Isola di Capri

isola nel golfo di Napoli, situata di fronte alla penisola sorrentina
(Reindirizzamento da Capri)

Citazioni sull'isola di Capri e i capresi.

Veduta della via Krupp

Citazioni in prosa

modifica
  • Ancora una volta siamo in mezzo alle tempeste, che spingono la primavera fra la folla numerosa che ormai appartiene a Capri. Strana è stata la notte dell'equinozio di primavera, una notte di luna con innumerevoli ombre di foglie messe in fuga sui sentieri (fatti di luce bianca). Il profumo delle violaciocche non aveva pace sopra i fiori e si ritrovava d'improvviso su cespugli tutti diversi, ai quali non apparteneva, e tutti gli alberi duri, preparati al vento di mare, si facevano di nuovo sentire con la loro durezza, quando le foglie si voltavano e sbattevano l'una contro l'altra. Ma il vento (lo si vedeva) non arrivava più così in alto nella notte, ormai era solo un fiume di vento, una strada di vento, sopra la quale stava immoto, profondo e silenzioso, un cielo in fiore, cielo di primavera con grandi stelle solitarie e aperte. (Rainer Maria Rilke)
  • Archi.
    Dietro la chiesa parrocchiale, a destra, lungo la via che conduce al chiostro vuoto di Santa Teresa, e più in là, nei meandri di Capri: archi, buio e frescura.
    So che, a poca distanza, c'è la gran luce meridiana, e il mare: un mare immobile, incandescente, dal quale, sulla curva dove si confonde col cielo, Ischia, Procida, la penisola Sorrentina e il pinnacolo acceso del Vesuvio escono come dal grembo del caos. Ma oggi nel riflesso del sole e del mare, le disperate rupe di Monte Solaro e del Castiglione dànno, a guardarle, la follia; e le viuzze interne di Capri dugentesca sono invece meravigliosamente riposanti.
    Muraglie e volte, grigie: grigio-perla, grigio-argento, grigio-plumbeo, grigio-lapillo; una fusione di grigi dolce agli occhi come il velluto alle dita: rotta qua e là da risate rosse e verdi (grembialucci di bambini): da raggère dorate o nerazzurre (zazzere di bambini): da stelle scintillanti nella penombra (occhi di bambini). Il mare?... Il cielo?... Chi ci pensa?... Archi. Archi. Archi.
    L'uno entra nell'altro con la più snella naturalezza del mondo, senza che una regola architettonica ve lo costringa.[...] Tutte le forme; tutti gli stili; a sesto acuto: a mezzo sesto: a gàveta: a botte: a schiena d'asino col classico profilo del basto.Tutti gli adattamenti: a riparare un balconcino zampillante di gerani sanguigni: ad accarezzare un tubo di grondaia: a difendere una rampa di scala esterna: e poi, così, senza ragione, per puro lusso estetico, per delizia degli occhi: alti, bassi, storti, mozzi, duri e scarni, pieni e voluttuosi: archi, archi, archi. (Ada Negri)
  • E certo, chiusa come una fortezza inespugnabile dall'enorme baluardo delle sue scogliere altissime calanti a pico sul mare, nell'oscuro grigio delle sue montagne brulle, col sordo romorìo dell'onda che sbatte tenace contro le secche, penetra sbuffante nelle innumeri grotte, ricade gorgogliante come in cascatelle, spruzza biancastra e irritata da invisibili sconnessure della roccia, si spiana, si torna a formare per proseguire nei secoli il suo vano lavoro: con la sua sagoma aguzza, increspata, incorniciata da un cielo azzurro senza una nuvola, Capri appare subito come circonfusa dal mistero, come qualcosa di impenetrabile e di oscuro, come un sogno o come un destino. (Enzo Petraccone)
  • Esistono luoghi che non si lasciano ammirare ed amare per la singolarità del paesaggio naturale o storico soltanto, ma per la evocazione magica di innumerevoli figure umane, che li hanno, prima di noi vissuti. È come se fossimo invasi da sentimenti e sensazioni provenienti dalle cose, col suggerimento in più di pensieri che altrove non avremmo.
    Capri è uno di questi luoghi, che viviamo in uno stordimento dell'intelligenza e dei sensi, quasi sulla soglia del sogno. (Francesco Paolo Casavola)
