Aḥmad Shāh Masʿūd

militare e politico afghano

Aḥmad Shāh Masʿūd (1953 – 2001), militare, politico e guerrigliero afghano, detto anche il Leone del Panjshir.

Aḥmad Shāh Masʿūd

Citazioni di Aḥmad Shāh Masʿūd

modifica

Intervista di Maria Grazia Cutuli, 1995, riportato in Raffaeleciriello.com

  • Questa è una guerra sostenuta dalle potenze straniere: il Pakistan che finanzia i Talibani ed Hekmatyar, l'Iran che sta dietro agli sciiti, l'Uzbekistan che vorrebbe controllare le frontiere attraverso Dostom.
  • La guerra con i russi non ci ha stancato. Era uno scontro chiaro. Sapevamo chi era il nemico da combattere. Altra cosa è stata la battaglia di Kabul, lottare con le stesse fazioni che avevano sostenuto la Jihad anti sovietica.
  • La forza dei Talibani non è una forza materiale. È una forza morale. Hanno conquistato la popolazione con la sharia. Ma hanno fatto lo sbaglio di voler prendere Kabul. La gente in città non poteva accettare il taglio della mano o del piede.

8 Ottobre 1998, riportato in Giovanni010.tripod.com.

  • Contro tutte le aspettative, noi, ossia i popoli liberi e gli Afgani, abbiamo arrestato e abbiamo dato scacco matto all'espansionismo sovietico dieci anni fa. Ma il vigoroso popolo del mio paese non ha saputo conservare i frutti della vittoria. Al contrario è stato spinto in un vortice di intrighi internazionali, inganni, strapotere dei grandi e lotte intestine. Il nostro paese e il nostro nobile popolo è stato brutalizzato, vittima di avidità mal riposta, disegni di egemonia e ignoranza. Anche noi afgani abbiamo sbagliato. La nostra povertà è risultato di innocenza politica, inesperienza, vulnerabilità, vittimismo, liti e personalità boriose. Ma in nessun caso questo giustifica quello che alcuni dei nostri cosiddetti alleati nella Guerra Fredda hanno fatto per minare proprio questa vittoria e scatenare i loro diabolici piani per distruggere e soggiogare l'Afghanistan.
  • Il centro-sud dell'Asia è in tumulto, alcuni paesi sono sull'orlo della guerra. Produzione illegale di droga, attività e piani terroristici stanno nascendo. Stanno avvenendo omicidi di massa etnici e motivati religiosamente, migrazioni forzate, e i basilari diritti degli uomini e delle donne vengono violati impudentemente. Il paese è stato gradatamente occupato da fanatici, estremisti, terroristi, mercenari, trafficanti di droga e assassini professionisti. Una fazione, i Talebani, che non rappresentano in nessun modo l'Islam, l'Afghanistan o il nostro patrimonio culturale antico di secoli, ha inasprito questa situazione esplosiva con la diretta assistenza straniera. Non cercano né desiderano discutere o raggiungere un compromesso con nessuna delle altre fazioni afgane.
  • Permettetemi di correggere alcune notizie fallaci che sono diffuse dai seguaci dei Talebani e dai loro sostenitori in tutto il mondo. Questa situazione nel breve e lungo termine, anche nel caso del totale controllo da parte dei Talebani, non sarà favorevole per nessuno. Non porterà stabilità, pace e prosperità nella regione. Il popolo dell'afghanistan non accetterà un regime così repressivo. Le varie regioni non si sentiranno più sicure e al riparo. La resistenza non si fermerà in Afghanistan, ma prenderà una dimensione nazionale, passando per tutte le etnie Afgane e gli strati sociali.

