Konrad Lorenz

zoologo e etologo austriaco
(Reindirizzamento da L'anello di Re Salomone)

Konrad Zacharias Lorenz (1903 – 1989), zoologo, etologo e filosofo austriaco.

Konrad Lorenz nel 1978
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la medicina (1973)

Citazioni di Konrad Lorenz

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  • Come l'origine dell'uomo è passata attraverso la condizione animale, così la chiave della comprensione dell'uomo passa attraverso la conoscenza degli animali.[1]
  • Dunque gli animali si riconoscono fra di loro? Certamente sì...
    Ogni allevatore di galline sa che... esiste un ordine ben preciso, secondo il quale ognuna ha paura di quelle che le sono superiori di grado. Dopo pochi contrasti, che non comportano necessariamente scontri violenti, ognuna sa quali sono quelle di cui deve aver paura e quali invece quelle che le devono rispetto. Non solo la forza fisica, ma anche il coraggio personale, l'energia e persino la sicurezza di sé di ogni uccello contribuiscono decisivamente a mantenere l'ordine di beccamento.[2]
  • Esistono alcune cose nella natura nelle quali la bellezza e l'utilità, come la perfezione artistica e tecnica, si combinano in modo quasi incomprensibile: la tela del ragno, l'ala della libellula, il corpo stupendamente affusolato del delfino, e i movimenti del gatto.[3]
  • La cosa più importante è che la persona diventi ricettiva alla bellezza.[4]
  • La peggiore tortura cui una gallina di batteria è sottoposta è l'impossibilità di ritirarsi in disparte per deporre le uova. Chiunque abbia un minimo di conoscenza degli animali sa quanto è straziante vedere una gallina che tenta ripetutamente di nascondersi dietro le sue compagne di prigionia alla vana ricerca di un riparo.[5]
  • Neppure le conoscenze che fanno epoca, quelle di cui siamo debitori a un Giordano Bruno o a un Galileo Galilei, hanno avuto un profondo influsso sulla nostra concezione del mondo...
    Con troppa facilità gli uomini si considerano il centro dell'universo, qualcosa di estraneo e di superiore alla natura... Questo atteggiamento ci preclude quella forma di riflessione su noi stessi di cui oggi avremmo tanto bisogno. Le grandi scoperte delle scienze naturali inducono l'uomo a un senso di umiltà: proprio per questo vengono a volte avversate. Da Galilei l'uomo ha appreso suo malgrado che la Terra gira intorno al Sole e non viceversa; e sempre suo malgrado ha appreso da Giordano Bruno che il Sole non è che un granello di polvere tra innumerevoli altri granelli di polvere. Ma la cosa per lui più detestabile è sapere di non essere altro che un'escrescenza del grande albero della vita...[6]
  • Sarà molto difficile per l'orgoglio umano riconoscere che l'«homo sapiens» non ha semplicemente qualche interesse per gli animali: lui è un animale![7]
  • Se un uomo è onesto come scienziato, la proporzione fra quanto crede di sapere e quanto crede di non sapere varia sempre a suo discapito, a misura che il tempo passa. E più si diventa vecchi – se si cerca sinceramente la verità – più si sa che non si sa niente e che ci sono tante cose che si vorrebbero sapere.[8]
  • Sono pienamente convinto, dico pienamente, che gli animali hanno una coscienza. L'uomo non è il solo ad avere una vita interiore soggettiva.[9]
  • Un uomo che conosce bene la bellezza di un bosco in primavera, la bellezza dei fiori, la meravigliosa complessità di una qualche specie animale, è impossibile che dubiti sul senso del mondo.[10]

Gli otto peccati capitali della nostra civiltà

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  • Ogni pericolo perde molto della sua temibilità una volta che se ne conoscano le cause. Credo e spero, perciò, che questo volumetto possa dare il suo piccolo contributo per attenuare i pericoli che minacciano l'umanità.
  • È molto probabile che una tappa decisiva nel misterioso processo dell'evoluzione dell'uomo sia rappresentata dal giorno in cui un essere, che stava esplorando con curiosità il suo ambiente, fermò la sua attenzione su se stesso.
  • L'eccitazione emotiva inibisce l'attività razionale, l'ipotalamo blocca la corteccia. Per nessun'altra emozione questo vale in così larga misura come per l'odio etnico collettivo, che conosciamo anche troppo bene sotto forma di odio nazionalista. Dobbiamo tener presente che l'odio della generazione più giovane per quella degli anziani ha le medesime radici. L'odio ha conseguenze più nefaste della totale cecità o sordità, perché falsifica ogni informazione che cerchiamo di trasmettere e la trasforma nel suo contrario. Ogni esortazione che rivolgiamo ai giovani contestatori per impedire che distruggano i loro beni più preziosi viene da loro interpretata, ed era prevedibile, come un insidioso tentativo per sostenere l'odiato "sistema". L'odio non rende soltanto ciechi e sordi, ma anche incredibilmente sciocchi. Sarà difficile dare a quelli che ci odiano l'aiuto di cui avrebbero bisogno. Sarà difficile far loro capire che lo sviluppo della cultura ha dato luogo alla formazione di valori altrettanto insostituibili e degni di rispetto quanto quelli che sono emersi nel corso della filogenesi; sarà difficile far loro capire che una cultura può estinguersi come la fiamma di una candela. (pp. 107-108)

