Giorgio Terruzzi

giornalista italiano

Giorgio Luca Maria Terruzzi (1958 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Giorgio Terruzzi modifica

  • Di Räikkönen si parla tanto, ma resta un pilota sopravvalutato. [...] Räikkönen resta un pilota con doti enormi uguali alle sue carenze, mentre se parliamo di un leader, significa che stiamo considerando un conduttore in grado di combattere battaglie sempre ad alto livello, cioè stiamo parlando di campioni, soggetti molto diversi dal Kimi dei nostri giorni.[1]
  • [Su Ayrton Senna, «cosa lo ha reso così speciale?»] La sua umanità, oltre che il suo talento cristallino. Si dice che chiunque ricordi esattamente cosa stesse facendo nel momento in cui è morto Senna, proprio ad indicare quanto fosse speciale. La sua morte è stata una tragedia condivisa [...]. Anche i ragazzi, troppo giovani per averlo visto correre all'epoca, lo ammirano e lo conoscono, continuando a tramandarne la memoria: è come se avesse lasciato dei frammenti di anima che vengono raccolti quotidianamente.[2]
  • Mura ha significato per me, credo per molti di noi, un riferimento alto e costante, sia pensando alla qualità dello scrivere, sia al significato dello sport, sia alle storie di chi con lo sport traccia una via, una avventura preziosa. Ci conoscemmo quando ero un ragazzo, grazie a Beppe Viola. Lavoravamo nelle stesse stanze di viale Arbe a Milano, in quello che Beppe definì "il marchettificio" perché si trattava di guadagnare il pane scrivendo per chiunque chiedesse pezzi di varia umanità. Era un appartamento trasformato in ufficio, c'era una piccola cucina dove mettevamo su delle moka in continuazione, dove mettevamo in tavola roba varia e unta in arrivo da improbabili rosticcerie limitrofe, dove Beppe, Gianni e Sergio Meda soprattutto giocavano a carte arrabbiandosi moltissimo. Avere attorno gente così è stato un privilegio e un onore per me, visto che si impara meglio da chi sa cosa significa non accontentarsi, non piegarsi, non metterla giù dura. E chi ha ricevuto da Gianni una quantità straordinaria di racconti e storie sa benissimo di cosa sto parlando. Parole scelte, se possibile, sempre. Era una persona non sempre facile; era una persona per bene.[3]
  • [Sul campionato di Formula 1] Si dice che vincono sempre gli stessi, ma d'altronde non è che nel campionato di calcio si faccia tutto per far vincere il Chievo.[4]

