Strage dell'Heysel

tragedia avvenuta allo stadio Heysel di Bruxelles, nel 1985
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Citazioni sulla strage dell'Heysel.

Citazioni

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  • [Sulla finale della Coppa dei Campioni 1984-1985 oscurata dagli incidenti pre-partita] A dispetto di quella che fu comunque una partita vera, abbiamo sempre fatto fatica a sentire quel trofeo come una coppa nostra. (Andrea Agnelli)
  • Acciaio scadente: nostalgia dell'Heysel.[1] (striscione)
  • + 39 RISPETTO[2] (striscione)
  • Chi ha schiacciato i cuori dell'Heysel? | Mille aghi nella mente | e niente mai risposte. (Claudio Baglioni)
  • Curva Z: come mai quei tifosi della Juventus nello stesso settore dei tifosi del Liverpool? E come mai un cordone di pochi poliziotti? Neppure il tempo di riflettere un attimo, e, 2 ore prima dell'incontro, cominciarono le cariche degli inglesi contro i nostri connazionali. Famiglie, e non ultras, miti e terrorizzate. Io ero al fianco di Enrico Ameri, per raccontare, via radio, la partita. Notai che la curva finiva in un punto in cui non era possibile, dalla tribuna stampa, scorgere se esistevano uscite di sicurezza. Vedevamo gli italiani indietreggiare, compressi uno sull'altro, sparendo in una zona d'ombra. Non lo potevo ancora sapere, ma quella macabra zona d'ombra era lo spartiacque fra la vita e la morte, e anche fra il mio passato e il mio futuro, fra il calcio-fiaba e il calcio-strazio, fra l'incantesimo del fanciullo e la disillusione dell'adulto. Si immolarono 39 persone, calpestate e soffocate. Per la prima, e unica volta, senza volerlo, mi trovai alle prese con un fatto di cronaca nera. Ma non uno qualsiasi, bensì l'Hiroshima del pallone, la "bomba atomica", nella storia del teppismo da stadio, che, quando esplode, cambia chiunque di noi. Era la fine del mondo, per chi, come me, sognava ancora a occhi aperti. (Carlo Nesti)
  • Giustifico i tifosi della curva quando contano i morti dell'Heysel. La Juventus si è dovuta arrampicare su quei cadaveri per vincere una Coppa dei Campioni. (Franco Zeffirelli)
  • Ho un ricordo angoscioso. Noi non volevamo giocare. Fummo costretti, per ragioni di ordine pubblico. Noi sapevamo che ci avrebbero dato addosso comunque: se avessimo giocato sul serio, se non lo avessimo fatto, se avessimo esultato per un gol e se non lo avessimo fatto. Noi sapevamo che c'erano dei morti ma non la proporzione. [Quando] scoprìi che i morti erano stati trentanove [...] fui distrutto. (Zbigniew Boniek)
  • I vari settori dello stadio erano separati da reti da pollaio e c'erano file di gendarmi in verticale, uno ogni due o tre gradini. Mai vista una cosa simile, una specie di cordoncino umano. [...] Mi rivedo nell'angolo dello spogliatoio e intanto arrivano le prime notizie confuse, c'è un morto, forse due, si sono menati, hanno attaccato con i cavalli [...]. Si cominciò lentamente a intuire la portata del dramma, dico intuire perché il numero dei morti ci venne comunicato in pullman, dopo la finale, neanche allo stadio. Andammo sul campo in cinque o sei giocatori per parlare sotto la curva dei nostri tifosi, che era dall'altra parte rispetto al muretto crollato. Dicevamo state calmi, giocheremo per voi, lo stesso messaggio letto dal povero Scirea e da Neal prima del fischio d'inizio. E vi assicuro che se non ci fossimo mossi noi, quella gente non l'avrebbe tenuta nessuno [...]. Restai in campo per 84 minuti, poi mi sostituì Prandelli. Avevamo aspettato quella notte come la più importante della nostra vita, ci sentivamo al sicuro, volevamo vincere finalmente la prima Coppa dei Campioni della Juventus. Ma niente era normale, intatto. Chi se ne frega se il rigore non c'era. Vincemmo, ma solo perché l'avevamo dovuta giocare. Il Presidente federale Sordillo ci chiese di fare il giro del campo col trofeo, e di farlo durare il più a lungo possibile perché i nostri tifosi restassero sulle gradinate mentre gli hooligans stavano uscendo. Quanto si è speculato su quel giro di campo, e su troppe altre cose. Io dico solo che quella notte ci toccò viverla. E chi non c'era porti rispetto. (Massimo Briaschi)