Intervista di A. Raffaele Ciriello, 2000, riportato in Raffaeleciriello.com

  • Ho parlato al telefono con Mullah Omar, non troppo tempo fa. Dopo aver accettato in un primo momento la mia proposta di indire elezioni democratiche si è poi ricreduto ritenendo che queste siano incompatibili con lo spirito dell'Islam.
  • Il nostro messaggio ai Taleban è chiaro; se sono convinti, come affermano, di contare sull'appoggio incondizionato degli afghani e soprattutto della popolazione di etnia pashtun, la più numerosa, perché si ostinano a rifiutare elezioni libere e democratiche? Perché continuano a seguire la via delle armi quando sanno che senza l'appoggio dei militari pakistani non potrebbero resistere neanche una settimana, nonostante gli ingenti quantitativi di armi e mezzi messi a loro disposizione, ed i 3500 uomini di Bin Laden?
  • Non esiste pressione esterna che possa indurre Mullah Omar a consegnare Bin Laden ad un tribunale internazionale. Ed è esattamente quello che invece ci impegnamo a fare noi, se le circostanze lo permetteranno.
  • Non ho ancora smesso di sognare per le mie figlie un avvenire da donne libere nel loro Paese.
  • L'arrivo dei Taleban alle porte di Kabul fu così improvviso che una difesa dell'ultimo momento avrebbe significato straziare la città ed imporre un insostenibile pedaggio di vittime tra i civili.