Citazioni tratte da articoli modifica

Corriere della Sera modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Ayrton Senna] C'è qualcosa che va oltre i tre titoli mondiali, le 41 vittorie, le 65 pole, quella straordinaria tensione agonistica che gli permise di vincere quando avrebbe dovuto perdere; di correre contro, ad ogni costo, quando avrebbe potuto e dovuto rispettare regole e avversari. C'è qualcosa che va oltre quella morte così brutale, teletrasmessa, inaccettabile, che lo portò via [...] dentro il fine settimana più drammatico e crudele mandato a memoria. C'è qualcosa che va oltre il suo volto di allora, «frizzato» per sempre, come accade quando un uomo, un personaggio, un simbolo, si trasforma in un eroe «giovane e bello» da celebrare all'infinito. Incontrare ancora oggi Ayrton Senna nelle nostre giornate, nei nostri ricordi, nella nostra passione, significa avere a che fare con un rapporto complesso, qualcosa che, certo, coinvolge chi segue le corse ma non soltanto; che ripristina le immagini ultime e drammatiche di una fine tragica ma non soltanto. Un pilota, un campione, ovviamente. Ma qui abbiamo avuto una persona che riuscì in modo suo soltanto a comunicare con altre persone. [...] Senna intese la sua carriera come una specie di missione. Un monaco da pista, perennemente dedicato a cercare una qualità alta del proprio fare. Era una bisogno primario per lui, l'unico modo, crediamo, per restituire ciò che aveva ricevuto in termini di talento e opportunità. [...] Senna vinceva, piangeva, litigava, ammetteva, parlava delle lacrime, dei propri sentimenti, esponeva un'anima spesso tormentata. Parlava di Dio, come se fosse a sua volta un compagno, un giudice. Ed era così consapevole dei propri sacrifici, da convincerlo per poi tirarlo dalla sua parte anche quando il suo punto di vista conteneva un diritto assai discutibile. [...] Questo abbiamo avuto e questo abbiamo. Uno straordinario compagno di viaggio. Il cui valore emerge e si rafforza talvolta quando ci accorgiamo di averlo perduto. Non importa compararlo ad altri grandi della velocità, non è sufficiente conteggiare imprese comunque memorabili. Nel dolore di quella morte improvvisa e inattesa c'è la fine di un'avventura preziosa e per molti versi unica.[5]
  • [Su Frank Williams] Era un reduce, protagonista di un'epoca che vive nella memoria di vecchi innamorati.[6]
  • [Su Charles Leclerc] [...] pare un divo, un cannibale, il ragazzo ideale per mamme, figlie e tifosi dal palato fine.[7]
  • [Sulla Coppa del Mondo di rugby 2023] [...] una vetrina che avrebbe dovuto divulgare valori, rispetto delle regole ma si è visto qualcosa di diverso. [...] Certo, gli staff tecnici rimangono in tribuna, nessun mister si permette quelle sceneggiate a bordo campo tipiche del pallone. Ma ciò che più stupisce i rugbisti allo stato puro, riguarda un passaggio di consegne in senso inverso rispetto alle attese. Il pubblico attende in silenzio quando un giocatore avversario si prepara a calciare. Macché: fischi e sberleffi reiterati dalle tribune. Nessun giocatore, salvo il capitano è autorizzato a parlare con l'arbitro. Macché: un numero crescente di piloni, mediani, trequarti, protesta, mette il becco. Guai a simulare, se lo fai, una vergogna. Beh, abbiamo assistito a scene mai viste, pur di indurre il direttore di gara a ricorrere alla moviola [...]. Insomma, il peggio del repertorio calcistico intrufolato nei meccanismi del rugby. Un imbarbarimento in luogo di una nobilitazione. Vizi adottati in luogo di virtù consegnate. Con annessa qualche contraddizione palese. Troppe regole, una rapidità spaventosa delle esecuzioni, arbitri che non ce la fanno a interpretare queste veementi partite di scacchi giocate ad altissima velocità. La Coppa del Mondo contiene un monito: le stringhe sono lasse, tocca stringerle, serve correggere, ripristinare una tradizione preziosa. Altrimenti ogni buon esempio proprio del rugby, rischia di scivolare nella retorica, in un vanto risibile.[8]

Redbull.com modifica

  • [Su Andrea Dovizioso] Questo giovane uomo "sbocciato" non proprio per caso nel suo tempo adulto, mostra sempre una capacità analitica profonda, una semplicità nei modi che ha a che fare con una complessità del ragionamento percorsa per vie intime.[9]