Il cosiddetto male

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L'antico sogno del volo si è avverato: sottratto alla gravità, sospeso in un medium invisibile, fluttuo senza fatica su pianure assolate. E non mi muovo, come il filisteo preoccupato della propria dignità crede di dover fare, e cioè con la pancia in avanti e la testa eretta: me ne sto nella posizione dei vertebrati, stabilita da remota consuetudine, ossia con la schiena volta al cielo e con la testa in avanti. Certo, se voglio guardare in avanti la noia del dover flettere la nuca mi ricorda che a rigore sono un abitante di un altro mondo. Ma per ora non ne ho voglia, o perlomeno solo di rado. Il mio sguardo è piuttosto rivolto verso il basso, alle cose sotto di me, come si conviene del resto ad ogni ricercatore di questo mondo.

Citazioni

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  • In ogni caso è un ottimo sport mattutino per un ricercatore mandare al diavolo ogni mattina prima di colazione un'ipotesi prediletta: mantiene giovani! (p. 23)
  • Ma ogni domanda alla quale si possa dare una risposta ragionevole è lecita, ed è inammissibile che il valore e la bellezza di qualsiasi avvenimento naturale possano venir pregiudicati se vogliamo renderci conto del perché questo fatto sia così e non altrimenti. (p. 32)
  • È notorio che già Darwin aveva formulato la domanda riguardo al valore della lotta per la conservazione della specie e che aveva anche trovato una risposta convincente: per la specie, per il suo futuro, è sempre vantaggioso che il più forte dei due rivali conquisti un territorio e la femmina ambita. (p. 45)
  • La selezione puramente intra-specifica può condurre alla formazione di forme e comportamenti che non solo sono solitamente privi di valore per l'adattamento, ma che possono addirittura danneggiare la conservazione della specie. (p. 55)
  • Non abbiamo mai trovato che lo scopo dell'aggressione sia l'eliminazione degli appartenenti alla specie. (p. 64)
  • La ri-edizione dell'attacco è l'espediente più geniale che l'evoluzione abbia inventato per costringere l'aggressione su binari innocui. (p. 79)
  • Quel che mi preme dimostrare qui è d'inestimabile importanza, e cioè che, attraverso il processo di ritualizzazione filogenetica, nasce ogni volta un nuovo istinto completamente autonomo, che per principio è indipendente esattamente quanto qualsiasi altra delle cosiddette «grandi» pulsioni – la fame, l'amore, la fuga, l'aggressione –, e che, esattamente come queste, ha seggio e voto nel parlamento degli istinti. (p. 90)
  • Non riuscivo a credere ai miei occhi! Io non nutro nessun dubbio su come sia da interpretare questo avvenimento: l'abitudine era diventata tale che l'oca non poteva sottrarvisi senza essere affetta da paura. (p. 93)
  • E fin qui, a quanto risulta, la situazione è la stessa per l'animale e per l'uomo. Qualcosa cambia però, e questo è importante, nel momento in cui l'uomo non acquista più per se stesso un'abitudine ma la riceve in eredità dai suoi genitori, dalla sua cultura. In primo luogo egli non conosce più le ragioni che hanno originato la prescrizione di quel determinato comportamento. Il pio ebreo o il musulmano aborrono la carne suina senza essere consapevoli del fatto che sono stati i pericoli di trichinosi a spingere i legislatori al severo divieto. In secondo luogo poi la riverita figura del padre subisce nel legislatore, a causa della distanza temporale e mitica, un'apoteosi che fa sembrare divine tutte le prescrizioni che risalgono a lui e l'infrangerle peccato. (pp. 95-96)
  • Presso molti animali conosciamo casi analoghi nei quali un comportamento infantile protegge dall'aggressione intra-specifica. (p. 146)
  • Ho esposto ampiamente altrove che quei freni che evitano un danneggiamento o addirittura l'uccisione dei compagni di specie devono essere il più possibile forti e sicuri presso quelle specie animali che, essendo predatori abituali, sono provviste di armi adatte all'uccisione rapida e sicura di grosse prede, e pur tuttavia vivono in formazioni sociali. (p. 155)
  • Nella natura non si dà evidentemente soltanto ciò che è funzionale per la conservazione della specie ma anche tutto quello che non è tanto funzionale da minacciarne il patrimonio essenziale. (p. 188)
  • C'è un tipo d'ordinamento sociale caratterizzato da una forma d'aggressione che finora non abbiamo incontrato, e cioè dal combattimento collettivo di una comunità contro un'altra della stessa specie. (p. 193)
  • Nella schiera dei ratti non c'è nessun ordine gerarchico. La schiera attacca compatta un grosso animale da preda e i membri più forti portano il contributo maggiore alla sua conquista. (p. 196)
