Claudio Lombardi

ingegnere italiano

Claudio Lombardi (1942 – vivente), ingegnere italiano.

Citazioni di Claudio Lombardi

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [Nel 2015] La Formula 1 di oggi non ha perso di interesse a causa della power unit: sostenere questa tesi, mi sia concesso, nasconde secondi fini... Abbandonare le attuali unità propulsive sarebbe una decisione di retroguardia, miope. Ritornare al passato significherebbe sacrificare gli obiettivi raggiunti in termini di reale progresso tecnico che hanno portato, tra i tanti vantaggi, un livello di efficienza del motore superiore del 40% rispetto agli aspirati della Formula 1 di un tempo. Sono invece contrario agli investimenti giganteschi per l'aerodinamica necessari a introdurre soluzioni sempre più sofisticate sulle monoposto che nessun ritorno hanno sulle vetture di serie: ogni minuto speso in galleria del vento sono soldi buttati al vento per esercizi che producono alette e alettine – io le chiamo "pennette" – il cui rendimento è minimale. L'obiettivo della Formula 1, sin dagli albori, è sempre stato incentrato sulla ricerca della prestazione. Dopo oltre sessant'anni, il nuovo obiettivo imposto dall'evoluzione tecnica in campo motoristico è quello della ricerca della massima efficienza del propulsore: questa è la chiave di lettura che costituisce la vera differenza tra la Formula 1 di ieri e quella che verrà [...]. Oggi è già domani.[1]
  • Ho seguito come appassionato prima come addetto ai lavori, in seguito l'automobilismo sportivo dagli anni '50 ad oggi. Ho conosciuto molti e grandi piloti. Ma Lauda era diverso. [...] Il ruolo ed il talento del pilota ancor'oggi fa la differenza: all'epoca di Lauda era essenziale. Non a caso Niki dopo l'incidente del Nurbugring nel suo conciso italiano disse "meglio bruciata mia faccia che mio culo". L'unico sensore in grado di valutare la tenuta di strada della vettura era il fondo schiena del pilota, la sola zona di contatto veicolo-pilota. Ed il pilota sulla base delle informazioni trasmessegli da tale sensore illustrava il comportamento della macchina ai tecnici o direttamente ai meccanici che provvedevano alle necessarie regolazioni migliorative. Ed il pilota perciò era in grado di trasformare la vettura da "brutto anatroccolo" a "cigno vincente".[2]
  • [Sulla Lancia Delta HF 4WD] Teoricamente il motore avrebbe dovuto raggiungere una potenza di 300 CV, ma al Rally di Monte Carlo [1987] non ne avevamo neanche 200. Poteva sembrare un deficit ma una potenza minore si traduceva anche in minori rischi di cedimento della trasmissione: anche per questo riuscimmo a vincere.[3]
  • [«[...] come vede l’evoluzione in atto dei motori di serie in chiave ecologica?»] Se devo sintetizzare, non credo a tempi così brevi come il 2030 o il 2025: credo che il futuro sia certamente l'ibrido, ma solo il full-hybrid (e non il plug-in), con il motore termico a benzina che acquisirà ancora maggiore efficienza; poca fiducia nell'idrogeno su vetture di tutti giorni, ma solo per navi, bus e camion. Ma, ovviamente, è solo una mia sensazione.[4]
  • 1981, pista di Fiorano. Gilles chiede se, per caso, qualcuno di noi tecnici se la fosse sentita di fare un giro con lui in pista, a bordo di una Ferrari, credo 308. Io, avendo fatto da navigatore tecnico sui modelli rally, mi ritenevo preparato, per cui accettai. Se non fosse che dopo un giro e o due, Gilles scodò e fece un pauroso testa coda in pista, lasciandomi per un attimo davvero senza fiato. [«Errore o numero da circo voluto da Gilles?»] Di preciso, non so, ma credo di più la seconda...[4]
  • Personalmente sono sempre stato un fautore del flussometro per quanto riguarda lo sviluppo del motore endotermico, perché è il concetto giusto. Si fornisce un misuratore di portata istantanea, di cui viene imposto un valore massimo, e se il motorista è abile ed efficiente riesce a sprigionare più potenza degli altri. È un punto di cui ne parlavamo già negli anni '70: nel 1977/1978 non ero in Formula 1, lavoravo ancora in Lancia, ma andavo a vedere i Gran Premi ed essendo nel giro avevo accesso nei box, visto anche che non c'erano le restrizioni di adesso. Al tempo incontrai Keith Duckworth, il mitico progettista della Cosworth, con cui abbiamo discusso di quale potesse essere il regolamento ideale. Duckworth tirò fuori questo concetto che mi affascinò e al quale addirittura aggiunsi di non misurare semplicemente la portata istantanea di benzina, bensì di calore, di energia, così che fosse aperto a qualsiasi tipo di combustibile. Dopo essere stato proposto più volte, non è andato mai in porto per vari motivi.[5]
  • [Nel 2022] Ho sempre avuto una visione di questo tipo: trascendendo dal motore, trovo ridicolo che una vettura di Formula 1 abbia ancora molle e ammortizzatori come cinquant'anni fa e che non si possano sviluppare sistemi attivi di cui ormai dispongono quasi anche le vetture utilitarie. Si parla ancora di taratura dell'ammortizzatore o del tampone di fine corsa, ma sembrano discorsi degli anni '70 ed è passato mezzo secolo. La massima espressione dell'automobilismo sportivo deve avere la possibilità di sviluppare sistemi che non siano obsoleti. Serve un'apertura almeno alle tecniche presenti sulle automobili attuali, per svilupparle poi con la velocità e i fondi della Formula 1. Al giorno d'oggi le squadre sono aziende da mille persone, un'esagerazione forse, ma a quel punto che almeno vengano sfruttate per una ricerca utile alla serie e non fine a sé stessa. Quella del budget cap è un po' un'ipocrisia, non tanto per il tetto alle spese in sé, ma che almeno venga accompagnato da un regolamento più libero. Vorrebbe dire che il costruttore più bravo farebbe ancora la differenza e non soltanto il pilota [...].[5]

