Guerra d'Etiopia
conflitto armato tra il Regno d'Italia e l'Impero d'Etiopia
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Citazioni sulla guerra d'Etiopia o campagna d'Etiopia.
Citazioni
modifica- A chi l'Abissinia? A noi! (slogan fascista)
- All'epoca di Mussolini l'Etiopia era inizialmente vista come un rifugio per gli italiani poveri e disoccupati. L'invasione fu all'inizio una migrazione, gente che sperava di trovare una vita migliore. Spesso ci dimentichiamo questo lato della storia. Ogni individuo ha il diritto di vivere libero dalla povertà e dall'oppressione. Anche se nessuno ha il diritto di mandare i soldati a conquistare un altro Paese. (Maaza Mengiste)
- Gettare un esercito di un quarto di milione di uomini, comprendente il fior fiore della popolazione maschile italiana, su uno sterile lido distante duemila miglia dalla patria, contro l'opinione del mondo intero e senza controllo dei mari e quindi, in questa situazione, imbarcarsi in quella che può essere una serie di campagne contro un popolo ed in regioni che nessun conquistatore in quattromila anni ha ritenuto che valesse la pena di sottomettere, è un rendersi ostaggio del destino, che non ha un parallelo in tutta la storia. (Winston Churchill)
- Io non mi opposi [alla campagna italiana in Abissinia]. Desideravo anzi distruggere la ridicola illusione che è nobile parteggiare per i deboli... Ho anche affermato che era immorale mandare armi a quei crudeli e brutali Abissini e, al tempo stesso, negarle ad altri che compiono azioni onorevoli. (Lord Mottistone)
- L'impresa di Abissinia, anacronisticamente concepita come partecipazione dell'Italia alla spartizione delle zone d'influenza mondiale e considerata come rivalsa alle mortificazioni di Versailles, ottenne un vastissimo consenso. Sotto l'impressione dell'ingiusta coercizione della Società delle Nazioni, manovrata dall'Inghilterra, l'Italia raggiunse addirittura un livello di compattezza quale forse aveva conosciuto solamente nei giorni della resistenza sul Piave. (Armando Ravaglioli)
- L'impresa etiopica venne vista dai più come un naturale moto di espansione di un popolo proletario che cercava solamente terra per le proprie braccia e che vedeva nelle primitive popolazioni etiopiche non una gente da sottomettere, ma un popolo da fare incamminare sulla via del progresso. Solamente l'esaltazione succeduta alla vittoria avrebbe portato, nelle direttive ufficiali, a delineare le prime discriminazioni razziali. (Armando Ravaglioli)
- La parabola fascista toccò il suo zenit con la conquista dell'Etiopia: l'unico istante, durante il Ventennio Nero, in cui l'Italia borghese e l'Italia sottoproletaria si affratellarono su quella povera preda. (Paolo Pavolini)
- Mai Mussolini fu tanto seguito e ammirato come quando scatenò un'altra volta in Etiopia un esercito di 300.000 uomini contro le scalze armate del Negus: per la conquista inutile di uno "scatolone di sassi" che al pari dell'altra conquista, parimenti inutile, dello "scatolone di sabbia" libico segnò l'inizio di un conflitto mondiale. (Paolo Pavolini)
- Mi sembra piuttosto arduo sostenere che la guerra è stata decisa per le pressioni della classe industriale. Che essa ne abbia tratto un vantaggio, è evidente; ma affermare che fu la speranza di quei guadagni a far scoppiare la guerra d'Etiopia significa andare troppo lontano. L'origine della guerra – occorre ripeterlo – è di natura politica. (Federico Chabod)
- Per quanto riguarda l'episodio abissino, meno se parla e meglio è. Quando vecchi amici si riconciliano dopo una disputa, è sempre pericoloso andare alla ricerca delle cause prime. (Duff Cooper)
- Quella fu una guerra ideale, la guerra-tipo della borghesia italiana: con pochi morti e molte medaglie. Io presi a capirne la miseria solo all'ultimo capitolo: quando, per la marcia su Addis Abeba, cominciarono a piovere dall'Italia e da Asmara gerarchi e aspiranti gerarchi, smaniosi di gloria a buon mercato: e Badoglio dovette emanare un ordine per cui solo chi presentava "un biglietto di autorizzazione" poteva marciare sulla capitale nemica. Solo in tempo fascista si poteva escogitare un finale di guerra con un biglietto per la capitale nemica. (Indro Montanelli)
- Il Duce non si sarebbe accontentato di niente che non fosse il completo asservimento dell'Abissinia, e l'imperatore non era disposto a questo. Mussolini sfruttò la crisi nell'Europa occidentale per riorganizzare le sue forze in Abissinia e intensificare gli attacchi con i gas e i bombardamenti, che non risparmiarono nè unità della Croce Rossa nè città indifese. L'effeto dei gas fu crudele e, dal punto di vista militare, assai grave perché i soldati eiopici combattevano scalzi e soffrirono di terribili ustioni.
- L'Abissinia, dicevano gli italiani, sarebbe stata la prima delle loro conquiste africane ; poi avrebbero strappato agli inglesi il controllo del Mediterraneo e avrebbero rinnovato i trionfi dell'Impero romano.
