Zbigniew Boniek

allenatore di calcio, calciatore e dirigente sportivo polacco

Zbigniew Boniek, detto Zibì (1956 – vivente), dirigente sportivo, ex allenatore di calcio ed ex calciatore polacco.

Zbigniew Boniek (1986)

Citazioni di Zbigniew Boniek

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [Sulla presunta mancanza di rapporti umani alla Juventus] Il palmarès dei bianconeri sarà forse ricco di trofei, ma in quanto a baldoria, lì sono veramente pessimi! Bisognava giocare, vincere e basta! Ogni tanto avevo l'impressione di andare al lavoro in fabbrica.[1]
  • Era un altro calcio, un'altra atmosfera. Ora non è più così. Erano campioni veri. Oggi un buon giocatore lo trasformi in campione in qualche anno. All'epoca si poteva andare in giro dopo le partite anche per prendere una birra, c'era più contatto con la gente. Oggi è tutto frenetico, non ti risponde al telefono nemmeno il procuratore di un giocatore.[2]
  • La mia Juve era una squadra fantastica fatta di grandi giocatori grazie all'Avvocato Agnelli. Nel mio periodo siamo stati senza dubbio la squadra più forte al mondo. Non eravamo bravi solo in campo, ma anche fuori. Eravamo ragazzi intelligenti, molti adesso sono in posizioni alte, come lo è stato Platini, io o il presidente della Lazio Zoff.[3]

Intervista di Massimiliano Castellani, avvenire.it, 16 maggio 2012.

  • Sono un uomo che ha la fortuna di essere amato non solo in Polonia, ma un po' ovunque, tranne che da quel "giovanotto" che fa il presidente della Juventus [riferendosi ad Andrea Agnelli] che ha dato retta a 2-3 mila ultrà... Gli hanno chiesto di togliere la mia stella personalizzata dallo Juventus Stadium, perché sarei un "romanista", per sostituirla con quella di uno squalificato per doping per aver preso il nandrolone [riferendosi ad Edgar Davids]. Ma io spero che 14 milioni e passa di tifosi juventini si ricordino di quel Boniek che vinse la Supercoppa Europea praticamente da solo e che dopo la conquista della Coppa dei Campioni con il Liverpool donò i 100 milioni di premio alle vittime dell'Heysel...
  • Posso assicurare che anche sotto il regime comunista non ho mai visto nessun polacco chiedere l'elemosina ai bordi delle strade. Si lavorava tutti, in ogni casa si mangiava e non mancava quasi niente. Certo mancava la cosa più importante, la libertà. E a noi giovani era vietato sognare un futuro migliore.
  • La Polonia di oggi ha 40 milioni di abitanti ed è la quinta nazione in Europa per estensione. L'Europeo si disputerà a Poznan, Varsavia, Danzica e Breslavia: città moderne, allegre, giovanili ed accoglienti, ognuna con il suo ottimo aeroporto internazionale. Dobbiamo un po' migliorare sulle comunicazioni stradali, ma abbiamo infrastrutture all'avanguardia, a testimonianza di un Paese che ha un Pil che viaggia forte e che regge bene all'urto della crisi. Forse anche perché noi dell'euro non ne abbiamo voluto sapere...
  • Senza i buoni uffici diplomatici del presidente della federcalcio ucraina, Gregory Surkis, alla Polonia da sola non avrebbero mai assegnato Euro2012. In Ucraina hanno problemi di distanze, di comunicazioni e in questo momento le loro beghe delicate di governo, ma lì ci sono delle ricchezze finanziarie che il resto dell'Europa se le sogna. Un "dettaglio" che ha giocato a favore dell'accoppiata che sono sicuro risulterà vincente.
  • L'Italia vinse quel Mondiale [del 1982] perché fece fuori Boniek... Nessuno mi toglie dalla testa che l'arbitro Valentine con l'Urss mi ammonì apposta per farmi saltare la semifinale con l'Italia che politicamente contava molto di più della Polonia... Avremmo perso lo stesso? Sarebbe bello rigiocarla quella partita, ma con Boniek in campo e Paolo Rossi squalificato, vediamo come finisce...

Da un'intervista al Corriere dello Sport - Stadio; citato in Giuseppe Barone, contra-ataque.it, 30 aprile 2016.