  • Il calcio non lo seguo e non ne so nulla. C'è un fatto che nessuno sa e che spiega tutto. Nel 1985 ero all'Heysel, a Bruxelles, alla finale di Coppa dei Campioni. Sono cresciuto in Belgio ed è per questo che quel 29 maggio mi trovavo lì per Juve-Liverpool, proprio nel settore Z. Accompagnavo mio cugino, appena arrivato da Roma. Vidi tutto: i corpi schiacciati, la gente presa a manganellate dalla polizia, alcuni amici con la faccia coperta di sangue. Mi ritrovai con le spalle contro un muro. Riuscii a scavalcarlo e a saltare giù. Corsi a casa, ero sotto choc. Avevo 17 anni. Col calcio chiusi quella sera stessa, e per sempre. (Max Gazzé)
  • In questi anni se ne sono sentite tante, troppe sulla notte dell'Heysel. C'è chi ci ha voluto speculare. Hanno scritto e detto che Platini non doveva esultare dopo il rigore. Ma guardate bene l'espressione sul volto di Michel: non è gioia, quello è uno sfogo di rabbia. Altre volte hanno criticato quei miei quattro o cinque compagni che hanno festeggiato a fine gara. Pazzesco. Dico: nessuno vuol capire che un calciatore è un uomo come un altro. In quel momento la sua reazione può essere di qualunque tipo, compreso lo sfogo. Semmai sarebbe meglio parlare dei calciatori del Liverpool, che a fine partita sono andati sotto la curva dei loro tifosi per applaudire. Andate a vedervi le riprese Tv per rendervene conto. Spero non sapessero cosa fosse effettivamente accaduto, anche se la cosa mi sembra strana. Noi sapevamo tutto ed eravamo a pochi metri da loro. Forse è il comportamento degli inglesi, gente che se ne frega di tutto. Morte compresa. [...] A proposito chi dice che abbiamo esultato per la vittoria, si ricordi che la Coppa dei Campioni non ce l'hanno consegnata in campo, ma dentro una cassa di legno, proprio come fosse una bara. (Stefano Tacconi)
  • [«Il ricordo di Juve più forte»] L'Heysel. Salendo in mezzo ai tifosi per calmarli lessi la disperazione nei loro occhi. Non sapevo ancora niente, c'era una confusione pazzesca. Mi rammarico di non aver capito quegli sguardi, ecco. (Antonio Cabrini)
  • La finale della Coppa dei Campioni all'Heysel nel 1985? Sul campo non l'ho vissuta. Ho provato a vincere la partita, nessuno in campo e negli spogliatoi sapeva quello che succedeva e davanti a noi c'era il Liverpool che voleva vincere. Mi sono sempre chiesto cosa avrei fatto da presidente dell'Uefa giocare fu giusto. Non solo per la gara, ma per salvare tante altre vite. Sono tornato a Bruxelles il giorno dopo per far visita ai feriti in ospedale. (Michel Platini)
  • L'Heysel stava arrivando, com'è inevitabile che arrivi il Natale. Ciò che sorprese è che la causa di tutte quelle morti fu qualcosa di tanto innocuo quanto una carica, esercizio che almeno la metà dei giovani tifosi inglesi praticava, e che non aveva altro scopo se non quello di spaventare i tifosi avversari e di divertire chi correva. I tifosi della Juventus, molti dei quali erano uomini della media borghesia, non sapevano di quest'abitudine, e d'altronde perché mai avrebbero dovuto? Non conoscevano il complicato comportamento del pubblico inglese, che noialtri avevamo assorbito senza accorgercene. Quando videro una schiera di hooligan inglesi urlanti cominciare a correre verso di loro, si fecero prendere dal panico e si precipitarono verso l'estremità del loro settore. Crollò un muro, e nel caos che seguì la gente morì schiacciata. Fu un modo orribile di morire, e noi probabilmente, davanti alla TV, assistemmo a quelle morti: ricordiamo tutti quell'uomo robusto con la barba, assomigliante a Pavarotti, che con una mano cercava disperatamente un aiuto che nessuno riusciva a dargli. Alcuni dei tifosi del Liverpool arrestati più tardi devono essersi sentiti sinceramente sconcertati. In un certo senso, il loro reato era solo quello di essere inglesi: le abitudini della loro cultura, tolte dal loro contesto ed esportate in un luogo in cui non venivano capite, uccidevano le persone. (Nick Hornby)