- Se il governo italiano si era veramente incamminato verso una politica di aggressione militare all'Abissinia, vedevo il futuro con la massima preoccupazione. A nostro giudizio l'Italia in quel momento era indispendabile alla pace in Europa. Ci era difficile credere che Mussolini non comprendesse questo fatto di estrema importanza come lo comprendevamo noi e il governo francese.
- Una delle tragedie della campagna abissina furono le sofferenze dei feriti. L'imperatore, in un colloquio in cui la sua consueta, calma dignità sembrò tingersi di disperazione, disse a Sir Sidney Barton che, mentre si bombardavano le popolazioni civili, l'esercito era demoralizzato per il lancio dei gas. Gli attacchi contro le unità della Croce Rossa avevano privato l'imperatore persino dell'assistenza medica organizzata da simpatizzanti stranieri. Ad Ascianghi, dopo il più violento combattimento della guerra, non si era potuto dare assistenza medica a un gran numero di gassati e di feriti.
- Fu la più grande impresa coloniale della storia e l'ultima da cui il paese colonizzatore sia uscito vittorioso (quelle successive, dal Kenya all'Algeria al Vietnam, sono state vinte dagli aggrediti).
- La guerra d Etiopia fu un trionfo per Mussolini, ma un trionfo effimero come quello di un attore invecchiato. Spinse l'Italia in braccio alla Germania e ne esaurì le risorse (la guerra di Spagna, anch'essa, in apparenza, vittoriosa, fu il colpo di grazia).
- La guerra d'Etiopia — su questo tutti concordano — rafforzò Mussolini. La Società delle Nazioni si rivelò impotente. Inglesi e francesi, con ignobile ipocrisia, con simulata «imparzialità» bloccarono ogni invio di armi nella zona, lasciando soli gli etiopici, già privi di un autonomo sbocco al mare, disorganizzati e malissimo armati.
- Mussolini aveva stretto un patto di amicizia con il Negus nel 1928. Avrebbe potuto estendere pacificamente l'influenza italiana in Etiopia, già vasta e profonda. Ma gli serviva una guerra «nazionale», in cui coinvolgere tutti gli italiani, per assicurarsene il famoso «consenso». Si comportò con perfidia.
- [Nel 1935] Rinunciando alla firma messa sull'Alleanza della Società delle Nazioni, in violazione delle promesse di pace solennemente fatteci nel Trattato Italo-Etiopico del 1928, e riducendo a un nulla tutti gli impegni internazionali, in particolare il patto di rinunciare alla guerra, l'Italia si prepara per la seconda volta a violare il nostro territorio.
- [Nel giugno 1936] Il vero affinamento nella barbarie consisté nel portare la devastazione e il terrore nelle parti più densamente popolate del territorio, i punti più lontani dalla scena delle ostilità. Lo scopo era quello di spargere paura e morte su una gran parte del territorio etiope. Queste tattiche di induzione della paura ebbero successo. Uomini ed animali soccombettero. La pioggia mortale che veniva dagli aerei faceva morire con grida di dolore tutti coloro che toccava. Chiunque abbia bevuto l'acqua avvelenata o mangiato i cibi infetti morì con terribili sofferenze. Decine di migliaia di vittime dell'iprite italiana caddero. È per denunciare al mondo civile le torture inflitte al popolo etiope che mi sono deciso a venire a Ginevra.
- [Nel 1940] Quando la Nostra nemica di lunga data, l'Italia, oltrepassò il Nostro confine ed occupò il Nostro paese con forza aggressiva, Noi abbiamo combattuto per difendere il Nostro paese fin quanto abbiamo potuto e quindi andammo in Europa per sollecitare aiuto mentre voi, patrioti d'Etiopia, continuaste la lotta e Ci aspettaste combattendo giorno e notte nelle foreste e nelle montagne contro il brutale nemico militarmente superiore, avvantaggiandovi del vostro naturale eroismo come vostra arma più grande, mai riponendo le vostre spade, mai abbandonando la vostra bandiera o arrendendovi al dominio straniero. Come ora potete vedere, la vostra lotta di cinque anni vi ha permesso di essere testimoni dei frutti dei vostri sforzi e sacrifici.
- [Nel 1941] Quando l'Italia diede inizio ad una guerra di aggressione contro l'Etiopia, sebbene sapessimo di non essere armati al suo stesso livello, combattemmo contro di essa con quella forza che eravamo stati in grado di raccogliere, poiché era nostro dovere resistere ad un nemico venuto per impadronirsi del nostro Paese. Ma appena apparve evidente che questi fosse deciso a sterminare la nostra popolazione col gas venefico, l'utilizzo del quale era proibito dalla legge internazionale, andammo ad appellarci alla Lega delle Nazioni per reclamare giustizia. Nel momento in cui si temette che questa ostilità iniziata dall'Italia potesse diffondersi in tutto il mondo, e quando giunse il periodo in cui tutti coloro che erano stati incaricati della responsabilità del governo cercarono di salvare il pianeta dalla catastrofe che si stava allora scatenando, questi iniziarono a lavorare per l'affermarsi della comprensione sul globo, al fine di evitare il diffondersi della conflagrazione.
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