  • Nei tre diversi tipi di ordinamenti sociali che ho descritto nei capitoli precedenti, le relazioni fra i singoli appaiono del tutto impersonali. Gli individui sono elementi della comunità superindividuale intercambiabili fra loro quasi a piacere. (p. 205)
  • La risata dell'uomo è probabilmente anch'essa nella sua forma originale una cerimonia di pacificazione o di saluto. (p. 218)
  • Se uno di questi giovani maschi[11] propone il suo giubilo trionfale a un altro maschio e questi l'accetta, ognuno dei due trova nell'altro, per quanto riguarda esclusivamente questa sfera funzionale, un socio e un compare di gran lunga migliore di una femmina. […] Restano fedelmente uniti per tutta la vita per lo meno quanto una coppia eterosessuata. […] Ognuno prende l'altro in un certo senso per una femmina, e che questa sia un poco frigida e non desideri proprio certe intimità, non reca alcun danno sensibile al grande amore. (p. 235-236)
  • Io credo piuttosto che in ogni vero amore ci sia una tale misura di aggressione latente nascosta nel legame, che quando questo legame si spezza avviene quell'orribile fenomeno che chiamiamo odio. Nessun amore senza aggressione, ma anche nessun odio senza amore! (p. 252)
  • Un vincolo personale, un'amicizia individuale si trovano soltanto negli animali con un'aggressione intra-specifica altamente sviluppata, anzi, questo vincolo è tanto più saldo quanto più aggressiva è la rispettiva specie animale. (p. 254)
  • Il vincolo personale s'è formato nel corso del gran divenire senza alcun dubbio nel momento in cui, presso animali aggressivi, si sia resa necessaria la collaborazione di due o più individui ai fini della conservazione della specie, in genere certo per la cura della covata. Il vincolo personale, l'amore, s'è formato senza dubbio in molti casi da aggressione intra-specifica, in diversi casi noti attraverso ritualizzazione di un attacco o di una minaccia ri-diretti. (p. 254)
  • Il secondo ostacolo all'autoconoscenza è l'avversione irrazionale a riconoscere che quel che facciamo o non facciamo sia soggetto alle leggi della causalità. (p. 262-263)
  • Il terzo grande ostacolo all'autoconoscenza umana è – almeno nelle nostre culture occidentali – un'eredità della filosofia idealistica. (p. 263)
  • Poiché la minaccia che pesa sull'umanità attuale non è tanto la sua potenza nel governare processi fisici quanto la sua impotenza nel dirigere ragionevolmente processi sociali. (p. 264)
  • I naturalisti non hanno davvero nessuna colpa se gli uomini mancano di auto comprensione. Giordano Bruno è stato bruciato perché diceva che gli uomini sono, insieme al loro pianeta, solo un granello di polvere fra innumerevoli altre nuvolette di polvere. (p. 264)
  • Quando Sigmund Freud tentò di analizzare i motivi del comportamento sociale umano e di renderne comprensibili le sue cause […] fu accusato di mancanza di rispetto, materialismo cieco e persino di tendenze pornografiche. L'umanità difende il concetto che ha di sé con tutti i mezzi ed è davvero opportuno predicare l'humilitas e cercare seriamente di far saltare per aria tutti gli ostacoli che si oppongono all'autoconoscenza. (p. 264-265)
  • Molto lontano dal vedere nell'uomo la definitiva e insuperabile immagine di Dio, affermo con più umiltà e, come credo, con maggior rispetto per la creazione e le sue inesauribili possibilità: il tanto ricercato anello intermedio fra l'animale e l'uomo veramente umano, siamo noi! (p. 270)
  • Chi si consegna alla natura non ha bisogno dell'inconoscibile, del soprannaturale, per poter provar rispetto; c'è soltanto un miracolo per lui, ed è che tutto su questa terra, incluse le massime fioriture della vita, si sia semplicemente formato senza miracoli nel senso convenzionale della parola. (p. 275)
  • In altre parole, le tendenze naturali dell'uomo non sono affatto così cattive. L'uomo non è affatto cattivo dalla nascita, ma semplicemente non è sufficientemente buono per le esigenze della vita sociale moderna. (p. 290)
  • Secondo la dottrina della morale kantiana la regolarità interna della ragione umana produce, da sola e abbandonata a se stessa, l'imperativo categorico quale risposta all'autoinchiesta responsabile. Secondo l'opinione di Kant l'uomo come essere ragionevole non può volere un'azione nella cui essenza abbia scoperto una contraddizione razionale. Io mi pronuncio per l'opinione forse troppo prosaica che bisognava proprio essere un professore fuori della realtà e un così appassionato ammiratore della ragion pura come lo era Kant, per poter credere questo seriamente anche solo per un momento. Anzi, c'è per me qualcosa di commovente nell'opinione troppo alta che il filosofo manifesta per l'uomo medio se pensa che questo potrebbe venir trattenuto da un'azione qualsiasi verso cui è spinto da inclinazione naturale, solo perché ha riconosciuto in via puramente razionale che nell'essenza dell'azione c'è una contraddizione logica! (p. 295)

