Aslan Maschadov

militare e politico russo
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Aslan Alievič Maschadov (1951 – 2005), militare e politico russo di etnia cecena.

Maschadov nel 1999

Citazioni di Aslan Maschadov

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  • Se Budanov è irresponsabile, allora tutta la guerra in Cecenia è condotta da un esercito di irresponsabili.[1]

Intervista di Maddalena Tulanti, L'Unità, 28 gennaio 1997

  • Non pregheremo la Russia di prestarci soldi. Le chiederemo, invece, di risarcire il danno arrecato dalla guerra. La Russia porta la responsabilità diretta per la distruzione dell'economia nazionale, delle città, dei centri abitati, è giusto che paghi.
  • Si dice «ordine islamico», «repubblica islamica». Ma c'è il Corano. È la Costituzione, la legge di Allah, là c'è scritto tutto, non bisogna inventare nulla. Solo che in Arabia Saudita lo interpretano in un modo, in un altro posto diversamente. Ma il Corano è uguale per tutti. Bisogna prenderlo, vedere il suo contenuto e fare come esso prescrive. E basta.
  • Tutti i documenti per finire la guerra sono stati firmati da me o in mia presenza. Perciò il popolo stanco di questa guerra spera che io porterò la pace nella terra cecena, che non ci sarà più la guerra. Queste promesse sono legate al mio nome e in più il mondo si è accorto che sono uno propenso a compromessi accettabili, un uomo di parola.
  • I ceceni hanno sempre portato le armi, in tutti i tempi, non è mai stato un problema. Ma oggi faremo tutto il possibile perché le porti solo chi ha il diritto di farli e a chi spetta.

Intervista di Sophie Shihab poco dopo le bombe nei palazzi in Russia e prima dello scoppio della seconda guerra cecena, La Stampa, 19 settembre 1999

  • Gli autori [degli attacchi terroristici] sono loro [i russi] stessi. Per organizzare questi attentati ci vuole un mare di soldi. Noi non l'abbiamo fatto nel 1994, durante la guerra, e oggi, come allora, il Cremlino ha il problema delle elezioni. Non hanno ancora trovato un erede che possa vincerle onestamente, e non possono ammettere un nuovo venuto che scopra i loro crimini. Qual è allora la soluzione? Una guerra o lo stato d'emergenza, e il posto migliore per farlo resta la Cecenia.
  • [«I russi dicono che colpiscono solo i terroristi...»] Colpiscono i civili, come sempre. Quando sono iniziati i combattimenti in Daghestan abbiamo subito detto che questa non è la nostra guerra. Basaev ci è andato come volontario, come hanno fatto tanti russi con i serbi nel Kosovo. Eppure la Nato non ha bombardato i villaggi russi.
  • Basaev ha un argomento irrefutabile: la Russia non accetterà mai l'indipendenza della Cecenia. E io non ho nulla da ribattere.
  • Berezovskij vuole spogliare la Russia e cacciarla dal Caucaso, ma è l'Occidente che ne ha bisogno. La Russia non può più controllare il Caucaso del Nord. Al Sud la Georgia avrà presto armi della Nato, l'Azerbaigian è pieno di imprese occidentali. Durante la mia visita negli Stati Uniti ho chiesto ai consiglieri del presidente Clinton di dirmi chiaramente cosa vogliono. Che motivo c'è di passare per Basaev o per Berezovskij? Se non è a spese del mio popolo, ci si può intendere con altri che non siano i russi.

Da «Anche noi ci chiediamo come uscire da questo vicolo cieco»

Intervista di Anna Stepanovna Politkovskaja, 28 maggio, 2001; Anna Politkovskaja, Per questo. Alle radici di una morte annunciata. Articoli 1999-2006 (2007), traduzione di Claudia Zonghetti, Adelphi Edizioni, Milano, 2022, pp. 166-170, ISBN 978-88-459-3710-1

