Richard Newbury (- vivente), saggista e storico britannico.

Fuga nell'isola, i potenti e la sindrome di Robinson, Corriere della sera, 16 gennaio 2004
  • Berlusconi, il proprietario di un etereo impero dei media e il sovrano di quella fusione fisica e metafisica creata da Garibaldi e Vittorio Emanuele II d'Italia, è soprattutto, come Crusoe, «homo oeconomicus», il self-made man.
  • Creato dallo scrittore inglese Daniel Defoe, Robinson Crusoe (1718) è il naufrago per eccellenza: ma nell'isola ritrova se stesso.
  • È più facile avere una mentalità difensiva, «da bunker», stando nell'occhio del ciclone piuttosto che ritirandosi su un'isola, da cui si può ritornare dicendo, come Miranda nella «Tempesta» [William Shakespeare], «o magnifico nuovo mondo che contiene simili abitanti».
  • Garibaldi, l'«eroe dei due mondi», dopo aver consegnato oltre la metà dell'Italia a quel «ricettatore» di Vittorio Emanuele II d'Italia, che non vedeva nessun conflitto di interessi nel «subentrare» al suo alleato Francesco II delle Due Sicilie attraverso un plebiscito, si ritirò a sognare di Roma Capitale (imitando apertamente Crusoe) sull' isola deserta di Caprera, dove «il leone» «giaceva» con il suo asinello Pio IX, che presto avrebbe egli stesso contemplato l'Italia dall'isola del Vaticano.
  • L'imperatore Tiberio governava da Capri quel mondo antico di cui il Mediterraneo era il «centro», libero di realizzare qualsiasi capriccio della sua immaginazione. Aveva la certezza fisica di essere il vero padrone di tutto ciò su cui il suo sguardo poteva spaziare.
  • «Nessun uomo è un'isola», ha scritto il poeta teologo John Donne, perché «quando la campana suona, essa suona anche per te». Ad ogni modo, quando la posta in gioco non è la salvezza eterna ma la sopravvivenza politica o fisica, la reinvenzione della propria identità, e si cerca una tana in cui rifugiarsi per leccarsi le ferite, un'isola è un posto eccellente in cui stare, come scoprì il Robinson Crusoe di Defoe.