Il futuro è aperto

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  • Asserire che non c'è l'anima o anche che essa è spiegabile materialmente è la più grande assurdità che possa mai dirsi. Noi non possiamo spiegare la cosa, e il mio defunto amico Gustav Kramer l'ha espresso meravigliosamente quando ha detto: «Ammettiamo pure che noi, in un utopico successo finale della ricerca, fossimo riusciti a descrivere fino nei più piccoli dettagli tutti i processi mentali e potessimo mostrare che essi corrispondono punto per punto a processi fisiologici, ebbene con tutto ciò il problema mente-corpo non sarebbe affatto risolto, ma al massimo saremmo autorizzati ad affermare che il parallelismo psico-fisico è in realtà molto parallelo».
  • Franz Kreuzer: Professor Lorenz, Lei ha affermato che niente è più insensato della frase di Ben Akiba: «Tutto è già stato».
    Lorenz: Sì. Quel che io sostengo è che: niente è già stato.
    Popper: Giustissimo.
  • Credo che il nome di Dio non solo non si debba nominare invano, ma penso che non si debba nominare affatto.
  • La vita è un processo che cerca conoscenza. «Vivere è imparare».
  • La vita cerca problemi e l'offerta di problemi è significativa per il successo; una mancanza di problemi può provocare una stagnazione.
  • Il pensiero concettuale è nato di pari passo con il linguaggio.
  • L' homo ludens non si può scindere dall' homo esplorans.
  • Ad opera del linguaggio è sorta una comunanza, una comunanza del sapere e quindi del volere mai prima esistita.
  • Io passo per pessimista della cultura. Beh, se lo fossi davvero, io mi divertirei con i miei pesciolini e le mie oche, e non mi occuperei dei problemi dell'umanità.
  • Lo spirito umano è un fenomeno collettivo, non può venir compreso come cosa individuale.

Io sono qui, tu dove sei?

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  • [Nella ricerca scientifica] [...] ogni problema che sia dato di risolvere, nel momento stesso della sua risoluzione suscita nuovi problemi. (da Premessa)
  • Un sistema è una totalità nella quale diverse parti sono in relazione reciproca; nessuna di queste può mancare, pena l'annullamento del carattere del sistema. (da Introduzione)
  • «Persona» definisce originariamente la «maschera», vale a dire il ruolo interpretato dall'attore nel dramma antico e che lo caratterizza. [...] L'essenza della personalità è senz'altro data laddove la parte assunta da un individuo nell'interazione con i conspecifici non può essere assolta da un altro. La qualità costitutiva della «persona» consiste indubbiamente nella sua insostituibilità. (da Etogramma II)
  • Nel definire l'«odio» occorre sottolineare che oggetto di questa emozione è una determinata personalità. L'odio si sostanzia certamente in un comportamento aggressivo, ma non va confuso con gli attacchi motivati da un normale istinto d'aggressione. A differenza del normale comportamento aggressivo, l'odio si distingue per la persistenza [...]. (da Etogramma II)
  • Quando ci sentiamo toccati emotivamente dal comportamento di un animale, ciò è sicuro indicatore del fatto che abbiamo scoperto intuitivamente una somiglianza tra comportamento animale e umano. [...] L'accendersi della nostra risposta emotiva, della nostra «commozione» è dunque un segno certo di una forte somiglianza tra comportamento animale e comportamento umano. (da Analogie)
  • [...] l'«antropomorfismo», dal punto di vista scientifico, è caduto in discredito, tanto che più di qualche etologo ben si guarda anche soltanto dal menzionare analogie effettivamente sussistenti tra il comportamento umano e quello animale. Si dimentica che le somiglianze da chiarire tra sistemi comportamentali umani e animali – menziono la ricerca dell'ordinamento gerarchico, la gelosia, il comportamento del vincolo – esistono realmente e sono notevoli. (da Analogie)
  • Karl Bühler è stato il primo a promuovere il riconoscimento scientifico dell'«evidenza del Tu» [...]. Per il pensatore la cui gnoseologia si fonda sull'intuizione del fatto evolutivo, l'«evidenza del Tu» del proprio consimile come dell'animale superiore, è innegabile. Una convinzione che si è infine espressa anche nelle leggi per la protezione degli animali vigenti in tutto il mondo. Siamo costretti a riconoscere il «Tu» nell'animale superiore e a trarne le conseguenze morali. (da Analogie)

L'anello di Re Salomone

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Per scrivere sugli animali bisogna essere ispirati da un affetto caldo e genuino per le creature viventi, e penso che a me questo requisito verrà senz'altro riconosciuto.