Intervista di Claudio Pavanello, automoto.it, 17 gennaio 2012.

  • [«La 037 aveva un propulsore per certi versi rivoluzionario in un epoca segnata dal Turbo, essendo sovralimentata con il compressore volumetrico: come nacque questa scelta coraggiosa?»] L'idea fu di un grande ingegnere motoristico dell'epoca, Aurelio Lampredi, che la ricordava bene sulle celebri "Alfetta" di Formula 1. Il volumetrico però era stato messo in cantina da molti anni, quindi poteva sembrare un suggerimento eccentrico, specie in un periodo in cui tutto doveva necessariamente avere scritto "Turbo" a caratteri cubitali! Però nei rally, più che la potenza in alto, servivano cavalli e coppia a bassi giri, subito disponibili senza il famoso "vuoto" delle turbine di allora. Così, seppure tra una certa diffidenza generale, si decise di... riaprire la cantina. Disponendo di una vettura a sola trazione posteriore come la 037, che non poteva comunque gestire oltre una certa potenza, e che puntava invece tutto su leggerezza e facilità di guida, il "Volumex", come lo ribattezzammo, si dimostrò ideale e diede molto filo da torcere alle Audi Quattro, regalandoci il mondiale marche 1983, conquistato con due punti di vantaggio sui tedeschi. Devo dire che sono molto orgoglioso nella mia carriera di avere battuto spesso strade originali e diverse dalla concorrenza.
  • [«Che direttive aveva ricevuto per la Delta S4 dai vertici Fiat?»] L'ing. Ghidella ci aveva detto di costruire una vettura vincente, ma anche di trarre tutti gli insegnamenti tecnici possibili dalla prima trazione integrale del Gruppo Fiat. Personalmente volevo cercare di mantenere l'ottima guidabilità della 037, ma con i vantaggi del 4x4. Mi sono convinto che il propulsore doveva essere posteriore centrale, con le masse concentrate il più possibile sul baricentro: per questo il cambio non era a sbalzo ma rivolto verso l'abitacolo, e da li partivano le prese di forza per i due assi. Era uno schema molto diverso dalle concorrenti Audi e Peugeot. Fare una vettura così originale e così veloce è stata un enorme soddisfazione, e parte del merito va appunto all'ing. Ghidella, che, nonostante l'importanza del progetto, ci lasciò operare in assoluta autonomia.
  • Guardi, io di Ghidella ho un po' il culto. Secondo me, se non fosse stato costretto a prendere altre strade, forse il futuro della Fiat Auto avrebbe potuto essere diverso. Ghidella, per fare un esempio, avrebbe potuto dare alla Fiat quel contributo personale che alla Volkswagen ha dato Piech, perché era un vero grande appassionato di automobili.
  • [Su Cesare Fiorio] Come direttore sportivo ha una eccezionale rapidità nel prendere le decisioni, segno di grande e vivace intelligenza. Come uomo, la sua migliore qualità era sapere creare il team, far nascere una bella atmosfera tra chi ci lavorava, senza nessun processo del lunedì in caso di sconfitta: non l'ho mai visto scaricare la colpa su di un singolo.
  • [«Che differenza c'era tra la Formula 1 ed i rally in quanto a rapporti umani?»] Enorme, non tanto per le persone ma per come si svolgono gli eventi: i rally invitano al cameratismo ed alla solidarietà tra pilota, direttori, meccanici ed anche rivali, perché alla fine si viveva assieme per lunghi periodi, ci si ritrovava in alberghetti dove non si poteva non fraternizzare. Nella F.1 invece ognuno vive nel suo motorhome, i piloti fuggono dopo le gare, si è tutti diffidenti per via di una stampa aggressiva.