Terruzzi racconta – rubrica modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Michael Schumacher] Alla Ferrari arrivò nel 1996, dopo due vittorie Benetton precoci e travolgenti. Noi, venuti su con Senna, non è che lo guardassimo con simpatia. Imparammo a rispettarlo prima, ad ammirarlo poi. Lavoravo, in quegli anni, in coppia con Pepi Cereda. Era un caro amico, prima che collega, ed era un tifoso di Schumacher della prima ora. Ci andava lui ad intervistarlo, così sempre, gara dopo gara. Sino alla fine. Perché Pepi si ammalò gravemente e ci ha lasciati con una rapidità dolorosissima. Smise di seguire i Gran Premi e Schumacher chiese come mai, dove fosse. Lo presi da parte, gli spiegai. Gli dissi che Pepi, porcapaletta, non sarebbe più tornato a vagare per i box. Lui volle il numero di telefono del nostro amico. Lo chiamava, la sera, dopo le prove, lo fece per molti giorni. Pretese informazioni dettagliate sulla malattia e nelle corse successive fissavamo un appuntamento il giovedì pomeriggio, per parlarne, a costo di apparire come due cospiratori. Era autenticamente coinvolto, sinceramente vicino. Quando Pepi volò via, alla vigilia del Gran Premio del Belgio 2001, fu difficile per me andare avanti. Mi diede conforto, fu meraviglioso. E a Pepi dedicò la vittoria il giorno successivo, mentre facevo fatica a tenere in mano il microfono, preso da una struggente commozione. Le persone, ecco... le persone si rivelano prima o poi. [...] Perché parliamo di un uomo importante, nascosto da un pilota immenso.[10]
  • Massa non ha mai detto "ba" nei momenti grami [...], non l'ha messa giù dura nei momenti felici. Più semplicemente, ha fatto il suo mestiere con una dignità e una onestà palesi. [...] L'unico pilota salutato, in questi mesi successivi all'annuncio del ritiro, con sincero affetto da chiunque. Ex squadre, ex tecnici, ex meccanici, colleghi di ieri, di oggi, giornalisti: tutti a dirgli grazie e buona fortuna, come si fa con un vecchio amico. Con un uomo che raccoglie ora ciò che ha seminato. Educazione, rispetto, determinazione, umiltà e ambizione. Non è una cosa facile e non è frequente vedere una dimostrazione così larga di stima, dentro un universo che non conosce affatto il bon ton. [...] Grazie Felipe. Con orgoglio.[11]
  • [Su François Cevert] Ogni foto, un sospiro. Allora come ora. Sospiri femminili ovviamente, visti i tratti, gli occhi blu tra i riccioli neri. [...] La storia di questo ragazzo è smaltata, brillantissima, sino al penultimo capitolo. Cevert — in gara, come avrebbe fatto Ayrton Senna, con il cognome della madre — non è soltanto un bellissimo ragazzo. Va forte. Aiutato da una serie di coincidenze fortunate. Il fidanzato della sorella Jacqueline si chiama Jean Pierre Beltoise, pilota celebre e celebrato in Francia, pronto ad aiutarlo nei primi chilometri. Un percorso che François completa mostrando intelligenza e talento. Abbastanza da portarlo alle soglie della Formula 1 e quindi nei Gran Premi, su una March gestita da Ken Tyrrell, grazie a una doppia circostanza curiosa. Johnny Servoz Gavin, pilota del team inglese, decide improvvisamente di smetterla con le corse, e in aggiunta Jackye Stewart, primo pilota Tyrrell e campione del mondo 1969, lo nota e lo vuole al suo fianco. [...] Cevert diventa rapidamente una specie di figlio per Stewart. Al fianco del grande scozzese cresce, migliora. E vince. [...] Per la Francia è un eroe fresco e perfetto. Non solo velocità. François suona il piano, pilota personalmente il proprio aereo, con largo anticipo su una moda che diverrà ricorrente, conquista traguardi e cuori, compreso — si dice, si dirà — quello di Brigitte Bardot. [...] Alto, magro, con le dita delle mani lunghe e sottili, un sorriso dolce da padrone. Del destino, del panorama. Consapevole di essere guardato, ammirato, amato, invidiatissimo. Cammina per i box a Monza e sembra un principe arabo, gli occhiali da sole sopra quello sguardo naturalmente formidabile. Occhiali da togliere all'improvviso, come un sipario spalancato su una consapevolezza collettiva. [...] Ottobre '73, Cevert arriva a Watkins Glen con una caviglia ferita dopo un cattivo incidente in Canada, con la voglia di prendersi la pole sull'asfalto che più ama. Ci prova, ci riprova, in lotta con Ronnie Peterson, velocissimo svedese della Lotus. Per cercare di abbassare il proprio tempo, decide di affrontare la esse, a inizio pista, scalando in terza marcia. Secondo Stewart è questa la decisione che determina l'incidente. Un incidente devastante. La corsa felice di Cevert finisce qui [...]. François resta lì, intrappolato, quasi decapitato, senza vita tra i rottami della Tyrrell. Morto a 29 anni nel momento in cui si apprestava a diventare prima guida. Jackye Stewart rinuncia alla corsa, alle corse. Si ferma, con il suo terzo Mondiale appena conquistato. Il viso bellissimo di Cevert resta una icona struggente da osservare, ormai e soltanto, nelle fotografie.[12]