  • Improvvisamente, ad una svolta, ci apparvero i Faraglioni e fui contento di udire Emilia dare in un grido di sorpresa e di ammirazione. Era la prima volta che veniva a Capri e sinora non aveva aperto bocca. Da quell'altezza le due grandi rupi rosse sorprendevano per la loro stranezza, simili, sulla superficie marina, a due aeroliti caduti dal cielo sopra uno specchio. Dissi ad Emilia, esaltato da quella vista, che sui Faraglioni si trovava una razza di lucertole che non esisteva in nessun altro luogo del mondo: azzurre a forza di vivere tra il cielo azzurro e il mare azzurro... La lucertola azzurra che descrivevo annidata tra gli anfratti delle due rupi diventò ad un tratto il simbolo di quello che avremmo potuto diventare noi stessi, se fossimo rimasti a lungo nell'isola: anche noi azzurri dentro il nostro animo dal quale la serenità del soggiorno marino avrebbe gradualmente scacciato la fuliggine dei tristi pensieri della città; azzurri e illuminati dentro di azzurro, come le lucertole, come il mare, come il cielo e come tutto ciò che è chiaro, allegro e puro. (Alberto Moravia)
  • L'imperatore Tiberio governava da Capri quel mondo antico di cui il Mediterraneo era il «centro», libero di realizzare qualsiasi capriccio della sua immaginazione. Aveva la certezza fisica di essere il vero padrone di tutto ciò su cui il suo sguardo poteva spaziare. (Richard Newbury)
  • L'isola dorme nell'austero silenzio: dorme pure anche il mare, come morto. Pare che dall'alto una mano potente abbia scaraventato in esso questo bruno e strano scoglio, uccidendone la vita. Guardandola dal mare, e proprio dove l'arco dorato della via Lattea tocca l'acqua nera, l'isola si mostra come una fenomenale bestia, dalla fronte mostruosa, la quale curvata l'irsuto dorso, lambisce con la gola enorme il mare, bevendone silenziosamente l'acqua liscia e piana come l'olio. (Maksim Gor'kij)
  • Niente si può immaginare di più bello, di più grande, di più singolare sotto tutti i punti di vista del colpo d'occhio di Napoli da quel lato in cui la si vede: questa città è posta al fondo di un bacino, chiamato in italiano cratere, che ha due leghe e mezzo di larghezza e altrettante di profondità; esso sembra quasi chiuso dall'isola di Capri, che si presenta dal lato di mezzogiorno, e sebbene a sette leghe di distanza la vista termini piacevolmente, si crede di vedere ai lati di quest'isola due aperture chiamate in effetti Bocche di Capri, ma l'una ha più di otto leghe di larghezza, e l'altra ha solamente una lega, sebbene esse appaiono pressoché uguali. (Joseph-Jérôme Le François de Lalande)
  • Quando ci venne l'idea – e noi fummo già collaboratori della rivista «Vperëd» – di costituire la scuola di partito per gli operai e farla all'isola di Capri, dietro consiglio del nostro ottimo compagno Vilonov... tale idea poteva sembrare o una trovata romantica o una strana combinazione casuale. Infatti, quando gli operai dalle diverse attà dell'ex-impero russo giunsero sull'isola, rimasero sommamente sorpresi e tutto, intorno, gli sembrò una fiaba. Uno di loro – un operaio di Sormov – sbalordito guardava, senza parola, il mare più azzurro che il turchinetto nella tinozza, gli scogli infocati dal sole e simili a immense macchie gialle, le spine pungenti dei cactus, i ventagli delle palme, ed infine disse: «Ci hanno fatto viaggiare per migliaia di verste per portarci su un sassolino». (Anatolij Vasil'evič Lunačarskij)
  • Tutta l'isola è strana e bizzarra: s'alza, s'abbassa d'un tratto, si stira, si spiana da un lato, dall'altro s'accorcia, s'allunga di qua, di là finisce in dolce pendìo, rompe in scogliere, altissime, s'erge maestosa sul monte Solaro. (Enzo Petraccone)
  • Un frammento di sogno di pietra. (Josep Piera)
  • A Capri non si può morire. E questo per una legge di relatività. L'isola è posta fuori della dimensione del tempo. A Capri, non esiste il futuro. Si muore perché commettiamo l'errore di dirigerci verso il futuro. Le coordinate storiche di Capri sono l'antichità e l'attualità; dalle quali la morte è preclusa per definizione.
