sono il coro dei vecchi Acarnesi, adirati con Diceopoli per la sua iniziativa pacifista nei confronti degli Spartani] - Anche le buffonate sanno la verità. (vv. 500-501)
I cavalieri
modifica- Servo A: Poveri noi, che guai, poveri noi!
Mandino i Numi un accidente a quella
birba d'un Paflagone comperato
ultimamente e a tutti i suoi consigli!
Dal dí che s'è ficcato in questa casa,
da mane a sera appioppa botte ai servi!
Servo B: Un accidente a secco, a questa schiuma
dei Paflagoni, ed alle sue calunnie!
Servo A: Come stai, poveraccio?
Servo B: Come te: male!
Citazioni
modifica- Quando gli uomini bevono, allora sì | che diventano ricchi, riescono negli affari, vincono le cause, | sono felici ed aiutano gli amici. (92-4)[1]
- Paflagone: I beni pubblici pria che vengano spartiti
tu divori. E come fichi palpi, strizzi co' tuoi diti
quanti debban render conti, per sentir quale è maturo,
quale è acerbo. (p. 207) - Corifeo: Ingiuriare i sudicioni, non è peccato: significa onorare gli onesti, a pensarci bene.[2]
Le rane
modificaRosso: Devo dirne qualcuna delle solite,
padrone mio, che fanno sempre ridere
gli spettatori?
Dioniso: Sí, quella che vuoi,
tranne: mi schiaccia! Questa te la puoi
risparmiare: oramai fa proprio rabbia.
Rosso: Neppure un'altra fine fine...
Dioniso: Tranne:
mi stritola!
Rosso: Di' un po': ne dico una
proprio tutta da ridere?
Dioniso: Coraggio!
Basta che poi non dica...
Rosso: Che?
Dioniso: Mutando
spalla alla forca, che te la fai sotto.
Citazioni
modifica- Dioniso: Né voi me: da mattina a sera | strillerò, se ce n'è bisogno, | Brechechechè, coà, coà! | sinché non v'abbia fatto smettere quel coà! | Brechechechè, coà, coà, | brechechechè, coà, coà! | (Le rane ammutoliscono) L'avevate a finir, con quel coà!
- [Su Alcibiade] Lo ama, lo odia, lo vuole. (Dioniso, verso 1425; traduzione di Guido Paduano, 1996)
Gli uccelli
modificaSperarbene: Diritto, dici, dove c'è quell'albero?
Gabbacompagno: Crepa! – Questa, poi, gracchia un dietro fronte!
Sperarbene: Pover'òmo, che andiamo in su e in giú?
Gira e rigira, ci ammazziamo a ufo!
Gabbacompagno: E io, misero me, per dare ascolto
a una cornacchia, me ne vado a zonzo
per piú di mille miglia!
Sperarbene: E io, per dare
ascolto a un graccio, ho già ridotte in polvere
l'unghie dei piedi, poveretto me!
Citazioni
modificaTesmoforiazuse
modificaMnesiloco: Quando ti si rivede, o rondinella!
Perdio, l'amico, qui, tira alla pelle:
mi porta a zonzo da stamani all'alba.
Prima ch'io sputi un'ala di polmone,
si può sapere dove andiamo, Euripide?
Euripide: Udir non devi ciò che or or vedrai
con gli occhi tuoi.
Mnesiloco: Come hai detto? Ripetilo.
Non ci devo sentir?
Euripide: No, quando sia
presso a vedere.
Mnesiloco: Dunque, non ci devo
neppur vedere?
Euripide: No, qualor sia cosa
che udir si dée.
Citazioni
modifica- L'uomo saggio in breve sa esporre molti pensieri. (vv. 177-178)
Lisistrata
modifica- Lisistrata: Di' che qualcuno le avesse invitate
alla festa di Bacco, o di Colìade,
o delle Genetìllidi, o di Pane,
che pigia pigia ci sarebbe stato
di timpaniste! Da sbarrar la via.
Ora, invece, non c'è nessuna donna.