Intervista di Antonio Azzano, formulapassion.it, 23 ottobre 2014.

  • La F92 A fu un progetto anticipatore dell’evoluzione tecnica della Formula 1, una macchina vittima sacrificata dalla notorietà della Ferrari stessa. A Maranello non c'era il tempo o la volontà di aspettare, bisognava raggiungere subito il successo. La F92 A avrebbe ottenuto sicuramente dei risultati importanti se avessimo potuto disporre delle condizioni necessarie per insistere nella ricerca e nello sviluppo del progetto che, a distanza di tanto tempo, ha dimostrato quanto fosse un modello anticipatore di una Formula 1 – in particolare sotto il profilo della concezione aerodinamica – di soluzioni che avremmo ritrovato vent’anni dopo. A differenza di tutte le monoposto che vennero progettate dal 1989 al 1991, la F92 A non condivideva nessun componente con la Ferrari 640 F1 che rappresentava la base di partenza per le nuove macchine realizzate fino all'anno prima. Si decise di mettere in pista una vettura completamente rinnovata, disegnando un nuovo telaio, un nuovo motore e un nuovo cambio. Il punto di forza della nuova monoposto doveva essere l'inedita conformazione aerodinamica che riprendeva soluzioni utilizzate sui jet militari, tanto care dall'ingegnere aeronautico Jean Claude Migeot. L'innovazione maggiore riguardava il cosiddetto "doppio fondo" piatto attraverso il quale si tentò di riprodurre l'effetto Venturi delle monoposto di Formula 1 dei primi anni '80, quelle dotate di minigonne. [...] Fu veramente un progetto sfortunato perchè arrivò troppo in anticipo e non si volle investire nel tempo necessario al suo sviluppo. A Maranello sbagliarono, pretendendo subito il risultato importante. Invece era una creatura da accompagnare nella crescita, aggiungendo componenti nuove passo dopo passo, facendo tesoro degli aggiornamenti e dell'esperienza maturata dai tecnici. I bravi tecnici, quelli di valore, possono anche sbagliare, ma non diventano stupidi da un giorno all'altro.
  • Ho sempre creduto che la strada per costruire un propulsore vincente sia quella di ricercare in assoluto, subito, la prestazione e solo in un secondo momento l’affidabilità da ricongiungere all’aspetto prestazionale. Se per un nuovo propulsore si vuole privilegiare prima l’affidabilità per ricongiungerla solo dopo alla prestazione, si incontreranno grandi difficoltà, perchè il motore risulterà più pesante e ingombrante, a discapito dell’insieme di tutta la monoposto.
  • [...] un altro motivo per cui ho voluto lasciare la Formula 1 è stato quello dell'adozione del motore a 10 cilindri, abbandonando inspiegabilmente il classico Ferrari V12. Una decisione questa non razionale, bensì passionale. Se gli altri vincono con un motore frazionato a 10 cilindri, qual'è il motivo per cui la Ferrari doveva rinunciare allo sviluppo del 12 cilindri dove per tradizione era regina? Non c'era un motivo tecnico reale. Le monoposto motorizzate con propulsori a 10 cilindri all'epoca erano vittoriose perchè erano guidate da grandi piloti che invece la Ferrari non aveva. [...] La Ferrari lentamente è riuscita a raggiungere il pieno successo perchè con Jean Todt ha rivoluzionato l'impostazione del lavoro e perchè poi è arrivato un fuoriclasse indiscusso come Schumacher. Michael nel 1996 provò la vettura con motore a 12 cilindri della stagione precedente e con sorpresa di tutti, chiese il motivo per cui quel motore fosse stato abbandonato, ritenendolo in assoluto migliore del propulsore a 10 cilindri. Ma la monoposto per la nuova stagione ormai era stata approntata. Questa è storia riportata dalla stampa di tutto il mondo. Ecco l'esempio di una discutibile scelta passionale, che tutto è stata fuorchè razionale.