  • La pagina dell'Heysel è una delle pagine più buie del calcio e purtroppo della Juve, che ha visto morire 39 suoi tifosi quella folle sera a Bruxelles. Purtroppo da allora qualcosa è stato fatto, qualcuno ha pagato, ma in Italia succedono ancora episodi di violenza inaudita per una partita e spesso ci scappa ancora il morto. L'Heysel deve insegnare tanto, che quelle vittime non sono morte inutilmente, ma per dare un esempio a tutti che una cosa del genere non deve accadere più. (Massimiliano Allegri)
 
Mappa dell'Heysel che mette in evidenza il settore Z invaso dagli hooligan del Liverpool.
  • [Nel 1985] Mi ha mandato nell'ufficio dove stavano discutendo l'UEFA con l'autorità locali, e il presidente nostro, il presidente del Liverpool, per prendere una decisione in un momento così drammatico perché continuavano ad arrivare notizie di morti in aumento, per ciò la decisione da prendere in quel momento era piuttosto, direi, sofferta e mi ricordo che il presidente [Giampiero Boniperti] ha deciso di non giocare [...] e Boniperti ha detto che per rispetto ai morti non voleva giocare, e mi ricordo che il borgomastro della città, il sindaco [...] ha detto che se non giocavamo la responsabilità di tutto quello che succedeva era della Juventus, era del presidente della Juventus. Allora, Boniperti ha detto: «Noi stiamo a quello che dite voi, a quello che decide l'UEFA e l'autorità militari. Se decidete che dobbiamo giocare, noi andiamo in campo». È stato deciso in questa maniera, hanno detto che la partita era valida sotto tutti i punti di vista e sono andati in campo. Allora, io sono corso di nuovo nello spogliatoio dove erano distrutti i giocatori e diciamo che bisognava cominciare ad allenarsi di nuovo e riprendere appunto l'allenamento perché la partita veniva giocata e mi ricordo che ho subito uno stress e una preoccupazione che non m'era successa in vita mia. (Francesco Morini)
  • Nella strage dell'Heysel l'uomo "bestiale" ha aggredito l'uomo "innocente". Caino ha scelto la violenza, e ha ucciso Abele. (Carlo Nesti)
  • Noi della Juventus sapevamo che all'Heysel c'erano stati dei morti laggiù nel settore Z. A dircelo erano stati i tanti, tantissimi tifosi che erano giunti nello spogliatoio per farsi medicare subito dopo l'aggressione degli hooligans inglesi. Una scena che non dimenticherò mai e che, come ha detto il mio compagno Platini, ha cambiato il nostro modo di vedere il calcio. C'era gente insanguinata ovunque, sul volto, lungo il corpo. Molti avevano perso le scarpe, altre i giubbotti. Fummo noi giocatori a dar loro i vestiti, i k-way e le scarpe per proteggerli dal freddo. Non so se i brividi di quei tifosi dipendessero dalla paura o dalla temperatura. I loro sguardi disperati non li ho più cancellati. È difficile spiegare esattamente lo stato d'animo in quegli attimi. Mi ricordo i tifosi terrorizzati: "Assassini, assassini: ci stanno uccidendo tutti" gridavano spaventati. Mi ricordo il nostro medico La Neve, che correva da un tifoso all'altro per le prime cure. Molti di loro piangevano, altri urlavano e singhiozzavano. Noi giocatori decidemmo che quella gara non si doveva giocare. Andammo perciò sotto la doccia ed eravamo ormai tutti vestiti quando un ufficiale delle forze armate entrò nello spogliatoio chiedendoci di giocare per motivi di sicurezza. Nessuno aveva voglia di scendere in campo. Trapattoni non ci disse nulla, non ci spiegò nessuno schema come solitamente accadeva. Basta: dovevamo giocare per evitare un'ulteriore disgrazia, ma del fatto tecnico non ci interessava nulla. (Stefano Tacconi)