  • Abbiamo tanti miti, freschi ed in conserva; mito marino delle Sirene, marinato; e Styka che fa da Ulisse in salamoia; Ebolo, i Lestrigoni; e Circe che tratta da porci i mariti fedeli; c'è l'orgia di Tiberio, col Salto di Tiberio, le spintrie, le sellarie; c'è Masgaba, l'architetto africano dei Cesari, Khered eddin Barbarossa, Augusto Weber, M.r Wemyss col paniere, Spadaro, il Principe del Caucaso, Miradois, commesso viaggiatore del nuovo spirito Gotico. Poi tutti i miti messi in circolazione per il movimento dei forestieri: il «dolcissimo» vino di Capri con degustazione della poesia di Blaesus; la lana di Capri, la scarpa di Capri, la vera tartaruga di Capri, il vero corallo della Grotta Azzurra, l'onestà tradizionale che fa ritrovare tutti gli oggetti smarriti appesi ad un chiodo, in Chiesa.
    Amatori del genere, nutritevi di tutti questi miti; noi facciamo del nostro meglio per confezionarne dei nuovi, ogni volta che se ne presenta l'occasione. Ma godeteveli allegramente e non recitate il De profundis in questa Capri gioiosa festosa rumorosa spassosa; pensate che l'isola deve trasportare, sul mare delle chimere, un carico leggero di capi scarichi, e tutta la zavorra dei luoghi comuni minaccia di farla affondare.
  • Stanco dal lungo viaggio nella Preistoria, l'Indagatore riprese la via del ritorno e giunto all'età mitica riaprì gli occhi e guardò attraverso l'ampia fenditura della Grotta delle Felci che affaccia sul mare e sovrasta la Piccola Marina – quel paesaggio ancora favoloso, vibrante di ricordi omerici.
    Ma che avveniva?
    Dal mare odisseo veniva l'eco di un canto antico, dalla costa, tutt'intorno, riverberava il suono della più dolce melopea che abbia mai cullato i sogni degli uomini. Lo Scoglio delle Sirene s'era improvvisamente popolato di esseri favolosi... vaghissime fanciulle che, a differenza delle bagnanti usuali nei loro indecorosi costumi, vi si diportavano completamente, decentemente ignude.
    Dalla nebbia sciroccosa del passato era emerso un pentacotero dalla sagoma pelagica che a voga forzata arrancava verso il lido. Ulisse, legato all'albero, smaniava...
    –Che vuol dire tutto ciò? – mormorò trasognato l'Indagatore, lasciandosi sfuggire dalle mani la calotta cranica dell'Uomo Primitivo.
    Il frammento di cranio, battendo sul suolo, rimbalzò e sussultando, con una voce lontana che veniva dalla Preistoria disse:
    – È il Mito; il primo mito di questo Mare e di quest'Isola: la più bella favola del mondo.
  • Capri è un luogo fatto apposta per gli uomini stanchi della vita; non saprei indicarne un altro in cui coloro i quali ebbero a soffrire dispiaceri, potessero finire più tranquillamente i loro giorni.
  • Il continuo contrasto che regna a Capri mi ha sempre procurato un grande stupore. L'isola ha tante rocce nude da dare l'impressione di un deserto; ma ha pure grande varietà di tinte, verdura di piante e splendore di fiori. Da questo complesso di deserto e di rocce ne deriva un insieme che ha un aspetto imponente e grazioso ad un tempo. L'animo si sente sereno, inclinato ai pensieri tranquilli; la solitudine invita alla vita romita. Monti, rocce, valli esercitano un'influenza magica; racchiudono lo spirito come dietro ad un'inferriata, attraverso la quale si può contemplare il più bel golfo della terra, circoscritto dalle più amene spiagge.
  • Le case piccole e bianche hanno i tetti a foggia di terrazzo ricurvi alquanto nel mezzo. Sono questi per la maggior parte ornati di vasi di fiori ed ivi si stanno la sera le fanciulle a godere il fresco e a contemplare la vastità del mare tinto di rosa. Le case sono attorniate per lo più da un terrazzino o da una loggia coperta o veranda, resa più graziosa di solito da una pianta di vite e da vasi di ortensie, garofani e oleandri. Quando il giardino è aderente alla casa, vi dà accesso per lo più un pergolato che congiunge questo a quella. Ciò forma il più bell'ornamento delle abitazioni dell'isola, imperocché consiste in un basamento in muratura a doppia fila, sul quale sorgono i pilastri che sostengono le traverse in legno a cui si appoggia la vite. Tutti quei pilastri e quelle colonne danno alle case, anche alle più povere, un certo aspetto grandioso ed alla loro architettura un carattere antico e ideale. Si direbbero i portici di un tempio; ricordano più di una volta le colonne delle case di Pompei (L'isola di Capri, vol IV, pp. 115-116)