  • Anche io, come i giocatori italiani, ho iniziato a giocare in strada. È lì che si formano, in tutto il mondo, i buoni giocatori e forse anche le buone persone. Noi in Polonia in strada dimostravamo subito quello che sapevamo fare meglio. Chi correva, chi picchiava, chi calciava con destrezza. E ognuno veniva subito indirizzato dove il talento lo portava. In strada vige, da sempre, la legge del più forte. Ma con una eccezione: il proprietario del pallone. Io ero piccolo, gracile ma avevo una smagliante sfera di cuoio. L'avevo perché mio padre giocava in Serie A e anche questo accendeva su di me una luce particolare.
  • Avevo undici anni, ero bravo. Giocavo a centrocampo ma avevo già spiccate doti offensive. Ogni tanto mi schieravano anche come difensore centrale. Andai in una società del mio paese e lì trovai un allenatore che mi faceva piangere. Mi ripeteva sempre che ero piccolo, che dovevo aspettare, che dovevo crescere. Aspettai e a diciassette anni, quando giocavo in Serie B, mi vide un osservatore del Widzew Łódź. Mi presero e andai a trecento chilometri di distanza. A mia madre, che non voleva, promisi che mi sarei diplomato e laureato. Lo feci.
  • [Sull'arrivo alla Juventus] Arrivai nello spogliatoio e trovai dei campioni, ma sorridenti e accoglienti. Capìi che dovevo vestirmi meglio, visto il loro look. Al primo allenamento chiesi a Zoff se dovevo dargli del tu o del lei. Lui mi guardò e sorrise. Era una squadra fantastica. Nove italiani e due stranieri [Boniek e Michel Platini]. E, se posso dirlo, due stranieri di qualità. A me sembra questa la miscela giusta.
  • [Su Diego Armando Maradona] Durante una partita Juventus-Napoli nello spogliatoio ci dicemmo che l'unico modo per fermarlo era menargli di brutto. Ma dopo dieci minuti in campo ci guardammo e ci dicemmo che no, era troppo bello vederlo giocare.
  • [Sulla strage dell'Heysel] Ho un ricordo angoscioso. Noi non volevamo giocare. Fummo costretti, per ragioni di ordine pubblico. Noi sapevamo che ci avrebbero dato addosso comunque: se avessimo giocato sul serio, se non lo avessimo fatto, se avessimo esultato per un gol e se non lo avessimo fatto. Noi sapevamo che c'erano dei morti ma non la proporzione. [Quando] scoprìi che i morti erano stati trentanove [...] fui distrutto.
  • [Su Ciro Ferrara] Sempre concentrato, ti si appiccicava come il Vinavil.

Citazioni su Zbigniew Boniek

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  • Bello di notte. (Gianni Agnelli)
  • [Sull'esclusione di Boniek dal Cammino delle stelle dello Juventus Stadium nel 2011] È una sciocchezza, Zibì ha dato molto alla Juventus, le sue critiche ai dirigenti non c'entrano con tutto quello che lui ha saputo dare e fare per la squadra. (Michel Platini)
  • Veloce, tecnicamente brillante, vincente, con una personalità in campo che io non avevo mai visto. (Sven-Göran Eriksson)
  • Boniek è il fantasista volante del calcio europeo. Il suo ruolo li contempla quasi tutti, la sua potenza atletica [...] fa in maniera che egli si sappia esaltare come punta pura, se si sente in vena, come superarsi da rifinitore se ne ha voglia. Sa far tutto coi polmoni che ha. [...] È un possente cursore di rabbia e di conquista, è l'ultimo campione chopiniano, cioè melodioso, di un paese dove la fame è realtà quotidiana.
  • Boniek non è un centravanti secondo i moduli tradizionali e non è un cervello, un regista, piuttosto è un giocatore con la musica del calcio altolocato nelle vene, la zona e il gioco senza palla, la verticalizzazione costante, lo spunto mai fine a se stesso, lo sprint reiterato, travolgente, di gambe e di polmoni, sull'out o al centro, mai un fronzolo fine a se stesso, un senso del gioco materiato di amore per il pallone, gioco di prima innervato nel gioco di squadra.
  • Boniek si può definire il calciatore polacco più originale della storia, è l'anarchico per eccellenza, non ha un ruolo specifico e su di lui può cadere qualsiasi numero di maglia, dal 4 in poi, fungere da centravanti arretrato per trasformarsi poi in centravanti effettivo, folgorante e sfolgorante; fungere da regista classico, da punto di riferimento per i compagni con i suoi piazzamenti senza palla. Un ruolo preciso non gliel'ha ancora trovato nessuno.
  • In effetti Boniek non ha ruolo. È buono per tutto, anche per difendere, se appena volesse. Ma nella sua terra polacca ha acquisito di sé un'enorme consapevolezza e il suo modo di essere non è disgiunto da una discontinuità di concetto, di ispirazione. È, voglio dire, vocato al difficile più che al banale. Se avesse anche continuità sarebbe un mostro, io penso.
  • Pur essendo un possente cavallone del gioco, è un talentuoso, abbina stile e forza, eleganza e potenza, ha tutte le qualità immaginabili per copioni in cui gli spazi vengano conquistati da geometrie elementari, perché in Polonia il singolo inteso come virtuoso non funziona, funziona il singolo che lega con gli altri, che quantifica e vivifica il collettivo.
  • Zibì Boniek furoreggia negli spazi e diviene un missile lanciato. Zibì Boniek scalcia stranito nelle mischie congenite ad un certo calcio nostro di mezzi che si fingono interi. Boniek può far tutto in campo, anche difendere; ma è vero che molte sue partite nascono e muoiono nello spazio di un palleggio; e che lo intisichisce sentirsi emarginato dal campo libero che egli vive dentro di sé, polacco a caccia di una libertà remota e impossibile. Questo baffo fulvo, questi chiari occhi cilestrini, questa natura portata ad una malinconia che non si compiace; un atleta ed un campione della forza con suggestiva visione del calcio. Unico, irripetibile. Tra i migliori del mondo.
  1. Da (FR) Jean-Philippe Leclaire, Le Roi, 66thand2nd, 2017; citato in Michel Platini, il re di Torino, ultimouomo.com, 25 aprile 2017, p. 2.
  2. Da un'intervista a Il Messaggero; citato in Boniek: «Non ho parlato male della Juve, non mi piaceva che usasse i dirigenti per vincere le partite», ilnapolista.it, 7 luglio 2022.
  3. Citato in Boniek: "Juve, eravamo i più forti al mondo. Rigiocherei Roma-Lecce", corrieredellosport.it, 22 novembre 2022.

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