Intervista di Antonio Azzano, formulapassion.it, 25 ottobre 2014.

  • La Formula 1 rappresenta la massima espressione della ricerca tecnica, un'attività che deve essere sviluppata in casa senza chiudersi in se stessi, bensì guardando lontano attraverso un nucleo stabile di ingegneri in grado di sedimentare nel tempo insieme il grande patromonio di esperienza acquisita progetto dopo progetto. Il team tecnico di una scuderia di Formula 1 non può essere gestito come una squadra di calcio dove c'è un continuo cambio di giocatori o dove si sostituisce l'allenatore in pieno campionato, nella speranza di raggiungere un risultato migliore. Nemmeno nel calcio una strategia del genere premia, figuriamoci nella Formula 1 che fonda l'attività sul patrimonio tecnico e cioè sugli uomini che compongono l'azienda. La miglior macchina è sempre figlia di una evoluzione progettuale che si arricchisce nel tempo di soluzioni e intuizioni maturate con l'esperienza del gruppo di lavoro. Ripartire ogni stagione sportiva da un foglio bianco, spesso significa azzerare gli elementi acquisiti con i precedenti modelli di progetto.
  • [...] senza il grande pilota, pur disponendo della miglior monoposto con il miglior motore, mai si potrà raggiungere il successo. Mai. Questa lezione l'ho imparata in tutte le discipline del motorsport in quasi cinquant'anni di vita dedicata alla progettazione di auto da competizione, dal rally al motociclismo. Purtroppo i grandi piloti sono merce rara, sono pochissimi... [«Enzo Ferrari amava pensare che il maggiore merito del successo nelle competizioni doveva essere attribuito prima alla vettura e poi al pilota...»] Anche per la Ferrari i successi sono sempre stati strettamente legati alle capacità dei piloti. Ho potuto seguire i campionati dalla metà degli anni '60 in poi e ricordo John Surtees, campione mondiale nel motociclismo, iridato nel 1964 con la Ferrari Formula 1, un vero fuoriclasse che abbandonando Maranello ha relegato la Scuderia a non vince più per dieci anni, fino a quando Enzo Ferrari ha avuto l'intuizione di ingaggiare un giovane talentuoso: Niki Lauda. Così il Cavallino Rampante è ritornato al successo, fino a quando anche l'austriaco abbandona e sull'onda di Lauda arriva un altro solo mondiale con Jody Scheckter nel 1979 e poi nulla più, fino all'arrivo di Michael Schumacher. Questa a ben guardare è la storia dei Mondiali della Ferrari, una storia con tanti anni di assenza di successi.
  • Le decisioni emotive che portano al cambiamento repentino delle persone sull'onda dell'insuccesso, rappresentano l'errore più grave che un'azienda possa fare. Decisioni del genere sono figlie di un errore che Enzo Ferrari ha sempre combattuto: dopo la sconfitta, il lunedi veniva dedicato alla ricerca del colpevole. Eravamo tutti "ingegneri del lunedi" e uno di noi doveva essere il colpevole per il risultato mancato, quando invece dall'analisi dovevano emergere le indicazioni per correre ai ripari, consci del fatto che si vince o si perde realmente tutti insieme e non solo a parole.
  • Della Formula 1 ho una conoscenza tecnica, mentre non sono aggiornato sui meccanismi che regolano lo spettacolo sportivo. Non lo ritengo un aspetto negativo l'allargamento del calendario in paesi che non hanno una tradizione con la Formula 1, perchè la platea televisiva è quella che governa gli orientamenti degli organizzatori, anche se in alcuni autodromi il pubblico è scarso. Invece proprio non mi piacciono alcuni tracciati privi di contenuti tecnici, quelli piatti, dove è molto difficile superare. Spa e Suzuka sono l'esempio da considerare quando si vuole immaginare un nuovo progetto di pista per la Formula 1.

