Dag Hammarskjöld

2º segretario generale delle Nazioni Unite
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Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjöld (1905 – 1961), diplomatico, economista, scrittore e pubblico funzionario svedese.

Dag Hammarskjöld
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la pace (1961)

Citazioni di Dag Hammarskjöld modifica

  • [...] l'ONU non è stata creata per portare l’umanità in paradiso, ma per salvarla dall'inferno.[1]

Tracce di cammino modifica

Incipit modifica

Caro Leif,
forse ricorderai che una volta ti dissi che tenevo una specie di diario e che avrei voluto che tu te ne occupassi. Eccolo qui!
Lo iniziai senza pensare di mostrarlo mai a nessuno. Ma tenendo conto di quanto mi è successo ultimamente, di tutto ciò che è stato detto e scritto di me, la situazione è mutata. Queste note forniscono l'unico mio autentico "profilo". Perciò, negli ultimi anni, ho tenuto in considerazione una loro eventuale pubblicazione, pur avendo continuato a scrivere unicamente per me stesso e non per il pubblico.
Se trovi che valga la pena di pubblicare le mie note, ti autorizzo a farlo, come una specie di "libro bianco" sul mio commercio con me stesso... e con Dio.

Citazioni modifica

  • Solo la mano che cancella
    può scrivere la verità. (p. 37)
  • Non guardare per terra a ogni passo: solo chi guarda lontano troverà la via. (p. 41)
  • Non calcolare mai l'altezza della montagna prima di averne raggiunto la cima. Solo allora capirai quanto era bassa. (p. 41)
  • Ecco cosa devi osare: essere te stesso. Ecco cosa invocare: che la grandezza della vita si rispecchi in te a misura della tua purezza. (p. 41)
  • L'amicizia non ha bisogno di parole: è una solitudine liberata dall'angoscia della solitudine. (p. 42)
  • La misura di quanto la vita pretende da te sta solo nella tua forza. E la tua eventuale impresa: non aver disertato. (p. 42)
  • Come potresti conservare la facoltà di udire, tu che non vuoi ascoltare: che Dio abbia tempo per te lo reputi altrettanto scontato quanto la tua mancanza di tempo per Dio. (p. 44)
  • Sei nauseato dalle lodi, ma guai a chi non apprezza il tuo valore. (p. 46)
  • Se non parli male degli altri più di quanto tu già faccia, non è perché non ne hai voglia: sai che la maldicenza ti gioverà solo se usata in dosi ben misurate. (p. 46)
  • La via alla consapevolezza non passa attraverso la fede. Ma solo la consapevolezza raggiunta nell'inseguire la struggente luce interiore ci permette di comprendere cosa sia la fede. Quanti sono stati spinti nelle tenebre dallo sterile discutere intorno alla fede come se fosse qualcosa di "vero" per la ragione. (p. 47)
  • L'angoscia della solitudine porta con sé raffiche di vento dal cuore della tempesta dell'angoscia mortale. Esiste veramente solo ciò che è di altri, perché soltanto quel che hai donato – sia pure nella gratitudine del ricevere – si innalzerà dal nulla che un giorno sarà la tua vita. (p. 63)
  • Distillare dal miele, come fa l'ape, il veleno per difendersi: il suo uso è mortale per la portatrice. (p. 77)
  • Questa vertigine davanti a les espaces infinis, vinta solo nel momento in cui osiamo scrutarli, inermi. Riconoscendo in essi la realtà di fronte alla quale giustificare la nostra esistenza. Perché in essi vi è la verità alla quale dobbiamo mirare per poter vivere: che tutto esiste e noi semplicemente in questo tutto. (pp. 80-81)
  • La fame è il mio luogo natio nella terra delle passioni. Fame di comunione, fame di rettitudine; comunione fondata sulla rettitudine, e rettitudine raggiunta attraverso la comunione.
    Solo la vita potrà rispondere alle domande poste dalla vita. Questa fame si sazia solo plasmando la vita in modo che la mia individualità sia un ponte verso gli altri, una pietra nell'edificio della rettitudine.
    Non temere se stessi, bensì vivere la propria individualità compiutamente, a fin di bene. Non seguire gli altri per acquistare la comunione, non erigere le convenzioni a legge invece di vivere in rettitudine.
    Libero e responsabile. Uno soltanto è stato creato così, e se egli tradisce, il suo contributo mancherà in eterno. (p. 83)
  • È povera la vita? Non è piuttosto la tua mano a essere troppo corta, i tuoi occhi troppo appannati? Sei tu che devi crescere. (p. 84)
  • Non ci è dato di scegliere la cornice del nostro destino. Però siamo noi a immettere il contenuto. Chi desidera l'avventura, l'avrà in misura della sua audacia. (p. 84)
  • Dio non morirà il giorno in cui noi non crederemo più in una divinità personale, ma saremo noi a morire il giorno in cui la nostra vita non sarà più pervasa dallo splendore del miracolo sempre rinnovato, le cui fonti sono oltre ogni ragione. (p. 85)
  • "Trattare gli altri come fine e mai come mezzo". E me stesso come fine solo nella mia natura di mezzo: spostare il limite tra soggetto e oggetto nel mio essere fino al punto in cui il soggetto, pur essendo in me, è fuori e sopra di me... e dunque tutto il mio essere diviene uno strumento per quello che, in me, è più grande di me. (p. 85)
  • Il viaggio più lungo
    è il viaggio interiore. (p. 87)
  • Non possiamo permetterci di dimenticare nemmeno l'esperienza più penosa. (p. 92)