  • Il coraggio di chi corre. Quello dei piloti, così in evidenza, quello di ciascuno di noi, più o meno esposto, trattato, considerato. Che poi definire il coraggio non è facile. A me viene in mente la parola "responsabilità". Vale a dire prendersi carico, prendere in carico ciò che ci sta attorno, a cominciare dal proprio destino. Autenticamente, quotidianamente, per quello che è. Ovvio, chi svolge un mestiere a rischio lo fa a prescindere. Ma ciò che a noi che guardiamo pare uno sproposito, a chi corre pare una modalità consueta. Dunque è questione di parametri. Non è detto che un pilota, la cui soglia è spostata rispetto alla nostra, abbia più coraggio di chi fa il capofamiglia, la madre, il parroco, il volontario. Perché è intima la dimensione della scelta, assolutamente personale. Di fronte alla quale serve sempre uno sforzo, un rigore, una tenuta. Forte quanto il passo da affrontare, da compiere, in relazione alla linea di partenza. Non è coraggioso chi fila a 300 all'ora. Non necessariamente. Mentre è coraggioso chi persegue un ideale dentro una dimensione ostile. Questo conta direi. Perseguire una responsabilità presa nei confronti di noi stessi. Grande o piccola non importa: tutto serve, fa allenamento e alla fine consuetudine, addirittura esempio. In Formula 1 ho incontrato molte persone coraggiose: la maggioranza non guida affatto una macchina da corsa. Ma decide e tiene duro, senza metterla giù dura, se mi concedete il gioco di parole. Credo che ciascuno di noi abbia avuto o abbia a che fare con persone coraggiose, con atti di coraggio propri. Compiuti o mancati. E credo anche che il coraggio sia l'ingrediente più utile alla qualità dello stare al mondo. Persone coraggiose. Più coraggiose. Fondamentali.[13]
  • Il tifo, per me, è un sintomo gioioso. Vale a dire: scelgo questo o quel campione per simpatia, per affinità, per un motivo qualsiasi e spero di ricavare una soddisfazione dal suo comportamento. È una scelta parziale a prescindere perché questo comporta la simpatia. Un punto di vista — quello lì, uno soltanto — che privilegia una figura, un oggetto, un colore. Ma che non impedisce ad altri di scegliere diversamente. Io, lo ammetto faccio il tifo per i campioni che manifestano una umanità simile alla mia, comprensibile e dunque vicina al mio vivere che non è quello di un campione. Mi basta e facendo il tifo per questo o quello non ho alcun bisogno di veder soffrire o perdere un altro. Perché questo fa parte del gioco. Visto che di un gioco si tratta. Sport, del resto: il reparto giocattoli della vita.[14]
  • Parlo di Ayrton [Senna] [...] e per me è un piacere sempre ma anche una fatica. [...] Sto parlando di un'iradiddio. Di un ragazzino capace di sbaragliare ogni campo [...]. Dal primo test sulla Williams, al primo anno di Formula 1 con la Toleman, 1984, all'ultima corsa, dieci anni più tardi. [...] ho visto Senna fare qualcosa di dirompente, soprattutto sul bagnato. Roba che non aveva alcun bisogno di particolari erudizioni. Roba che faceva lui e nessun altro, bastava restare a bordo pista [...] per avvertire uno scarto, per misurare una meraviglia. Il talento, ecco, visto crudo, come qualcosa di magico e non definibile eppure evidente. È stato il traino di Ayrton, sempre. Abbinato ad una furia spaventosa. Ad un bisogno di emergere che proveniva dal profondo della sua anima, della sua testa, una specie di imperativo a monte di tutto. Ciò che gli permise di conquistare ma anche di sbagliare, di esagerare, di considerare inaccettabile ogni interferenza. Ho impiegato un po' a comprendere quell'uomo così complicato che stava dentro la tuta da pilota. Un uomo dotato di una determinazione essenziale, come se il battersi correndo fosse l'unica via possibile per liberare una natura. E, nel contempo, l'unico modo per rispondere alla parte di se stesso che pretendeva una eccellenza permanente. C'era una sofferenza dentro ogni gioia, c'era un patimento dentro ogni godimento. Sofferenza e patimento come pane quotidiano, come la vera benzina. [...] Di Senna conservo i gesti del trionfo ma soprattutto le sue pause. I silenzi, l'espressione assorta che non poteva celare mai. Da una parte la luce abbagliante emanata dal campione, dall'altra l'ombra scura, una persona simile ad altre, persino a me. Dunque un compagno diverso, speciale. Al punto da restare nei pressi anche nell'assenza fisica, per un tempo infinito. Lo ricordo, guardo i filmati, riascolto la sua voce e mi commuovo. Il motivo è semplice, alla fine: lì dentro c'è qualcosa che mi riguarda.[15]