Citazioni

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  • Io sono uno scienziato, non un artista, e quindi non mi permetto nessuna libertà e nessuna «stilizzazione». Inoltre ritengo che queste libertà non siano affatto necessarie, e che sia molto meglio attenersi, come nei veri e propri lavori scientifici, semplicemente ai fatti, se si vuole dischiudere al lettore la bellezza del mondo animale. (premessa; p. 10)
  • [...] il nostro amore per loro [gli animali] si misura proprio dai sacrifici cui siamo disposti a sobbarcarci. (p. 13)
  • Purtroppo gli animali superiori hanno una capacità e una tendenza a combinar disastri direttamente proporzionale alla loro intelligenza. (p. 16)
  • [...] l'animale in libertà, che potrebbe fuggire e invece rimane perché mi è affezionato, costituisce per me una fonte di gioia ineffabile. (p. 18)
  • Presso le oche selvatiche il giovane fidanzato suole seguire letteralmente ogni passo della sua promessa. Martina però si muoveva con gran disinvoltura per tutte le stanze della nostra casa, senza preoccuparsi del fidanzato che, cresciuto in libertà, era costretto ad avventurarsi in regioni a lui ignote. Se si pensa alla ripugnanza che hanno le oche selvatiche, uccelli che amano gli spazi aperti, a spingersi anche solo fra i cespugli o sotto gli alberi, Martino ci apparirà come un piccolo eroe: col collo teso seguì un giorno la sua amata attraverso la porta principale, fin nell'ingresso, e poi su per le scale, fino in camera da letto. (p. 19)
  • E mentre ancora seguivo con lo sguardo le oche che volavano basse sull'acqua e scomparivano alla prossimità curva del fiume, fui improvvisamente colto da quel senso di meraviglia per le cose note e familiari che è all'origine della filosofia. Provai in me un profondo stupore per la possibilità di una tale dimestichezza con un uccello libero e selvatico, e la constatazione di questo fatto mi rese stranamente felice, come se con ciò si fosse potuto un poco riparare alla cacciata dall'Eden. (p. 20)
  • Chi infatti ha contemplato una volta con i propri occhi la bellezza della natura non è destinato alla morte come pensa Platen, bensì alla natura stessa, di cui ha intravisto le meraviglie. E se ha davvero degli occhi per vedere, costui diverrà inevitabilmente un naturalista. (p. 22)
  • Davanti all'acquario si può star delle ore assorti in fantasticherie, come quando si contemplano le fiamme del caminetto o le rapide acque di un torrente. E si imparano molte cose durante questa contemplazione. Se gettassi su di un piatto della bilancia tutto ciò che ho imparato a comprendere in quelle ore di meditazione di fronte all'acquario, e sull'altro tutto ciò che ho ricavato dai libri, come rimarrebbe leggero il secondo! (p. 26)
  • Tenendo debito conto delle rispettive dimensioni, la voracità e la crudeltà raffinata di questo animaletto eclissano quelle di celebri predatori quali la tigre, il leone, il lupo, la balena, il pescecane e la vespa: tutti sono agnellini in confronto alla larva dei Dytiscus! (p. 27)
  • Sono pochissimi gli animali che, anche sul punto di morire di fame, aggrediscono per divorarle creature della loro stessa specie e di uguale grandezza. [...] Invece le larve di Dytiscus divorano creature della stessa specie e di uguali dimensioni anche quando potrebbero disporre di altro cibo: e, per quanto io ne sappia, ciò non accade presso alcun'altra specie animale. (pp. 28-29)
  • È strana la cieca fiducia con cui si dà credito ai proverbi, anche quando sono assolutamente falsi o ingannevoli: la volpe non è più furba degli altri animali da preda, ed è assai più stupida del lupo o del cane; la colomba non è affatto mite, e, quanto al pesce, la vox populi non diffonde che menzogne: esso né ha quel «sangue di pesce» che si attribuisce alla gente stucchevole, né gode di quella salute invidiabile cui fa pensare l'espressione «sano come un pesce».
    Al contrario nessun gruppo di animali è come i pesci tormentato dalle malattie infettive anche nello stato naturale di libertà. (p. 33)
  • Chi potrebbe esprimere in parole, o riprodurre pittoricamente, quel rosso incandescente che rende diafani e trasparenti i fianchi dello spinarello maschio, quel verde-azzurro iridescente del suo dorso, dalla luminosità paragonabile solo a certe luci al neon, e, infine, quello squillante verde smeraldo del suo occhio? Secondo le regole del gusto artistico l'accostamento di questi colori dovrebbe dare un risultato orribile e stridente, e invece quale meravigliosa sinfonia producono se composti dalla mano del grande Maestro! (p. 34)