  • Non conoscevamo la realtà dei fatti. Ci era stato detto solamente di un morto in un tafferuglio fuori dallo stadio. Boniperti non voleva giocare per onorare la memoria del tifoso deceduto. Si riunì d'urgenza il comitato dell'UEFA che intimò a Boniperti di giocare minacciandolo di assegnare lo 0-3 a tavolino e di considerarlo da quel momento in poi responsabile di tutti gli episodi che potevano scatenarsi in caso di sospensione dell'incontro. La [Juventus] fu pertanto messa di fronte all'obbligo di scendere in campo. Ribadisco, all'oscuro di quanto stava succedendo. La partita, per quel poco che conta, fu partita vera. Chi dice o crede il contrario non è juventino. (Sergio Brio)
  • Non uscire sconfitti moralmente da Bruxelles [19]85, aver accettatto da giocare una gara infernale, e tuttavia corretta, è un fatto juventino che solo tra molto tempo verrà misurato nella sua validità; che poi sia un grande esempio sportivo, viene di conseguenza. (Giovanni Arpino)
  • Per me è stata terribile, ma lo è stata anche per tutti coloro che erano là, lo è stata per il calcio tutto che da quella sera non è più stato lo stesso. Noi quando siamo scesi in campo con un'ora di ritardo non sapevamo che c'erano morti, ci avevano detto che era caduto un muro, che la folla si agitava, che era meglio incominciare a giocare per calmare gli animi. E forse è stato un bene continuare. Quella Coppa dei campioni per noi è come se non ci fosse. Ogni volta che devo parlarne sento un dolore profondo. Troppa follia. (Luciano Favero)
  • Quella dell'85 fu la Coppa del dolore. Ci sentimmo tutti un po' strani: quella sera: chi stava all'Heysel, chi davanti alla Tv e chi negli stanzoni di Redazione preparava i giornali. Dovevamo celebrare un trionfo, la prima Coppa Campioni della Juve, ma non c'era gioia; semmai, angoscia o disagio. Come cancellare dalle menti quelle immagini brutali, i morti ed i feriti, il dolore straziante di chi aveva perso, in quella bolgia, un amico, un parente, uno della stessa fede? Ricordo il giro di campo di Platini, con la Coppa in mano, e, dietro, gli juventini: non era la passerella di chi aveva vinto, ma una cattiva recita della vittoria. (Domenico Morace)
  • Quella finale fu giocata per ragioni di ordine pubblico, per pura convenzione. Il gioco doveva continuare perché c'erano già dei morti sugli spalti e interromperlo avrebbe significato una tragedia ben più grande. Ma la partita doveva essere invalidata e ripetuta. Accettare quella coppa è stata una grave mancanza di stile da parte di Agnelli, della squadra e dei suoi dirigenti. (Geno Pampaloni)
  • Qui ricordiamo le 39 vittime di Bruxelles il 29 maggio 1985 trucidate da brutale violenza. Quando onore, lealtà, rispetto cedono alla follia, è tradita ogni disciplina sportiva. Alla nostra memoria il compito di tenerla viva.[3] (Giovanni Arpino)
  • Ricordo ancora quella sera del 29 maggio 1985 e i giorni seguenti. Un ricordo violento, perché quello che accadde cambiò per sempre il mio essere ragazzo, tifoso, e ha cambiato anche il giornalista che sono diventato. L'Heysel è una cicatrice che fa male ancora oggi e che non se ne vuole andare, forse proprio perché in troppi hanno cercato di cancellarla, ma non c'è cura.[fonte 1] (Francesco Caremani[4])
  • Solo rabbia e dolore, mai sopiti. [...] vissi quella tragedia momento per momento. Vidi il sangue, la disperazione e gli occhi sbarrati verso il cielo. E purtroppo ne dovetti scrivere. Provo ribrezzo – e non riesco a trovare un'altra espressione – per chi ne parla (e addirittura ne specula) senza cuore. (Marino Bartoletti)