Citazioni
modifica- Non esistono al mondo creature più sfrontate delle donne. (v. 369)
- Chiunque è un uomo libero non può starsene a dormire. (v. 614)
- [La donna,] non si può vivere con questo accidente, né senza! (vv. 1038-1039)
- E noi, anche bevendo, ci siamo comportati saggiamente. | È naturale, visto che quando siamo sobri ci comportiamo da stupidi. (vv. 1227-1228)
- Se cediamo, se gli diamo il minimo appiglio, non ci sarà più un mestiere che queste, con la loro ostinazione, non riusciranno a fare. Costruiranno navi, vorranno combattere per mare […]. Se poi si mettono a cavalcare, è la fine dei cavalieri (vv. 671-676)
Pluto
modificaNocciola: Giove mio! Santi Numi! Oh, che fastidio
stare al servizio d'un padrone pazzo!
Il servo potrà dar consigli d'oro
sin che gli piace: se chi tiene il mestolo
si vuol rompere il collo, dopo, i guai
sono a mezzo! Ché il diavolo non vuole
ch'abbia la signoria del proprio corpo
chi ci sta dentro, ma chi l'ha comprato.
Cosí vanno le cose! E adesso, poi,
io me la piglio con l'ambiguo Apollo,
che dal tripode d'oro oracoleggia.
Non ho forse ragione? Lui che, dicono,
è medico e indovino da cartello,
ha rimandato il mio padrone pazzo
da legare. Ché va dietro le peste
d'un uomo cieco; e fa tutto il contrario
di quello che dovrebbe. Perché noi
che ci vediamo, li guidiamo, i ciechi.
Questo si fa guidare, e vi costringe
me, né risponde sillaba.
Citazioni
modifica- La patria è sempre dove si prospera. (v. 1151)
Ecclesiazuse
modifica- Prassagora: Della tornita lampa occhio fulgente,
ora che appesa e bene in vista sei,
la tua sorte esporremo e i tuoi natali.
Poi che da figulino impeto espressa
col volubile disco, un rutilante
sole hai nel becco, dà con la tua fiamma
il convenuto segno. In te soltanto
fiducia abbiamo, e con ragion; ché pure
quando proviamo afrodisiache pose
nelle stanzucce nostre, e tu ne assisti;
né dai suoi Lari alcuno esclude mai
la tua pupilla, vigile dei corpi
agl'intrecci lascivi; e sola brilli
nei penetrali delle cosce arcani,
e il pel florido v'ardi. E quando l'arche
di pomi colme e del licor di Bacco
saccheggiamo, ne assisti; e non spettegoli
quanto con noi facesti, al vicinato.
Citazioni
modifica- Chi vi vuole bene, vi fa paura. (vv. 180-181)
- Ostrichebeccalarazzeteste
dipalombofrattaglieinsalsapiccantedi
silfioformaggiomieleverdatasu
tordimerlicolombipiccioni
gallettiarrostocefalicutrettole
leprimostardaalidascranocchiare.
- λοπαδοτεμαχοσελαχογαλεο-
κρανιολειψανοδριμυποτριμματο-
σιλφιοκαραβομελιτοκατακεχυμενο-
κιχλεπικοσσυφοφαττοπεριστερα-
λεκτρυονοπτοκεφαλλιοκιγκλοπε
λειολαγῳοσιραιοβαφητραγα-
νοπτερύγων. (vv. 1169-1175)
Le nuvole
modificaFrancesco Ballotto
modificaAhimè, o potente Giove, come sono lunghe
queste notti! Non finiscono più. Non vorrà mai
farsi giorno? Eppure è da un pezzo che ho sentito
il gallo, ma i servi giù ancora a russare...
...
(guardando il figlio) E neppure questo bellimbusto
si sveglia la notte, ma, tutt'avvolto in un mucchio
di pellicce, pacifico scorreggia.