  • Nel bel pesce gioiello, rosso con macchie azzurre iridescenti (Hemichromis bimaculatus), le ingemmate pinne dorsali della femmina svolgono una funzione particolare, muovendosi su e giù a ritmo assai serrato, mentre le macchie blu iridescenti lampeggiano come un eliografo. A questo segnale i piccoli si avvicinano, raccogliendosi sotto la madre che li invita a entrare nel nido. Nel frattempo il padre esplora tutta la vasca alla ricerca di eventuali ritardatari: se li trova, non perde tempo a chiamarli, limitandosi semplicemente ad aspirarli nella sua cavità orale, e dirigendosi poi verso il nido dove li soffia fuori. (p. 48)
  • Pochi sono gli uccelli, anzi pochi in genere gli animali superiori (gli insetti dalla vita gregaria rientrano in un'altra categoria) che hanno una vita familiare e sociale così evoluta come le taccole, e, di conseguenza, i loro piccoli sono fra i più commoventemente indifesi e deliziosamente dipendenti da chi li alleva. (p. 53)
  • Una piccola taccola, con tutto il suo giovanile attaccamento per colui che l'alleva, costituisce naturalmente anche un interessantissimo oggetto di studio dal punto di vista scientifico. La si può portare all'aperto, osservando in ambiente del tutto naturale, senza i limiti imposti da sbarre e da gabbie e tuttavia molto da vicino, il suo modo di volare, di nutrirsi, insomma tutto il suo comportamento. (p. 53)
  • [...] il cosiddetto «troppo umano» è quasi sempre un «pre-umano», qualcosa quindi che è comune a noi e agli animali superiori. (p. 70)
  • Contro il pregiudizio che nel mondo animale predomini l'elemento «bestiale», cioè grossolanamente sensuale, dell'amore e del matrimonio, devo far notare che, proprio fra quegli animali per cui l'amore e il matrimonio hanno una funzione importante, il fidanzamento precede quasi sempre di molto l'accoppiamento fisico. (p. 71)
  • [...] non è sportivo servirsi di un anello magico nei rapporti con gli animali: anche senza ricorrere alla magia le creature viventi ci raccontano le storie più belle, cioè quelle vere. E in natura la verità è sempre assai più bella di tutto ciò che i nostri poeti, gli unici autentici maghi, possono anche soltanto immaginare.
    Non è affatto strano che si possa comprendere il «vocabolario» di alcune specie animali; noi possiamo anche parlare agli animali, per lo meno nell'àmbito dei nostri mezzi fisici di espressione, e nella misura in cui, dal canto loro, gli animali son disposti a prendere contatto con noi. (pp. 93-94)
  • Io sono una persona molto pigra, e la mia pigrizia mi rende assai migliore come osservatore che non come sperimentatore. Se qualche volta lavoro veramente, lo faccio solo sotto la pressione del più rigoroso imperativo categorico kantiano, ma ciò è del tutto contrario alle mie tendenze naturali. (p. 121)
  • I tentativi di tenere in condizioni innaturali animali molto sensibili trovano giustificazione solo nella ricerca scientifica, e se intrapresi a scopo puramente dilettantesco hanno sempre un qualcosa di dubbio dal punto di vista morale. Anche la persona più esperta, prima di prendersi in casa un organismo molto delicato, dovrebbe tener presente non solo la legge scritta, ma anche quella legge non scritta, assai più severa, che esige che agli animali in cattività non manchi nulla del necessario al loro benessere fisico e psichico. (p. 141)
  • Ora, la Vita degli animali del Brehm è uno dei più splendidi libri da biblioteca familiare, un libro che non ha pari in altre lingue, ma quando vi consiglia gli uccelli da prendere in casa, esso è del tutto inattendibile. Il suo entusiasmo per il mondo dei volatili gli fa vedere un ideale animale da salotto in ogni pennuto, mentre proprio sotto questo aspetto vi sono enormi differenze tra una specie e l'altra. Dunque il fringuello non si abituerà mai ai vostri movimenti, o per lo meno, finora, ne ho incontrati solo pochissimi che si siano abituati ai movimenti normali dell'uomo. Ma sapete che cosa significa dover evitare per settimane e settimane ogni movimento brusco nella propria camera? Vi rendete conto di quel che vuol dire non potersi azzardare a spostare una sedia, perché altrimenti una stupida bestia si rovinerebbe le penne del capo, spuntate di fresco? A ogni minimo movimento vi precipitate alla gabbia dei fringuelli, spaventatissimi all'idea che ricominci il loro dannato svolazzare. (p. 143)