  • Una fiaba da raccontare: quella di una corona che era talmente pesante da poter essere portata solo da chi fosse completamente dimentico del suo splendore. (p. 93)
  • Merita il potere solo chi ogni giorno lo rende giusto. (p. 94)
  • Non essere di peso alla terra... Nessun patetico "excelsior", solo questo: non essere di peso alla terra. (p. 95)
  • L'umiltà davanti al fiore sul limite del bosco apre la strada che porta alla vetta. (p. 107)
  • Prega perché la tua solitudine sia di sprone a trovare qualcosa per cui vivere, abbastanza grande per cui morire. (p. 114)
  • Chiedo l'assurdo: che la vita abbia un senso.
    Mi batto per l'impossibile: che la mia vita ottenga un senso.
    Non oso credere, non saprei come poter credere: di non essere solo. (p. 115)
  • Al passato: grazie
    al futuro: sì! (p. 116)
  • La bontà è così semplice: esistere sempre per gli altri, non cercare mai se stessi. (p. 116)
  • Chi si abbandona nelle mani di Dio, è libero verso gli uomini: è totalmente scoperto, perché dà loro il diritto di giudicare. (p. 117)
  • Io sono il recipiente. La bevanda è di Dio. E Dio l'assetato. (p. 118)
  • Umile e fiero nella fede: ecco cosa è vivere: in Dio io sono nulla, ma Dio è in me. (p. 119)
  • Frutto del passato, gravido del futuro, l'attimo presente è sempre nell'eternità; sempre nell'eternità come un punto di intersezione tra il tempo e l'atemporalità della fede, libero dal passato e dal futuro. (p. 125)
  • Mai arrivato: la missione più alta è solo una classe superiore in quella scuola dove ti avvicini a un esame di cui nessuno saprà nulla, perché allora sarai completamente solo. (p. 126)
  • La tua posizione non ti dà mai il diritto di comandare. Solo il dovere di vivere in modo tale da permettere agli altri di seguire il tuo ordine senza esserne umiliati. (p. 132)
  • Lo stile di vita che dà forza richiede fermezza anche nel concedere: devi essere severo verso te stesso per avere il diritto di essere indulgente verso gli altri. (p. 139)
  • Rispettare la parola è la prima regola nella disciplina che può educare una persona alla maturità intellettuale, emotiva e morale.
    Rispettare la parola; usarla con estrema cura e incorruttibile amore per la verità, ecco una condizione perché maturino la società e la specie umana.
    Abusare della parola equivale a disprezzare l'essere umano. Mina i ponti, avvelena le fonti.
    Ci rimanda indietro nella lunga via dell'evoluzione umana.
    "Ma io vi dico che ogni parola infondata..." (p. 140)
  • Civettuolo, persino nel registrare la tua civetteria. (p. 143)
  • La missione sceglie noi, non noi la missione. Perciò le sei fedele, se resti in attesa, pronto. E se agirai, non appena te lo chiederà. (p. 147)
  • Nel nostro tempo la via della santità passa necessariamente attraverso l'azione. (p. 149)
  • Chi è sfidato dal destino non si adombra per le condizioni. (p. 186)
  • Conoscerai la vita, e ne sarai riconosciuto, nella misura della tua trasparenza, cioè della tua capacità di svanire come fine e restare semplice mezzo. (p. 188)
  • "Perdonare se stessi"? No, questo non va! Dobbiamo essere perdonati. Ma possiamo credere nel perdono, solo se noi stessi perdo­niamo. (p. 188)
  • Che terribile responsabilità, la nostra! Se tu tradisci, sarà Dio a tradire l'umanità nel tuo aver tradito lui. Ti illudi di poter assume­re la responsabilità verso Dio; puoi assumerti la responsabilità per Dio? (p. 188)
  • "Tradire": sei soddisfatto quando hai domato e incanalato il tuo lato peggiore? Nella condizione umana è un tradimento non essere in ogni istante il meglio di sé. Tanto più quando altri credono in te! (p. 188)
  • Non cercare l'annientamento. Ti troverà lui. Cerca la via che lo rende un compimento. (p. 191)
  • Coraggio e amore: equivalenti e correlate espressioni per il tuo contratto con la vita. (p. 192)
  • Elogia quei tuoi critici secondo i quali nulla è all'altezza. (p. 193)
  • Questo antropomorfismo blasfemo: che Dio ci voglia educare mediante la sofferenza. Com'è distante questo dall'acconsentire alla sofferenza quando ci colpisce perché abbiamo seguito quello che abbiamo visto come volontà di Dio. (p. 197)

Citazioni su Dag Hammarskjöld modifica

  • Freddo, distaccato, consumato da una schiacciante ambizione travestita da ideale, egli ragionava in termini di astrazione politica, non di esseri umani. Formulò quello che divenne un doppio criterio caratteristico dell'ONU: quello secondo cui gli omicidi di africani ad opera di bianchi [...], erano un problema internazionale e una minaccia alla pace, mentre se gli africani uccidevano altri africani (o bianchi, o asiatici) questo rappresentava una questione interna, al di fuori della competenza dell'ONU. Così l'ONU finì con identificarsi con una forma di razzismo alla rovescia, che nei vent'anni successivi avrebbe richiesto un numero incalcolabile di vite africane. (Paul Johnson)

Note modifica

  1. Citato in L'ONU serve a qualcosa?, swissinfo.ch, 10 settembre 2012.

Bibliografia modifica

  • Dag Hammarskjöld, Tracce di cammino, a cura di Guido Dotti, Edizioni Qiqajon, Magnano, 1992. ISBN 88-85227-33-3

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