Osvaldo Valenti
attore italiano (1906-1945)
Osvaldo Valenti (1906 – 1945), attore italiano.
Citazioni su Osvaldo Valenti
modifica- Fisicamente Osvaldo era un macho di razza. Né alto né basso, aveva un volto dai tratti delicati e insieme virili: la fronte vistosamente ampia che la calvizie renderà più spaziosa, le sopracciglia ben disegnate, gli occhi verdi, luminosi e febbrili, il naso dal taglio araldico, le labbra sottili, facili al sorriso, all'ammiccamento ironico, alla smorfia beffarda; le mani lunghe e affilate «da virtuoso del piano». L'andatura di un seduttore rapace e vorace, che accende le donne, le appaga e le abbandona con la galanteria del cinico che vuole il piacere e si nega al sentimento. (Roberto Gervaso)
- Furono gli anni Ottanta a riportare i due attori [Valenti e Luisa Ferida] all'attenzione del pubblico. La questione fu sollevata dal filosofo francese Jean Baudrillard, che ne fece due esseri superiori, per la loro bellezza e la loro libertà dagli schemi, alla morale comune, fucilati non per le loro colpe ma per la loro trasgressività: una concezione decisamente estetica, in cui la questione della colpevolezza dei due si stemperava fino a divenire ininfluente. (Anna Foa)
- I due [Valenti e Ferida] diventano il simbolo del cinema di Salò: belli e trasgressivi, dediti alla droga e alla vita sregolata. Si legano alla banda di torturatori che sotto la direzione di Pietro Koch gestisce a Milano, tra l'agosto e il settembre del 1944, la famigerata Villa Triste, prigione di partigiani. (Anna Foa)
- Osvaldo Valenti nella nostra cinematografia del Ventennio occuperà un posto di primo piano, e si troverà ad assumere anche il ruolo di protagonista, conquistando una popolarità singolare per un interprete votato al ruolo di "vilain".
- Nell'edulcorato panorama dei belli, dei condottieri, degli eroi, degli onesti, degli studenti, il nome di Osvaldo Valenti compare come l'unico divo rappresentante di quel noir che tutti vogliono far credere ci sia stato all'ombra del cinema dei telefoni bianchi. Aveva classe da vendere e si divertiva a stupire [...]. [Alessandro Blasetti] subito ne intuisce le potenzialità di antipatico, ne ammira lo spirito e l'ironia e gli attribuisce una parte importante.
- [Sull'interpretazione ne La cena delle beffe] Valenti firma la sua più bella interpretazione, tutta giocata sull'ironia e sulla perversione. Ecco, Osvaldo Valenti è l'unico attore ad assumere le connotazioni di divo pur giocando quasi sempre sulla negatività dei personaggi.
- Com’è noto, cinque giorni dopo la Liberazione di Milano, vennero trovati in via Poliziano i corpi senza vita di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, giustiziati poche ore prima dai partigiani della Brigata Pasubio. Coppia celebre nella vita oltre che sullo schermo, Valenti e la Ferida erano stati tra i protagonisti del “cinema dei telefoni bianchi” che il fascismo aveva tanto sostenuto. Ma in quelle pellicole rassicuranti e perbeniste avevano sempre recitato la parte dei cattivi, turbando l’Italietta piccolo‐borghese con personaggi che avevano eco anche nella spregiudicatezza della loro vita privata. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, aderirono alla Repubblica Sociale e si spostarono al Nord. Girarono fortunosamente qualche film a Venezia, negli stabilimenti della Giudecca dove Mussolini s’illuse di ricreare i fasti di Cinecittà. Lì cominciò un rapido declino.
- La Ferida aveva esordito nel 1935 con Freccia dʹoro, diretto da Corrado DʹErrico e Piero Ballerini, Valenti nel 1928 in Rapsodia ungherese diretto da Hans Schwarz. Cominciarono entrambi da ruoli secondari e quando conquistarono quelli principali, furono quasi sempre ruoli da antagonisti, Valenti relegato al ruolo del vilain, la Ferida a quello della fedifraga, dell’amante, della rovinafamiglie o, all’opposto, della vittima di un destino avverso. Il cinema del ventennio non volle o non seppe utilizzare la naturalezza della loro recitazione (ogni tanto doppiati, lui da Augusto Marcacci e Sandro Ruffini, lei da Lydia Simoneschi quand’era santa, da Tina Lattanzi quand’era puttana) che in ruoli, sia pure valorosi, da comprimari.
- Valenti e la Ferida avevano prestato il loro fascino al Regime, aderito a Salò, collaborato coi tedeschi, lucrato al mercato nero. Si erano sempre comportati al di sopra di qualsiasi legge, contraddicendo ogni buonsenso e decenza, perfino orgogliosi della loro dubbia fama. Che lo avessero fatto per narcisismo, leggerezza o voglia di épater le bourgeois, poco importava. Dovevano pagare, dare il buon esempio a tutti. Da questo punto di vista erano bersagli perfetti, “colpevoli” ideali.
- Valenti si arruolò nella Xa MAS di Junio Valerio Borghese, dov’ebbe compiti di contrabbando a scopo, diremmo oggi, di autofinanziamento, dato che la Xa era invisa agli stessi fascisti di Salò. Non risulta, come fu detto, che avesse partecipato ad azioni di rastrellamento, ma è vero che per approvvigionarsi di cocaina diventò assiduo di Pietro Koch, sinistro figuro che imperversava a Milano a capo di una polizia parallela responsabile di atrocità di ogni tipo.
Filmografia
modifica- Ettore Fieramosca (1938)
- Fedora (1942)
- La bella addormentata (1942)
- La cena delle beffe (1942)
Voci correlate
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