  • In generale gli uccelli che dispongono di una sola strofa sempre invariata vanno energicamente sconsigliati alle persone nervose. Ed è quasi inconcepibile che certuni non solo sopportino la quaglia, ma se la tengano in casa proprio per il suo «pic-per-vic». Si immaginino tre pagine di questo libro tutte piene delle sillabe «pic-per-vic», e ci si farà una buona idea del canto della quaglia che, per quanto gradevole all'aperto, al chiuso, almeno secondo me, fa l'effetto di un disco rotto in cui la puntina rimane sempre allo stesso punto. (p. 144)
  • Io mi sento molto seriamente impegnato a risvegliare in quanti più uomini possibile una profonda comprensione e venerazione per le meraviglie della natura, e aspiro fanaticamente a farmi dei proseliti. (p. 148)
  • Ma, nelle condizioni in cui di solito li si tiene nei giardini zoologici, i più infelici sono, di gran lunga, quegli animali intelligenti e vivaci di cui ho parlato prima a proposito del logorio dei nostri nervi. Essi però non suscitano quasi mai la compassione dei visitatori dello zoo, e tanto meno queste creature intelligenti ed evolute fanno pietà quanto più, sotto l'influsso della severa prigionia, si riducono ad essere dei poveri idioti, delle miserevoli caricature di se stessi. Mai nel pubblico ho colto un segno di compassione di fronte alle piccole gabbie dei grossi pappagalli. [...] E proprio i grossi pappagalli sono non solo intelligenti, ma anche incredibilmente vivaci, in senso sia fisico sia psichico, e assieme ai grossi corvi sono forse gli unici fra gli uccelli a conoscere quella forma di sofferenza che tormenta anche l'uomo in stato di cattività, la noia. [...] La padrona compassionevole che non capisce niente crede che l'uccello le faccia un «inchino» quando ripete incessantemente quel gesto che è rimasto l'unico residuo stereotipato dei disperati movimenti coi quali all'inizio aveva cercato di uscire dalla gabbia, nei suoi ripetuti e vani tentativi di volar via. Se liberate dal suo carcere uno di questi infelici, ci vorranno settimane o anche mesi prima che si azzardi a volare davvero. (pp. 153-154)
  • [Sull'inibizione che impedisce a un lupo di azzannare un suo simile che gli mostra la gola] Naturalmente le inibizioni innate, rigidamente istintuali, che impediscono a un animale di usare senza ritegni i propri strumenti d'aggressione sono un equivalente soltanto funzionale, tutt'al più un primo bagliore che, per dir così, preannuncia, nella storia dell'evoluzione, la morale sociale umana. Devo tuttavia confessare che, nel mio sentimentalismo, sono profondamente commosso e ammirato di fronte a quel lupo che non può azzannare la gola dell'avversario, e ancor di più di fronte all'altro animale, che conta proprio su questa sua reazione! Un animale che affida la propria vita alla correttezza cavalleresca di un altro animale! C'è proprio qualcosa da imparare anche per noi uomini! Io per lo meno ne ho tratto una nuova e più profonda comprensione di un meraviglioso detto del Vangelo che spesso viene frainteso, e che finora aveva suscitato in me solo una forte resistenza istintiva: «Se qualcuno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra...». L'illuminazione mi è venuta da un lupo: non per ricevere un altro schiaffo devi offrire al nemico l'altra guancia, no, devi offrirgliela proprio per impedirgli di dartelo! (pp. 173-174)
  • [...] tutti gli animali domestici sono dei veri e propri schiavi, solo il cane è un amico. Certo, un amico devoto, sottomesso [...]. (p. 178)
  • Non esiste patto che non sia stato spezzato, non esiste fedeltà che non sia stata tradita, all'infuori di quella di un cane veramente fedele. (p. 179)
  • [...] gli animali ci aiutano a ristabilire quell'immediato contatto con la sapiente realtà della natura che è andato perduto per l'uomo civilizzato. (p. 189)
  • Poche cose mi danno un senso di consolante sicurezza come la fedeltà del mio cane. (p. 190)
  • È raro che io rida di un animale, e quando ciò accade mi accorgo poi, ripensandoci meglio, che in realtà ridevo di me, dell'uomo, di cui l'animale mi aveva presentato una caricatura più o meno spietata. (p. 191)
  • All'inizio di questo esperimento io mi ero seduto sull'erba e, per ottenere che gli anatroccoli mi seguissero, avevo incominciato a spostarmi rimanendo accucciato. [...] A differenza delle piccole oche, gli anatroccoli selvatici erano dunque pieni di pretese e assai faticosi da allevare. Provatevi un po' a immaginare due ore di passeggiata con quei piccoli, sempre accucciato per terra e con quell'ininterrotto «qua qua qua»...
    Per amore della scienza mi sottoposi per ore e ore a questo supplizio. (pp. 194-195)