  • Ho indossato la divisa sovietica per venticinque anni e ho contribuito anch'io a consolidare la potenza bellica dell'URSS. Ne andavo fiero, ci ho messo l'anima, e ora mi scopro a chiedere da dove spunti, in un esercito di cui a suo tempo eravamo tutti orgogliosi, gente come Kvašnin e Budanov. I criminali che ci sono adesso? Eh? I mercenari? Gli sciacalli?
  • Per salvare la mia gente dal genocidio ci resta soltanto un'alternativa: difenderci. Difenderci e basta... E lo faremo.
  • I miei rappresentanti sono continuamente in contatto con le autorità e gli alti gradi russi. "Basta combattere," proponiamo noi "sediamoci a un tavolo". E per tutta risposta si alzano grida piccate: "Ma che tavolo! Che trattative! Per noi trattare equivale a morire! Che cosa diremo alla nostra gente, ai russi?...". E via di questo passo...

Lettera inviata a Javier Solana, Altervista.org, 18 marzo 2005

  • Del milione di abitanti che contava la Cecenia di allora, più di 200.000 sono morti, 300.000 si sono rifugiati fuori del paese, decine di migliaia si sono sono spostati all'interno del paese, decine di migliaia soffrono delle conseguenze delle ferite ricevute, o delle torture subite. Migliaia di altri sono detenuti nelle prigioni e nei campi di "filtraggio" delle forze armate russe o dei loro collaboratori ceceni, nell'attesa del versamento di un riscatto o, più spesso, della morte dopo torture e privazioni innominabili.
  • Sul terrorismo, quotidiano e massiccio, dello stato russo e dei suoi accoliti ceceni, non ritornerò. In quanto agli atti terroristici perpetrati dalle frange della resistenza cecena, li ho, come sapete, ogni volta condannati. E continuerò a farlo. Resta il fatto che questo terrorismo non ha niente a che vedere col terrorismo fondamentalista internazionale. È l'opera di disperati che hanno, nella maggior parte dei casi, perso dei parenti in circostanze atroci, e che ritengono di potere rispondere all'aggressore ed all'occupante utilizzandone gli stessi metodi.
  • Lungi dal volere esagerare l'importanza del mio popolo negli affari del mondo e dell'Europa, resta il fatto che è oggi vittima di un lento sterminio e che la questione cecena costituisce, per il potere di Mosca, un elemento chiave nella sua opera di decostruzione della democrazia e dello Stato di Diritto o, se si preferisce, di costruzione di un Stato autoritario, para o pseudo-democratico.