  • [Su Jim Clark] Era nato a Kilmany. [...] Un punticino sperduto, campagna a sud di Dundee, poco lontano dal mare. Per ricordarlo c'è una statua adesso. Lo ritrae che cammina, mani in tasca. Un uomo tranquillo, i capelli corti, pettinati all'indietro, solo un accenno alle corse, visto che indossa una tuta vagamente riconoscibile. Beh, curioso. Jim Clark, il campione leggendario, ricordato come un figlio del villaggio, come un amico da incontrare su quelle stradine in mezzo ai campi, per bere una pinta, magari, fare due chiacchiere, farsi compagnia. Un minuscolo villaggio per cominciare, un minuscolo villaggio per riposare. Clark è sepolto a Chirnside, più a sud, dove la sua famiglia si trasferì quando Jim aveva quattro anni. Il padre, agricoltore, lavorava alla Edington Main Farms. Cinque figli. Quattro femmine e poi lui. Destinato a lavorare nella fattoria. Macché. Da quei campi, da quel vento, Jimmy prese un alito, una voglia, una aspirazione. Ma anche una riservatezza, un modo di fare sobrio, timido, semplice. Ciò che resta di lui oggi, in fin dei conti. Basta osservare quella statua, quel piccolo cimitero rurale. In mezzo, un'avventura meravigliosa. Con una attitudine precisa: fare corsa di testa, stare davanti per imporre il proprio ritmo, un ritmo insostenibile.[15]
  • I piloti che più entusiasmano e che conquistano gli appassionati, di un calcolo non sanno che farsene. Tanto è vero che ancora oggi viaggia nel firmamento il mito Gilles Villeneuve, un pilota che non riuscì mai a trattenersi, a fare della tattica una filosofia, macché. Cuore e piede destro, il bello del gas. Con aggrappati alla sua tuta molti presentimenti, l'ipotesi di una fine tragica, puntualmente avvenuta.[16]
  • Sia Schumacher sia Hamilton, pur con caratteri diversi e stili appartenenti a due generazioni molto più lontane di quando non indichi l'anagrafe, hanno svolto un lavoro fondamentale dentro le rispettive squadre. Sia l'uno, sia l'altro hanno avuto infanzie non semplici e hanno vinto con due squadre diverse. Schumacher sembrava più adulto rispetto a Hamilton ma sono dettagli connessi ad un panorama mutato sia in termini di lavoro dentro le squadre, sia in termini di comunicazione. Del resto, un uomo sposato con figli da una parte; uno scapolo preso da una quantità di temi tipici di chi ha la sua età o meno anni di lui. Schumacher, nei suoi modi, forse più leggibile di Lewis che, a mio avviso, mostrando e mostrandosi, in realtà nasconde molte verità sulla sua persona, sui suoi sentimenti. Forti in qualifica entrambi; resistenti nella forma fisica e mentale lungo intere stagioni. Affamati e feroci. Ma è vero che entrambi hanno vinto dei titoli guidando macchine decisamente superiori. In che termini esattamente? Credo che nessuno possa dirlo perché, francamente, è impossibile sapere. E conoscere la forza o la reale difficoltà di chi contro di loro si è battuto, perdendo la partita. Chi dei due è meglio? Ragazzi, ma perché si deve per forza determinare una classifica? Lo dico in valore assoluto. Secondo me è impossibile. Anzi, considero un regalo avere avuto di fronte, nel giro di pochi anni, due fenomeni così. Il resto possiamo lasciarlo da parte. O tenercelo per chiacchierare con gli amici al bar. Senza il bisogno, celebrando uno dei due, di criticare l'altro. Un conto sono le preferenze del tifo, un altro sono gli accanimenti contro chi minaccia il proprio beniamino. Solo che qui, per un vero appassionato, i beniamini sono per forza due. Per fortuna.[17]
  • [Nel 2023] Ho dedicato mezza domenica al Mondiale Endurance [...] allo scopo di capire se e in che termini questo ritorno alle gare di durata, così affascinanti per noi, nati nel secolo scorso, potrebbe davvero offrire una alternativa alla F1. Beh, mica tanto, a essere onesti. Ho visto una Toyota vincente con un giro di vantaggio sulla Ferrari; ho visto una quantità di macchine diverse per forme e prestazioni, in circolo sulla stessa pista; ho cercato di star dietro alle classifiche di classe immaginando gli sforzi immani di spettatori che non per forza debbano studiare ore prima di sedersi in tribuna o davanti alla tv, alle prese con una ricetta confusa e soporifera. [...] Il fatto è che il format F1, con le sue tempistiche e il suo tasso agonistico, al netto di ogni critica possibile, ha ormai definito una consuetudine motoristica connessa alla velocità dominante che caratterizza la nostra cultura. Il fatto di confrontarci con una modalità diversa sarebbe interessante e persino utile (la lentezza, la riflessione valgono una gamma articolata di elogi, sempre) ma se penso all'Endurance, non ci siamo. Manca agonismo, mancano i protagonisti [...] e le diverse categorie generano un caos permanente non supportato da una comunicazione adeguata. [...] Il tutto per una entità di tempo francamente insostenibile. Quale disciplina oggi chiede tempistiche simili a chi guarda? Una corsa ciclistica forse, vista dal via e basata comunque su altri ingredienti. Il baseball? Mah. [...] Forse siamo solo all'inizio di un ritorno all'alta qualità. Ma il sospetto di avere di fronte un esperimento anacronistico, così come viene concepito ora, è fortissimo. [...] No, credo serva qualche ritocco. Qualche hypercar in più, qualche campione più amato e noto, tempi e regole fasate su una modernità indispensabile. Insomma, un bel po' di pepe. L'intera avanguardia del motorismo vira verso le gare Sprint. Un eccesso? Forse ma qui siamo agli antipodi. La passione non passa dalla confusione e, soprattutto, dalla noia.[18]