  • Un ricordo bruttissimo. Per tutta la gara ebbi mal di stomaco. Sembrava di essere in guerra, quando vedi dei morti in diretta non te lo puoi dimenticare. Non ho neanche esultato e non lo faccio neppure oggi. (Luciano Bodini)
  • Chi riferiva di dieci, poi di diciotto, infine di trenta, e adesso addirittura di quarantuno morti, e forse non è finita. Purtroppo, quasi tutti nostri connazionali, che il terrore aveva spinto a cercare salvezza calpestando chiunque incontrasse nella disperata fuga. Tra quella parte di tribuna occupata da una minoranza di italiani e da una folla preponderante di liverpoolesi, tre sparuti impotenti poliziotti belgi. Eccitati dall'odio, di cui si conoscono capaci come pochi al mondo, e ancora dall' alcol, di cui sono tragicamente avidi fino all'incontinenza più smaccata, non meno di cento mascalzoni si sono scatenati lanciando mattoni sassi e bottiglie. Il fuggi fuggi è stato accorante. La polizia belga è giunta sempre più in forze ma, ahimè, troppo tardi. Ormai l'attesa festa era bruttata da un eccidio senza precedenti in questa parte civile d'Europa.
  • Il loro Heysel, un tempo onorevolissimo, è ormai insopportabilmente obsoleto. Ha le due curve in terra battuta con gradini sorretti da pietre malferme: in queste curve gli spettatori sono costretti a stare in piedi. Ammassare oggi folte moltitudini sugli spalti di curve senza posti a sedere significa esporsi a rischiose calamità pubbliche. Per loro disgrazia, i belgi hanno ottenuto dalla Uefa l'incarico di organizzare la Coppa Campioni. Sapevano di aver a che fare con orde di inglesi avvinazzati e feroci. Non hanno riflettuto però che gli spiantati liverpooliani non potevano competere con i ricchi juventini di tutta Italia, e che metà della curva destinata agli ospiti albionici sarebbe stata accaparrata – magari a borsa nera – dagli italiani. Così non hanno ritenuto i belgi di dividere più efficacemente i rappresentanti di due popoli l'uno all'altro inviso per troppo differenti destini passati e presenti. Alla tradizionale spocchia degli inglesi, il visibile benessere degli italiani doveva suonare come un'offesa patente, uno sberleffo tragico della sorte: dunque, ai più scalmanati non è parso vero di farla subito fuori. I pochi sparuti poliziotti belgi sono stati travolti. Gli italiani, prima sorpresi, poi atterriti, si sono ristretti fino a soffocarsi. I vecchi spalti interrati dello Heysel sono divenuti orrendo cimitero. Mortificati e stravolti, i belgi hanno taciuto lì per lì la tragedia, hanno chiamato allo Heysel tutta la polizia a disposizione nel regno: non è bastato. La partita, che pareva giocata per tacitare i manigoldi, si è risolta a favore della Juventus, il cui tripudio ha un po' stupìto dopo tanti decessi. Gli inglesi di Liverpool sono tornati alle loro tane, alla loro quotidiana mortificazione di paria. Gli italiani, fino a ieri sottovalutati e derisi, hanno meritato la sincera comprensione di tutti.
  • L'imbarazzo sfiora il rimorso in tutti noi che allo sport credevamo come all'antidoto più puro e sincero della guerra. Così come siamo caduti, la voglia è di mandare tutti al diavolo. Se vogliamo prenderci a calci, stiamo a casa nostra. E si vergognino quei popoli che, atteggiandosi a civili, mandano per il mondo questi mascalzoni efferati e ahimè più volte recidivi nei loro eccessi delittuosi. Alle 21,40 inizia una partita che alcuni bene informati dicono finta. Questo per consentire alle forze dell'esercito acquartierate in Bruxelles di preparare due vie di ritirata e quindi di sfollamento per i gruppi nemici. A quele punto siamo giunti. Poiché si gioca, mi tocca guardare.