Citazioni su Aslan Maschadov

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  • A Maschadov si chiedeva di mantenere il prestigio che i ceceni si erano conquistati dopo la prima guerra, dopo la quale nel mondo arabo e islamico tutti ci ammiravano. Ma Maschadov non è riuscito a fare né questo, né molto altro. E pian piano abbiamo perso fiducia. (Achmat Kadyrov)
  • È stato Maschadov a permettere che la gente venisse rapita. Avrebbe dovuto cacciare dalla Cecenia tutti i mujaheddin venuti da fuori, invece non l'ha fatto. [...] Avrebbe dovuto dire: "Se è Allah che vi ha condotto fin qui, vi ringraziamo. Non vi dobbiamo niente, però, perché così facendo vi siete già guadagnati il paradiso. Andate". Invece abbiamo concesso loro libertà senza fine e pozzi, e quelli hanno radunato qui i peggiori criminali. (Achmat Kadyrov)
  • È [...] un sostenitore di uno Stato laico, di uno stato di diritto. Lo so per certo. La sua visione non è quella di un europeo o di un russo ma non è a favore di una repubblica islamica. (Sergej Adamovič Kovalëv)
  • È un ufficiale di altissima qualità. È anche un uomo che, a causa delle circostanze, ha dovuto difendere il suo popolo. Ma l'amministrazione presidenziale e il governo russo hanno fatto di tutto per trasformarlo in un leader formale. Si dice che non controlli più il processo, che non abbia più influenza. (Aleksandr Ivanovič Lebed')
  • Il presidente ceceno ha fatto un grande errore. Non ha ascoltato la maggioranza della sua gente che gli chiedeva di prendere provvedimenti contro quei ceceni armati che prendevano ostaggi. Ha avuto paura di una guerra civile. Ha pensato di non poter vincere perché aveva dalla sua parte solo civili inermi mentre gli altri, in minoranza, avevano le armi. Ha fatto un analisi da militare e non da uomo politico. La maggioranza della popolazione invece l'avrebbe seguito. Ha avuto paura. Ha temuto di perdere, di portare il paese al crack e ora paga un carissimo prezzo. (Sergej Adamovič Kovalëv)
  • In realtà Maskhadov controlla la situazione. Semplicemente non vuole ammetterlo. Per questo non si può avere fiducia in lui. E allora quando dice di non sapere nulla di dove si trovi Babickij e di non conoscere i comandanti territoriali che si muovono per la sua liberazione, ovviamente non possiamo credergli. (Vladimir Putin)
  • Maschadov non è nessuno. Non lo ascolta nessuno. [...] Maschadov è un vecchio, un poveraccio che non sa fare niente. (Ramzan Kadyrov)
  • Maskhadov odiava Eltsin ma accettò di negoziare direttamente con lui perché comprese che si batteva per l'unità della Russia. Putin invece combatte solo i ceceni. È un criminale, responsabile di genocidio. Perciò Maskhadov accetterà di negoziare solo con una mediazione internazionale. (Boris Abramovič Berezovskij)
  • Mosca è contradditoria nei suoi confronti. Da un lato sostiene che non controlla i gruppi armati ceceni e quindi è inutile trattare con lui. Dall'altra, secondo Putin, c'è lui dietro a tutti gli attacchi terroristici contro la Russia. Come possono essere vere entrambe le cose? Non è logico. (Boris Abramovič Berezovskij)
  • Il Presidente Maschadov è morto in battaglia come un vero guerriero, non si è fatto prendere prigioniero, ma ha preferito la morte ad un'umiliante schiavitù. Che la terra lo accolga.
  • La Russia ha fatto la sua scelta. Ammazzando Maschadov, ha firmato la sua stessa condanna a morte.
  • Per quale obiettivo, viene da chiedersi, Putin ha perseguitato in maniera tanto maniacale il Presidente della Repubblica Cecena di Ičkerija, Maschadov. Perché Maschadov dava fastidio a Putin? Perché l'uccisione del Presidente ceceno era per lui l'obiettivo numero uno? Si noti: non l'innalzamento del tenore di vita dei cittadini del Paese, non l'ampliamento delle libertà civili, ma proprio l'uccisione di Maschadov che "non ha deciso e non ha controllato mai nulla", ma che ha sempre esortato la pace. Perché? La risposta è semplice ed evidente: proprio perché Maschadov esortava la pace e con tutte le sue forze ha contrastato la violenza. Per questo è stato ucciso.
  • Per quanto abbia tentato di evitarla, trattenendo gli animi più radicali, Aslan Maschadov oggi non c'è più a fare da scudo per tutti noi e non soltanto nel Caucaso, bensì nella Russia stessa. Soltanto Iddio sa quante vittime ci sarebbero state se sulla strada della violenza e dell'odio non ci fosse stato quest'uomo straordinariamente coraggioso e il suo amore per la pace.