Note modifica

  1. Dall'intervista di Antonio Azzano, F1. Giorgio Terruzzi, la verità impopolare, formulapassion.it, 18 giugno 2015.
  2. Da Silvia Giorgi, F1, In Memoriam di Ayrton Senna. Intervista esclusiva a Terruzzi: "ha lasciato frammenti d'anima", automoto.it, 30 aprile 2023.
  3. Da un post sul profilo ufficiale facebook.com, 21 marzo 2020.
  4. Dall'intervista di Marco Corradi, "Abu Dhabi, gara noiosa. Mercedes dominante anche nel 2017, e sul futuro della F1...", bandieraascacchi.wordpress.com, 27 novembre 2017.
  5. Da Perché quel volto continua a parlarci, in Giorgio Terruzzi e Rocco Cotroneo, Ayrton Senna, 26 anni dopo, corriere.it, 2019.
  6. Da Frank Williams morto: il team nato in un negozio di tappeti, i successi, l'incidente, la morte di Senna, corriere.it, 28 novembre 2021.
  7. Dal Corriere della Sera; citato in Umberto Zapelloni, Rassegna stampa: delirio Ferrari, topspeedblog.it, 11 aprile 2022.
  8. Da Perché il rugby ha adottato i vizi del calcio e rischia di sciupare le sue virtù, corriere.it, 26 ottobre 2023.
  9. Da Terruzzi incontra Andrea Dovizioso, redbull.com, 27 dicembre 2017.
  10. Da Terruzzi racconta: Michael Schumacher, redbull.com, 2 settembre 2014.
  11. Da Terruzzi racconta: l'ultimo samba di Felipe, redbull.com, 9 novembre 2016.
  12. Da Terruzzi racconta: François Cevert, il Divo, redbull.com, 28 marzo 2017.
  13. Da Terruzzi racconta: il coraggio di chi corre, redbull.com, 9 agosto 2017.
  14. Da Terruzzi racconta: l'origine del tifo, redbull.com, 13 agosto 2019.
  15. a b Da Terruzzi racconta: Le strane coppie della F1 | Episodio 4, redbull.com, 19 maggio 2020.
  16. Da Terruzzi racconta: i confini del coraggio, redbull.com, 29 luglio 2020.
  17. Da Terruzzi racconta: l'onore condiviso, redbull.com, 21 ottobre 2020.
  18. Da Terruzzi racconta: l'alternativa assente, redbull.com, 20 aprile 2023.

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