Citazioni su Aḥmad Shāh Masʿūd

modifica
  • Analisti di quattro importanti Paesi occidentali si sono rotti a lungo la testa per capire se tra Osama o, meglio, i taleban che lo ospitano, lo proteggono, e i mujaheddin di Massud intercorresse una sorta di «armistizio religioso». Infine han concluso che la rivalità fra i taleban e i guerrieri di Massud poteva definirsi senz'altro «un odio profondo alimentato da un opposto modo di seguire i precetti dell'islam». (Igor Man)
  • Gli uomini di Massud godono dell'appoggio di molti Stati vicini. Le varie Repubbliche centroasiatiche ex-sovietiche, l'Iran, la stessa Russia, tutti sono assolutamente avversi al regime dei Taleban. Direi anzi che per quei governi essi rappresentano un incubo. Farebbero di tutto per liberarsene. Massud può non costituire una minaccia immediata, ma è un rischio latente, una carta che in futuro può essere giocata e diventare molto importante nello scontro con i Taleban. (Ali Ansari)
  • L'assassinio del comandante Massud mi ha molto rattristato. È un atto di terrorismo contro l'Afghanistan. (Mohammed Zahir Shah)
  • Massud, questo combattente, a suo modo, della libertà fu certamente un musulmano corretto, con una macchia tuttavia. Gli domandarono un giorno come vedesse il ruolo della donna nella società islamica, in quella afghana in particolare dove la donna è costretta a celarsi in una specie di armatura ed è un nulla. «Io difendo i diritti della donna», rispose: «Le donne possono lavorare, possono e debbono frequentare le scuole alla pari dei maschi». Ma sua moglie, gli fu osservato, indossa lo stesso mortificante costume medievale imposto dai Talebani alle donne afghane. «È il costume nazionale», rispose e sorrise, e ridacchiò Massud. Quando un orientale, eroe o non, fa così è segno ch'è imbarazzato. Cosa che, a quanto dicono, non succede mai al freddo, essenzialista leader dei terroristi suicidi: Osama bin Laden, universalmente indicato come il «nemico numero 1» dell'Occidente cristiano. (Igor Man)
  • Un giorno una persona andò da lui per proporgli quella che egli chiamò "un'idea intellettuale". La persona in questione suggerì a mio padre di cominciare a pensare ad una nuova operazione segreta per sconfiggere tutti i capi talebani e rendere il movimento privo di comando. Quello che nella pratica suggerì a mio padre, fu di organizzare l'uccisione di tutti i comandanti talib d'alto rango. "Una volta che i leaders saranno fuori gioco, sarà molto semplice sconfiggere tutti i militanti", aggiunse. Mio padre si mise a ridere e disse "Mio caro fratello, questo è un atto codardo da compiere. Ogni decisione con una cattiva intenzione o un pensiero malvagio si tramuterà in un fallimento". (Ahmad Massoud)
  • Diversamente da Osama bin Laden e da Gulbuddin Hekmatyar che continuano a sognare la restaurazione di una teocrazia islamica che giustifica, anzi incoraggia i kamikaze a immolarsi per la «causa di Allah», Ahmad Shah Massud non ha mai assecondato questo genere di esaltazioni mistiche. Pur facendo parte di un partito fondamentalista – lo Jamiat-i-Islami, che fa capo a Rabbani – è rimasto per indole nel solco della moderazione, dove la ragione ha il predominio. Non si faceva scrupolo nell'ammettere che nel suo eventuale governo si sarebbe fatto spazio alle donne e avversava apertamente i talebani che le volevano mummificare nel chador e nel burqa. Visitando il santuario di Sareeka, un anno dopo la sua morte, ho avuto l'impressione che benché s'inginocchiasse cinque volte al giorno come vuole la tradizione islamica, il suo sguardo si rivolgesse più alle cose terrene che a quelle celesti.
  • Ricordo un giovane piuttosto schivo e taciturno, un volto pallido affilato, gli occhi grandi e scuri quasi sempre offuscati da un velo di malinconia. Niente di altero o d'autoritario nella sua persona, sapeva imporsi grazie alla sua forza interiore, impartiva ordini quasi senza parlare, gli bastavano gli occhi e un gesto sbrigativo nella mano per dire ai suoi ragazzi cosa fare, dove andare.
  • Una belva tutto sommato mansueta, il nostro eroe, che si aggirava nella valle natia, teatro di tutte le sue imprese, e poteva affermare poco prima di morire di «non aver mai giustiziato un prigioniero né aver mai dato ordine di farlo». Massud rimaneva perennemente inchiodato sui monti e nelle trincee del suo Panshir. Ed era proprio lassù che dovevi andare, se volevi incontrarlo.
  • Ahmed Massoud, il Leone, è la dimostrazione che in Oriente, alla fine, le premesse dei rivolgimenti politici non sono costituiti né dall'oro né dalla forza, ma dallo spirito e dal sentimento religioso: ancora oggi Stati e tribù si subordinano a un uomo saggio unicamente perché è saggio.
  • Ha costruito scuole e ospedali e, cosa rara in un Paese dove la vendetta è un dovere prima ancora che un diritto, non ha mai tradito un decalogo di moderazione e misura. È la speranza neppure tanto segreta di chi, un po' ingenuamente, sogna il ritorno a un Afghanistan pacificato sotto la saggezza degli anziani, e soprattutto di Washington. Curioso destino, dal momento che per anni la Cia lo ha apertamente ignorato, regalando cortesie e armi sofisticate al suo nemico Hekmatyar.
  • Il suo motto è semplice: «Credo in Dio e combatto». [...] Per catturarlo, i russi hanno scatenato nella sua valle a Nord di Kabul ventimila uomini con licenza di fare terra bruciata. Risultato: Massud ha avuto una citazione da star nel film afghano di Rambo, e adesso marcia sulla capitale per raccogliere il potere.
  • La solitudine non gli fa paura: combatte ormai da vent'anni sognando un Afghanistan unito ma da un Islam moderato e tollerante, dove le mille tribù smettano di sanguinare per una guerra infinita. L'Occidente che lo corteggiava quando si opponeva ai russi, l ha dimenticato. Non sa fare altro che combattere, simile a un eroe omerico considera la guerra un fatto della natura, come la pioggia e il vento.
  • Per inventare una resistenza non basta Massoud Junior che ha faccia da guerrigliero fashion, da partigiano alla Vanity Fair. Ci vorrebbe lui, Ahmad Shah Massoud, quello che i seguaci adoranti chiamavano «amer sahib», il comandante signore, che scese in guerra con 25 seguaci, 17 vecchi fucili e 30 dollari in contanti e in tempi di pusillanimità sfidò i due grandi totalitarismi del secolo. Un gigante di cui è difficile scrivere la biografia: l'uomo ci sfugge perché l'eroe trabonda. Anche se si tenta volenterosamente di copiarne la capigliatura e i gesti non basta sistemarsi in testa il pakol e indossare cerimoniosamente un mantello per diventare guerrigliero.
  • Se Massoud, quello vero, fosse ancora vivo i taleban avrebbero rivinto? Il carisma che mobilitava i suoi seguaci in modo formidabile aveva elementi di pericolosa ambiguità, serviva ai suoi combattenti anche per aggirare e disobbedire alle regole di uno Stato centrale che fosse costruito sulla eguaglianza e non sulle appartenenze e le scorciatoie tribali. Senza di lui il carisma ad personam, autoreferenziale, infatti, non ha retto, il suo movimento è affondato nella corruzione, le lotte interne, l'isolamento etnico. I Massoud, quello forte e quello debole, sono soltanto dei signori della guerra.

Voci correlate

modifica

Altri progetti

modifica