  • Le donne non sono tanto belle, per quanto siano piacevoli e graziose. I loro tratti hanno sovente un qualche cosa di originale, e le linee del loro viso, sormontato da una piccola fronte, sono regolari; il loro profilo è spesso distinto, i loro occhi sono di un nero ardente o di un grigio verdognolo; il colorito bruno, la foggia dell'acconciatura del capo, i coralli e gli orecchini d'oro che portano costantemente, dànno loro un aspetto orientale. Vidi spesso, specialmente nel paese di Capri, fisonomie di vera e rara bellezza e nell'osservarle coi capelli scarmigliati, gli occhi nerissimi e grandi che parevano lanciare fiamme, sorgere nelle camere oscure dai loro telai e venir fuori, mi sembrò di vedermi comparire dinanzi tante Danaidi. In Capri s'incontrano di frequente figure che si direbbero staccate da una tela del Perugino o del Pinturicchio, di una soavità incomparabile. Le donne portano, particolarmente in Capri, i capelli disposti con gusto artistico nella sua semplicità, scendenti al basso, e trattenuti da uno spillo d'argento. Talvolta fissano il mucadore alla testa con una catenella ed allora hanno davvero l'aspetto di donne di paesi remoti.
  • Più di una volta, di buon mattino, io son rimasto ad ascoltare il canto degli uccelli marini quando scendono sugli scogli e svolazzano sulle onde, ed alla sera la loro voce m'è apparsa più lamentosa, simile al suono delle arpi eoliche, che riportano inconsciamente ai desiderî del passato. Sapevo che su i Faraglioni si trovano pure alcioni venuti dall'isola di Ustica e dalla grotta d'Alghero in Sardegna, e se io avessi avuto vent'anni di meno, avrei domandato loro di portarmi in quella rara grotta, o nella foresta di Milis, dove cinquecento mila piante di aranci fan mostra dei lor fiori e dei lor frutti, e dove notte e giorno risuona il canto dell'usignolo. Colà mi avrebbero potuto deporre un mattino, ai piedi della pianta di aranci più alta d'Europa, grande quanto un'elce, dove il marchese Boyl fa ai suoi ospiti gli onori della sua villa. Sono sogni, è vero, ma chi può rimanere qualche istante sulla Marina piccola di Capri senza lasciare sciolta la briglia alla propria fantasia? La solitudine e l'aspetto deserto della spiaggia sono magici, in ispecie nel silenzio della notte, al lume di luna, quando non si ode altro che il frangere delle onde che incessantemente si succedono le une alle altre, quando gli scogli e i capi si perdono nell'ombra, e le fiaccole delle barche pescherecce ora brillano sulla superficie del mare, ora scompaiono.
  • Siccome poi vissi colà felicissimi giorni e nessuna località al mondo così completamente visitai, perlustrando ogni suo angolo più remoto, ogni sua grotta accessibile, e posi affetto a Capri e ai suoi abitanti, voglio usare a quest'isoletta il trattamento di quei navigatori riconoscenti, che appendevano una tabella votiva e sotto vi scrivevano: Votum fecit; gratiam recepit.
  • Suonavano le campane allorquando approdammo; una graziosa fanciulla, figlia di un pescatore, si avanzò nell'acqua, afferrò la barca e, tenendola ferma alla riva, ci permise di scendere a piedi asciutti. Nello spiccare un salto sul suolo dell'isola di Capri, che io mi ero raffigurata tante volte sotto il nordico cielo natio, mi parve di trovarmi nella stessa mia casa. Tutto era silenzio e tranquillità; non si vedevano che un pescatore e due ragazzi intenti a bagnarsi presso uno scoglio, due giovanette sulla spiaggia, e tutto all'intorno rupi severe. Ero dunque giunto in una solitudine selvaggia e romantica insieme. Da quel punto della marina partiva un sentiero ripido e scosceso, che, fra mura di giardini, conduceva alla piccola città. Quei giardini aperti nei seni della rupe erano coltivati a viti, a olivi e ad agrumi, ma la vegetazione ne era meschina, specialmente per chi ne veniva dalla lussureggiante Campania. Anche gli alberi a Capri sembrano eremiti. Si accede alla cittadina per un ponte di legno e per una vecchia porta, dall'aspetto romito, in cui par che regni la pace e s'ignorino le umane necessità. Alcuni abitanti, vestiti a festa, stavano ciarlando, seduti sui gradini della chiesa. Parecchi ragazzi giocavano allegramente sulla piccola piazza, davanti al tempio, che pareva fatta appositamente per i loro giuochi. Le case, piccole, con i tetti a terrazza, avevano quasi tutte una pianta di vite arrampicantesi per le mura. Un'angusta stradicciuola, non mai percorsa da nessun veicolo, ci condusse alla locanda di Don Michele Pagano, di fronte alla quale sorgeva una stupenda palma. Anche quivi sembrava di arrivare in un eremo ridotto ad albergo per i pellegrini.
