Jurij Dmitrievič Budanov

Ufficiale e militare russo (1963-2011)

Jurij Dmitrievič Budanov (1963 – 2011), militare russo.

Citazioni su Jurij Dmitrievič Budanov

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  • Ho indossato la divisa sovietica per venticinque anni e ho contribuito anch'io a consolidare la potenza bellica dell'URSS. Ne andavo fiero, ci ho messo l'anima, e ora mi scopro a chiedere da dove spunti, in un esercito di cui a suo tempo eravamo tutti orgogliosi, gente come Kvašnin e Budanov. (Aslan Maschadov)
  • Se Budanov è irresponsabile, allora tutta la guerra in Cecenia è condotta da un esercito di irresponsabili. (Aslan Maschadov)
  • La corte pareva avere molta fretta, non approfondiva nessuna delle nostre richieste, ricusava qualunque mossa contraria agli interessi di Budanov. Era ammesso solo ciò che andava a suo favore o in sua difesa. Tutti i nostri ricorsi – la richiesta di convocare i "nostri" testimoni, per esempio, di nominare degli esperti o di svolgere delle perizie super partes –, non venivano neppure presi in considerazione. Avevo l'impressione che il giudice Kostin non li leggesse nemmeno... Perché per quanti ne potessimo produrre, e arrivarono a essere più di una decina al giorno, ci venivano rifiutati tutti quanti.
  • Il Cremlino faceva pressioni affinché Budanov fosse assolto da ogni peccato. Dunque nulla contava o nulla era rilevante se non andava a vantaggio di Budanov... In ottemperanza alle direttive dall’alto, la procura ha finito per modificare il ruolo che la Costituzione le assegna. Il pubblico ministero rappresenta la pubblica accusa, tenuta in primo luogo a salvaguardare gli interessi della parte lesa. A nome dello Stato. Mentre in questo caso pareva aver assunto la difesa dell’imputato.
  • In aula regnavano il caos, l’assurdo, la confusione più totale. Una confusione voluta, a mio parere. Lo scopo era palese: evitare una disamina concreta del caso e dei crimini di Budanov e ridurre tutto a una "rappresaglia ai danni di un ufficiale russo". Come ho già detto, inoltre, la corte ha commesso palesi violazioni procedurali. La lettura degli atti, per esempio, ha richiesto in tutto un’ora e mezza, per dieci grossi faldoni!
  • Quando sono arrivato a Rostov, nei corridoi del tribunale me l’hanno chiesto apertamente: "Che cosa c’entri, tu, con la diaspora cecena?". E io ho risposto: "La vedete la mia faccia? Niente di niente". La seconda domanda è stata: "Di che nazionalità è, lei?". E a chiedermelo non erano solo quelli del "gruppo di appoggio a Budanov". Me lo ha chiesto Budanov stesso, in aula. Che, fra l’altro, in udienza, non faceva che urlarmi contro cose del tipo: "Come mai te la prendi tanto a cuore, tu? Eh?". [...] È un militare e crede che tutto gli sia permesso. Già che ci siamo, il giudice non l’ha mai richiamato all’ordine. Gli era tutto permesso. Ho quasi l’impressione che il giudice lo temesse.
  • Quanto accaduto in aula dimostra che le alte sfere del Paese, il governo in genere, sembrano sottoscrivere il fatto che in territorio ceceno il diritto nazionale non vale. Quel che vale è il diritto alla vendetta, con la benedizione dello Stato.
  • Secondo molta gente è un combattente e un martire perseguitato per le sue «convinzioni patriottiche». Dal punto di vista di una minoranza, invece, è un assassino, un ladro, un rapitore e un violentatore. In ogni caso, il processo al colonnello Budanov ha scioccato l'intero Paese, fornendo un vivido ritratto degli aspetti peggiori della nostra società, spaccata in due dal conflitto e distrutta dall'incredibile cinismo e dalle bugie della burocrazia di Putin, dall'assurda sudditanza del sistema giudiziario al Cremlino e, cosa più importante, dall'inquietante rinascita di tendenze neosovietiche.
  • Il caso rimane farraginoso e in parte illogico. Gli ufficiali di servizio in Cecenia, dal grado più alto a quello più basso, hanno difeso Budanov compatti ma con questa riserva, che ho sentito spesso in Cecenia: «Che l'abbia uccisa lo capiamo... Era una cecena, quindi una miliziana... Ma perché si sarebbe "sporcato" stuprandola?». Budanov ha capito molto bene questa mentalità. Nel corso dell'intero processo, per «salvarsi la faccia» ha negato categoricamente di aver disonorato la ragazza prima di ucciderla. Ma è qui che le cose si complicano: il rapporto della prima perizia medica, fatto in seguito alla riesumazione del corpo, dichiarava che c'erano evidenti segni di uno stupro, avvenuto subito prima o subito dopo la morte della ragazza. Non era chiaro che cosa fosse «meglio» per l'immagine dell'ufficiale: dichiararsi uno stupratore o un necrofilo.