  • Se Maschadov avesse effettivamente organizzato [l'attentato a Mosca del 2004], avrebbe inoltrato richieste a Putin e dichiarato il proprio coinvolgimento negli eventi, anziché negarlo. Un'azione terroristica della quale nessuno si assume la responsabilità non ha senso. A meno che la provocazione non sia organizzata dai servizi speciali per convincere l'opinione pubblica a fini politici.
  • Se Putin disponesse delle prove della colpevolezza di Maschadov in relazione [all'attentato a Mosca del 2004], allora certamente verrebbero presentate al pubblico. Poiché ciò non è stato fatto, significa che i vertici della Federazione Russa semplicemente non dispongono di queste prove e a Putin non resta che mentire.
  • Aslan Maskhadov è morto, come migliaia di altri uomini e donne ceceni, a causa della delazione di altri ceceni. Una delazione avvenuta in seguito a torture, cioè al metodo per ottenere informazioni e condurre indagini usato sia durante la prima sia durante la seconda guerra cecena. Ciò fa di Maskhadov un uomo che ha condiviso le sorti del suo popolo, come vorrebbe fare ogni vero leader. E questo significa che con ogni probabilità resterà nella memoria dei ceceni come un grande martire, indipendentemente da quanto ha fatto in passato.
  • Evidentemente Maskhadov preferisce non vedere e non sentire quello che subisce il suo popolo. Tace. Sempre. Anche nei momenti più difficili, quando un cenno del leader della nazione sarebbe di fondamentale importanza.
  • La morte di Maskhadov, ucciso a Tolstoj-Yurt, è per Basaev la migliore conferma del suo slogan: con la Russia non si può trattare, con la Russia si può solo combattere. Con ogni mezzo.
  • Maschadov è alla macchia più macchia che ci sia, sono anni che non accetta di parlare con i giornalisti, temendo di finire come Achmed-shah Masud, il leone del Panshir, fatto saltare in aria da giornalisti assoldati all'occorenza.
  • Maskhadov è morto durante la lunga tregua unilaterale da lui stesso dichiarata il 14 gennaio. Una tregua che, anche se non ha avuto un grande successo, resta comunque l’unica nella storia della seconda guerra cecena; era una mano tesa verso il Cremlino per l’avvio di trattative sul cessate il fuoco, la demilitarizzazione e la reciproca consegna dei criminali di guerra.
    L’uccisione di Maskhadov significa che la tregua è terminata. Scordatevela, completamente. Non ci saranno trattative. Non ci sarà più bisogno del comitato delle madri dei soldati russi, che aveva cercato di negoziare con gli uomini di Maskhadov. Non ci sarà bisogno di nessuna madre. Solo di guerre.
  • Maschadov è stato ovviamente messo all'angolo. Ma la lotta per l'indipendenza è diventata per lui un'ossessione: non sentirà parlare d'altro. Non capisco davvero a che cosa gli sarà utile l'indipendenza, quando lui, Šamil Basaev e la sua immediata guardia del corpo saranno tutto ciò che resta. Il primo dovere di un presidente è lottare per il benessere della sua nazione. Ho il mio presidente e non fa differenza il fatto che personalmente non abbia votato per Putin.
  • Maschadov era pressoché l'unico che riusciva a trattenere – a stento, con le ultime forze che gli restavano – gli estremisti più radicali, convinti che la Russia vada combattuta con ogni possibile mezzo, compresa Beslan.
  • Maskhadov parlò a lungo della "vittoria sulla Russia", della sua natura imperialista, della crudeltà e dei crimini dell'esercito federale. Tutto questo era vero, indubbiamente. Ma il popolo non si aspettava certo dal suo capo quella retorica antirussa così comune in Cecenia. Il popolo aveva bisogno della parola di un uomo.
  • Nel corso del terzo anno di guerra, Maskhadov ha smesso definitivamente di essere il comandante in capo delle truppe indipendiste. È pur sempre un presidente legittimamente eletto, ma senza poteri reali. Il titolo non è che una pagliacciata, checché se ne dica. Maskhadov lo sa perfettamente. Allora, di cosa potrebbe parlare? Della sua solitudine? Del fatto che non può più avere alcun ruolo? Forse dovrebbe confessare che nei negoziati organizzati dai russi tra i "rappresentanti di Maskhadov" e i "rappresentanti di Putin" si parlerà più del suo futuro personale che di quello della Cecenia.
  • Non è un segreto che il suo nome induca molti a una semplice alzata di spalle. Maschadov chi? C'è ancora qualcuno che gli obbedisce? È tutto un bluff, lui, i suoi ordini...