  • Tutte le rarità antiche però scompaiono di fronte alla vista stupenda che si gode dalla collina di Castello, sul mare di Sicilia, sul golfo azzurro di Napoli e sulla rupe maestosa di Anacapri. Si vedono pure di là la rupe scoscesa che dà a mezzodì, nonché i tre picchi che si slanciano verso il cielo a foggia di obelischi granitici, denominati i Faraglioni. Ai piedi della collina, trovasi una delle località più romantiche dell'isola, la Marina piccola, spiaggia angusta, esposta a mezzogiorno, incassata nelle rocce, i cui massi rotolati in mare si avanzano a foggia di penisola. Sorgono ivi, quasi scavate nella roccia, due casette solitarie di pescatori; in quel punto la spiaggia può ricettare a mala pena due barche. Seduto colà, uno si può credere solo al mondo. Il golfo di Napoli, le sue spiagge, le sue isole, le sue vele, sono scomparse quasi non esistessero; la vista spazia unicamente sull'immensità del mare nella direzione della Sicilia e più lontano dell'Africa. Non si vede che acqua, e la fantasia può trasportarsi ugualmente a Palermo, a Cagliari ed a Cartagine.
  • Tutto qui è grazioso, piacevole, in miniatura, e fa davvero piacere osservare le ragazze nelle loro piccole case occupate a dipanare le matasse di seta color d'oro od a tessere nastri di variopinti colori. L'industria delle donne, sia di Capri che di Anacapri, consiste nella coltivazione di poca quantità di seta e particolarmente nella tessitura dei nastri. I telai sono continuamente in moto. Il cotone e la seta vengono forniti dai mercanti di Napoli, i quali retribuiscono magramente l'opera delle assidue lavoratrici. Esse tessono nastri di ogni colore; bisogna vederle, intente in quel lavoro omerico, nelle loro camerette o su i terrazzi, in mezzo ai fiori, dinanzi al mare; offrono uno spettacolo graziosissimo ed è un piacere scambiare alcune parole con quelle piccole Circi, dalla chioma corvina.
  • Un mese intiero ho vissuto nell'isola di Capri ed ho goduto, in tutta la sua pienezza, la solitudine magica di quella marina. Così potessi io riprodurre le sensazioni ivi provate! Ma è impossibile descrivere con parole la bellezza e la tranquillità di quella romita solitudine. Giampaolo Richter, contemplandola dalla terra ferma, ha paragonato Capri ad una sfinge; la bella isola a me è apparsa simile ad un sarcofago antico, fiancheggiato dalle Eumenidi scarmigliate, su cui campeggiasse la figura di Tiberio. La vista dell'isola ha sempre esercitato su me un vero fascino per la sua conformazione monumentale, per la sua solitudine, e per i cupi ricordi di quell'imperatore romano, che, signore del mondo intiero, considerava quello scoglio come sua unica e vera proprietà.
  • A Capri si dovrebbe arrivare come turisti individuali, non di gruppo. Venirci dopo averla lungamente sognata e immaginata. Capri non dovrebbe entrare necessariamente nelle gite organizzate delle agenzie. Non dovrebbe essere venduta come prodotto di consumo obbligato. Dovrebbe venirci solo chi ne fa esplicita richiesta; chi l'abbia prima lungamente sognata, immaginata e desiderata.
  • In ogni caprese c'è un fondo antico e genuino che si sente nel dialetto stretto e nella scontrosa e a volte brusca natura contadina, e una realtà più sciolta e disinvolta acquisita dal rapporto con gli ospiti stranieri che hanno amato e celebrato l'isola.
  • Quando lasci Roma per Capri passi in tre ore da una zona del mondo a un'altra. È come se passassi un oceano. Un salto che normalmente ti richiede dodici ore di aereo. C'è una trasformazione così radicale del paesaggio, della orografia, di tutto, che all'improvviso passi da una dimensione a un'altra. E quella in cui passi, quando arrivi a Capri, è la dimensione del mito. Poi questo mito è stato sporcato, degradato, quel che vuole. Ma nonostante tutto...
  • Se è vero che ci sono nel mondo isole belle come Capri, nessuna isola, nessuna al mondo può vantare una storia come quella di Capri.