 
I tifosi della Kop, curva dei sostenitori del Liverpool allo stadio Anfield, formano la scritta «Amicizia» durante la gara contro la Juventus del 6 aprile 2005.
  • [Nel 2005] Il comportamento mostrato in seguito dalla Juventus mostrò come la società bianconera fosse un club dignitoso, un club di classe e qualità, uno dei migliori mai esistiti. Gestirono la situazione in maniera brillante. Sarebbe stato facile per loro denigrare il Liverpool Football Club e la gente di Liverpool, ma loro non lo hanno fatto nemmeno una volta in venti anni.
  • Mia moglie e altri miei parenti stretti erano lì, così, naturalmente, ho temuto per la loro sicurezza e ho pensato a coloro che avevano perso la vita, ma continuo a pensare che era giusto giocare la partita.
  • Non potrei mai giustificare il comportamento di alcuni tifosi del Liverpool all'Heysel, sarebbe sbagliato, tuttavia in quell'occasione vi fu un insieme di circostanze che portarono a conseguenze davvero terribili.
  • Tutti i nostri timori vennero confermati quando eravamo nello spogliatoio prima e qualcuno disse che c'era un grosso problema e poi naturalmente sentimmo che c'erano stati incidenti mortali.
  • E ora purtroppo una notizia che debbo dare, perché è ufficiale, viene dall'UEFA. Ci sono 36 morti... una cosa rabbrividente, inaudita... e per una partita di calcio.[5]
  • Eppure c'era stata qualche avvisaglia di quello che sarebbe successo, ancora prima che si cominciasse a gravitare intorno all'Heysel. Giravano per la città delle macchine con altoparlanti, che invitavano gli appassionati ad andare per tempo allo stadio, anche se in possesso di biglietti regolari, perché girava una grande quantità di biglietti falsi. E infatti entrarono allo stadio molte più persone del dovuto, determinando un sovraffollamento nel settore in cui erano stati ammucchiati in maniera invereconda troppi tifosi inglesi.
  • Furono momenti angosciosi, in cui fui costretto a prendere decisioni dolorose. Ricordo un paio di ragazzi, che erano riusciti a raggiungere la mia postazione. Mi chiesero di dire alle loro mamme che erano vivi. Io risposi che non potevo accontentarli, per non far preoccupare le mamme e i parenti degli altri ragazzi presenti allo stadio, anche se mi rendevo conto che ai loro occhi avrei potuto fare la figura di uno senza cuore. E invece, con mia soddisfazione, qualche tempo dopo mi chiamarono per dirmi che avevano capito le ragioni della mia decisione. In casi del genere ti trovi ad affrontare dilemmi tremendi, perché la realtà da raccontare è assolutamente fuori dai normali parametri della cronaca.
  • La Juventus vince la Coppa dei Campioni battendo per 1 a 0 il Liverpool. Nella fase finale della serata ha ripreso il sopravvento... il fatto sportivo... e consentite che l'uomo sportivo... lo sportivo esulti per questo successo della Juventus, che è successo del calcio italiano, anche se l'uomo conserva l'amarezza e il dolore di una serata resa luttuosa da quanto è successo prima della partita. I novanta minuti di gioco sono stati invece disputati esemplarmente dalle due formazioni, in particolare dalla Juventus, che coglie così l'unico alloro che ancora mancava al suo inimitabile palmarès. La Juventus si aggiudica allo Stadio Heysel di Bruxelles la Coppa dei Campioni, battendo per 1 a 0 i detentori del Liverpool.[5]
  • Le poche forze dell'ordine a disposizione, compresi i signori a cavallo, non presero alcun tipo di iniziativa. Osservavano quasi stupiti quello che stava accadendo, senza accennare a un minimo intervento. Forse non avrebbero risolto nulla, dal momento che non era stato predisposto un apparato per contrastare situazioni come quella che si stava creando, ma almeno avrebbero dato la sensazione di provare a mettere un po' d'ordine. Ma anche negli anni successivi in Belgio hanno cercato in tutti i modi di rimuovere quella serata, parlandone il meno possibile e mostrandosi riluttanti ad ogni commemorazione, perché a distanza di anni si rendono conto di avere fatto una figuraccia.
