Fedora (film 1942)
film del 1942 diretto da Camillo Mastrocinque
Fedora
Luisa Ferida e Amedeo Nazzari in una sequenza del film
Titolo originale |
Fedora |
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Lingua originale | italiano |
Paese | Italia |
Anno | 1942 |
Genere | drammatico |
Regia | Camillo Mastrocinque |
Soggetto | Victorien Sardou |
Sceneggiatura | Camillo Mastrocinque, Giorgio Pàstina |
Produttore | Alfredo Proia |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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Fedora, film italiano del 1942 con Luisa Ferida e Amedeo Nazzari, regia di Camillo Mastrocinque.
Frasi
modificaCitazioni in ordine temporale.
- Questa croce è stata sempre l'ornamento delle donne della mia famiglia. [...] È simbolo di fedeltà, giacché contiene quanto di più prezioso abbia la vita: la morte. (Vladimiro)
- Sono ucraino, ho vissuto tre quarti della mia vita in campagna, il mio Paese è una distesa tanto grande di terre da sembrare che non abbia mai fine: praterie, boschi tra grandi solenni fiumi, e questo per giornate intere di cammino. (Loris)
- Alle volte mi pare di non esistere che per te, in te. [...] E vorrei essere in un'isola in mezzo al mare, o meglio ancora su una nave che andasse a nostra volontà, sopra tutti i mari della terra, sotto tutti i cieli. (Fedora)
Citazioni su Fedora
modifica- Accurata riduzione dell'omonimo dramma (1882) di Victorien Sardou. C. Mastrocinque, specialista di ricostruzioni ottocentesche, racconta con tempi e snodi plausibili. (il Morandini)
- Già altre volte ridotto per lo schermo ritorna il drammone di Vittoriano Sardou [...] che ora ha offerto una sceneggiatura al Mastrocinque, forse il più abile dei nostri registi di teatro filmato [...] Diciamo subito che si tratta di un filmone eccezionale per ricchezza di mezzi, una ricchezza che talvolta non esita a diventare sfarzo [...] ma lo spettacolone c'è, ripetiamolo, con tutte le sue risorse. (Mario Gromo)
- Mastrocinque dirige con notevole competenza tecnica un film sfarzoso (specie per l'epoca) e corrusco, e indovina alcune sequenze di follia melodrammatica (merito soprattutto della recitazione sovraccarica e quasi ophulsiana della Ferida). Peccato che non abbia un'idea di regia unitaria, e si perda in ridicoli intermezzi a base di pecorelle e meli fioriti. Il clima dell'epoca non giustifica la squallida macchietta dell'usuraio ebreo. (Il Mereghetti)
- Risultato, bisogna dirlo, eccellente. Perché perfetto [...] è l'equilibrio tra quelle due enormi forze che erano da una parte le pagine del musicista e dall'altra il macchinone della trama. (Solo verso la fine, nel lungo intermezzo bucolico-elvetico, l'equilibrio, a mio avviso, si perde un po'). [...] Mastrocinque, che sembra si sia specializzato nella fedeltà e nell'efficacia delle ricostruzioni ottocentesche, dà qui un'altra magnifica prova. Mi pare che specialmente l'impresa sia riuscita per quanto si riferisce all'ambientazione: tutto è [...] plausibile, evocativo; il cartone non si vede più, a Cinecittà non si pensa. E gli interpreti, muovendosi a loro agio, aggiungono verità alla vicenda. (Mino Doletti)