  • Nonostante buona parte dei ceceni non lo rispetti, è necessario trattare con Maschadov. È imprescendibile. Perché? Per dargli modo di scusarsi con il suo popolo e di scegliere se andarsene o rispondere di fronte alla legge dell'accaduto. Ed è importante non tanto per Maschadov, ma per coloro che – a suo tempo – lo hanno eletto. Per molti sarà una specie di punto di partenza di un reale processo politico verso la normalizzazione.
  • Non posso rispondere per il presidente ceceno Maschadov, ma offrirò una breve analisi delle sue azioni. Secondo me non sta facendo assolutamente nulla. Si è ritirato nel suo guscio e pensa, escludendo tutto il resto, al proprio futuro immediato: ha dimenticato la nazione cecena. Proprio come le autorità federali di Mosca hanno abbandonato i ceceni, così fanno ora anche l'altra parte. La nazione deve badare a se stessa, senza leadership o protezione. Sopravvive come può. Se le persone avranno bisogno di vendicarsi per i loro parenti torturati e assassinati, lo faranno. Se non hanno bisogno di dire nulla, terranno la bocca chiusa. In tali circostanze, che equivalgono ad una guerra civile, e sotto la continua pressione delle forze federali, nessuno oggi può dire per chi voterebbe il popolo ceceno se si tenessero le elezioni. Nessuno ormai ha idea di chi eleggeranno e sotto questo aspetto tutti hanno commesso lo stesso enorme errore.
  • Oggi come oggi Aslan Maschadov è un uomo virtuale. C'è e non c'è. La società non lo vede e non lo sente da un pezzo. Perciò quando il presidente dell'Ičkerija indipendente si mostra e dice qualcosa, la maggioranza non gradisce. [...] Oggi è un vecchio ufficiale stanco, stremato e costretto alle corde, che molto capisce ma poco può fare. È tagliato fuori da una piena informazione sui fatti e le sue deduzioni sono approssimative. Cerca di mantenere un ruolo nella storia del suo popolo ma – tragicamente – non sa come fare. È in fuga. Da se stesso.
  • Barzelletta sulle orecchie di Maschadov: un Cyrano delle orecchie. Dudaev gli dice: se vogliamo svignarcela dai russi, io mi taglio i baffetti. Tu che fai, con le orecchie?
  • Maschadov, che è forse il più laico fra i leader ceceni, pensa a una piena libertà di rapporti internazionali del suo paese, senza vincoli speciali né con i paesi islamici né con la Russia.
  • Maschadov, l'unico militare di professione fra i leader ceceni (oltre al suo ex assistente, l'elegante e leale Ilyas Akhmadov), è anche il più politico, il più duttile e responsabile. [...] Ha una faccia intelligente, un accurato abito civile, un eloquio senza enfasi e una timidezza, non ci ha fatto l'abitudine.
  • Categoricamente rifiuto tutte le accuse da parte del governo russo che il presidente Maskhadov sia minimamente coinvolto con i fatti di Beslan. [...] Non ha ammesso alcuna giustificazione per il terrorismo e ha invitato il popolo ceceno a piangere le vittime della tragedia.
  • Era un politico che cercava di frenare quelli che rispondevano al terrore con il terrore. E questo dava molto fastidio a Putin.
  • Mashkadov era l'ultima possibilità per una soluzione pacifica del conflitto in Cecenia. Era uno dei pochi che credeva nella forza della ragione e cercava con tutti i mezzi di coinvolgere il governo russo a sedersi intorno a un tavolo.
  • Maschadov non è Basaev. C'è un'enorme differenza tra un presidente eletto dal popolo e uno imposto dall'alto. Dudaev era stato eletto, e non ha dato le dimissioni: è stato ucciso. Maschadov non scapperà, non si arrenderà e non darà le dimissioni. E se vivrà o morirà è nelle mani di Dio.
  • [«Quale pensa sia stato il peggior errore di Maschadov?»]
    È stato anche il nostro peggior errore, di tutti i compagni che hanno combattuto con lui durante la prima guerra: siamo caduti nell'inganno propagandistico del Cremlino, quando ha dichiarato che dopo Chasavjurt avevamo vinto la guerra. Quello è stato il nostro tragico errore e lo stiamo ancora scontando, insieme a tutto il popolo ceceno. La verità è che non c'è stata alcuna vittoria. Centoventimila morti, tutte le infrastrutture ridotte in macerie, villaggi e città cancellati dalle mappe... E noi abbiamo festeggiato, elargito medaglie e promozioni. Se invece avessimo continuato a dichiarare di essere vittime di una guerra genocida, forse non ci sarebbe stato un secondo conflitto.
  1. Citato in Cecenia, era pazzo il colonnello assassino, La Repubblica, 2 gennaio 2003.

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