[Aristofane, Le nuvole, traduzione di Francesco Ballotto, Newton Compton, 1991]
Fruttero e Lucentini
modificaStrepsiade — Per Zeus, come sono diventate lunghe queste notti! Notti eterne. Il giorno non viene mai, per questa gente? Il gallo ha cantato già da un pezzo, e i servi sono ancora lì che russano. Una volta queste cose non succedevano!
[Aristofane, Le nuvole, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]
Ettore Romagnoli
modificaLesina: Ahimè, ahimè, che affare lungo queste
notti, signore Giove! Non finiscono
piú. Quando mai si farà giorno? Eppure
ho inteso il gallo da un bel pezzo! E i servi
sotto a russare. Eh, un tempo non russavano!
Ti si pigliasse un accidente, oh guerra!
Per tante cause, e poi, perché non posso
piú castigare i servi!
[Aristofane, Le nuvole, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933]
Citazioni
modifica- Non ero capace di dire neppure tre parole. (1402)
- Ουδ' άν τρί' ειπείν ρηματ' οιός τ' εν.
Le vespe
modificaSosia: Ehi, che fai, Rosso, poveraccio?
Rosso: Monto
la guardia! Cerco d'ammazzare il tempo!
Sosia: Hai qualche vecchio conto da saldare
alle tue coste? Sai che bestia è quella
che custodiamo?
Rosso: Altro se lo so!
Ma voglio appisolarmi un pocolino!
Sosia: E tu risica! Giusto anche a me scende
un sonno dolce dolce sulle pàlpebre!
La pace
modificaServo A: Dà, dà una pizza per lo scarafaggio,
sbrígati!
Servo B: Eccola, dagliela, gli prenda
un accidente a secco! E non gli càpiti
di trangugiare mai pizze piú ghiotte!
Servo A: Un'altra, qui, di merda di somaro!
Servo B: Siamo daccapo? E dov'è andata quella
che gli hai portata adesso adesso? Non
l'ha voluta?
Servo A: Macché! Se l'è ghermita,
ne ha fatto con le zampe una pallottola,
e giú, un boccone! E intridine dell'altre,
svelto! E compatte!
Citazioni su Aristofane
modifica- Lo spirito comico è una mescolanza dell'epico e del giambico. Aristofane è Omero e Archiloco insieme.
Magia, caricatura e materialità sono i mezzi mediante i quali la commedia moderna può diventare interiormente simile all'antica aristofanea, come esteriormente mediante la popolarità demagogica... Ma spirito entusiastico e forma classica restano sempre l'essenza dell'arte comica. (Friedrich Schlegel)
Note
modifica- ↑ Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
- ↑ In Aristofane, Le commedie, traduzione di Benedetto Marzullo, consulenza redazionale di Enrico V. Maltese, Newton Compton, 2012. ISBN 978-88-541-4404-0
Bibliografia
modifica- Aristofane, Gli Acarnesi, traduzione e introduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Gli uccelli, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, I Cavalieri, traduzione e introduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, La pace, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Le donne a parlamento, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Le donne alla festa di Demetra, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Le nuvole, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Le nuvole, traduzione di Francesco Ballotto, Newton Compton, 1991
- Aristofane, Le rane, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Le vespe, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Lisistrata, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Pluto, traduzione di Ettore Romagnoli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1933.
- Aristofane, Le Commedie, traduzione di Benedetto Marzullo, Newton Compton, 2008, 2012.
Altri progetti
modifica- Wikipedia contiene una voce riguardante Aristofane
- Wikisource contiene una pagina dedicata a Aristofane
- Wikibooks contiene testi o manuali su Aristofane
- Wikiversità contiene informazioni su Aristofane
- Commons contiene immagini o altri file su Aristofane
Opere
modifica- Gli Acarnesi (425 a.C.)
- I cavalieri (424 a.C.)
- Le nuvole (423 a.C.)
- Le vespe (422 a.C.)
- La pace (421 a.C.)
- Gli uccelli (414 a.C.)
- Tesmoforiazuse (411 a.C.)
- Lisistrata (414 a.C.)
- Le rane (405 a.C.)
- Ecclesiazuse (392 a.C.)
- Pluto (388 a.C.)