  • Si comincia con quasi un'ora e mezza di ritardo sull'orario previsto. A lungo è rimasto incerto se questo incontro dovesse disputarsi o meno.[5]
  • All'Heysel era impossibile rifiutarsi di giocare. Quando è stato deciso di scendere in campo non ci potevamo tirare indietro, e poi non conoscevamo bene quanto era avvenuto. Delle dimensioni della tragedia sono stato avvertito il giorno dopo quando, partendo con la nazionale per andare in Messico, sull'aereo ho potuto leggere i giornali.
  • È vero che c'erano dei giocatori che avevano già fatto la doccia, come Platini e qualcun altro. Nessuno aveva voglia di giocarla, quella partita: era abbastanza normale, però bisognava scendere in campo. Non si poteva non giocare quando qualcuno ha detto che la partita era valida, era anche irrispettoso verso i nostri tifosi.
  • Noi ci siamo sempre pentiti. Non ho mai sentito la coppa dei campioni di Bruxelles come una vittoria, è stata la sconfitta per tutto il mondo del calcio e per tutto il mondo sportivo e non solo sportivo.
  • Non dovevamo andare a festeggiare la vittoria sotto la curva, l'abbiamo fatto e sinceramente in questo momento chiedo scusa. l tifosi ci hanno chiamato e siamo andati. In quel momento sembrava giusto festeggiare ma, anche se noi allora non conoscevamo la portata della tragedia, in questo momento mi sento in dovere di chiedere scusa.
  • Cosa succede? Cosa succede a Bruxelles? | Cosa succede? Cosa succede all'Heysel? | Guarda qui, guarda lì, che cimitero... | Guarda qui, guarda lì, è tutto bianconero!!
  • Ti ricordi lo stadio Heysel, | le bandiere del Liverpool, | 10 mila sono partiti, | 39 non tornan più.[6]
  • Trentanove italiani non possono avere torto.[7]
  • Trentanove sotto terra, viva viva l'Inghilterra.
  1. Striscione esposto dalla curva Nord (settore occupato da alcune frange della tifoseria organizzata dell'Inter) durante la partita Inter – Juventus del 29 ottobre 2011. Lo striscione si riferisce a un'inchiesta della procura di Torino sulla costruzione dello Juventus Stadium – poi conclusasi con l'archiviazione –, tirando in ballo e irridendo la strage dell'Heysel.
  2. Striscione esposto dalle curve della Juventus durante alcune partite in risposta agli insulti rivolti dalle tifoserie di altre squadre alle vittime dell'Heysel, cfr. Il ricordo dell'Heysel allo Stadium: «+39 rispetto», Tuttosport.com, 23 maggio 2015.
  3. Queste parole sono state incise poi su un cippo nella vecchia sede bianconera in piazza Crimea.
  4. Giornalista e scrittore aretino, autore del libro Heysel: una strage annunciata, cfr. 29 anni fa, l'Heysel. "Rispetto per la memoria e una nuova cultura sportiva", Goal.com, 29 maggio 2014.
  5. a b c Durante la telecronaca dell'evento.
  6. Coro intonato sulla musica di Montagne verdi (Marcella Bella, 1972) dalla curva Fiesole, occupata da alcune frange del tifo organizzato della Fiorentina, durante la partita Fiorentina – Cagliari del 5 dicembre 2010 e qualche giorno prima durante la partita di Coppa Italia contro la Reggina.
  7. Coro intonato dalla tifoseria dell'Everton Football Club. Il coro è rivolto ai tifosi rivali del Liverpool.
  1. Citato in «Da soli per avere giustizia», Guerin Sportivo, maggio 2015, p. 65.

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