Storie di cani

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  • L'impulso a salvare il prestigio, la dignità, non è dunque affatto una prerogativa umana, ma è ancorato profondamente in quegli strati istintuali della vita psichica che presentano molte affinità negli animali superiori e negli uomini. (p. 206)
  • Una delle tante idiozie assurte a dignità proverbiale, e contro le quali la scienza vanamente si batte, è l'opinione che i gatti siano falsi. (p. 229)
  • Non conosco alcun comportamento specifico del gatto per cui lo si potrebbe definire «falso», magari a torto, ma con una qualche plausibilità. Sulla faccia di pochi animali il conoscitore può in ogni momento leggere così chiaramente lo stato d'animo come del gatto: si capisce sempre ciò che gli passa per la testa, e sempre si può sapere quel che ci si deve attendere da lui il prossimo istante. Co­me è inconfondibile la sua espressione di fiduciosa cordialità, quando volge all'osservatore il suo musetto liscio con le orecchie dritte e gli occhi bene aper­ti, come si traduce immediatamente nella mimica dei muscoli del muso ogni ondata di eccitazione, ogni mo­to di paura o di ostilità! (pp. 229-230)
  • E come sono espressivi i gesti di minaccia del gat­to, come si differenziano radicalmente secondo l'og­getto cui essi si rivolgono, secondo che si tratti di un uomo amico che si è preso un po' troppa confiden­za, o di un vero, temuto nemico. (p. 230)
  • [...] mi resi conto di una contraddizione dolorosa ma anche consolante: l'animale da preda uccide senza odio, non è affatto arrabbiato con la creatura che si accinge ad ammazzare; nella sua preda l'uccisore non vede affatto un «tu»! Se si riuscisse a far capire al leone che la gazzella contro cui si accanisce è sua sorella, se si riuscisse a convincere la volpe a vedere un fratello nel leprotto, i due predatori rimarrebbero non meno stupefatti di molti uomini cui si ricorda che il loro nemico mortale è pur sempre un uomo. (pp. 240-241)
  • Tutti gli impulsi istintuali di un animale selvatico sono congegnati in modo da volgersi infine a vantaggio suo e della specie cui appartiene. Nello spazio vitale di un animale non esiste conflitto fra le sue inclinazioni e un certo «dovere»: tutti gli impulsi interiori sono «buoni». Per l'uomo è andata perduta questa armonia paradisiaca, e le funzioni specificamente umane, come il linguaggio e il pensiero concettuale, hanno permesso l'accumulazione e la trasmissione di un sapere comune. Di conseguenza l'evoluzione storica dell'umanità segue un ritmo enormemente più veloce dell'evoluzione puramente organica, filogenetica, di tutti gli altri esseri viventi. Però gli istinti, cioè le modalità innate di azione e di reazione, rimangono legati anche nell'uomo al ritmo evolutivo degli organi, che è considerevolmente più lento, e non riescono a tenere il passo con la sua evoluzione storico-culturale [...]. (p. 255)
  • La voce dell'istinto, cui l'animale selvatico, nello spazio vitale in cui si trova naturalmente collocato, può ubbidire senza freni, perché essa lo consiglia sempre per il bene dell'individuo e della specie, nell'uomo diviene anche troppo spesso fonte di suggestioni perniciose, ed è tanto più pericolosa in quanto ci parla nello stesso linguaggio in cui ci si manifestano anche altri impulsi, ai quali ancor oggi non solo possiamo, ma dobbiamo ubbidire. L'uomo è quindi costretto a vagliare alla luce del pensiero concettuale ogni singolo impulso, per rendersi conto se gli è lecito seguirlo senza offendere i valori di civiltà da lui stesso creati. (p. 256)
  • Ogni vera morale intesa nel senso più alto, e più umano, presuppone delle attività mentali di cui nessun animale è capace. Però, d'altro canto, la responsabilità non sarebbe possibile senza determinati fondamenti emotivi: anche nell'uomo il senso di responsabilità è saldamente radicato nei profondi «strati» istintuali della sua vita psichica. L'uomo non può fare tutto ciò che gli permetterebbe la fredda ragione: può accadere che il sentimento si opponga in modo inequivocabile a un'azione i cui motivi etici siano del tutto ineccepibili, e guai a colui che in questo caso darà ascolto alla voce dell'intelletto e non a quella del sentimento. (p. 257)
  • Se è vero che il termine canicola è connesso etimologicamente con i Greci e con Sirio, io lo prendo alla lettera: quando infatti ne ho fin sopra ai capelli del lavoro intellettuale, quando non ne posso più di dire cose intelligenti e di comportarmi come si deve, quando alla vista di una macchina da scrivere sono còlto da una nausea irresistibile, sintomi questi che di solito compaiono verso la fine dell'anno accademico, io divento un cane tra i cani, o meglio un animale tra gli animali. Allora mi ritiro dal consorzio umano e vado in cerca delle bestie, per il semplice fatto che non conosco forse nessuna persona che sia spiritualmente abbastanza pigra per farmi compagnia quando sono in questo stato d'animo. (p. 267)
  1. Citato in Parisini, p. 37.
  2. Citato in Peter Singer, Gli allevamenti intensivi, in Tom Regan, Peter Singer, Diritti animali, obblighi umani, Gruppo Abele, Torino, 1987, p. 33. ISBN 88-7670-097-8
  3. Citato in Parisini, p. 84.
  4. Citato in Parisini, p. 10.
  5. Da Animals are Sentient Beings: Konrad Lorenz on Instinct and Modern Factory Farming, Der Spiegel, 17 novembre 1980; citato in Jeffrey Moussaieff Masson, Chi c'è nel tuo piatto?, traduzione di Nello Giugliano, Cairo editore, Milano, 2009, p. 68. ISBN 978-88-6052-218-4
  6. Da Natura e destino (Das Wirkungsgefüge der Natur und das Schicksal des Menschen, 1978); citato in Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 103. ISBN 88-85944-12-4
  7. Citato in Parisini, p. 19.
  8. Dall'intervista del 1983 nel documentario Speciale Delta: Konrad Lorenz, a cura di Adriana Martinelli, Rai Storia, 27 febbraio 2012.
  9. Citato in Parisini, p. 115.
  10. Citato in Parisini, p. 34.
  11. Lorenz si riferisce all'oca selvatica, animale di gruppo che possiede un ordinamento sociale simile a quello umano per quanto riguarda il vincolo fra gli individui del gruppo.

Bibliografia

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  • Konrad Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra civiltà, Adelphi, Milano, 1973. ISBN 978-88-459-0168-3
  • Konrad Lorenz, Il cosiddetto male, traduzione di Elisabetta Bolla, Garzanti, Milano, 1974.
  • Konrad Lorenz, Il futuro è aperto, in Karl Popper, Konrad Lorenz, Il futuro è aperto: il colloquio di Altenberg insieme con i testi del simposio viennese su Popper, introduzione e traduzione di Dario Antiseri, prefazione di Franz Kreuzer, Rusconi Editore, Milano, 1989. ISBN 88-18-92001-4
  • Konrad Lorenz, Io sono qui, tu dove sei? Etologia dell'oca selvatica, Mondadori, Milano, 2007.
  • Konrad Lorenz, L'anello di Re Salomone, traduzione di Laura Schwarz, Adelphi, Milano, 2003. ISBN 88-459-0687-6:
    • Konrad Lorenz, L'anello di Re Salomone.
    • Konrad Lorenz, Storie di cani.
  • Marcus Parisini, L'anima degli animali, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 2002. ISBN 88-87881-68-5

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