Intervista di Antonio Azzano, formulapassion.it, 17 dicembre 2014.

  • La Formula 1 degli anni '70 era una palestra tecnica di grande livello, dove tutti si potevano esercitare al massimo. Oggi tutto questo è limitato [...]: è ammessa una sola soluzione.
  • Schumacher usava il motore proprio come ogni motorista avrebbe desiderato. Dove altri usavano la terza perché, secondo loro, altrimenti la macchina si scomponeva – confronto con le telemetrie alla mano – Schumacher utilizzava la seconda marcia senza scomporre minimamente la macchina e tenendo il motore molto in alto di giri.
  • Con Ferrari, ad inizio anni '90 si era indietro [nella ricerca motoristica]. I passi avanti forti li fece Honda. Bisognava creare una fortissima depressione nel carter. Mentre Ferrari correva con pressione atmosferica e con 15-20 chili di olio lubrificante, Honda correva con mezzo bar di pressione. La grande illusione di inizio anni '90 era quella di disporre solo di un grande motore, con l'aspetto aerodinamico messo in secondo piano. Purtroppo non era così. Si disponeva di una benzina nettamente superiore alle altre, fornita dall'Agip e basata sulla ricerca delle olefine – una classe di composti idrocarburici insaturi – che diede l’occasione per significativi brevetti. Quando queste informazioni passarano alla concorrenza, grazie al furto di alcuni fusti di benzina a Monza, un poco alla volta emerse quanto alla Ferrari eravamo in ritardo, sia per rendimenti meccanici che sul fronte della distribuzione pneumatica. Tutti avevano la distribuzione pneumatica, mentre noi ancora quella convenzionale. Poi abbiamo fatto rapidi e grandi passi in avanti con la prestazione, insieme a grandi scoppi di motore. Ma alla fine avevamo il propulsore più potente, con 830 cavalli a Monza, contro i 750 della concorrenza.

Citazioni su Claudio Lombardi

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  • Nei rally ho avuto Marku Alen, fuoriclasse assoluto. Costringeva l'ingegner Lombardi, il direttore tecnico, a pasteggiare a pesce. E gli diceva, in italiano maccheronico: "Tu Lombardi mangiare pesce, così fosforo ti accende lampadina". (Cesare Fiorio)
  1. Da F1 | Dalla prestazione dell'aspirato all'efficienza della power unit, formulapassion.it, 4 giugno 2015.
  2. Da F1 | L'eredità Lauda per Mercedes, formulapassion.it, 2 giugno 2019.
  3. Da un evento del Gruppo Dirigenti Fiat al Museo dell'Automobile di Torino, 14 novembre 2019; citato in Piero Bianco, Lancia Delta, quarant'anni da star, veloce.it, 27 dicembre 2019.
  4. a b Dall'intervista di Alex Tacchini, Il genio di Lombardi e le intuizioni di Ghidella, lasesia.vercelli.it, 1º luglio 2021.
  5. a b Da F1 / Motori 2026: termico sul filo tra sopravvivenza ed estinzione, formulapassion.it, 13 settembre 2022.

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