Citazioni in versi

modifica
  • Ho male di luce, ho male di te, Capri solare. | Oh, troppo bella, oh, simile all'onda sul capo del naufrago. | Ma forse ai miei occhi non sei che un raggiante capriccio del prisma, | una dorata nuvola emersa dal fiato del mare?... | No. Sento il tuo cuore che vive, che batte, in un cavo di roccia | del Pizzolungo; e guardia dal mare gli fanno i Ciclopi | che mai non conobbero il sonno; e dal monte le lance | dell'àgavi, e, immote, da torri di rupi, pupille di falchi. | Guizza ancor lungo i fianchi dei tre Ciclopi, e sfavilla | la lucertola azzurra che nacque al tuo nascere, o Capri. | Sacra al tempo, ella è maga, sovrana del sortilegio glauco. | Perfida come l'acqua che intorno agli scogli in cristalli | multisplendenti s'indura, dissolti da un tuffo di remo, | s'io l'afferro mi sfugge e m'irride, lasciandomi agli occhi il barbaglio. | Azzurra è la tua follia, Capri, nube del mare. | Azzurro il canto eterno di che tu colmi i cieli. | S'io debba morire di te, dammi la morte azzurra. (Ada Negri)
  • L'isola è la cetra che fu collocata sull'alto sonoro | e corda per corda la luce provò dal giorno remoto | la sua voce, il colore delle lettere del giorno, | e dal suo recinto fragrante volava l'aurora | abbattendo la rugiada ed aprendo gli occhi d'Europa.
  • L'isola regge nel suo centro l'anima come una moneta | che il tempo e il vento pulirono lasciandola pura | come mandorla intatta e agreste tagliata in pelle di zaffiro.
  • Solitaria Capri, vino | di chicchi d'argento, | calice d'inverno, pieno | di fermento invisibile, | alzai la tua fermezza, | la tua luce soave, le tue forme, | e il tuo alcol di stella | bevvi come se adagio | nascesse in me la vita. || Isola, dai tuoi muri | ho colto il piccolo fiore notturno | e lo serbo sul petto. | E dal mare, girando intorno a te, | ho fatto un anello d'acqua | che è rimasto sulle onde | a cingere le torri orgogliose | di pietra fiorita, | le cime spaccate | che ressero il mio amore | e serberanno con mani implacabili | l'impronta dei miei baci.

Voci correlate

modifica

Altri progetti

modifica