  • Tutti cercavamo di rispondere a una domanda: i soldati e gli ufficiali che ogni giorno, in Cecenia, uccidono, saccheggiano, torturano e stuprano, sono dei criminali comuni o dei criminali di guerra? O sono, piuttosto, paladini inflessibili autorizzati all'uso di qualunque mezzo in una guerra globale al terrorismo, dove il fine della salvezza del genere umano giustifica i mezzi a cui si ricorre? La conseguenza fu che il caso Budanov divenne un caso politico su scala nazionale, un'icona della nostra epoca.
  • È un caso che ha portato allo scoperto tutti i nostri problemi, la nostra vita ai margini della seconda guerra cecena, la nostra condotta irrazionale riguardo alla guerra e al governo Putin, il nostro modo di distinguere tra colpevoli e innocenti nel Caucaso Settentrionale e, soprattutto, le alterazioni morbose subite dal nostro sistema giudiziario con Putin al governo e la guerra sullo sfondo.
  • La base ideologica per l'"assoluzione" di Budanov fu la seguente: aveva ucciso, certo, ma aveva il diritto di farlo, di comportarsi con El'za Kungaeva come aveva fatto in quanto – ritenendola un cecchino responsabile della morte di alcuni ufficiali del reggimento nel febbraio del 2000, durante i violenti scontri nella Gola di Argun – si stava vendicando di un nemico. Come fu spiegato al processo, vendicarsi dei «nemici» – e i ceceni lo sono – è cosa buona e giusta...
  • Nessuno metteva ormai in dubbio, almeno in televisione, che la diciottenne cecena di Tangi-Ču fosse una cecchina e una guerrigliera, e nessuno ricordava che né l'istruttoria né i difensori di Budanov erano riusciti a trovare una prova – per quanto indiretta – del coinvolgimento della ragazza con la guerriglia.
    La politica aveva ordinato di lavare il cervello alla popolazione, e questo era quel che si stava facendo a spron battuto in attesa di una sentenza assolutoria.
  • Nei tre anni del caso Budanov il comportamento delle donne russe mi ha lasciato, francamente, senza parole... Le donne sono più della metà dell'intera nostra popolazione, e almeno quella metà era tenuta a disprezzare gli stupratori.
    Invece no.
    Decine di milioni di uomini russi, inoltre, hanno figlie femmine. Una ragione sufficiente, a mio modo di vedere, per capire e comprendere, da genitori, il dolore della famiglia Kungaev.
    E invece no.
    La televisione ha trasmesso le interviste alla moglie di Budanov, che ha farfugliato qualcosa sul suo povero marito che doveva sopportare perizie e processi, e sulla loro povera figlioletta stanca di aspettare che il papà tornasse a casa. E il Paese si è schierato con lei, l'ha compatita. Mentre non ha compatito i Kungaev, che non l'avrebbero più vista tornare a casa, la loro El'za...
    E chi più ne ha più ne metta. L'assoluzione medico-scientifica di Budanov (il fatto che fosse incapace di intendere e di volere nel brevissimo lasso di tempo in cui aveva commesso il crimine) e la circostanza che il reato di stupro fosse stato stralciato, non ha generato alcun moto di indignazione. Non c'è stata una sola dimostrazione di protesta organizzata dalle associazioni femminili e femministe. Non sono scesi in strada nemmeno gli attivisti per i diritti umani. La Russia ha pensato che quanto successo fosse giusto: Budanov aveva strangolato la ragazza vendicandosi su di lei, magari ingiustamente, dei guerriglieri ceceni... I rapimenti erano ammessi... Era ammesso infierire su un cadavere... E la conseguenza era che il criminale restava libero.
    Viviamo in un Paese tremendo. Le gesta del colonnello Budanov sono la norma per la maggioranza schiacciante dei russi.
    È un'aberrazione che si riscontra in un Paese in cui l'impunità è divenuta legge. In cui sono tutti impazziti. Dal primo all'ultimo, dalle alte sfere ai bassi ranghi.

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